26
La sua prima domenica in quel di Palermo, Paolo la trascorse cercando di risarcire il suo "debito con la giustizia".
Il padre di Rosalia l'aveva contattato la sera prima per invitarlo a riscattarsi socialmente per ciò che aveva combinato in compagnia di sua figlia, e della combriccola di quest'ultima, qualche sera prima durante quella loro scazzottata al Centro Storico.
Era stato di parola ed al ragazzo non dispiaceva l'idea di essere stato punito, seppur non ufficialmente: ciò che lo infastidiva, era trovarsi costretto a passare il suo tempo con Rosalia ed i suoi amici dopo aver rotto malamente con la prima.
Al dir il vero, "rotto" era una parola che contava sì, solo cinque lettere, ma che il giovane trovava essere troppo "grande" per rispecchiare ciò che sembrava stare accadendo tra lui e la bella mora, dato che non si erano più rivolti parola dalla notte di Ferragosto.
Il sole era alto nel cielo, era già passato del tempo da quando era stato condotto lì con gli altri ed avevano preso a darsi da fare per pulire la piazza.
Si trovavano in uno di quei quartieri lontano dal caotico vivere tipico di una grande città: stando ad osservare i profili delle case, le strade strette, gli edifici bassi, le attività commerciali della zona, le poche persone che si aggiravano da quelle parti, a Paolo sembrò di essere stato catapultato all'interno di un altro paesino, seppur l'atmosfera che vi regnava, fosse nettamente diversa rispetto quella che l'aveva colpito quando si era recato con suo padre a far visita ai suoi nonni.
Faceva caldo, ovviamente, e l'afa soffocava ogni cosa ampliando le sensazioni e gli odori ed, al tempo stesso, affaticando il respiro, assopendo l'adrenalina, rallentando ogni più piccolo movimento.
Sin da quando era arrivato lì, il tanfo di immondizia e pesce putrido lo perseguitava in ogni gesto facendogli percepire un bruciore intenso al naso.
Gli avevano spiegato che, il giorno prima, in quella piazza era stato montato un mercato rionale, uno di quelli che, da nomadi, giravano per la città in giorni e zone differenti, portando la propria merce in vendita direttamente sotto le abitazioni dei loro possibili acquirenti.
Purtroppo, come spesso capitava, al termine delle ore di mercato, la piazza era stata spogliata da bancarelle, persone, voci ed inebrianti profumi di cibo, lasciando il posto a cumuli di immondizia e scarti di alimenti che avevano preso a marcire velocemente sotto il picco del sole.
Ed il padre di Rosalia aveva deciso di mandarli lì ad espiare le loro colpe ed, al contempo, ridare dignità alla piazza.
-Certo che è assurdo...- borbottò Paolo senza neanche rendersi conto di aver parlato ad alta voce:
-Cosa?- gli domandò Kevin avvicinandosi a lui con un enorme sacco nero per permettergli di gettare i rifiuti che aveva raccolto con scopa e paletta.
Paolo aggrottò la fronte ed iniziò a mordersi l'interno di una guancia: aveva cercato in ogni modo possibile di evitare di parlare con tutti loro, limitandosi a scambiare un veloce saluto ed ad annuire davanti le parole del padre di Rosalia, prima che questi li lasciasse lì da soli per tornare alle sue faccende.
Era arrabbiato con i ragazzi: lavorare e cercare di non vomitare erano attività che lo aiutavano a distrarsi dalla situazione imbarazzante in cui si trovava.
Non aveva idea di che cosa avessero finito di pensare sul suo conto, certo era che, le due sorelle, non si fossero risparmiate di svelare quanto accaduto tra loro tre ai ragazzi ed avrebbe scommesso, sicuro di vincere, che le due non si erano premurare di tessere le sue ragioni con gli altri.
-Mh- sussurrò cercando di troncare la loro nascente discussione ed abbassò gli occhi sul marciapiede tornando a raccattare immondizia.
-Assurdo, concordo!- esclamò Rosalia ed il giovane non poté fare a meno di rivolgerle uno sguardo fugace di sottecchi.
Stava lì, immobile e bellissima nella sua rabbia, un'emozione talmente ruggente da illuminarle i lineamenti del viso riempiendo di luce i suoi occhi scuri.
-Hai intenzione di tenerci il broncio ancora a lungo?- gli chiese poggiando le mani sui fianchi e Paolo si trovò a trattenere un sorrisino dato che, la posa assunta dalla sua amica, gli ricordò quella che aveva visto spesso assumere da Antonina il giorno prima.
