31
La folle corsa dei due giovani, terminò poco prima che arrivassero al Tower Bridge. Si concessero qualche secondo per riprendere fiato, senza avere coraggio di guardarsi negli occhi.
Paolo lanciò un paio di occhiate furtive in direzione di Tyler: non aveva idea di come avesse reagito a quanto accaduto con Raquel. Era stato così preso da se stesso e dai suoi sentimenti, da non prestare attenzione al suo amante.
Era probabile che, le parole della donna, avessero ferito anche lui, in qualche modo.
Il giovane scosse la testa: voleva bene all'altro, lo conosceva da anni e percepiva un chiaro trasporto nei suoi confronti.
Nulla toglieva che, come al solito, stava anteponendo qualcun altro a se stesso.
Non immaginava che quello fosse un vero e proprio difetto, certo era che gli aveva causato innumerevoli guai, soprattutto, negli ultimi giorni, dove, per accontentare le necessità altrui, aveva finito per cacciarsi in situazioni spesso spiacevoli, mostrandosi come una persona abbastanza facile e vuota.
Oppure... era lui a pensare tutto quello di sé?
Si stava stancando di se stesso? Dell'immagine di sé che mostrava agli altri?
Davvero gli importava cosa potessero pensare di lui sua madre, Scott, Rosalia, suo padre, ... Tyler?
Trasse un lungo sospiro, sentendo i polmoni riempirsi di smog. Tossì un paio di volte, lasciando scivolare lo sguardo sulle automobili che intasavano il ponte, sulle centinaia di turisti che si muovevano intorno a loro, e sui londinesi totalmente assorti dalle loro faccende, intenti a procedere con passo veloce.
Imboccò la corsia riservata ai pedoni, procedendo lungo il ponte, tanto spedito da riuscire a percorrerlo in un paio di minuti. Così svelto da lasciarsi Tyler ad arrancare alle spalle, ancora con il fiato corto per via della loro, precedente, fuga.
Non aveva intenzione di voltarsi indietro. Non voleva tornare in albergo, da sua madre.
Era stato convintissimo di ciò che le aveva detto. Sperava, in futuro, che le cose tra di loro sarebbero potute tornare come un tempo, ma, in quel momento, preferiva allontanarsi il più possibile da lei e dal suo odio.
A un tratto, si fermò di colpo. Tyler gli finì addosso, rischiando di far cadere entrambi: Paolo gli strinse le spalle, tirandolo verso di sé, sostenendolo contro il suo petto, finendo per stringerlo in un abbraccio.
Il giovane rimase interdetto, contro una delle spalle dell'altro; chiuse gli occhi, affondando il naso nell'incavo del collo.
-Ho fame. Mangiamo qualcosa?- gli chiese e Tyler scosse la testa, solleticandogli la pelle. Sentì i capelli dell'altro sfiorarlo appena, mentre le labbra ne approfittavano per regalargli un bacio fugace. Rabbrividì e lo strinse maggiormente a sé.
-Potremmo...- incominciò col dire, ma l'altro si sciolse dal suo abbraccio velocemente. Fece qualche passo, allontanandosi da lui.
Si guardò attorno spaesato, prima di precipitarsi all'interno di un negozio.
Paolo aggrottò la fronte e lo seguì: lo trovò intento a parlare con il banconista, mentre ordinava fish&chips.
Attesero che la loro ordinazione fosse pronta e, per tutto il tempo, mentre Paolo cercava di intavolare una discussione con lui, Tyler continuò a troncare ogni sua parola sul nascere, prendendo a parlare con il banconista, spacciandosi per un turista in visita nella capitale.
Il giovane sembrò comprendere le intenzioni dell'altro, decidendo di rimanere in silenzio in attesa di uscire dal negozio.
Dovevano assolutamente parlare.
Sentiva la necessità di essere sincero con lui.
Non aveva idea di che forma avrebbero assunto i suoi sentimenti, certo era che stavano lì, sotto la superficie, pronti a balzare fuori da un momento all'altro.
