24

La piccola casetta dei genitori di Fausto si elevava su due livelli.
Il primo, quello su cui si apriva l'ingresso, era talmente piccolo da essere suddiviso soltanto in due stanze: un bagno e la cucina. Quest'ultima era caotica, piena di elementi decorativi come quadri, piatti dipinti, ceramiche, centrini sparsi su quasi tutte le superfici, posti persino a coprire alcune porcellane che riempivano il piano da lavoro in muratura e che facevano compagnia a diversi barattolini in vetro che, probabilmente, contenevano delle spezie; pentolame vario ed un paio di bicchieri già utilizzati ed abbandonati di fianco una bottiglia senza tappo.

Vi era un tavolo a ridosso del muro di destra con tre sedie intorno; vicino l'ingresso si trovava un mobiletto che reggeva un vecchio modello di televisione e decine di fotografie riempivano la parete sopra il tavolo.

Una credenza faceva bella vista di sé nella parete di fronte la porta d'ingresso e conteneva decine di stoviglie differenti, scintillanti e finemente decorate: il mobile sembrava dividere in due la parete e la porta che si apriva alla sua sinistra da una scala sulla destra che conduceva al piano superiore.

Le pareti erano dipinte di un caldo color ocra che sembrava rendere l'ambiente ancora più piccolo.

Paolo cercò di non farsi beccare, ma la sua attenzione venne subito catturata dalle foto appese alla sua destra e tentò più volte di sbirciare in quella direzione nella speranza di scoprire qualcosa in più sulla famiglia di suo padre.

C'era un odore intenso che la faceva un po' da padrone e sembrava sovrastare ogni altra cosa ovattando la percezione di tutto il resto: sapeva di buono, di dolce, di latte caldo.

-Hai tanti soldi e fai uscire di casa, tuo figlio, così- disse sua nonna guardando i vestiti di Paolo con un certo disprezzo. Il ragazzo sussultò percependo quelle parole come un'intromissione nella sua "indagine" furtiva.

-Mio figlio fa quel che vuole: è maggiorenne, è un uomo libero- disse Fausto prendendo posto intorno al tavolo: -Paolo, ti presento Antonina Spatola, tua nonna. Mamma, lui è Paolo, mio figlio-

Antonina gli sorrise e Paolo arrossì mentre la donna gli faceva cenno di prendere posto sulla sedia posta in prossimità delle scale, dall'altro capo del tavolo rispetto a Fausto. Il ragazzo scosse un po' la testa, ma poi accolse l'invito di suo padre che spostò una sedia proprio di fianco alla propria ed il ragazzo prese posto.

Si sentiva a disagio: sua nonna li scrutava con occhi indagatori senza tralasciare alcun particolare, quasi come se stesse facendo loro una radiografia ed il giovane temette potesse trovare qualcos'altro fuori posto oltre i suoi vestiti.

Dopotutto, suo padre l'aveva trascinato via dall'albergo di Luther senza dargli tempo di capirci granché: aveva finito per lasciarsi addosso la maglia del pigiama del suo ospite ed aveva infilato il costume da bagno al posto dei pantaloni, sopra le infradito.

Di certo non si poteva affermare che risaltasse agli occhi per via della sua raffinatezza e per l'elegante scelta di vestiario.

Restava di fatto che, il modo in cui sua nonna lo scrutava, gli fece iniziare a mordersi l'interno di una guancia mentre l'ansia cresceva dentro di lui.

Non aveva la più pallida idea di cosa si sarebbe dovuto aspettare: uno scontro biblico? Un coming out? Una tranquilla rimpatriata?

E più si tormentava oscillando tra tutte le possibili alternative che la vita poteva avere in serbo per lui, più l'ansia cresceva.

-Papà non c'è?- domandò Fausto ed Antonina sbuffò voltando le spalle ai due per aprire un mobiletto affisso al muro sopra il lavabo della cucina: ne tirò fuori una moka, la smontò con gesti meccanici mentre rispondeva al figlio:
-Che vuoi, mica ci aspettavamo che tornassi oggi. Tuo padre all'orto è andato. Solo quello gli è rimasto, che la pensione non gli fa tanto bene-

Paolo aggrottò la fronte notando che, l'accento di sua nonna, era molto diverso rispetto quello a cui aveva cercato di abituare l'orecchio negli ultimi giorni vivendo a Palermo: avevano percorso pochi chilometri in auto eppure, in quel paesino, le parole sembravano molto più affilate ed, allo stesso tempo, il tono di voce diveniva una leggera cantilena che le accompagnava come se le cullasse in un'antica danza.

-Non era previsto che venissi a trovarvi. Ero di passaggio- disse Fausto mentre sua madre metteva la moka sul fornello ed accendeva il fuoco:
-Da Londra?- gli domandò scettica tornando ad aprire il mobiletto sopra al lavandino ed estraendo una serie di pacchi di biscotti e merendine.

Poggiò tutto sul tavolo il più vicino possibile a Paolo:
-Mangia, a' nonna. Prendi quello che vuoi.- il ragazzo arrossì e suo padre dovette trattenere un mezzo sorriso che suo figlio riuscì ad intercettare lo stesso.

Il ragazzo rimase abbastanza stranito e, non avendo idea di che cosa, la donna, si aspettasse da lui, si limitò a sorriderle senza muoversi:
-Ch'è? Ha qualche malattia di quelle che non ti fanno mangiare le cose?- domandò aggrottando la fronte, puntando un dito accusatore contro il figlio.

