14

Paolo non fece altro che pensare a Vittoria per il resto del pomeriggio e della sera: era figlio unico, era cresciuto da solo, aveva sempre desiderato avere un fratellino od una sorellina, ma i suoi genitori non avevano mai voluto esaudire questo suo desiderio.

Il pranzo con Luther e Vittoria era stato bellissimo: la bambina aveva preso confidenza con lui nel giro di venti minuti e non l'aveva più lasciato in pace per un solo secondo.

Il giovane si rigirò il foglietto che aveva tra le mani: un sottile tovagliolo di carta dove Vittoria, dopo aver preteso una penna dal padre, aveva disegnato una piccola scena a malapena comprensibile, ma che asseriva essere la rappresentazione di se stessa e del suo nuovo amico del cuore: Paolo.

-Ancora con quel pezzetto di carta?- domandò Vincenzo con un sorriso, dando una pacca sulla spalla dell'amico. Il ragazzo si strinse nelle spalle senza dire nulla e ripose il piccolo disegno all'interno della tasca dei jeans.

-Questa situazione diventa sempre più sospetta- disse Marco alzando per un attimo gli occhi al cielo per poi rivolgere un fugace sguardo in direzione di Paolo.

Rosalia e Kevin si lasciarono scappare un risolino scambiandosi uno sguardo complice mentre Paolo scuoteva appena un po' la testa:

-Che c'è?- chiese Vincenzo prendendo per mano il suo ragazzo, anche lui incuriosito da quella strana reazione da parte dei suoi amici.

-I due maniaci, qua... immaginano cose che non stanno né in cielo né in terra-
-Questo lo dici tu- ribatté Rosy sbuffando mentre Paolo cercava di spostare la loro conversazione su argomenti distanti da quello:

-Non mi sembra che ci sia granché confusione, qui- disse procedendo a passo spedito nella strada semideserta tallonando i suoi amici verso un luogo imprecisato.

-Qui?!- esclamò stupita Rosalia, comprendendo l'amico e decidendo di andare incontro alle sue esigenze emotive di quel momento: non le sembrava giusto continuare ad insistere su quell'argomento se il ragazzo non si sentiva ancora pronto per affrontarlo: -Chi diavolo vuoi trovare qui? Solo turisti e famigliole con il portafoglio pieno, di quelli che si lasciano fregare a pagare un caffè tre euro e non battono ciglio-
-Bene... quindi, mai pagare tre euro per un caffè?- domandò incerto il ragazzo. Kevin, Marco e Vincenzo si misero a ridere mentre Rosalia gli lanciava un'occhiataccia:

-Ma dove ti credi di essere? A Palermo il caffè costa novanta centesimi. Se qualche commerciante furbetto ti dice il contrario, tu mandalo a cagare!- esclamò risoluta la giovane prima di lasciarsi andare ad una specie di dibattito con gli altri sulla "differenza di costo tra un caffè al tavolo ed uno al banco".

Paolo li ignorò fuggendo con la mente lontano da quel momento e tornando con i ricordi al pranzo con Luther e Vittoria.

Era stato piacevole e sorprendente, inaspettato come la bambina, dopo i primi venti minuti di sgomento, aveva finito per attaccarsi a lui come un koala e non lo aveva più mollato un secondo concentrando su di sé tutta l'attenzione del loro ospite, lasciando che suo padre rimanesse spettatore passivo e sorridente.

Perché Luther l'aveva invitato a pranzo?

Perché gli aveva fatto conoscere sua figlia?

Paolo scosse appena la testa seguendo gli altri lungo una scalinata che li condusse verso il basso all'interno di una piazza... il ragazzo sollevò la testa sentendo la sorpresa distendergli i lineamenti del viso: dove diavolo era finito?

Rosalia gli avvolse le mani intorno ad un braccio:
-Stiamo vicini, altrimenti ci perdiamo- gli disse e l'altro annuì piano sentendo la mano di Kev stringersi intorno alla sua, così che il ragazzo finì per trovarsi in mezzo alla coppia, mentre Marco e Vincenzo camminavano davanti a loro.