Il ragazzo trasse un lungo sospiro ed alzò il viso trovandosi affiancato da Marco e Vincenzo: sussultò stupito di non essersi accorto di quanto tutti loro gli si fossero fatti vicini.
-Ti ringrazio per avermi riportato i miei documenti. Temevo che tua sorella si dimenticasse di rendermeli- mormorò con fare strafottente e Rosy si lanciò verso di lui in uno scatto d'ira, ma venne presto intercettata da Kevin che le strinse le spalle cercando di tenerla lontana dall'altro.
-Non capisco perché questa storia ti abbia fatto tanto incazzare- borbottò Marco incrociando i polsi sopra l'estremità del manico della scopa e poggiandovi sopra il mento.
Paolo aggrottò la fronte:
-Se fossi stato al mio posto? Come avresti reagito?- gli domandò sempre più irritato dalla loro evidente mancanza di empatia.
-Ma dai! E tutti i discorsi che abbiamo fatto insieme qualche giorno fa? Che cambia se, nel tuo desiderio di "conoscenza", hai finito per fare sesso con due sorelle?- gli domandò Vincenzo e Paolo si trovò a sbuffare improvvisamente privo di ogni desiderio di continuare quella conversazione con loro.
"E di questo" pensò, "Posso solo ringraziare i miei genitori".
La verità era che sentiva come quelle loro parole avrebbero potuto condurli verso un vero e proprio litigio, e lui era stanco di trovarsi in mezzo a situazioni di quel tipo.
Odiava le liti, dato che, sin da quando aveva memoria, non aveva mai trascorso un solo giorno della propria infanzia senza che i suoi genitori litigassero, arrivando al picco massimo nell'ultimo anno che si era lasciato alle spalle: adesso sapeva quali erano i motivi che avevano reso il loro matrimonio tanto burrascoso, ma ciò non cambiava la sua insofferenza nel doversi confrontare aspramente con qualcuno.
Preferiva sempre tagliare di netto ogni rapporto, senza stare lì a trascinarsi in inutili e dolorose discussioni.
-Mi sarebbe piaciuto poter scegliere di agire. Ma hanno deciso loro per me... ma va bene. Di certo non mi sarei dovuto aspettare nulla di diverso, no? Perché avrebbero dovuto rispettarmi tanto da rendermi partecipe dei loro giochetti?-
-Giochetti, un cazzo!- tuonò Rosalia: -Non avevo idea che saresti finito a letto con lei, non volevo che la seguissi a casa. Invece, per farmi un dispetto, hai fatto proprio questo! Tu e la tua stupida, insensata, gelosia. Io non sono di tua proprietà! Perché avrei dovuto starti appiccicata tutta la sera? Perché non potevi limitarti a stringere amicizia anche con gli altri? Adesso piangi le conseguenze delle tue scelte! Nessuno di noi ti ha imposto nulla, cosa che, invece, volevi fare tu, comportandoti da ragazzino viziato!-
Rosalia rimase di colpo in silenzio iniziando ad ansimare pesantemente, come se quelle parole le avessero prosciugato tutto il fiato ed azzerato le energie. La sua espressione si fece più morbida mentre gli altri la fissavano rigidi e timorosi del possibile sviluppo a seguito delle sue parole.
Paolo, però, sembrò rimanere impassibile. Riprese a mordersi l'interno di una guancia e consegnò scopa e paletta a Vincenzo: quello le prese sgranando gli occhi, non comprendendo che diavolo stesse succedendo e si percepì chiara la tensione accentuarsi ancora di più, quando il ragazzo si mosse in direzione di Rosalia.
Stupendo tutti, la superò senza degnarla di uno sguardo e prese a camminare verso una direzione imprecisata.
-Che cazzo hai combinato?- mormorò Kevin rivolgendosi alla sua compagna e fissando la schiena del loro amico mentre si allontanava sempre più.
Rosalia si morse il labbro inferiore e sbuffò sonoramente indecisa se lasciarsi andare a ciò che il suo cuore le suggeriva di fare o mantenere inalterate le sue posizioni riguardo quella storia.
-Davvero... lo stiamo scaricando?- domandò incredulo Marco e l'amica gli lanciò un'occhiataccia mentre i suoi piedi si muovevano in automatico verso la direzione opposta.
Iniziò ad accelerare il passo coprendo la distanza tra sé e Paolo con una piccola corsa: si fermò al suo fianco afferrandolo per una spalla e lo guardò in viso trovandolo con gli occhi lucidi.
-Hai ragione- mormorò il ragazzo arrossendo ed abbassò lo sguardo sul marciapiede mentre Rosalia alzava gli occhi al cielo infastidita:
-Ma per niente!- urlò attirando gli sguardi straniti di due anziani signori intenti a fumare sigari e seduti su di una panchina poco distante da loro.
