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Paolo rimase per un po' in disparte approfittando del "momento colazione" per cercare di rimanere da solo con se stesso ed i suoi pensieri.
Non che gli altri, intorno a lui, avessero smesso di essere una combriccola frizzante e ciarliera, ma lui sentiva proprio il bisogno di estraniarsi dalla loro compagnia e restare un po' da solo.
Iniziò a mordersi l'interno della guancia mentre rimestava il suo latte macchiato: era più forte di lui, quella cosina ristretta, amara e dal sapore di bruciato, proprio non riusciva a berlo.
Fosse anche stato il caffè più buono del mondo... lui era abituato ad un altro genere di sapore per ciò che concerneva quella bevanda. Perciò aveva optato per qualcosa di meno devastante, nella speranza che, la minima dose di caffè che aveva messo nel latte, non finisse per soverchiare ogni sapore, ma dandogli lo stesso la giusta botta per risvegliarsi.
I cornetti erano buoni: Rosy e Kev ne avevano portato di tutti i gusti insieme ad altre pietanze tipiche della città, decisamente non "light", ma deliziose. E poi, Paolo, non era mai stato uno di quelli fissati con la propria linea.
Si ritrovò a mangiare una specie di cheesecake, che gli altri ragazzi chiamarono "genovese", anche se loro si trovavano a Palermo, e che sapeva di crostata farcita con un formaggio reso dolce dall'accurata lavorazione e dall'unione di gocce di cioccolato fondente.
Si lasciò davvero andare a tutte queste piccolezze, sentendo le chiacchiere dei quattro fare da sottofondo alle sue azioni mentre la sua mente ribolliva.
Avevano ragione Marco e Vincenzo? Davvero non c'era nulla di male nel fare sesso senza porsi tanti problemi a riguardo?
Era una cosa che da sempre aveva, in qualche modo, inciso nella vita del ragazzo: Paolo aveva sempre avuto un'indole libertina, tanto da non riuscire mai a stare con qualcuno per davvero, senza finire, nel giro di pochi giorni, per tradirlo o tradirla con qualcun altro o... qualche altra.
Era bisessuale? Non ne aveva idea: non si era mai fermato all'apparenza fisica. Era sempre andato oltre ed aveva sempre seguito il suo istinto lasciandosi guidare alla scoperta degli altri, umanamente e sessualmente, seguendo quell'impulso e quella voglia di conoscere e scoprire l'altro.
Era affascinato dalle persone: lo incuriosivano, stimolavano la sua immaginazione, la sua voglia di vivere e scoprire altri "mondi" e, se queste premesse gli si presentavano nel corpo di qualcuno, lui accettava ogni sua forma pur di soddisfare la propria curiosità a riguardo.
Era sbagliato?
Aveva sempre creduto di sì.
Trovare l'amore vero, legarsi a qualcuno in pianta stabile, costruirsi una famiglia ed avere dei figli, un lavoro, una casa, gli amici la domenica pomeriggio con cui giocare a basket.
Non avrebbe potuto continuare a vivere uscendo da un aereo dopo aver baciato uno sconosciuto, finire a letto lo stesso pomeriggio con una sconosciuta e la notte con altri due sconosciuti.
Se la cosa fosse venuta fuori, se la gente, se i suoi genitori avessero saputo come aveva impiegato il suo tempo anziché telefonare loro o limitarsi a conoscere la città... come aveva ammesso lo stesso Marco, la società lo avrebbe reso un emarginato. Lo avrebbero tacciato come una persona perversa e sbagliata.
Ma davvero... faceva male a qualcuno?
Scosse la testa:
-Tutto bene?- gli chiese Kev poggiando una mano sul suo braccio e Paolo lo vide, il contrasto cromatico della sua pelle pallida a confronto con quella nera dell'altro. E lo sentì contro la sua pelle, quel calore ammaliante.
Deglutì: era questo il punto:
-Perché finisco a pensare sempre di voler fare sesso con tutte le persone che mi affascinano? C'è davvero qualcosa che non va in me?- si sentì domandare, mentre le sue stesse parole finivano per riempirlo di imbarazzo:
-Perché non c'è niente di più intimo per conoscere qualcuno davvero: è ciò che ci permette di conoscerci profondamente. Perché tu sei questo- disse semplicemente Kev dandogli una pacca sul braccio. Paolo aggrottò la fronte e sollevò gli occhi su di lui. Ma quello si limitò a stringersi nelle spalle senza aggiungere altro.
