CAPITOLO CINQUE
La stanza era spoglia.
Vuota, tranne per le cinque persone all'interno. Non c'erano sedie o tavoli, era semplicemente una camera dalle pareti dipinte di bianco in cui Manuel camminava davanti e indietro davanti agli ospiti.
«Una trascrittrice» disse «Potrai essere molto utile. Di sicuro sarai veloce. E qui abbiamo molti libri da salvare, Elias ne porta di continuo da tutte le parti del mondo. E alcuni sono copie più uniche che rare» disse Manuel verso Julia, che si era chiusa in una sorta di mutismo ostinato da quando sua sorella era portata via. Da un lato, ne era sollevata. Dall'altro, quella situazione le sembrava ancora peggiore. «Credo ti piacerà. Ci sono libri che di sicuro non hai mai letto o sentito nominare» aggiunse «Stupisce anche me certe volte» Julia ancora non parlava, anche se dallo sguardo sembrava vagamente interessata. Vivien di contro ascoltava con gli occhi sgranati. «Di recente si è procurato die libri che sembravano essersi persi. Eppure un tempo ne esistevano molte copie.»
«E poi cosa ne fa?» domandò Vivien, senza più trattenersi.
«Li distribuisce» rispose Manuel, come se fosse la cosa più normale del mondo.
«E perché mai?»
«Si diverte. Gli piace. E lo pagano bene» sorrise «I soldi servono anche agli immortali, e lui ama leggere. Ha molta cultura, ha avuto più tempo di voi. Credo piacerà a entrambe, no? Che ne dici Julia?» la ragazza però non rispose. «Rimani in silenzio quanto vuoi, non farai un dispetto a nessuno, anzi: loro lo apprezzeranno. Se rispondi alle domande. Tra l'altro ho apprezzato molto che tu abbia provato a rassicurare tua sorella. Non ne voleva sapere di venire con noi, e proprio in quel momento le sue gambe funzionavano» erano tutti e cinque in una sorta di piccola sala, a pochi metri dalle celle in cui erano stati rinchiusi. Julia e Vivien si erano accorte solo uscendone che erano vicinissime ai due ragazzi di due giorni prima. Tutti e quattro erano affamati, e Manuel, cui l'udito si era affinato, poteva ben sentire il gorgogliare dei loro stomaci.
Manuel camminava avanti e indietro, come se non riuscisse a stare fermo. Di fronte a lui, i quattro ragazzi, tutti seduti a terra. Thomas aveva il fiato corto e una mano posata sul petto. Vivien di tanto lo guardava con aria preoccupata. Sembrava proprio un ragazzino, forse appena maggiorenne, e le faceva tenerezza.
«Thomas Tarmund. Sarto» e camminando si avvicinò al ragazzo, il cui respiro si fece ancora più sottile. Si abbassò alla sua altezza, ne guardò gli occhi azzurri, che sembravano contrastare con la pelle leggermente scura, sembrava quasi abbronzato, e con i capelli ricci e crespi, di un castano chiaro. Era davvero un ragazzo particolare. Piccolo, sul metro e settanta, ma non sembrava particolarmente fragile. Manuel ne ascoltò il respiro per qualche secondo.
«Smettila, lo so che fingi» disse stizzito verso il ragazzo, allontanandosi da lui «Almeno in parte. So che non è grave come vuoi farlo sembrare» il respiro di Thomas si regolarizzò quasi subito «So che fumi. Ti sono cadute le sigarette, in stanza. Oltre all'inalatore. Non devi stare così male, se riesci a fumare. E l'asma non ti ha impedito di correre come hai corso quando si sono avvicinati. Me l'hanno detto» disse in risposta allo sguardo stupito del ragazzo «E in quel momento respiravi molto bene. In ogni caso, un sarto non sarà del tutto inutile» e passò a Daniel, che era rimasto in silenzio fino a quel momento «Daniel Darnell. Trentadue anni. Sembri un ragazzino, dovresti farti crescere la barba» commentò guardandolo «Ex miliziano, bene. Perché ex?» domandò con viva curiosità.
«Momentaneamente ex. Sono rimasto ferito in servizio» rispose il ragazzo in un sussurro, indicando la gamba destra, che teneva distesa e spostava spesso, per farle cambiare posizione. «Devo riposare qualche mese, per recuperarne la completa mobilità. Fare qualche esercizio... »
«Ah bene. Tu forse potrai essere utile. Come cibo probabilmente. Più del tuo amico di sicuro» Daniel era decisamente molto più robusto del ragazzo. Si potevano intravedere i muscoli sotto la camicia.
«Me l'hanno detto che hai provato a combattere, quando ti hanno preso. Thomas è stato più furbo: si è arreso subito. Ha evitato di farsi stordire. Molto furbo» e sorrise, aggrottando le sopracciglia nel notare il colore e la forma degli occhi di Daniel «Mai visto un'orientale con gli occhi verdi» disse abbassandosi e osservandolo con curiosità. I tratti di Daniel erano infatti orientali, anche se addolciti dalla palese mescolanza etnica, ne era chiara la discendenza, anche nei capelli, fini e sottili, neri e portati corti, come si conviene a un soldato. Fisicamente era massiccio, segno che continuava a tenersi in allenamento, anche se l'altezza non era eccessiva: era alto si e no cinque centimetri più di Thomas.
«Mia madre» rispose semplicemente lui con una scrollata di spalle.
«Figlio di un soldato e... ?»
«Un maestro. Il soldato era mia madre» Manuel scrollò le spalle.
«Beh, a Elias piacerà. Trova simpatiche queste cose» aggiunse, perdendo però subito interesse per lui e rivolgendosi a Vivien «E infine una studentessa di medicina. Beh, forse potrai essere utile.»
