[Capitolo 14] - Litigi e silenzi
Le giornate passavano veloci al di là delle quattro mura dell'ospedale e i giovani che vi entravano ed uscivano continuamente, si davano forza l'un l'altro, tramite piccoli cenni e deboli occhiate.
Mark sedeva in una delle poltrone di pelle nera che gli erano state date in uso e guardava il telefono con svogliatezza.
Il suo compagno di turno era uscito per prendere da mangiare appena qualche minuto prima.
L'aria condizionata emetteva un debole soffio nella sua direzione, regolando la temperatura in modo che fosse perfetta sia per i visitatori, sia per i pazienti.
Seori dormiva da quasi un mese e per quanto i dottori fossero particolarmente positivi nei suoi riguardi, coloro che le volevano bene non riuscivano a gioirne.
La felicità era scivolata via dai loro corpi nell'arco di dodici ore e per il momento, a nessuno andava di ritrovarla.
La porta si aprì rivelando l'infermiera che per l'ennesima volta si diresse verso la flebo «Come sta stamattina?» chiese gentilmente la ragazza.
Mark le sorrise cordialmente annuendo con il capo e rispondendo un semplice «Bene, grazie» tornando ad osservare lo schermo.
L'infermiera non si sentì mancata di rispetto consapevole della situazione.
Comprendeva che dopo tante lotte, si perdesse la voglia di chiacchierare e nella peggiore delle ipotesi di vivere.
Lei stessa aveva avuto a che fare con una situazione simile in luogo lontano da lì dove, a metà tra l'ira della natura e la guerra, c'erano state vittime innocenti da curare e scelte difficili da prendere «Infermiera Choi- la richiamò il giovane poco prima che uscisse- com'è riuscita a superare Urk».
Il disastro di Urk* aveva fatto notizia in tutta la Corea del Sud, arrivando perfino a richiamare l'intervento dei paesi confinanti.
Le vittime che si era lasciato dietro il terremoto erano state le protagoniste del monumento per la memoria eretto nell'atrio dell'ospedale.
«Non l'ho superata, ho imparato a conviverci. Quello che è accaduto lì mi ha spinta a continuare il mio lavoro. L'esperienza mi ha solo aiutata a realizzare i miei sogni prima che fosse troppo tardi» gli disse prendendo un pezzo di carta.
Posò la penna con la quale aveva imbrattato il foglio e lo passò al giovane prima di uscire.
Mark lo prese rigirandoselo tra le dita "Se vorrai parlarne io ci sono, ora non mi faccio invadente però, può capitare che i sogni perdano un po' della loro luce, ma talvolta rimangono ad illuminare il buio. Sono lì, quando vorrai".
«Per quanto pensi di guardare il vuoto- Hoseok attraversò la stanza posando la bottiglia di acqua naturale vicino al compagno- Ho incontrato l'infermiera qua fuori, ti ha detto qualcosa?» ma ottenne il silenzio.
Mark non lo guardava, non lo ascoltava, non si curava di lui o del fatto che gli stava parlando «Tuan» lo richiamò «Lei non vorrà più avere a che fare con me vero?» gli chiese.
Hoseok sbuffò.
Si allungò sulla branda di fianco al letto e portò la propria attenzione al soffitto «Non ci pensare -disse- non è di Shin- che ti devi preoccupare».
Era arrabbiato. Non voleva condividere il turno con Mark.
Non che avesse qualcosa contro di lui come persona, ma avevano dei conti in sospeso che per mancata voglia di entrambi erano ancora lì.
Mentiva a tutti, mostrandosi tranquillo ma la maschera che si era creato gli stava stretta e la finta allegria che utilizzava come armatura, lo disgustava.
Dover passare quarantotto ore in compagnia del maggior esponente del suo turbamento era una tortura, soprattutto perché sia lui che Mark, avevano promesso alla medesima persona di superare i propri limiti appianando le divergenze.
«Shin» ricominciò Mark ma venendo bruscamente interrotto «Shin non è un problema tuo. Quello che è stato è stato, non puoi farci niente. - Hoseok si tirò su a sedere- Smettila di tirare la corda Mark o finirai per spezzarla».
La sua pazienza si sarebbe esaurita un giorno o l'altro e l'unica speranza era che Mark non fosse nelle vicinanze.
#
L'acqua bollente gli accarezzava la pelle biancastra scorrendo via, portando con sé le paure e le ansietà delle giornate e dei mesi insonni che si stavano accumulando sotto i suoi occhi come le foglie sotto l'albero madre.
«Quanto sono stupidi!» disse con frustrazione.
Nelle orecchie gli rimbombavano le voci adirate dei suoi genitori.
Li aveva tempestati di telefonate per metterli al corrente della situazione e dopo un infinta conversazione passata quasi totalmente a stabilire di chi fosse la colpa, ciò che gli avevano detto si poteva sintetizzare in tre semplici parole «Non ci riguarda».