Sarebbe stato in grado di restare, fedelmente, al fianco del ragazzo? Quei sentimenti stavano per trasformarsi in amore?
Erano amici da anni e non credeva che sarebbe bastata una scopata affinché, le cose tra di loro, mutassero così tanto.
Oppure aveva soltanto paura di ammettere il contrario?
Scosse la testa, sempre più confuso, mentre Tyler pagava, ritirava il suo acquisto ed usciva a passo spedito dal negozio, per poi prendere posto attorno ad uno dei tavolini posti all'esterno.
Paolo lo seguì tenendo gli occhi bassi, infastidito dal comportamento dell'altro.
Prese posto al suo fianco e non ebbe modo di dire mezza parola: ogni volta che tentava di aprire bocca per parlare, l'altro gliela riempiva di cibo, zittendolo.
Dopo un po', il ragazzo prese a mangiare da solo, velocemente, sentendo l'unto del pesce riempirgli la gola di una spiacevole sensazione. Fu proprio allora che si ricordò di quanto odiasse il cibo di strada londinese.
Se proprio doveva riempirsi lo stomaco con qualcosa del genere, solitamente, optava per degli hot-dog vegetariani. Pensava che fossero abbastanza ridicoli, come idea in sé, ma li trovava più commestibili, rispetto tutto il resto.
Terminato quel pasto, sperò di poter essere ricompensato dall'altro con la possibilità di riprendere il loro discorso. Ovviamente, non fu così e Tyler riprese a camminare, senza una meta apparente, finanche tappandosi le orecchie quando l'altro cercava di parlargli.
Lo seguì mentre tornavano sui loro passi, riattraversavano il ponte e Paolo iniziò a rallentare il suo inseguimento: temeva volesse riportarlo da Raquel. L'altro se ne accorse e si voltò nella sua direzione. Gli sorrise imbarazzato indicando con gli occhi la City Hall.
Il giovane aggrottò la fronte: che intenzioni aveva? Perché si rifiutava di parlargli e lo stava coinvolgendo in quel piccolo itinerario turistico?
Scrollò le spalle e, nonostante tutto, senza aggiungere altro, si limitò a seguirlo.
Superarono gli edifici ultramoderni senza degnarli di uno sguardo, sino a giungere nei pressi del belvedere.
Tyler si sedette sulla prima panchina parzialmente libera che trovò, al fianco di due giovani donne intente a chiacchierare tra di loro, mentre una delle due muoveva avanti e indietro un passeggino con dentro un neonato ed un uomo stava in piedi davanti a loro, reggendo tra le braccia una bambina.
"Troppi spettatori" pensò, alzando gli occhi al cielo per la frustrazione. Prese posto al suo fianco, mentre l'irritazione gli irrigidiva i muscoli delle spalle e delle braccia. Iniziò a mordersi l'interno di una guancia, incrociando le braccia sul petto, guardando, senza alcuna attenzione, tutto quello che li circondava.
Tyler poggiò una guancia contro una sua spalla e rimase lì, stringendogli un braccio tra le mani, come se fossero una coppietta come tante, confusa nella folla.
Dopo un po', le persone al loro fianco se ne andarono e il suo amante tirò le gambe sulla panchina.
-Qualcuno potrebbe lamentarsene- borbottò Paolo e l'altro si limitò a stringersi nelle spalle.
-Se dovesse accadere, libererò il posto-
-Adesso... mi parli?-
-Non ho molta voglia di parlare-
-Sai che non l'avevo not...!- ma non ebbe tempo di concludere la sua battuta ironica: Tyler lo baciò, soffocando ogni sua parola, ancora una volta.
Fu un bacio delicato, pieno di tremori e paure. Paolo lo strinse a sé, quasi a voler fondere i loro corpi in uno solo, a partire dalla pelle, dalle labbra, assorbire in sé ogni parte dell'altro e farla propria. Renderlo suo completamente, interamente.