La ragazza intercettò quegli sguardi impiccioni e provò un principio di imbarazzo per ciò che stava per dire: stavano lì da ore, ormai, eppure, a parte qualche rado passante e quei due vecchietti, non avevano avuto modo di dare spettacolo per chissà quanta altra gente.
Probabilmente, nonostante fosse già metà mattina, la calma apparente che regnava in quella zona, era dovuta all'assenza di un vero e proprio punto di ritrovo ed, immaginava la ragazza, al fatto che di certo molti stavano ancora sonnecchiando nei loro letti, mentre altri li si sarebbe potuti incontrare nella chiesa del quartiere intenti ad assistere alla messa domenicale.
Ma sapeva di aver attirato l'attenzione di quei due ed era certa che avrebbero teso le orecchie per ascoltare le sue parole e questo la infastidiva non poco.
Essere sincera e vomitare addosso a Paolo tutte le parole che le si erano come bloccate in gola o limitarsi, darsi un contegno e cercare di salvare la situazione senza scandalizzare i due anziani spettatori con il rischio di farsi fraintendere dal suo amico?
"Amico" pensò, "Al diavolo! Mi renderò ridicola? E sia...!"
-... io non ti mollo!- esclamò terminando il suo pensiero a voce alta e Paolo sgranò appena gli occhi chiari non comprendendo appieno cosa stesse cercando di dirgli l'altra.
-In che senso?- mormorò sospettoso e Rosalia sbuffò e lo strinse goffamente a sé in un abbraccio:
-Che mi stai bene anche se sei un ragazzino viziato ed insicuro. E ti dirò di più: se adesso decidessi di scappare via da qui a causa di ciò ch'è successo tra di noi, non te lo perdonerei mai, perché io ti voglio bene, dannazione!-
Paolo deglutì sonoramente e ricambiò l'abbraccio di Rosalia:
-Mi sono sentito... usato- mormorò. La ragazza si staccò un po' da lui, a sufficienza per poter tornare a guardarlo negli occhi:
-Le tue arti amatorie sono niente male, ma... no, Paolo, né io né Mery volevamo ferirti. E non sai quanto mi scoccia prendere le difese di mia sorella, ma...-
-Non andate d'accordo?- le domandò il giovane interrompendola.
Rosalia inarcò un sopracciglio:
-Oh... a giorni alterni, forse le voglio anche bene. Ma sono stufa di vedermi soffiare via le persone a cui io voglio bene da sotto il naso, perché lei è più carina e meno spaventosa di me- Paolo rise piano:
-È vero, lei non è come te, ma... -
-Ma tu hai fatto sesso con lei per ferire me, perché mi vuoi bene, eri indispettito dal fatto che non ti stessi considerando più di tanto quella sera e hai tentato di vendicarti-
Il ragazzo si morse un labbro tornando ad arrossire:
-Non lo faccio apposta, sono un tipo possessivo e...-
-E stupido- lo interruppe Rosy: -Perché se finisci nella mia ragnatela, ragazzino, puoi star certo che non ti lascerò mai più scappare via-
Paolo la osservò per qualche secondo rimanendo incantato dal taglio dei suoi occhi, dalle ciglia lunghe, dal piccolo neo vicino le labbra carnose e si trovò ad azzerare la distanza che li separava regalandole un fugace bacio a fior di labbra:
-Cosa sei? Una Vedova nera?!- esclamò poco dopo staccandosi da lei e bloccandosi di colpo andando a sbattere contro il petto di Kevin.
Sollevò il viso verso di lui trovando sul volto dell'altro un'espressione accigliata e bellicosa. Fece per dire qualcosa con l'intento di giustificarsi per il bacio dato a Rosalia e non aveva granché senso dato che aveva fatto molto di più in passato con la sua ragazza, anche se, allora, lei l'aveva già ingannato non rivelandogli di avere un compagno, ma Kev lo stupì iniziando a ridere per poi stringergli un braccio intorno al petto abbracciandolo da dietro.
Gli depose un bacio leggero così vicino alle labbra da farlo sussultare e Rosalia alzò gli occhi al cielo per frenare l'impulso di voltarsi nella direzione dei loro due anziani spettatori, convinta com'era che li avrebbe trovati stecchiti sulla panchina che occupavano dopo aver assistito a quello scambio di baci, sicuramente per loro, poco "casti".
-Adoro i ragni!- esclamò infine, soddisfatta di aver deciso, ancora una volta, di dare ascolto al suo cuore e ad i suoi preziosissimi consigli.
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