Le avevano voltato le spalle come avevano fatto con lui e non riusciva a capacitarsene.
Suo fratello invece, lo aveva in qualche modo sorpreso.
Gli aveva scritto un messaggio in cui chiedeva di parlare in modo civile di quanto stesse accadendo ed era per questo che Yoongi si stava sforzando di apparire presentabile.
Jimin e Jungkook erano a lavoro e non sarebbero rientrati prima di sera.
Namjoon e Seokjin erano stati reclamati in agenzia fuori gli orari lavorativi, per presenziare come rappresentati davanti al consiglio d'amministrazione.
Hoseok era di turno in ospedale insieme a Mark, mentre Taehyung aveva dato forfè alle prime luci dell'alba.
Ognuno di loro stava vivendo la giornata come meglio poteva, solo lui doveva ancora dare un senso alla propria esistenza.
Scese le scale del primo piano ed uscì.
#
C'erano tanti bar a Seoul ma quello che i fratelli Min preferivano in assoluto, era un piccolo luogo all'angolo tra Itaewon* e GumGum.
Il proprietario era un amico d'infanzia.
La sua famiglia era stata distrutta da uno degli uomini più in vista della corea del Sud.
Sua madre era venuta a mancare quando era piccolo e il padre era stato vittima di un incidente che non gli aveva lasciato via d'uscita.
Il cameriere di avvicinò a loro in modo impacciato «Cosa posso portarvi?».
I capelli neri erano abbastanza corti da lasciare in vista le grandi cicatrici che ricoprivano la maggior parte del suo corpo ma relativamente lunghi per la moda coreana «Del Sojo grazie» disse Geumjae a disagio.
Erano passati anni dall'ultima volta che si erano visti.
Yoongi era cresciuto, si era fatto più magro, più alto ed i muscoli erano più tonici e definiti «Hai intenzione di guardarmi ancora per molto?!» lo richiamò il minore.
Geumjae sbuffò, indipendentemente da quanto tempo fosse passato, il fratello restava sempre il solito ragazzino scorbutico «Smettila di...» iniziò a dire ma venne interrotto «Io faccio quello che voglio, visto e considerato che sono qui sotto "tua" richiesta».
Un altro sbuffo.
«Non è così che sistemerai le cose» lo attaccò «Io non voglio sistemare niente con te! -gli rispose con ostilità- L'unico motivo per cui sono qui è perché hai detto di voler sapere come sta Seori. Se così non è -disse alzandosi- non abbiamo più niente da dirci».
«Ho bisogno di sapere come sta» ammise Geumjae lottando contro l'orgoglio infischiandosene di sembrare debole.
Yoongi si piegò leggermente in avanti, verso di lui e lo fissò con durezza «Non m'interessa! Lei aveva bisogno di te un mese fa e tu dov'eri? Dov'eravate tutti?».
Geumjae aveva lo stomaco ridotto ad un nodo.
Sentirsi colpevolizzare di cose di cui già sentiva il peso, non era quello che avrebbe voluto sentirsi dire ma Yoongj aveva ragione, lui non c'era stato.
E non ci sarebbe stato nemmeno da lì in poi.
Questo il minore lo sapeva molto bene e non voleva dargliela vinta.
Non avrebbe permesso a nessuno di loro di sentirsi esonerato dalle colpe di cui erano complici.
Loro non erano stati presenti per nessuno dei due e non glielo avrebbe mai perdonato.
Geumjae si risedette «Io non...» il fratello lo interruppe nuovamente «Tu non hai avuto il coraggio di fare nulla, come sempre. Se veramnete t'interessa sapere come sta, vai a trovarla tanto non scappa da nessuna parte. Con me hai chiuso».
Cosa avesse fatto per meritarsi un trattamento del genere dal suo stesso fratello Geumjae non riusciva ancora a capirlo.
Yoongi lo aveva sempre colpevolizzato di averlo abbandonato ma era stato lui ad averli lasciati dalla sera alla mattina senza neanche dare spiegazioni.
«Perché mi odi tanto?» credeva di averlo chiesto a sé stesso ma il tono irrisorio che gli rispose gli fece capire che la voce era uscita senza controllo, richiamando l'attenzione su entrambi «Ci hai voltato le spalle».
•••
DIZIONARIO E SPIEGAZIONI:
* Choi Min-ji, interpretata da Park Hwan-hee nella serie "I discendenti del sole" è un infermiera del pronto soccorso.
* 이태원 클라쓰: Itaewon Class: è un drama coreano in streaming in tutto il mondo su Netflix.
- La vita di Park Saero-yi è stata sconvolta dopo essere stato espulso da scuola per aver preso a pugni un bullo e dopo la morte del padre.
- Scontata la pena in carcere, decide di seguire le orme del padre e aprire un bar-ristorante a Itaewon, il DanBam. Insieme al suo manager e allo staff, cerca di raggiungere il successo e diventare il primo in tutta la Corea.
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