15
-Poteva andarci peggio- esordì Rosalia guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Paolo.
Il ragazzo sbuffò e si strinse la testa tra le mani:
-Certo, ho solo un labbro spaccato ed un occhio divenuto fratello di una melanzana, poteva andarci peggio di sicuro!- esclamò sarcastico e Rosy si strinse nelle spalle lasciandosi scappare un risolino che l'altro captò con la coda dell'occhio: -Tu ne sembri quasi felice. Hai idea del casino in cui mi trovo io?-
-Quale casino?- chiese Vincenzo appoggiandosi contro la parete alle proprie spalle. Paolo scosse la testa:
-Se quello sporgerà denuncia, sarà un casino per me che non sono residente qui e già me li vedo i miei genitori. Mia madre si farà prendere un colpo e mio padre otterrà una buona scusa per scaricarmi definitivamente!- disse il giovane.
-In che senso...?- cercò di dire Marco prima di essere raggiunto da uno sguardo eloquente da parte di Rosalia che lo intimò a troncare quel discorso.
Paolo sospirò:
-Non devi preoccuparti- disse Rosalia accarezzandogli una spalla nel tentativo di confortarlo: -Si sistemerà tutto-
-Voglio proprio vedere come...- ribatté il ragazzo con tono scettico.
-Presto la tua curiosità verrà appagata- disse l'altra lasciandolo sospeso nell'incertezza.
Paolo si guardò intorno: si trovavano in una stazione di polizia, nel pieno della notte. Vi erano un paio di poliziotti in fondo al corridoio che discutevano piano tra di loro, un uomo in abiti civili disteso e mezzo addormentato su due sedili poco più in là rispetto quelli che loro occupavano.
Il corridoio era illuminatissimo, con luci al neon e pareti bianche tanto da rendere l'ambiente quasi asettico. Il pavimento era in pessime condizioni, lucido, corroso in diversi punti da chissà cosa, tanto da aver lasciato testimonianza di sé tramite macchie vistose su alcuni dei mattoni.
Il ragazzo si lasciò andare all'ennesimo sospiro sentendo i punti che gli erano stati dati al labbro superiore, iniziare a tirare: probabilmente era terminato l'effetto dell'anestetico che gli avevano somministrato in ospedale un paio di ore prima mentre gli suturavano la ferita.
Si sentiva come uno di quei giocatori d'azzardo all'interno dei film d'azione che si radunavano in stanze malfamate a spendere sino all'ultimo dei propri centesimi, favoriti dall'assenza del tempo: reso quasi invisibile a causa della mancanza di orologi e finestre che avrebbero potuto suggerire quello che accadeva fuori di lì.
L'unico orologio presente nel corridoio della stazione di polizia, era affisso nei pressi della porta della guardiola alle spalle dei due poliziotti e sembrava fermo. Paolo non riusciva a scorgerlo bene dalla distanza in cui si trovava, ma gli sembrava che non fosse mai andato oltre le ore dieci e trenta circa, ma il tempo doveva pur essere passato da quando loro erano giunti lì: magari meno di quanto lui pensasse, anche se l'attesa era snervante e riusciva quasi a dilatare la percezione del tempo rendendolo come infinito.
Kevin non era con loro: era stato condotto in un ufficio insieme all'altro ragazzo coinvolto nella rissa non appena erano giunti in quel luogo e nessuno dei suoi amici sembrava avere idea di che fine avesse fatto, men che mai lui anche se, doveva ammettere, Rosalia gli era sembrava fin troppo tranquilla a fronte della situazione in cui si trovavano coinvolti.
-Perché avete detto a quel tizio che sono il vostro ragazzo?- le domandò dopo un po' sfiorandosi, quasi inconsapevolmente, la pelle lesa sotto l'occhio sinistro.