-Dove siamo?- si sentì dire lasciando vagare gli occhi sulla fiumara di persone che li circondavano:
-In uno dei maggiori luoghi di ritrovo giovanile della città. Anche s'è solo giovedì, trovi tutto sto gran casino perché sono tutti in ferie, dopotutto, è la settimana di Ferragosto-
-Ferragosto?- domandò il giovane aggrontando la fronte.
-Non sei cattolico, vero?- gli chiese di rimando la ragazza e Paolo negò scuotendo la testa: -Oh, beh, dubito che molti di quelli che stanno qui conoscano il perché di questa festa comandata. È il periodo dell'anno in cui tutti chiudono per concedersi una, due settimane di ferie, a ridosso di Ferragosto: il quindici del mese. In realtà, si dovrebbe celebrare l'assunzione di Maria Vergine al Cielo, ma finisce per essere un pretesto come un altro per fare baldoria-
-In che senso?-
-Lo vedrai domani con i tuoi stessi occhi- disse Rosy rimanendo vaga e facendogli l'occhiolino con un'espressione furba dipinta in volto.

Paolo si guardò intorno rimanendo affascinato da quel tripudio di persone: sembrava un tappeto immenso, fitto di intrecci, colori, vita... erano tutti giovani come lui e come i suoi amici, stili, voci, miriade di sfumature diverse eppure, tutti lì insieme sotto lo stesso cielo.

La zona non era molto illuminata e notò come i colori scuri la facessero un po' da padrone rendendo le persone parte delle ombre della notte.

Dalla piazza passarono all'interno di un vicolo dove si affacciavano diversi, piccoli, negozi: tanto piccoli che, alcuni di questi, disponevano al loro interno dello spazio necessario per un bancone, mentre un paio di tavolini stavano davanti l'ingresso, direttamente sulla strada.

Erano così incollati l'uno all'altro da non permettere di far comprendere appieno dove iniziasse uno e finisse l'altro. Sembravano tutti uguali ed erano tutti diversi. Vendevano tutti alcolici e bibite e riempivano l'aria sovrastando le voci dei ragazzi con musica di ogni tipo.

Camminare lì in mezzo era un po' come farsi condurre dai suoni discordanti e stridenti di un impetuoso vento in grado di mutare voce in base allo scontro in cui questi si vedeva coinvolto con superfici, fessure, elementi diversi: ora era musica raggaeton, ora techno, ora rock.

Era il caos assoluto.

Un caos vitale, forse un po' eccessivo per Paolo che non era abituato a quel genere di cose: le notti al Brighton Pier non erano mai state così caotiche e variegate.

Si fermarono nei pressi di uno dei tanti ed anonimi locali ed entrarono tutti e cinque nonostante lo scarso spazio del posto:
-Ehi, zio!- esclamò Kev salutando il tizio dietro il bancone che sollevò gli occhi su di lui e gli sorrise battendo un cinque con l'altro dandogli il benvenuto:
-We!, ragazzi, che fine avevate fatto?- chiese l'uomo e Kev si limitò a stringersi nelle spalle:
-Siamo in ferie-
-Beati voi!-

Paolo guardò il tizio e cercò di carpire dai suoi lineamenti una qualche somiglianza con il suo amico: uno era nero e l'altro era bianco e già questo lo insospettiva e gli faceva dubitare la possibilità di una parentela tra i due.
Era anche vero che potessero essere membri di una stessa famiglia di razze miste, ma...

-Perché quell'espressione seria?- gli domandò Marco e Paolo sussultò sentendosi scoperto ed arrossendo un po': vide Rosalia sporgersi sul bancone e baciare la guancia del tizio mentre Kev la reggeva dai fianchi per aiutarla.
-A me regina!- esclamò l'uomo e Paolo aggrottò la fronte rivolgendo la propria attenzione al moro:
-"La mia regina". Rosalia ha una certa presa e nomea tra la gente che bazzica queste parti-
-Ah- disse il ragazzo prima di scuotere appena un po' la testa:

-Davvero sono parenti?- domandò poco dopo: -Kevin e quel tizio- disse, indicando con un dito l'uomo dietro il bancone. Marco sollevò un sopracciglio stupito:
-Kevin e Totò? Ma no!- esclamò iniziando a ridere:
-Allora, perché l'ha chiamato "zio"?-
-Ah...!- incominciò col dire Marco, ma Vincenzo si intromise tra i due:
-Perché è tipo un segno di rispetto: ti conosco poco, ma ti rispetto, sei molto più grande di me, ma chiamarti "vecchio" o "nonno" potrebbe risultare offensivo per alcuni. "Zio" è okay: quindi, ecco spiegato perché-

-Oh...- mormorò il ragazzo non proprio soddisfatto da quella spiegazione, ma non poté aggiungere null'altro perché finì per l'essere urtato da qualcuno.

