[Capitolo 13] - Burn

La grande nube grigia si propagava per la stanza alla ricerca di uno spiraglio di libertà dal quale fare il suo ingresso nel mondo.

Una donna stringeva una mano nell'incavo del petto, respirando affannosamente alla disperata ricerca di aria pulita da sostituire all'acido nero che aveva nei polmoni.

Muoveva passi esitanti all'interno del suo stesso appartamento, percependo le forze scivolare via come acqua.

Non si lasciò sopraffare avvicinandosi alla finestra della cucina.

Gli occhi ormai arrossati la intralciarono e a causa della scarsa visibilità inciampò su di una sedia e cadde a terra rumorosamente, portando avanti le braccia e percependo un acuto dolore ai polsi e al ginocchio.

Rimase immobile al suolo e chiuse le palpebre realizzando di non avere più l'energia di muoversi. Come un filmine le apparve avanti il viso sorridente di Yoongi e come in un sogno le sembrò di udirne la voce.

Il telefono le vibrò nella tasca dei pantaloni.

Aveva cercato di chiamare aiuto già nei primi attimi in cui si era resa conto del pericolo che incorreva ma come spesso accadeva, le mura della casa avevano bloccato il segnale delle chiamate e quando finalmente era riuscita a raggiungere un buon livello di rete nessuno le aveva risposto.

Nonostante l'allucinante dolore alle mani, infilò le dita nel tessuto e prese il dispositivo «Aiuto» disse respirando affannosamente «Hey Seori» la voce di Jimin dall'altra parte della cornetta le giunse ovattata.

Cercò di lottare contro l'irrefrenabile senso di stanchezza che le stava chiudendo con velata malignità le palpebre.

«Aiuto» ripeté prima che il corpo lottasse contro la sua stessa creatrice obbligandola ad abbandonarsi alla freddezza del parquet.

Chiuse definitivamente gli occhi lasciandosi sullo sfondo le urla di panico dell'interlocutore.

#

L'edificio bianco sporco si avvicinò troppo velocemente rendendo l'angoscia un sentimento troppo oppressivo da essere sostenuto.

Irruppe nella sala principale dell'ospedale con tale prepotenza che le infermiere lo guardarono di traverso.

Batté contro chiunque gli capitò davanti pur di trovare coloro che lo stavano aspettando.

Sentiva il cuore a mille e il fiato corto.

Aveva corso a perdifiato lungo tutto il tragitto che lo separava da quel luogo intinto nel disinfettante e dopo aver girato senza meta per qualche minuto, chiese alla prima infermiera che gli si avvicinò, dove fosse la rianimazione.

Venne liquidato con delle indicazioni generali che lo fecero correre al piano superiore dove, seduti su delle sedie di legno duro e chiaro vide i suoi compagni.

«Hyung» urlò vedendoli «Jungkook» gli rispose Seokjin indicandogli la sedia accanto a sé.

Si avvicinò titubante e fece la fatidica domanda.

I visi preoccupati furono più eloquenti delle parole e da quelle espressioni attonite capì di non essere l'unico a sentirsi incapace «Il medico ha detto di aspettare qui» lo informò il più grande.

La "sala d'aspetto" non era altro che un lungo corridoio al secondo piano, dove una porta divideva gli spettatori dalla terapia intensiva.

Aspettare qualcuno che è in bilico tra la vita e la morte era massacrante per coloro che erano in attesa che la ragazza decidesse tra il lasciarli o restare.

Guardò la sedia accanto al più anziano e poi rivolse lo sguardo ai suoi coetanei.

Taehyung aveva lo sguardo perso nel vuoto, le labbra sigillate in un'espressione indecifrabile e la testa leggermente chinata in avanti.

Hoseok invece, era appoggiato al muro con le braccia conserte e gli occhi chiusi. Respirava lentamente cercando invano un modo per mantenere la calma.

Namjoon si era alzato per dirigersi verso le macchinette automatiche.

La fame non era un opzione, ma gli era sembrata un'idea migliore di starsene seduto a combattere contro la pazzia.

Jimin e Yoongi non si curavano di celare i propri sentimenti.