Rosalia tornò a stringersi nelle spalle:
-Sei un ragazzo, fai parte del nostro gruppo. Sei uno dei nostri ragazzi!- esclamò la giovane compiaciuta battendosi un pugno sul palmo dell'altra mano. Marco e Vincenzo risero e Paolo aggrottò la fronte indispettito:
-Non ha senso quello che hai detto- protestò e Rosalia alzò gli occhi al cielo:
-Che colpa ne abbiamo noi se, quell'idiota, ha frainteso e reso maliziosa una cosa tanto innocua?-
Paolo sentì le rughe sulla sua fronte farsi ancora più profonde:
-Sembra quasi che questa storia ti diverta, com'è possibile che non vi aspettavate una reazione del genere? E tutti i discorsi dell'altro giorno? Credo che fosse scontato che quel tizio finisse per vedere la cosa sotto una luce maliziosa...-
-Stai forse insinuando che lo abbiamo provocato?- lo interruppe la ragazza.
Paolo rimase a rifletterci per qualche secondo prima di rilasciare un profondo respiro:
-Vorrei poter dire di no- mormorò infine e Rosalia gli regalò un sorriso glaciale senza aggiungere nulla. Un brivido corse lungo la schiena del ragazzo e, per la prima volta da quando li aveva incontrati, si domandò se i suoi "amici" fossero davvero delle brave persone.
Si era subito rivisto in loro e nei loro modi di pensare, l'avevano sedotto con il sesso... o si era lasciato sedurre?, non pensava che questo avesse davvero importanza, ciò su cui si interrogava era la possibilità di aver dato loro fiducia soltanto perché avevano fatto sesso.
Il suo giudizio nei loro confronti era stato offuscato dalla precoce intimità che avevano raggiunto? O si stava lasciando andare a film mentali senza fondamenta solo perché si trovava ancora sotto shock?
Non gli era mai capitato di ritrovarsi invischiato in una rissa: era molto peggio rispetto quelle che aveva visto in televisione, reali o cinematografiche che fossero.
Ricordava ancora bene, come se la stesse rivivendo in quel preciso momento, la sensazione di panico che gli aveva attanagliato il petto quando aveva compreso quello che stava per accadere e l'adrenalina che aveva scacciato ogni altra sensazione quando aveva iniziato ad incassare colpi.
Non aveva provato neanche dolore: era stato tutto così ovattato, strano e sconvolgente che, soltanto in seguito, aveva iniziato a percepire la sua pelle tirare sulle ossa e sui muscoli, alcune parti del suo corpo pulsare sotto fitte continue e martellanti, il sapore del sangue in bocca e la sensazione di disgusto che aveva provato nel percepirlo e che l'aveva portato più volte a sputare nel vano tentativo di liberarsene.
Poi, l'ospedale, accompagnati da degli agenti e sorvegliati costantemente anche durante le medicazioni di cui erano stati oggetto: non avevano riportato grandi lesioni e li avevano dimessi nel giro di qualche ora consigliando loro qualche pomata lenitiva e tanto riposo.
Poi, il commissariato: ed avevano finito per "riposare" seduti su delle scomode sedie di plastica in attesa di conoscere le sorti del loro destino.
Paolo non aveva avuto il coraggio di chiamare sua madre ed informarla di ciò che stava accadendo e, si rese conto in quel momento che, neanche gli altri avevano contattato le proprie famiglie.
-Com'è che non avete telefonato ai vostri genitori?- si sentì domandare e subito se ne pentì pensando di essere stato indiscreto: però, era anche vero che lui non aveva mai fatto segreto della sua vita agli altri ed erano entrati molto in confidenza... o no?
-Oh beh...- iniziò col dire Rosalia poggiando le spalle contro lo schienale della sedia e la nuca contro la parete alle loro spalle: -A mio padre sarebbe venuto un infarto. Non vedo per quale motivo avrei dovuto causarne la prematura dipartita- disse la giovane con tono ironico e gli altri due risero piano come se condividessero un qualche tipo di segreto:
-Ai nostri... non credo che importi- disse Marco poco dopo, indicando prima se stesso e poi il suo compagno con un pollice.