-Appunto- disse Vincenzo ed il ragazzo si rese conto che, anche gli altri tre, lo stavano guardando come se non avesse detto nulla di sconvolgente:
-Se sta bene a te, che importa agli altri?- continuò il biondo: -Cambia, influisce, altera il loro modo di vivere? Se tu vivi la tua sessualità in modo aperto, cosa cambia per le vite di coloro che ti stanno intorno? Scopi con chi vuoi e con chi ti vuole. Chi non ti vuole, dovrebbe continuare a farsi i fatti suoi senza immischiarsi nei tuoi affari di letto-
-È questo il punto- s'intromise Rosalia: -Lo capisco perché sono femmina ed, al di là della fortuna che ho avuto con la mia famiglia dalle larghe vedute, mi sono capitate troppo spesso persone che si siano sentite in dovere di giudicare me, il mio modo di vivere, tutto ciò ch'è evidente della mia vita, finanche la scelta dell'uomo che ho accanto. Perché Kevin è troppo nero, è troppo diverso, è troppo... oh beh, sostanzialmente, è troppo nero. Non lo dicono tutti, ma tutti pensano questo del mio ragazzo. Quindi, lo capisco, capisco i tuoi timori, Paolo, ma...-
-Che ti importa?- gli domandò Kevin interrompendo le parole della sua compagna: -Sai quante volte mi hanno chiamato "negro di merda" e poi sono diventati miei amici perché hanno scoperto che sono afroamericano? Perché vengo dall'America, sono più accettabile? Cosa ti rende accettabile in questa società? Quale giusto metro di misura, quale giusto prototipo di riferimento abbiamo? Nessuno. Quindi, non vedo perché tu debba rinchiuderti all'interno di stereotipi limitanti e lesivi della tua persona-
-Sarebbe bello se fosse così facile...- incominciò col dire Paolo:
-Ma non lo è per niente- lo interruppe Marco: -Come ti ho detto prima di sederci a fare colazione, la gente ti criticherà sempre, ma... questo dipende da te, da quanto dimostrerai di valere come persona. Chi ti porti a letto, allora, smetterà di essere qualcosa di primario-
-Ed anche se continuasse ad esserlo- intervenne Rosalia: -Dovresti trovare il coraggio necessario per farti del bene e portare avanti le tue decisioni a testa alta- così dicendo prese ad accarezzare un braccio del suo compagno prima di poggiare una guancia contro la sua spalla.
-Ho paura di deludere le persone che mi stanno intorno... i miei genitori, ad esempio- mormorò il giovane bevendo un po' del suo latte macchiato nel tentativo di lasciar scivolare via dalla sua gola il nodo di emozioni che vi si era stretto.
-E gli altri, Paolo...? Nessuno che si ponga il problema di deludere e ferire te? I tuoi hanno divorziato senza dirti nulla, non mi hai raccontato così ieri?- gli domandò Rosy ed il ragazzo annuì asciugandosi le labbra con una mano: -Sono sulla buona strada, sai? Certi egoismi sono necessari se si vuole vivere una vita ritagliata apposta per se stessi, senza lasciarsi plagiare e cambiare dagli altri e dalle loro scelte socialmente giuste-
Paolo sorrise e Kev tornò a poggiare la mano sul suo braccio, la strinse delicatamente intorno alla sua pelle:
-Sai chi non sbaglia mai? "Chi vive e lascia vivere"... mai nessuno ha detto, però, che questa frasetta di cui tutti si riempiono la bocca senza poi, di fatto, metterla in pratica, prevedesse tali regole ferree. Le regole servono sempre per bilanciare le situazioni della vita, ma non devono finire per diventare delle costrizioni emotive tanto da uccidere l'anima di chi se le ritrova imposte.-
Paolo annuì ed arrossì, lo comprese proprio in quell'istante: i quattro non erano solo una combriccola di persone frizzanti e ciarliere... erano come lui. Erano reietti della società per bene: erano diversi.
Che si sforzassero di cambiare e di diventare perfetti agli occhi degli altri, non aveva importanza: erano perfetti per se stessi.
Si sentiva come un bambino che per la prima volta si ritrova a poggiare i suoi piedini a terra scoprendone la solidità come qualcosa di nuovo, buono e vicino. Aveva sempre vissuto come sospeso sul mondo, stretto tra le braccia di mamma e papà e sentendosi per questo soffocato e distante dalla realtà.
E non perché i suoi genitori gli avessero mai precluso un qualsiasi tipo di libertà, ma perché lui stesso aveva cercato di menomare se stesso nel tentativo di adeguarsi agli altri, ai suoi amici, gli altri figli, e rendere ugualmente orgogliosi di sé i suoi genitori così come, apparentemente, loro erano gli altri.
Ma i suoi l'avevano spinto, ancora una volta, a poggiare i suoi piedi per terra ed incominciare un viaggio che, Paolo comprese, lo avrebbe condotto verso la strada da intraprendere: un viaggio che stava appena iniziando sì, ma che sarebbe stato lungo... verso la scoperta di se stesso.
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