Erano entrambi senza vita, mossi solo dalla disperazione e dal senso di colpa per non aver risposto alle numerose chiamate della ragazza.

Camminavano avanti e dietro, scandendo i minuti con i propri passo, svuotati di ogni pensiero.

Non riuscivano ad immaginare un futuro senza di lei perché semplicemente, lei era diventato tutto.

Yoongi voleva piangere, buttare fuori tutto ciò che aveva in corpo, arrabbiandosi con il mondo, sfogando la frustrazione verso sé stesso e verso di lei.

Aveva abbandonato il telefono sul cuscino e si era addormentato a causa del turno che lo aveva prosciugato di tutta l'energia, non volendo avere più a che fare con nessuno.

Jimin lo aveva svegliato urlando, asserendo di dover chiamare l'agenzia o chiunque potesse aiutarli a rintracciare Seori.

Yoongi era ancora assorto nel sonno mentre si alzava e si rivestiva.

Il minore non aveva ancora la patente e questo pensiero lo aveva spinto ad uscire dalla sua camera e scendere le scale a due a due.

Mentre lo affiancava e si dirigevano verso la porta d'ingresso, la preoccupazione passò oltre la macchina, percorse tutta la strada che li separava dall'appartamento della manager e si scontrava contro le brillanti luci rosso e blu dell'autopompa.

La strada era diventata una pista da corsa e le auto risultarono essere solo ed esclusivamente degli ostacoli da sorpassare.

Erano giunti sul luogo nella metà del tempo previsto, ma questo non gli sollevò il morale.

I pompieri correvano senza sosta nel tentativo di spegnere le ultime fiamme che consumavano quello che restava degli stabili.

Yoongi si era catapultato fuori dall'auto correndo verso gli striscioni gialli e neri che delimitavano l'aria in cui i soccorsi stavano operando «Hyung» la voce di Jimin di poco più dietro non lo aveva fermato dal superare le delimitazioni «Seori» aveva urlato.

Un uomo sulla cinquantina si era voltato allertato dalle grida e si era frapposto tra Yoongi e l'edificio in fiamme richiamando la sua attenzione «Hey, devi stare indietro- lo aveva avvertito- devi stare indietro è pericoloso» ma Yoongi tutto sentiva tranne la sua voce.

La mente era legata all'unica persona di cui realmente gli importasse e le fiammeggiati lingue del fuoco non facevano altro che torturarlo «Hyung andiamo» aveva sentito solo un sussurro al suo fianco e le braccia del più piccolo non lo avevano mosso di mezzo centimetro.

«Dovete indietreggiare» aveva urlato a sua volta il pompiere spingendoli con forza dall'altra parte dei nastri.

Yoongi non si era mosso anzi, quando un altro uomo si era unito al primo nel tentativo di portarlo via, aveva lottato per essere lasciato «Lasciatemi! -aveva urlato- Lei è lì dentro» e le lacrime erano scese copiosamente.

Si era sentito spezzare in due quando Jimin gli si era messo davanti per calmarlo «Hyung collabora».

Gli aveva riservato con un occhiata truce «IO NON LA LASCIO» gli aveva urlato contro, giudicandolo un traditore, un fratello che lo aveva pugnalato alle spalle.

«La ragazza è stata trovata, portate una barella. Passo e chiudo».

La voce oltre il walkie-talkie lo aveva risvegliato dallo stato di trans in cui era caduto e tutto in torno a lui, aveva ripreso a muoversi e ad avere un colore.

Aveva sentito le voci dei suoi "aggressori" più vicine di quanto fossero state fino a quel momento e anche la loro forza, improvvisamente, era diventata incontrastabile.

«La ragazza -aveva detto a uno dei due- dov'è la ragazza».

Alla fine si era lasciato portare oltre il perimetro protetto e con il compagno al fianco, aveva ascoltato i due uomini chiamare i medici «Forza Forza» aveva urlato una donna con il camice bianco, probabilmente la dottoressa, ai ragazzi che aveva al seguito.

