28
Premessa: d'ora in avanti, salvo diverse specifiche, essendo cambinato lo scenario entro cui si muovono i personaggi, diamo per scontato che parleranno sempre in inglese sino a nuovo avviso.
Varcato l'ingresso dell'albergo di Raquel, Paolo ebbe solo il tempo di poggiare il suo borsone a terra in attesa di un fattorino che arrivasse a prelevarlo, prima di vedersi investire da qualcuno.
Barcollò all'indietro di un paio di passi, riuscendo a rimanere in equilibrio solo per un caso fortuito.
Passati i pochi secondi di sgomento, si trovò avviluppato nell'abbraccio di una ragazza.
Le sue braccia rimasero sospese a mezz'aria, mentre il giovane cercava di comprendere se fosse il caso o meno di ricambiare quello slancio d'affetto.
La ragazza si allontanò di qualche centimetro da lui, senza sciogliere il suo soffocante abbraccio, e gli sorrise entusiasta.
Paolo sentì i muscoli irrigidirsi.
-Christine- mormorò stupito, mentre l'altra si scostava una ciocca di biondi capelli dal viso, ridendo divertita dell'espressione del suo amico. Sembrava avesse ceduto lo sgomento a un gioioso stupore.
Paolo aggrottò la fronte, e fece per sciogliere del tutto la presa dell'altra su di sé, ma quella gli strinse le mani nelle sue, impedendogli di allontanarsi ulteriormente.
-Sì! Sono così felice che tu sia qui!- esclamò Christine mentre Raquel superava i due giovani, dando indicazioni a un dipendente dell'albergo che teneva stretti in una mano i manici del borsone del giovane.
Paolo seguì sua madre con lo sguardo mentre quella si muoveva, ora tranquilla, accarezzandosi distrattamente il collo. Scese con le dita a sfiorare la collana di perle che indossava, continuando a fornire indicazioni al suo sottoposto e, al giovane, parve che gli desse ostinatamente le spalle, come se si aspettasse, voltandosi, di trovarlo a fissarla con espressione furiosa.
E Paolo, furioso, lo era per davvero: come aveva potuto tirargli un colpo tanto basso?
-Come mai sei qui?- domandò rivolgendosi alla ragazza, e Christine prese a ridacchiare.
-Tua madre ha invitato me e la mia famiglia qui, a trascorrere questa settimana nel suo albergo!- esclamò festante, e Paolo si fece sempre più cupo in viso.
-Anche Scott e Tyler sono qui?- domandò e Christine annuì velocemente.
-Sì! Mancavi solo tu! Non vedevamo l'ora che tornassi!-
-In che senso?- domandò il giovane, iniziando a mordersi l'interno di una guancia: -L'ultima volta che ci siamo sentiti, vi avevo detto che non sarei tornato a casa prima della fine del mese-
-Oh, sì. Ma tua madre ci ha contattati dicendo che saresti tornato prima, e che sarebbe stato bello farti una sorpresa- rispose Christine, continuando a stringergli le mani, accennando a piccoli passi di danza tra un movimento e l'altro.
Paolo aggrottò la fronte: possibile che sua madre lo conoscesse così bene da prevedere le mosse del figlio?
Quindi... aveva convocato i suoi amici lì...
Il ragazzo sentì il sapore metallico del sangue scivolargli in gola: chiuse gli occhi e cercò di calmarsi senza più stare lì a torturarsi la guancia lesa.
-Paolo?- domandò Christine, strattonandolo un po'. Lui aprì gli occhi e vide che l'altra gli stava sorridendo con un'espressione dolce dipinta in viso.
Sembrò che anche lei si fosse calmata, e lo abbracciò forte facendogli scivolare le mani sulla schiena in lente carezze rincuoranti.
-Mi dispiace per la situazione dei tuoi- gli sussurrò in un orecchio, così vicina da fargli percepire chiaramente il suo respiro solleticargli la pelle.
-Cosa ti ha detto mia madre?- domandò il giovane e, nonostante le lusinghe dell'altra, preferì scostarsi da lei.
Christine sembrò comprendere che Paolo non le avrebbe garantito il "ben tornato" di sempre: sospirò un po' delusa, ma erano anche amici, quindi tentò di comprendere quale potesse essere lo stato emotivo del ragazzo in quel momento.
-Che hanno divorziato... che era una cosa inevitabile perché veniva rimandata da troppo tempo, che tutto sommato si sono lasciati senza tragedie- sussurrò la giovane con una punta d'imbarazzo a rendere meno sicura la sua voce. Paolo notò il rossore sulle sue guance morbide: la ragazza si passò la lingua tra le labbra carnose e queste divennero lucide e invitanti. Prese a torturarsi una ciocca di capelli rigirandola tra le dita di una mano mentre i suoi occhi fuggivano da quelli dell'altro.
-Non ti ha detto altro?- chiese Paolo con tono glaciale.
Christine alzò gli occhi su di lui e aprì la bocca per dire qualcosa, ma sembrò ripensarci e si morse il labbro inferiore sgranando un po' gli occhi chiarissimi.