«Quasi laureata» chiarì Vivien «E potrei farcela se... »
«Studentessa di medicina molto polemica. Dovrò dirlo a Elias.»
«Perché siamo qui?» tagliò corto Daniel. «E non qui in senso "in questa struttura". Quello lo so. Perché siamo in questa stanza.»
«No, tu non lo sai» rise Manuel «Non sai perché siete nel bunker. Quanto a questa stanza... beh, vi preparo all'incontro con Elias. Prima di me lo faceva Marcus. Il tipo vestito da Arlecchino. E i risultati erano disastrosi. Non ti rassicura vedere un vampiro che prova a rassicurarti. Sembra un controsenso, un gioco di parole. Lo fece con me, ed ero terrorizzato. Non funziona. Un umano invece... »
«Tu umano non lo sei» ringhiò Vivien «Altrimenti non lavoreresti per loro» ma una mano sulla spalla da parte di Julia la spinse a tacere. Lo sguardo di Manuel si era spento. Sembrava offeso.
«Sono umano quanto voi. Servo un vampiro? Sì. E non ci vedo nulla di male. Mi permette di andare a trovare la mia famiglia, una volta al mese. Se mi comporto bene. Non ho mancato gli ultimi sei mesi.»
«Beh, io devo avvisare i miei genitori. Dovremmo farlo tutti» disse guardando gli altri tre. «Altrimenti saranno in pena per molto tempo. Mi crederanno morta! Gli prenderà un infarto!»
«Capiranno a breve cosa è successo. Succede fin troppo spesso» e scrollò le spalle, avvicinandosi alla porta.
«Loro sono persone molto importanti» gli urlò Vivien con un ringhio. «Non vi conviene. Non vi conviene affatto. Non sai chi sono io» Manuel alzò gli occhi al cielo, quasi in contemporanea con Julia.
«Già sentito» disse sospirando e girandosi verso di lei. Si appoggiò alla porta e si prese tempo per guardarla: era un in piedi, con i pugni stretti, lo sguardo feroce. «Lo dicono spesso. E sai? Pochissimi hanno genitori o parenti davvero importanti. Però abbiamo avuto anche ospiti che erano importanti loro stessi.»
«Forse vivi qui da troppo tempo allora» rincarò la dose Vivien.
«Vivien...» la richiamò Julia, posandole una mano sul braccio. Si alzò anche lei in piedi «Lascia stare.»
«Faresti bene ad ascoltarla. E so chi sei. So che sei figlia di due persone molto ricche. Proprietari di negozi, molti negozi e un ospedale. So che discendono da generazioni di commercianti. Gente che forse potrebbe provare a dare fastidio. Qualcuno l'ha fatto, negli anni, ma Elias non si è mai lasciato intimidire. Sai cosa ha fatto l'ultima volta? Avevamo un ragazzo, era il fratello di un generale dell'esercito di Roma» ridacchiò «Quasi duemila chilometri, renditi conto di quanta strada ha fatto. Ma Elias l'ha scelto personalmente, ha eluso i controlli ed ha portato qui il ragazzo. Sapete quanto sia protetta Roma, no?» domandò ai ragazzi, che annuirono appena «Cominciarono ad arrivare lettere di minacce. Poi persone che bussavano alla porta dei nostri centri donatori. Si è veramente arrabbiato quando cinque di loro hanno provato a fermare un vampiro mentre mangiava. Così Elias ha torturato il ragazzo. Ha mandato il video al fratello. Tutto è cessato. Quindi fidati: ti conviene sperare che i tuoi genitori si limitino ad aspettarti» e la osservò impallidire, divertito nel vederla sedersi, quasi accasciarsi a terra. «Avete altre domande o posso andare adesso?» domandò.
«Io ne ho una» disse Julia. «Ci sei solo tu, qui? Di umano intendo. O quasi.»
«Siamo in tre. Ma gli altri due non li incontrerete ancora per molto tempo. E in ogni caso, qualsiasi cosa dovete chiedere a me. Consideratemi il vostro referente. Il vostro filtro. Qualsiasi lamentela, richiesta, piagnisteo, dovrà essermi subito riferito. Non a Marcus o a Elias: a me» e posò una mano sul petto per rimarcare il concetto «Potrei offendermi seriamente, se cercasse di scavalcarmi. Da questo momento siete di proprietà di Elias Elwing, che provvederà a incontrarvi tutti il prima possibile. Se avrete fortuna, tra qualche mese, al massimo un anno, sarete fuori.»
«In base a cosa decide chi resta e quanto?» domandò Daniel.
«In base a vari fattori» spiegò Manuel «Io sono qui da cinque anni, un mese e sei giorni. Inizialmente Elias aveva decretato che sarei andato via sei mesi dopo, ma. gli sono piaciuto, sembra. Abbiamo avuto ospiti però per al massimo un anno e mezzo. Gli piacciono le persone silenziose, se volete un consiglio. Silenziose e ubbidienti, quelle le libera prima. Ma trova molto divertenti anche persone con cui si può parlare e intavolare lunghi discorsi. Io e lui... » gli si illuminarono gli occhi «Possiamo parlare per ore. Cercate di interessarlo, se volete rimanere. Amelia è rimasta qui per molto tempo, ed era un piacere anche per me parlarci. Di contro, se non volete rimanere, la cosa peggiore è affrontarlo di petto e disubbidirgli. Come ha fatto Fred. Quelle sono le categorie che tiene più a lungo. Voi avete tutti le stesse possibilità di interessargli. Fate i vostri conti» e li lasciò soli a decidere.
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