Per qualche attimo c'era stato silenzio poi, dalla coltre di fumo oltre quello che una volta era il portone d'ingresso, era uscito un uomo vestito di rosso e nero che portava in braccio una figura «Seori-ssi».

Era riuscito per miracolo a salire sull'ambulanza e con Jimin che li seguiva in auto con il consenso della polizia, erano arrivati entrambi alle porte del pronto soccorso* dove l'avevano lasciata andare.

Erano sconvolti per l'accaduto e per questo tra di loro gli unici rumori udibili erano i respiri, le suole delle scarpe che battevano il pavimento e le chiacchere rare, delle infermiere che giravano per l'edificio non curanti del dolore altrui.

Passarono ancora due ore e finalmente qualcuno li convocò.

Il dottor Song* era stato incaricato di metterli al corrente della situazione poiché, a quanto avevano intuito gli infermieri erano gli unici correlati rintracciabili.

«La ragazza è stata per molto tempo tra il fumo- disse una volta che quattro di questi gli si furono seduti di fronte- abbiamo cercato di fare il possibile, ma i polmoni erano veramente pieni di...» «Quindi?» chiese impaziente Jimin.

Seokjin seduto al suo fianco gli diede una pacca sulla spalla, per attirarne l'attenzione, permettendo al medico di continuare con la sua spiegazione «Sta calmo» lo ammonì.

Jimin smise di ascoltare non poteva perderla. Non poteva stare senza di lei. Non poteva e non voleva vivere avendola sulla coscienza, consapevole che avrebbe potuto salvarla.

«Quindi, dobbiamo tenerla sotto osservazione- concluse il medico alzando il capo- nel frattempo manderemo i moduli da compilare all'agenzia in modo da poter procedere al posizionamento nella camera».

Dopo essere stati liquidati, Yoongi, Seokjin, Jimin e Namjoon, tornarono in dietro.

Yoongi e Jimin superarono i compagni che li stavano aspettando e si sedettero con poca grazia sulle sedie del corridoio «Quindi?» chiese Jungkook.

«Come sta?» incalzò Hoseok rivolgendosi a Seokjin e Namjoon.

Lo stomaco gli doleva a causa dell'ansia accumulata e le parole del più grande gli fecero cadere il mondo addosso «Non lo so, la devono tenere sotto controllo».

Per una volta che lei aveva avuto bisogno di aiuto, loro non erano riusciti a fare niente.

L'avevano lasciata sola a combattere per rimanere in vita, mentre il loro unico pensiero era riuscire ad addormentarsi e lasciarsi alle spalle il mondo.

Si sentivano dei mostri a pensare che nonostante tutto, lei fosse sempre stata pronta ad aiutarli, anche alle ore più improbabili della notte mentre loro non erano riusciti rispondere neanche ad una chiamata.

«Scusate» una ragazza molto giovane con un camice azzurro si avvicinò al gruppo esitante.

Teneva in mano un telefono dal colore sgargiante e dopo che i ragazzi che le ebbero fatto spazio lo passò a Namjoon «Questo è il telefono della ragazza che state accompagnando. C'è una giovane in linea, dice di voler parlare con Kim Namjoon» egli esitò.

Prese il telefono e lo avvicinò all'orecchio titubante «Pronto?» la voce squillante dell'interlocutrice gli perforò il timpano, attirando l'attenzione non solo dei due ragazzi vicini ma anche del resto del gruppo «Choa?!» sussurrò Yoongi alzando il capo.

«Pronto con chi parlo?» chiese Namjoon.

Choa si presentò brevemente spiegando che a dirle il nome del leader era stato Mark, uno dei compagni di Jackson e che l'unico motivo per cui aveva chiamato era voler sapere le condizioni della sua migliore amica.

«Il medico ha detto che dobbiamo aspettare e che la terranno in osservazione».

Un sospiro divise il tempo tra una frase e la sua risposta «Sto arrivando. Grazie per non averla abbandonata».

Speravano con tutto loro stessi che Seori non scegliesse l'oblio, che non decidesse di scappare dal mondo perfido che l'aveva accolta tra le sue zanne.

Loro l'avrebbero aspettata fino a quando non avrebbe riaperto gli occhi.