-No, ma', mangia quasi tutto, stai tranquilla. Probabilmente, è un po' a disagio... dopotutto, non vi conoscete-
-E certo. Tu in un altro Stato dovevi finire a vivere con mio nipote. Certo che non mi conosce, tu lo hai fatto nascere lì- Fausto scosse la testa, ma sua madre non gli permise di ribattere e si voltò nella direzione del nipote: -Non ti mangio mica. Nonna pure io, sono. Nipote ho solo te, ma adesso che sei qui, sicuro che non ti voglio spaventare, a' nonna. Tiè, mangia- concluse aprendo un pacco di biscotti e mettendolo direttamente tra le mani del ragazzo.

Il sorriso di Paolo iniziò a farsi più teso ed iniziò a mangiare un biscotto per far contenta la donna: il gorgogliare del caffè richiamò l'attenzione di quest'ultima che tornò a dare le spalle ai due.

Paolo lanciò un'occhiataccia al padre implorandogli aiuto, ma l'altro si strinse nelle spalle sorridendo.

Al ragazzo... sua nonna non parve così crudele come Fausto gli aveva lasciato intendere, forse un po' sbrigativa nei modi di fare, ma sicuramente gentile ed alla mano. Sembrava volesse dimostrargli il suo affetto, nonostante non avesse mai avuto l'opportunità, in diciannove anni, di dimostrarglielo; sembrava volesse fare una buona impressione sul nipote... e magari scaricare tutte le colpe della loro mancata frequentazione, su Fausto.

Su quest'ultimo punto... Paolo decise di non essere affrettato e di cercare di comprendere meglio le dinamiche che avevano spinto suo padre a scappare dalla sua stessa casa.

Antonina versò il caffè in tre tazzine e servì prima il nipote, poi il figlio, poi si sedette anche lei.

-Ce l'hai la fidanzatina?- domandò poco dopo con un sorrisino e Paolo, che stava ancora sorseggiando il suo caffè, quasi si strozzò mentre quello gli andava di traverso. Tossì un paio di volte e velocissime immagini della settimana appena trascorsa in città, gli invasero la mente facendolo arrossire nuovamente.

Si morse l'interno di una guancia: a sua nonna sarebbe di certo venuto un infarto se avesse saputo ciò che aveva combinato, così come certo era che lui, non aveva una... "fidanzatina".

-No...-
-Come no?!- esclamò sua nonna indignata: -Un così bel giovanotto!-
-Magari, non ha ancora trovato la persona giusta- disse Fausto accavallando le gambe mentre posava la tazzina sul piatto da portata posto sul tavolo.

-Perché? È un bel ragazzo. Vuoi che si sposi una inglese come te e ti abbandoni come hai fatto tu con noi, solo perché, per lei, eravamo poco... "altolocati"?- gli domandò con voce che trascurava improvvisa e rovente rabbia.

Paolo non si aspettava di certo un cambiamento tanto repentino nella donna e prese a fissarla con attenzione sentendo anche una punta di delusione pizzicargli il petto: sua madre poteva anche non andare a genio alla suocera, ma non vedeva per quale motivo, Antonina, avrebbe dovuto imporre la sua impressione di Raquel a chiunque. Lui conosceva sua madre e sapeva che non era a causa sua se suo padre si era allontanato dalla sua famiglia d'origine.

Raquel aveva tanti difetti... ma solo Paolo e Fausto, in quella stanza, erano pienamente consapevoli di quali fossero, non sua nonna: lei non avrebbe dovuto accaparrarsi il diritto di giudicarla senza conoscerla veramente.

-Mia madre è una brava donna- disse e sua nonna si voltò nella sua direzione:
-Tua madre non ci ha mai sopportati-
-Da quello che capisco, la cosa è reciproca- ribatté il ragazzo e sua nonna scosse la testa:
-Noi le volevamo bene come una figlia. Lei non era abituata e non ha voluto sforzarsi...-
-Mamma- la interruppe Fausto: -.Ti prego di non offendere l'intelligenza di mio figlio rifilandogli la solita storiella della ragazza senza cuore che non accetta l'affetto della famiglia del marito. Voi non avete mai potuto sopportare Raquel e lei non si è mai posta il problema. La colpa della vostra mancata relazione e della nostra, è di tutti fuorché di Paolo. Fine del discorso-
-Allora... perché sei qui?- gli domandò la donna e Fausto sospirò.

-Volevo che mio figlio vi conoscesse-
-Perché?-
-Per aiutarlo a capire-
-Cosa?- l'uomo sospirò nuovamente e  prese a sorreggersi la testa con una mano mentre si massaggiava una tempia con il pollice:
-Per quale motivo me ne sono andato-

Antonina si alzò dalla sedia, incrociò le braccia sul seno generoso e prese a camminare avanti ed indietro per la stanza stringendo le labbra in una linea sottile: sembrava un leone in gabbia.

-Te ne sei andato perché ti comportavi strano. Facevi parlare tutti in paese e te ne lamentavi pure. Poi hai preso e te ne sei andato, perché eri convinto che noi tutti fossimo strani, che non ti capissimo, invece che ammettere che tu solo eri strano.-
-Diverso- mormorò Fausto chiudendo gli occhi e la donna si strinse nelle spalle:
-Fa lo stesso-

-No, mamma- disse l'uomo dopo un po' e tornò ad aprire gli occhi per fissarla: -Non è lo stesso. E sì, improvvisamente, fuori di qui, ho smesso di essere "diverso" per la società. Peccato che, dopo essermelo sentito ripetere per un'intera vita, ho incominciato io stesso a sentirmi tale. Ho iniziato io stesso ad obbligarmi alla vostra idea di "normalità"... e ho finito per sposare Raquel-

Paolo sentì un brivido corrergli lungo la schiena: suo padre non lo stava guardando, ma fu sicuro che, quelle parole, fossero per lui.

-Che stupidaggini. Hai sposato quella donna proprio perché è strana come te-
-No. E la cosa assurda è che, io non sono strano... sono soltanto gay-

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