13
-Aspetta che mi devo impanare dall'altra parte- disse Rosalia e si mise a pancia in giù sul suo telo da mare, continuando a guardare Paolo negli occhi.
Paolo sollevò un sopracciglio sentendo tutta la tensione, che l'aveva attanagliato sino a quel momento, abbandonarlo di colpo. Gli venne da ridere e si trattenne per timore di offendere la ragazza, ma lei sembrò capirlo, si sollevò sui gomiti lasciandosi andare ad una breve risata mentre l'altro scuoteva appena un po' la testa rassegnato.
-Quindi?- gli domandò poco dopo mentre Paolo tornava a stendersi sul suo telo. Si trovavano nuovamente a Mondello, tra sole, sabbia calda, mare dall'acqua cristallina ed un cielo terso ed immenso, vociferare di persone ed urletti di bambini. Ombrelloni, teli, costumi da bagno di ogni colore: un mare di vita in una porzione dorata di mondo.
Il ragazzo si strinse nelle spalle tornando alla loro conversazione:
-Niente. Dopo ci siamo salutati e la cosa è finita lì-
-Ti ha incontrato, assunto... e tante care cose?- Paolo si limitò ad annuire.
Aveva raccontato a Rosalia ed a gli altri quello che era successo il pomeriggio precedente e, se Marco e Vincenzo aveva assimilato la cosa limitandosi a congratularsi con lui, Rosalia e Kevin non sembravano essere altrettanto entusiasti.
-Qualcosa non torna...- mormorò Kev accarezzandogli la pancia con la punta delle dita mentre lo guardava negli occhi con espressione pensierosa.
Paolo fece oscillare lo sguardo tra i due e si fermò su Rosalia:
-Anche per te è lo stesso?- le domandò e la ragazza si limitò ad annuire.
Il giovane sospirò e strinse la mano di Kev iniziando ad accarezzargli il dorso con un pollice. Si rendeva conto di quanto fossero diventati intimi tra di loro, le effusioni non mancavano, così come non mancavano certe occhiatacce che attiravano senza neanche rendersi pienamente conto del perché: i loro gesti erano spontanei e naturali, privi di malizia anche quando gli altri sembravano leggervi chissà che.
Si conoscevano da meno di una settimana, eppure... erano già diventati parte di un qualcosa di solido e vero.
Rosy gli si fece più vicino poggiando una guancia contro la sua spalla destra. Si strofinò contro la sua pelle quasi fosse un gatto e Paolo sorrise pensando che, anche se si comportava da tale, anche se aveva quegli artigli incredibilmente lunghi e neri al posto di normali unghia... Rosalia odiava i gatti ed amava i cani.
-Secondo voi, cosa c'è di così strano?- domandò il ragazzo poco dopo accarezzando una guancia della ragazza con un dito:
-Beh, non penso sia normale: arriva Tizio, ti dice ch'è il figlio di un tuo manager, tu... sicuramente per non fare brutta figura... gli dici di ricordarti di lui e tempo due secondi lo assumi nella tua azienda anche se non ha arte né parte. Senza offesa!-
-Non mi offendo. L'ho pensato anch'io-
-Le cose sono due: o davvero si ricorda chi sei, davvero ti ha raccomandato per essere figlio di tuo padre... il che mi sembra assurdo, devi anche pensare che, tuo padre avrà pure parlato con i suoi capi, gli avrà pure parlato della possibilità di farti lavorare con loro prima di parlarne con te e, sicuramente, dopo, quando hai rifiutato la prima volta, avrà detto loro che non se ne sarebbe più fatto nulla- disse Kev cercando, ad alta voce, di dare forma ai suoi pensieri confusi:
-Già così, non mi sembra una gran cosa. Quale potrebbe essere la seconda possibilità?- domandò Paolo titubante. Kevin sorrise e si avvicinò al suo viso per baciargli la punta del naso.
Rimase a quella distanza mentre il cuore di Paolo iniziava a battere sempre più velocemente ed una risatina di Rosalia gli solleticava la pelle della spalla:
-La seconda opzione è... ti ha assunto per poterci provare con te!- esclamò Kev divertito e Paolo deglutì sonoramente confuso da tutta quella situazione e stregato dalla risata dell'altro.
-Ma non dite stronzate!- esclamò imbarazzato prima che la suoneria del suo cellulare catturasse l'attenzione del ragazzo. Lo ripescò dalla borsa di Rosalia e guardò con un po' di stupore il numero ed il nome della Morgan & Baker Motor Company, comparire sul display del suo cellulare.
