10. HOT DREAMS
“Amami in un sogno,
lì, dove il cuore trema”.
Paulina Dyron.
È quasi sera, ma Kevin dorme ancora.
Dopo essermi calmata sono riuscita a trascinarlo sul letto. È davvero pesante, ho fatto uno sforzo immane a tirarlo su visto che pesa il doppio di me ed è altissimo. Gli ho sistemato un cuscino sotto le gambe, non so se ho fatto bene ma dicono che aiuta la circolazione, e gli ho misurato la febbre, per fortuna la temperatura è a posto. Gli controllo periodicamente il polso e il respiro, all’inizio era molto debole, ma adesso si è normalizzato così mi sdraio accanto a lui. Appena rientrerà mia madre lo farò controllare da lei, è un’infermiera e valuterà l’eventualità di farlo visitare da un dottore. Questi attacchi lo indeboliscono molto, ricordo che da bambino restava a letto per un paio di giorni quando arrivavano. Ora che è cresciuto è diventato più forte, ma so che ha avuto l’ultimo episodio circa tre anni fa, quando il dottor Visani gli ha cambiato il piano terapeutico.
Qualcosa deve averlo sconvolto, forse la partenza di Carola. Raramente resta via tutto questo tempo, di solito si assenta per due o tre giorni al massimo. Il nostro psichiatra gli ha diagnosticato la sindrome di abbandono a causa delle perdite che ha subito da piccolo.
Prima la morte del patrigno, poi quella di nostro padre, ma, da quello che mi ha raccontato mia madre, pare che sia la trascuratezza di Carola l’origine primaria dei suoi disturbi.
Effettivamente lei non è molto presente come madre, fa del suo meglio per esserci, ma il lavoro assorbe gran parte delle sue giornate e Kevin è quasi sempre da solo, tranne quando è con noi.
Mia madre cerca di esserci per entrambi, sia per me, che per lui, ma è consapevole che Kevin soffre molto l’assenza di Carola.
Inoltre il trauma cranico che ha subito nel corso dell’incidente gli ha lasciato anche un danno fisico, il suo cervello si è leso durante l’impatto.
Lo guardo.
I folti capelli neri gli cadono a ciocche sulla fronte, adagiandosi sulle sue ciglia lunghe, gli zigomi levigati sono punteggiati da un accenno di barba scura e la sua bocca schiusa soffia un respiro delicato.
Sembra un angelo.
Kevin è bellissimo, ha lo sguardo magnetico di nostro padre e i lineamenti delicati di sua madre.
La voglia di accarezzarlo mi tenta, sta dormendo profondamente, non si accorgerà di nulla. Se apre gli occhi e mi sorprende con le mani su di lui sono fritta, mi ucciderebbe e poi darebbe il mio corpo in pasto a qualche bestia feroce.
Non vuole avere nessun contatto con me, credo di fargli ribrezzo e dovrei odiarlo per questo, ma non ci riesco.
Io sono pazza di lui, ne sono innamorata da sempre, era così bello anche da bambino.
Il mio diario segreto era tappezzato con il suo nome e le nostre foto insieme, quelle che Carola riusciva a scattare durante le vacanze, perché questo burbero era, ed è, restio anche a farsi scattare una fotografia.
Eppure il suo viso è così dolce…
Con l’indice sfioro delicatamente i contorni del suo volto, il mio dito scende fino alla mascella definita poi, ardito, raggiunge la sua bocca piena e disegnata.
Con il sangue agitato e il cuore impazzito ne abbozzo il contorno con i polpastrelli e con gli occhi.
Mi sento sospesa in un tumulto di emozioni, il suo respiro sulla bocca mi ubriaca.
Non sono in me.
Perché continuano a chiamarci fratelli?
Tu non sei un fratello per me, tu sei l’incastro perfetto del mio cuore rotto.
No, Kevin non è mio fratello, non si prova desiderio per un fratello, e io adesso ho una disperata voglia di sentire le sue labbra sulle mie.
Non mi è mai capitato niente di simile con nessun altro, non riesco a spiegarmi il motivo dell’attrazione che sento verso di lui. Appena lo vedo il cuore freme e le gambe vacillano, i suoi occhi sono dinamite, mi esplodono nell’anima mandandomi tutta in frantumi, sono sconvolta dalle emozioni che mi pervadono ovunque al solo pensiero di lui.
Non so che fare, vorrei placare queste sensazioni, ma più mi sforzo, più ottengo l’effetto contrario. Negli ultimi tempi poi, la voglia di toccarlo e sentirlo addosso mi ossessiona.