-Credo che...- mormorò alla fine di quel loro, intimo, scambio. L'altro scosse la testa.
-Non illudiamoci, Paolo. Tu sei sempre tu, ed io sono sempre io. Tu andrai a vivere in un altro Stato, io rimarrò a Brighton.-
-Potresti venire con me...-
-Perché? Cosa siamo io e te? Amici? Amanti? Credo che la risposta più giusta sia... nessuna di queste. Forse, siamo amici d'infanzia.-
-Ieri, però...- protestò Paolo, debolmente. Tyler si allontanò da lui con un sorriso amaro ad incurvargli le labbra.
-Ieri è stato un addio.-
-E se non volessi dirti addio?- il giovane si strinse nelle spalle, prima di rispondergli:
-Non voglio rischiare. Mi hai già spezzato il cuore, Paolo, anni fa, quando ho iniziato a innamorarmi di te, continuando ad esserti invisibile. Ho accettato il tipo di persona che sei e me ne sono fatto una ragione. Domani troverai qualcun altro, e tornerai a dimenticarti di me-
Quelle parole furono in grado di scavargli dentro: le percepì come depositarsi nel suo cuore, occupando uno spazio specifico, ingombranti e pesanti.
Gli accarezzò una guancia con un dito, delicatamente. Percorse una linea immaginaria lungo la sua pelle, partendo da un angolo delle labbra, salendo su, verso gli occhi, fermandosi al fianco di quello destro. Si sentì perso dentro il suo sguardo caldo, scuro, saturo di emozioni contrastanti.
Deglutì un paio di volte, senza riuscire a trovare sufficiente voce da poter tornare a parlare.
Aveva ragione. Non si sentiva fatto per stare con qualcuno in pianta stabile, e non voleva che lui ne soffrisse per via di quel suo limite.
Non voleva fargli del male, non ancora, non dopo aver scoperto di avere quel potere su di lui.
Poggiò la fronte contro quella dell'altro, traendo un profondo respiro. Espirò piano, rilasciando il fiato molto lentamente, cercando di calmarsi, di essere obiettivo, di non farsi travolgere da quei sentimenti così seducenti, ma effimeri.
-E se ti seguissi a Brighton?- si sentì domandare.
Tyler sgranò gli occhi sorpreso.
-Dicevi di volerti trasferire da tuo padre-
-Da quando parli italiano, Tyler?- l'altro scosse la testa con fare rassegnato.
-Credevi che, dopo aver studiato questa lingua per tre anni, non avrei compreso il contenuto delle tue telefonate dell'altra sera?-
Paolo si sentì arrossire.
-Sono tante le cose che non sai di me.- continuò l'altro, consapevole del perché di quel rossore, improvviso, sulle gote del suo amante.
-Credevo che fossimo amici-
-Abbiamo trascorso delle piacevoli estati insieme. Tutto qui. Abbiamo sempre vissuto vite separate, senza mai restare in contatto durante le altre stagioni.-
-Adesso, capisco cosa intendevi dire poco fa- mormorò Paolo, scuotendo la testa.
Scese nuovamente il silenzio tra di loro, mentre ognuno dei due era perso nei propri pensieri.
L'aria si fece più fresca, mentre la sera sopraggiungeva e la luce naturale cedeva il passo a quella artificiale di locali, lampioni, luminarie.
Le persone intorno a loro iniziarono a rallentare il passo, a chiacchierare con più allegria, sfoggiando abiti più casual, mentre entravano e uscivano dai pub, dando inizio all'ora degli aperitivi.
Continuarono a restare lì, mano nella mano, senza ulteriori parole, a osservare l'acqua del Tamigi farsi sempre più scura, quasi nera, riflettendo miliardi di lucine.
Chiuse gli occhi e Tyler tornò a rannicchiarsi contro di lui.
-Domani tornerai a Palermo?- gli chiese sottovoce.
E Paolo si limitò ad annuire la sua risposta.
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