Paolo spostò la sua attenzione sulle piccole lentiggini che impreziosivano la pelle degli zigomi e del naso della ragazza, cercando qualcosa che lo distraesse a sufficienza dai suoi pensieri bellicosi.
La tensione venne spezzata di colpo quando qualcuno gli saltò alle spalle: sentì il respiro mozzarsi per lo shock, e si trovò a piegarsi leggermente in avanti costretto dall'improvviso peso di qualcuno.
Questa volta, non ebbe dubbi sull'identità del suo possibile aggressore.
-Scott!- urlò, scrollandosi di dosso l'amico.
-Paulino!- ridacchiò il nuovo arrivato, e gli strinse il viso tra le mani sporgendosi verso di lui nel tentativo di baciargli le labbra.
Paolo sentì la pelle del viso infiammarsi e il cuore iniziare a battere velocemente.
Cercò sua madre facendo vagare lo sguardo in ogni direzione della grande hall.
Vi erano diverse persone in quel momento, ma era impossibile non ammettere che la grande confusione che sembrava riempire l'ambiente, era in buona parte opera loro.
Alcuni ospiti occupavano gli sgabelli dell'angolo bar e sorseggiavano i contenuti ambrati dei loro bicchieri, senza degnare di uno sguardo coloro che li circondavano; altri occupavano un paio di tavolini e sorridevano e chiacchieravano a voce così bassa da rendere incomprensibile quanto si stavano dicendo, anche se si trovavano a pochi metri di distanza da loro. Vi erano dipendenti che si muovevano silenziosi spostando bagagli, sistemando i cuscini dei divani posti di fronte al bancone della reception: sembrava che si muovessero in punta di piedi, come fantasmi impalpabili, piume che scivolavano sul pavimento.
E gli ospiti sembravano sì, molto più allegri e rilassati, ma c'era quel qualcosa di sottofondo che portava a pensare che tutti stessero lì a misurare gesti e parole.
Non riuscì a scorgere sua madre, eppure... gli divenne improvvisamente chiaro un dettaglio che sino a quel momento gli era sfuggito. Londra gli era mancata, ma sentì una stretta al cuore nel rendersi conto di non trovarsi in mezzo all'allegria cacofonia di suoni a cui sembrava essersi abituato nella settimana precedente.
Gli mancava il sole, persino il caldo soffocante, il caos, i colori accecanti, i sorrisi sguaiati di Rosalia, le occhiate lascive di Kevin, le battute di Vincenzo, parlare con Marco; le litigate da soap-opera, le scenate di gelosia, i casini. Persino i profili delle strade, dei palazzi, gli odori... suo padre, Luther e Vittoria.
Aveva lasciato Palermo da meno di mezza giornata... e già gli mancava.
Riuscì a far desistere Scott dal suo tentativo di baciarlo, timoroso com'era di farsi beccare da Raquel.
Ovviamente, sua madre non era a conoscenza della confusione sessuale di suo figlio, e a Paolo quella consapevolezza parve come una piccola grazia divina, sopratutto dopo quanto appreso di suo padre: stentava a credere che sua madre sarebbe stata ben lieta di accettare la bisessualità del figlio... sempre che tale si potesse definire.
-Ehi! Paulino, tutto okay?- gli domandò Scott stringendogli una spalla con una mano.
Paolo rimase a rifletterci per qualche secondo e, in quel momento, scorse dietro le spalle larghe di Scott lo sguardo timido di Tyler: non l'aveva notato prima e il ragazzo lo fissava un po' deluso e timoroso di avvicinarsi a lui, timidissimo com'era sempre stato, anche se si conoscevano da anni, anche se tra di loro c'era sempre stata una certa attrazione; ma finiva sempre che a ogni nuovo anno, a ogni nuovo incontro, si trovassero a ricominciare tutto daccapo, come se fossero due sconosciuti che erano stati appena presentati.
Paolo trasse un lungo respiro e vide Raquel rientrare nell'albergo affiancata dai genitori di Scott: sorrideva, sì, ma era evidentemente titubante, sembrava così piccola e fragile, il suo corpo così delicato e pronto a spezzarsi... e il ragazzo non voleva diventare causa del suo dolore.
Temeva che gli avesse teso una piccola trappola, ma come poteva abbandonarla quando gli appariva così debole e disperatamente sola?
Trasse un sospiro e si rivolse a Tyler allungando una mano nella direzione del giovane: quest'ultimo sussultò visibilmente e arrossì, ma strinse la mano che l'amico gli porgeva.
-Eh... sì, sto bene. Sono tornato a casa- disse Paolo e chissà perché, tra l'urletto di gioia di Christine che per poco non gli forò un timpano, la pacca che Scott gli diede sulla schiena... il ragazzo finì per aggrapparsi allo sguardo di Tyler, leggendo nei suoi occhi scuri una felicità diversa da quella manifestata dagli altri, accompagnata da un pizzico di amarezza.
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