Vorrei poterlo abbracciare liberamente, come fa Miki, e parlare con lui di qualunque cosa senza avere continuamente paura delle sue reazioni instabili e del suo rifiuto.
Vorrei stargli vicino, sentire il suo profumo su per il naso e svenire, oppure quella bocca addosso, magari sulla mia.
Sto delirando!
Non devo fare simili pensieri, non posso, primo perché siamo fratellastri e secondo perché lui mi detesta come la rogna.
Ad un tratto la sua mano ambrata copre la mia e il cuore mi balza in gola furioso.
Dio, Dio, Dio, si sta svegliando, devo andarmene da qui!
Cerco di divincolami dalla sua presa con un gesto docile, ma lui stringe forte.
Sollevo lo sguardo e i suoi occhi imprigionano i miei nelle tinte calde di un tramonto estivo, mi guarda assorto, sperduto, perso in un pianeta lontano, poi mi abbraccia forte e piega il viso nell’incavo del mio collo.
Signore mio, cosa sta succedendo?
Il mio cuore è sull’orlo di un infarto e il mio bassoventre si contrae sotto la scia della sua bocca morbida che si muove sulla mia carotide.
«Selene...» mormora sommesso.
Deposita un bacio e poi un altro sulla linea della gola.
Deglutisco, mentre il tempo e lo spazio si coagulano in un respiro.
Le sue labbra percorrono la curva dietro l’orecchio, stuzzicandolo con piccoli morsi accennati, inumidendolo con la punta della lingua.
La mia pelle scotta sotto la sua bocca e scatena dentro di me un turbine di sensazioni nuove, di pulsioni mai provate prima.
Mi stringe, le sue braccia forti mi tengono intrappolata in una rete di emozioni sconvolgenti.
Sono paralizzata e senza fiato.
Forse morirò qui, tra queste braccia brune e prepotenti.
Poi improvvisamente allenta la presa, il suo corpo si rilassa, inerme, di fianco al mio e le sue palpebre si abbassano di nuovo.
Si è riaddormentato.
Lentamente anche il mio cuore frena i battiti e ritorna alla normalità.
Rimango a fissarlo nella penombra per un tempo indefinito, stravolta per quello che è appena successo, fino a quando il sonno s’impossessa di me ancora avvinghiata al suo corpo possente.
***
La osservo dalla soglia, con la schiena incollata allo stipite, mentre dorme profondamente. Mi sono svegliato mezz’ora fa, legato a lei in un abbraccio stretto.
L’ho sognata, è stato un sogno vivido è reale.
Lei era stretta a me e accoglieva la mia bocca sul suo corpo, respirando affannosamente contro il mio petto mentre il suo cuore ardeva impazzito. Si lasciava toccare e baciare da me, assecondando il movimento delle mie labbra sul suo collo al sapore di miele e zucchero.
Mmmh la divorerei, cazzo!
Sto impazzendo!
Anzi, sono già pazzo di lei.
La desidero come un matto, ne ricerco i lineamenti sui volti delle altre donne per reprimere questo desiderio malato. Tutte le volte chiudo gli occhi e immagino che sia lei a fremere sotto il mio tocco, proprio com’è accaduto nel mio sogno.
Ma è stato solo un sogno, un fottuto sogno, frutto dell’insana voglia di lei che mi accompagna costantemente.
Mi porto una mano alla fronte frustrato, vorrei cancellare questo dannato sentimento che mi opprime il petto, che a volte è così forte da togliermi il respiro.
Devo calmarmi e darmi un contegno, devo dominare le mie emozioni.
Selene è la mia sorellastra, non posso amare la mia sorellastra e, soprattutto, non posso scoparmela.
Sono combattuto e dilaniato da questa passione irrefrenabile che mi attanaglia giorno e notte, non so più cosa fare, come comportarmi con lei, perché ho paura che presto l’istinto prenderà il sopravvento e di noi resteranno soltanto briciole.
Selene è il mio tormento, la mia fantasia più audace, la mia passione segreta, ma resterà segreta ancora a lungo? Perché la voglia di saltarle addosso si rinforza momento dopo momento, attimo dopo attimo.
Resisterle scatena dentro il mio animo una guerra burrascosa, combattuta a colpi di cannoni e mitraglie.
Quando al mio risveglio mi sono ritrovato abbrancato a lei il sogno è divenuto realtà.
I suoi lunghi capelli, neri e scompigliati, mi hanno solleticato il viso e le sue braccia esili mi hanno accolto in una sfera tinteggiata da uno spettro di luce chiara, proiettando dentro di me i colori sgargianti dell’arcobaleno dopo un temporale.
Mi sono scostato un poco per assorbire pienamente il suo profumo mielato e lo sguardo mi è caduto nella sua scollatura.