Paolo si ritrovò il braccio bagnato di un liquido freddo che odorava di alcol e si volse nella direzione dell'urto ritrovandosi davanti una ragazza più o meno della sua età.

Non appena lei lo vide in viso, sgranò appena un po' gli occhi ed arrossì socchiudendo la bocca:
-Scusa- si affrettò a dire e Paolo le sorrise timido:
-Non ti preoccupare, è solo...?-
-Birra e rum-
-Okay... poteva andarmi peggio- disse cercando di allargare il suo sorriso e sciogliere così l'imbarazzo che sembrava aver indurito i lineamenti del viso della ragazza.

Lei cercò di ricambiare il suo sorriso, prese un pacchetto di salviette imbevute dalla borsa e gliele porse: Paolo ringraziò accettandone una e ripulendosi il braccio.

-Mi dispiace, davvero...-
-Ancora? Tranquilla!- disse il giovane e le porse una mano: -Io sono Paolo, comunque-
-Rebecca- rispose la ragazza stringendogli la mano... ed il ragazzo si ritrovò di colpo fuori dal locale.

Come e perché non avrebbe saputo dirlo: inciampò su i suoi stessi piedi riuscendo a mantenere l'equilibrio per miracolo e sentendo Rebecca urlare alle sue spalle:
-Fermo!- disse la ragazza e Paolo si voltò nella sua direzione ritrovandosi un tizio ad ostruirgli la vista mentre si protendeva verso di lui battendogli le mani sulle spalle e spingendolo:
-Stai lontano dalla mia ragazza, stronzo!- tuonò il nuovo arrivato e Paolo aggrottò la fronte non capendo che diavolo stesse succedendo.

-Ehi- s'intromise Vincenzo cercando di richiamare l'attenzione del nuovo arrivato, ma quello lo allontanò da sé malamente scagliandosi nuovamente contro Paolo.

Il ragazzo cercò di pararsi il viso alzando le braccia, ma quello ne approfittò per sferrargli un pugno allo stomaco. Paolo si piegò in due dal dolore e l'altro ne approfittò per tirarlo per i capelli facendolo tornare in posizione eretta e partì un altro pugno, questa volta al viso.

Paolo cadde sulla strada e le persone intorno a lui si allontanarono di colpo. Il giovane fece per rialzarsi vedendo l'altro andargli incontro ancora e proprio mentre lui si alzava da terra pronto a sferrargli un calcio, quello arrestò la sua corsa sgranando gli occhi stupito mentre sembrava che i suoi piedi si staccassero da terra, prima di finire con il sedere sull'asfalto dopo essere stato violentemente scaraventato a terra da qualcuno.

Paolo batté le palpebre ritrovandosi davanti al viso la schiena di Kevin e la chioma inconfondibile di Rosalia:
-Quel bastardo ci stava provando con la mia ragazza- urlò l'aggressore e Rosy poggiò entrambe le mani sui fianchi chinandosi un po' verso l'altro che stava ancora a terra:
-Se la tua ragazza è tanto troia da provarci con lui, non è colpa del nostro ragazzo!- tuonò mentre il tizio si alzava da terra e li fissava come se fossero degli alieni a due teste.

-Cosa?!- domandò tra l'incredulo ed il sarcastico:
-Non sono cazzi tuoi- ribatté Kevin voltandosi in direzione di Paolo con l'intenzione di accertarsi delle sue condizioni. Anche Marco e Vincenzo li affiancarono e sbiancarono nel sentire pronunciare le successive parole del tizio:
-Che ne sapevo io che, quel frocio, si faceva sbattere da un negro di merda!-

Rosalia guardò Kevin e poi Paolo, poi di nuovo Kevin:
-Paolo... non avere paura- mormorò... prima che si scatenasse l'inferno.

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