Era una richiesta egoistica chiederle di restare, ne erano coscienti, ma avevano bisogno di averla accanto.

#

Seori era stata traferita in una delle stanze dell'ospedale e le infermiere avevano chiesto ai presenti, chi si sentisse di restarle accanto «È possibile fare a turno?» chiese Choa.

Le ragazze le sorrisero «Sì ma dovete comunicarli in segreteria. Non c'è un limite di persone che possono stare dentro ma sarebbe meglio che siate due per volta» spiegarono.

Jimin si fece avanti, annunciando che sarebbe rimasto lui per il turno della mattina e che gli altri potevano andare a casa «Non credo sia il caso che rimaniate né te né Yoongi» disse Taehyung guardando non solo l'amico ma cercando il consenso dagli altri.

«Come sarebbe- protestò Yoongi- io non ho intenzione di lasciarla qui» Jungkook lo interruppe «Hyung, non siete nelle condizioni di aiutare nessuno al momento. Tornate a casa, io e Choa- guardò la ragazza al suo fianco- restiamo qui. Per qualsiasi cosa vi facciamo sapere» li rassicurò.

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«Sembra morta».

La voce di Choa lo destò dai pensieri, riportandolo alla realtà.

La guardò per un attimo con un'espressione indecifrabile poi rivolse lo sguardo a ciò che prendeva posto al centro della stanza.

Lei.

Le guance rosee avevano un colorito pallido e le palpebre chiuse nascondevano quegli occhi stupendi e pieni di vita che la contraddistinguevano da chiunque altra.

La sua immobilità la rendeva falsa.

Jungkook si alzò lentamente allontanandosi da Choa sedendosi sul divano vicino al lettino.

Si sentiva in colpa, terribilmente in colpa «Dimmi che stai bene» le sussurrò sfiorandole una guancia con le dita «Sai...- disse la ragazza affiancandolo- Mi ha parlato tantissimo di voi».

L'unica consolazione al loro dolore era il suono del macchinario che le misurava i battiti e la temperatura corporea «Siete molto amiche vero?» chiese alzando lo sguardo su di lei.

«Si può dire così» gli rispose Choa dirigendosi verso la poltrona vicino alle vetrate che davano sul giardino dell'ospedale «Non ne sono più così convinta. Ultimamente mi è sembrata strana.- sospirò- Era preoccupata per qualcosa ma non me ne voleva parlare».

Anche lui aveva avuto lo stesso presentimento.

Seori aveva limitato i loro rapporti al minimo isolandosi da chiunque in un modo talmente subdolo che non se ne erano resi conto «Anche a noi è sembrata diversa» disse «Diversa?!».

I giovani si posizionarono l'uno di fronte l'altra «È sempre stata energetica, dolce, premurosa. Non si è mai isolata» Choa rise mettendo il palmo delle mani sotto il mento e appoggiando i gomiti sui ginocchi «Si vede che non la conoscete- Jungkook la guardò confuso- Seori-iee non è di indole dolce, non le viene spontaneo esprimere affetto. È sempre stata così. Non si è mai sentita a suo agio con il resto del mondo».

Jungkook si allungò sulla poltrona.

Gli faceva male sentirsi dire che la ragazza a cui aveva imparato a tenere, in realtà era completamente diversa da come si mostrava «Ha sempre desiderato di sparire ma non ne ha mai avuto il coraggio» continuò l'altra.

Entrambi concordavano di essere fortunati che la compagna non avesse deciso di lasciarli.

«Credi che lo farà ora?» chiese lui dopo attimi infiniti di silenzio.

Choa sbuffò per l'ennesima volta «Spero solo di poterla salutare».


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DIZIONARIO E SPIEGAZIONI:

* L'ospedale e medici nominati sono personaggi di "Tae-yang-ui hu-ye" (태양의 후예: I discendenti del sole) un serial televisivo sudcoreano del 2016

* Sang-hyun, interpretato da Lee Seung-joon nella serie "I discendenti del sole" e un chirurgo generale, amico di lunga data di Ja-ae, di cui è innamorato.

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