Un bottoncino del suo cardigan era aperto e penzolava ripiegato all’indietro, lasciando intravedere il pizzo nero del reggiseno.
È stata la fine.
Il mio cazzo ha iniziato a ragionare per i fatti suoi, ignorando il mio cervello che gli intimava di ritornare nei gangheri, ma niente, si era già ingrossato per lei e bramava la sua fica.
Quando il mio sguardo ha occhieggiato la sua cute bianca come la luna, soffermandosi su quel dipinto notturno e proibito, la mia erezione si è manifestata in tutto il suo vigore e il cazzo ha cominciato a farmi male, mentre la mia bocca bramava quel seno che si alzava e si abbassava, seguendo il ritmo del suo respiro.
Scaccio questo pensiero prima di ripensarci e tornare sul quel letto per sbranarla in un solo boccone.
Devo allontanarmi da lei o non rispondo più delle mie azioni.
Ma poi… perché lei è nel mio letto?
Ricordo che stavo suonando il violino, poi il forte dolore alle tempie e il vuoto.
Sono passati undici anni, ma questo dolore è perenne, non mi abbandonerà mai, a causa del brutto colpo che ho battuto contro il finestrino. All’epoca, preso dall’impeto di salvare Selene, non me ne sono accorto, ma poi ho visto il vetro in frantumi. I medici hanno dovuto estrapolarne i pezzi conficcati nella mia fronte prima di procedere con le medicazioni.
Solitamente riesco a tenere a bada il dolore, ma forse le medicine hanno perso la loro efficacia, forse il mio corpo si è assuefatto e mi occorre un’intensificazione della terapia che Visani mi ha radicalmente ridotto negli ultimi mesi. Questa mattina mi ha prescritto un nuovo piano terapeutico, avevo deciso di andare in farmacia nel pomeriggio, però mi sono sentito male.
Sono passati anni dall’ultimo attacco, avevo quindici anni quando si è verificato l’ultimo episodio.
Mi ridesto dai miei pensieri e noto il flacone delle mie gocce ai piedi del letto, le ho messe nella mia borsa quando sono uscito di casa. Forse Selene si è accorta del mio stato, deve essere stata per forza lei a prenderle e a somministrarmele, ci siamo solo noi due in casa.
Non ricordo niente, cazzo!
Ma perché è venuta nella mia stanza?
Non riesco a darmi una risposta.
Forse voleva qualcosa da me e mi ha trovato in quello stato.
Dannazione!
Odio essere visto da qualcuno quando sto male, non sono in me, mi sento impazzire in quei momenti perché sono invaso dal panico e dalla follia, da un dolore atroce che annulla ogni sprazzo della mia lucidità.
Le mie iridi ritornano su di lei.
Dalla finestra filtra la luce aranciata di un lampione, il violino spezzato è abbandonato in un angolo dimenticato della scrivania, uno spartito accartocciato sul tappeto cattura le ombre provenienti dalla debole luce della lampada a parete.
La semioscurità s’intreccia ai muri bianchi, fendendo l’aria a colpi di chiaroscuro.
Poi Selene si sveglia e i suoi occhi d’argento si posano sulla mia figura.
***
Al mio risveglio Kevin non è più accanto a me.
Mi guardo intorno, ancora frastornata dal sonno, e lo vedo, è in piedi sull’uscio e mi guarda torvo.
Perché è arrabbiato adesso?
Non lo capisco, non riuscirò mai a capirlo.
Mi faccio coraggio con un sospiro, poi mi alzo in piedi.
Un’illuminazione mi sovviene, probabilmente si sarà infastidito perché al suo risveglio mi ha trovato nel suo letto, accanto a lui per giunta. La mia vicinanza deve averlo disgustato al punto tale da farlo fuggire via.
Fingo di non notare la sua espressione cupa, poi mi stampo un sorriso cordiale in faccia e avanzo verso di lui che continua a fissarmi immobile.
È incazzato nero!
Voglio assicurarmi però che stia bene, che la crisi sia passata, poi andrò via lasciandolo solo con il suo caratteraccio del cazzo.
«Come ti senti?» domando, in tono gentile.
Il suono della mia voce ancora arrochita dal sonno lo fa irrigidire, stringe i denti e la sua mascella si contrae, ma non risponde
«Stai meglio adesso?» insisto, armandomi di pazienza.
Ancora silenzio.
Sbuffo seccata e lui ringhia.
«Esci immediatamente dalla mia stanza» sibila, pungente.
Un serpente a sonagli sarebbe meno velenoso.
La sua supponenza è aberrante.