Paolo stava per domandare loro cosa intendesse, prima che la sua mente captasse cosa celavano le parole dell'amico e si bloccò di colpo finendo per emettere un suono strozzato:
-Stai tranquillo. Io e Vicio viviamo nella pace degli angeli da anni- disse Marco circondando le spalle del suo compagno con un braccio, mentre l'altro poggiava una guancia sul suo petto e rivolgeva un sorriso tirato all'amico.
Quest'ultimo annuì poco convinto, ma decise di non insistere ulteriormente:
-E quindi... i tuoi non sanno cos'è successo- disse Marco poco dopo e Rosalia gli rivolse l'ennesima occhiataccia:
-Non che avrebbero potuto fare granché da Londra...- iniziò col dire il giovane:
-Ma tuo padre non si doveva trasferire qui a breve?- lo interruppe Vincenzo.
Paolo annuì:
-È tutto un gran casino. In realtà... gli avevo telefonato mentre eravamo in ospedale, ma non ha risposto. Così gli ho scritto un messaggio...-
-Gli hai lasciato un messaggio che diceva: "Tranquillo, papà, mi hanno picchiato, ma sto bene"?!- domandò incredula Rosalia e l'altro rise rilassandosi un po' davanti la battuta scema della sua amica:
-No. Gli ho semplicemente scritto che... avevo bisogno di lui- mormorò il ragazzo sentendo le sue stesse parole perdere forza sillaba dopo sillaba.
I presenti si scambiarono delle occhiate che il giovane non intercettò, troppo intento a tenere la testa china ed a nascondere agli altri le emozioni che si agitavano e rincorrevano sul suo viso.
Si sentiva... piccolo: un ragazzino indifeso e solo di colpo gettato in pasto ai lupi e costretto a crescere in un battito di ciglia.
Era vero che non era più un bambino, ma si era ritrovato troppo velocemente dal passare dall'essere il "cocco di casa" a... non ne aveva idea. Cos'era diventato per la sua famiglia in quel brevissimo lasso di tempo da quando aveva lasciato la sua terra natia?
Sua madre era, probabilmente, offesa con lui: non l'aveva più contattato da quando il giovane si era apertamente rifiutato di entrare a far parte dei suoi piani diabolici contro l'ex marito.
Suo padre...
Si sentiva debole ed in colpa per ciò che provava, totalmente privo di un punto di riferimento ad eccezione delle persone che gli stavano vicine in quel momento... ed erano degli estranei.
Sospirò e poggiò la nuca contro la parete: poco dopo sentì l'inconfondibile mano di Rosalia accarezzargli delicatamente la fronte, far scivolare le dita tra i capelli e non poté fare a meno di tremare sotto il suo tocco gentile.
La ragazza gli si fece vicina e gli depositò un bacio su di una guancia:
-Non siamo cattive persone, tesoro. Ma crediamo sia inutile stare qui a domandarsi perché, come potevamo evitarlo... perché sempre a noi. Aspettarsi il peggio dalla vita, non è bello, ma non rimani deluso. Non stiamo qui a struggerci per l'accaduto... perché è accaduto. Prendiamola come è arrivata e tentiamo di uscirne più forti di prima-
-Non vi scoccia avere a che fare sempre con cose del genere?-
-Non accadono sempre. Possono capitare...-
-E non vi viene spontaneo domandarvi perché sempre a voi?- domandò sarcastico Paolo e Rosalia gli diede uno schiaffetto sulla spalla destra:
-La vera domanda è... perché non a noi? Che abbiamo di così speciale da pensare di essere esonerati dai casini della vita? Non siamo uguali a tutti gli altri? Questa volta è capitato a noi... fine-
Paolo rimase per un po' a rimuginare su quelle parole non ancora del tutto convinto:
-Ma... vi capita spesso di fare a botte con qualcuno?- chiese poco dopo e Vincenzo si strinse nelle spalle stringendo le labbra in una smorfia:
-Non ce le andiamo a cercare, s'è questo che pensi. Certo ch'è difficile rimanere lì a sorridere ed incassare davanti a certe parole e certi pugni- disse Marco:
-E resta di fatto che, no, non facciamo a botte tutte le sere, Paolo- aggiunse Rosalia con un sorriso.