«Ti sei sentito male, Kevin, non potevo lasciarti da solo».
Lui assottiglia lo sguardo e mi raggiunge, fermandosi ad un centimetro da me, mentre trasalisco per questo gesto inaspettato. Sono rimasta con lui solo per accertarmi che la situazione non peggiorasse.
Credo...
Allontano con fatica il pensiero della sua bocca su di me, cercando di darmi un contegno e ripescare il solo briciolo di dignità che mi è rimasta.
Lui mi afferra il polso e mi trascina fino alla porta.
Siamo fermi sulla soglia, uno di fronte all’altro, con l’anima nuda e i neuroni che guerreggiano tra di loro.
«Te ne devi andare!» ordina, furibondo.
«Sei un bifolco! Io volevo solo assicurarmi che tu stessi bene» sbraito, ferita.
Mi divincolo dalla sua presa con uno strattone e lo incenerisco con un’occhiata.
«Cazzo, Kevin, ma perché devi essere sempre così scortese? Solo poche ore fa stavi per baciarmi e adesso…».
Mi blocco, non finisco la frase, il suo sguardo tenebroso ora mi fissa sorpreso e incredulo.
«Cos’hai detto?» chiede, confuso dalle mie parole.
«Niente!» mi affretto a rispondere.
Lui non ricorda nulla di quello che è accaduto oggi pomeriggio, probabilmente stava ancora delirando per via del suo attacco, ecco perché mi sta osservando sconvolto.
Ora andrà a vomitare, ne sono certa.
Ma perché non sono stata zitta? Perché non riesco a tenere chiusa questa mia boccaccia?
«Me ne ritorno nella mia stanza» sussurro, infine.
Mi arrendo, non so più come comportarmi con lui, è davvero giunto il momento di sparire, di eclissarmi con il nulla e fare finta di non averlo mai incontrato.
Mi volto per andarmene, ma lui mi blocca per un braccio.
La sua stretta è possente, i suoi occhi sgranati sembrano ancora più grandi del solito.
«Lasciami, Kevin».
Ma invece di allentare la presa mi trascina verso di lui.
«Hai detto una bugia, non è vero che ho provato a baciarti» mi accusa.
Abbasso lo sguardo sulla sua mano e lui mi lascia, conscio che la sua presa comincia a farmi male.
«No».
Per chi mi ha preso? Io non dico mai bugie.
«Stai mentendo!».
Incontro le sue iridi di pece e un brivido mi percorre la spina dorsale.
Indietreggio e vado a sbattere contro lo stipite, lui ne approfitta e mi incastra con entrambe le braccia tra il muro e il suo corpo.
Sento il respiro diventare pesante, mentre il suo profumo mi solletica le narici, entrandomi nell’anima.
I miei occhi si incollano sul suo petto ampio, le mie braccia penzolano inermi lungo il mio busto. Potrei usarle per prenderlo a pugni e scappare ma non lo faccio, sono completamente soggiogata dall’attrazione che mi divora.
Vorrei che si zittisse una volta per tutte e mi baciasse ma continua a parlare.
«Guardami!» ordina.
Mi posa l’indice sotto il mento e mi costringe a guardarlo negli occhi.
«Pensi che un solo bacio mi basterebbe, Selene?».
Cosa intende dire?
«Pensi che mi fermerei solo al bacio?» continua, ironico.
Stronzo! Mi sta provocando.
«Sei soltanto un idiota, Kevin, e un ingrato!» rispondo, poi gli do una sberla.
La sua testa si piega di lato e qualche ciocca di capelli gli cade sugli occhi, mentre un sorriso sarcastico compare sul suo volto.
Gliel’ho data talmente forte che mi brucia la mano, ma, cazzo, ne è valsa la pena. La sua ingratitudine è ingiusta, non mi merito questo trattamento.
Per qualche ora ho dimenticato chi è realmente Kevin, un demone privo di sentimenti.
Sento gli occhi umidi, ma rigetto indietro le lacrime.
Non piangerò di fronte a lui, non appagherò il suo ego crudele.
Si porta una mano sulla guancia arrossata e mi guarda imperscrutabile.
«Sei una, cazzo, di bambina!» dice, senza smettere di sorridere.
Lo odio, lo odio, lo odio!
Non mi lascio scalfire dalle sue parole e approfitto del suo momento di distrazione per andarmene da lì.
«Non finisce qui, Sailor Moon!» lo sento urlare dalla sua stanza.
«Vaffanculo, Kevin!» rispondo, sbattendo la porta della mia camera e, finalmente, posso lasciare che le lacrime scorrano liberamente sul mio viso.
Perché deve odiarmi così tanto?
Perché?
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