Il ragazzo rimase a fissarla negli occhi per un po' prima che l'altra allungasse un dito nella sua direzione ed incominciasse ad accarezzargli delicatamente la pelle sotto l'occhio offeso:
-Per fortuna, sembra ti abbia preso di striscio. Il livido dovrebbe sparire nel giro di pochi giorni...- mormorò:
-Oh... almeno sembrerò più uomo!- esclamò sarcastico Paolo e Rosalia picchiò nuovamente la sua spalla:
-Non dire stronzate. Questo genere di cose non dimostrano nulla. Quell'idiota che ha dato il via a questa pagliacciata non diverrà più intelligente, meno razzista e meno cornuto solo perché Kev gli ha assestato qualche colpo. Sempre idiota rimarrà! E sei già abbastanza uomo così, nonostante tu sia ancora un ragazzino: non credere diversamente chissà perché, sarebbe sbagliato-
Paolo nascose il viso nell'incavo del collo della ragazza proprio mentre dei passi rimbombavano nel corridoio annunciando l'arrivo di qualcuno. Il ragazzo chiuse gli occhi ed abbandonò il suo nascondiglio, passandosi velocemente una mano sugli occhi che poi rivolse in direzione dei passi.
Kevin ed un poliziotto si dirigevano verso di loro con degli sguardi che al ragazzo parvero decisamente seri...
-Oh, che bello! Ciao, papà!- esclamò Rosy andando incontro al poliziotto che camminava di fianco al suo ragazzo.
-Che?!- balbettò Paolo incredulo e Marco scosse la testa mentre un sorriso si allargava sulle labbra di Kevin:
-I padri di Kevin e Rosalia sono poliziotti. Partner in pattuglia. Loro due si sono conosciuti così, li hanno presentati i loro papà- spiegò Vincenzo.
-Non farti strane idee, tesorino- disse Kevin andandosi a sedere stancamente sulla sedia che, sino a qualche secondo prima, era stata occupata da Rosalia. Passò un braccio intorno le spalle del ragazzo prima di riprendere a parlare: -Non hai idea delle ramanzine e delle manette che ho visto in vita mia. Mio padre non me ne ha risparmiata una... e sono grato a lui per questo. Ma questa volta, non è colpa nostra...-
-Un miracolo!- lo interruppe il padre di Rosalia.
-Su, papà! Non fare l'antipatico! Saremmo dovuti rimanere in silenzio davanti le offese di quell'idiota?- domandò la ragazza mettendo il broncio:
-Sì, dannazione! Come sempre vi abbiamo detto di fare, ma siete di coccio. La violenza non risolve niente...-
-Scusa, papino!- cinguettò Rosalia interrompendo ed abbracciando l'uomo.
Suo padre alzò gli occhi al cielo e si sciolse dal loro abbraccio:
-Perché non mi hai telefonato?- le chiese poco dopo:
-Scherzi?! Non volevo farti prendere un colpo!-
-Tu ed i tuoi fratelli me ne avete fatte passare tante che, sono giunto alla conclusione di avere un cuore di pietra-
-Ma dai, papino...!- l'uomo tornò ad alzare gli occhi al cielo e sorrise. Baciò la guancia della figlia, salutò velocemente gli altri e volse loro le spalle dirigendosi verso il suo ufficio.
Si fermò di colpo dopo pochi passi, si guardò alle spalle con un sorriso beffardo dipinto sulle labbra:
-Vi aspettano diverse ore di servizi sociali, mocciosi!- esclamò prima di riprendere la sua strada senza attendere la risposta dei giovani, ridendo sotto i baffi di quelle loro, squisite, espressioni scioccate.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top