Aggrottò la fronte rispondendo alla telefonata:
-Pronto?-
-Il signor Paolo Greco?-
-Sì...?-
-Salve, sono Fabio della Morgan & Baker Motor Company, la chiamo per conto del signor Luther Henri Morgan- il cuore di Paolo prese a battere forte: che stesse per arrivare una terza opzione? Lo scherzo? Magari il signor Morgan si era solo preso gioco di lui ed adesso stava ricevendo una telefonata di smentita per la sua finta assunzione.
-Mi dica- mormorò il ragazzo con il cuore in gola:
-Il signor Morgan gradirebbe pranzare con lei oggi, per le ore tredici e trenta, presso l'albergo in cui il signor Morgan risiede. Se lo desidera, possiamo mandare qualcuno a prenderla dove preferisce- Paolo metabolizzò le parole di Fabio ripetendosele più volte dentro la sua testa e stupendosi sempre di più per via del loro significato.
-A pranzo?- balbettò:
-Sì, oggi, alle ore tredici e trenta. Ha sentito quanto le ho detto poc'anzi?- Paolo annuì, ma poi si ricordò che il suo interlocutore non poteva vederlo:
-Sì, certo- si affrettò a dire:
-Posso confermare la sua presenza per le ore tredici e trenta presso l'albergo del signor Morgan?- gli domandò.
Paolo rifletté qualche secondo: sbirciò l'ora sul suo telefono e si disse che poteva ancora fare una corsetta per recarsi nel suo albergo, farsi la doccia di fretta e furia, correre a pranzo da Luther ed arrivare da lui, gocciolante di sudore, entro l'ora e mezza di tempo che aveva ancora a disposizione.
No, era sicuro che gli sarebbe venuto un infarto tra una corsa e l'altra, ma non poteva di certo rifiutare l'invito di quell'uomo:
-Sì, assolutamente-
-Benissimo. Ha bisogno che mandi qualcuno a prenderla?-
-No, grazie- disse di getto, per poi maledirsi mentalmente subito dopo, ma non gli andava di passare per un indeciso durante una conversazione pseudo-professionale, quindi, non smentì quanto aveva appena affermato, seppur si trattava solo di una conversazione telefonica, seppur si trattava solo di un invito a pranzo... o forse, no?
-Perfetto. Le auguro una buona giornata- disse Fabio e riattaccò prima che Paolo potesse salutarlo a sua volta.
Guardò stranito il cellulare, lo ripose e si alzò di colpo:
-Che cazzo succede?- tuonò sorpresa Rosalia. Il ragazzo si portò le mani ai capelli e raccontò agli altri due quanto aveva appena appreso da quella telefonata.
-Wao- si limitò a dire Kev mentre Rosalia si alzava, si rivestiva e come un uragano, in pochi secondi aveva già raccolto tutte le loro cose e stava porgendo le t-shirt ai due ragazzi:
-Muovetevi!- esclamò ed i due afferrarono le magliette indossandole velocemente.
Kevin e Rosalia condussero Paolo nell'appartamento che la coppia condivideva da qualche anno. Il giovane entrò in casa loro con fare titubante, percependo chiara la sensazione di sgomento nel trovarsi nella tana del lupo: oh, sì. Rosalia e Kevin erano due lupi, affascinanti, bellissimi e tremendamente sexy, ma sempre lupi pronti a divorarlo.
Il giovane deglutì e si lasciò trascinare dentro al bagno da Rosalia: la ragazza lo spogliò e lo spinse dentro la doccia.
-Lavati!- gli ordinò: -Io vado a cercare qualcosa di decente da farti indossare!- aggiunse mentre Paolo sgranava gli occhi e si sporgeva appena un po' fuori dalla doccia:
-Non è un appuntameto galante! Calmati!- le urlò, ma Rosalia gli lanciò un'occhiataccia ed uscì di corsa dal bagno.
Il ragazzo trasse un profondo respiro e prese a lavarsi velocemente lasciando che l'acqua sciogliesse il sale marino che gli copriva la pelle, portandosi dietro l'odore del mare subito sostituito da quello del bagnoschiuma.
Paolo adorava tenere sulla propria pelle l'odore del mare, ma non credeva fosse il caso presentarsi a quel pranzo con i capelli che gli puzzano di sale ed alghe.
Poco dopo, fu pronto: Rosalia gli aveva dato una camicia bianca, un panciotto rosso scuro e dei jeans grigi. Il ragazzo si guardò allo specchio compiacendosi per la scelta di colori operato dalla ragazza:
-Di chi sono questi vestiti?- le domandò.
-Qualche anno fa... di mio fratello. Adesso li indosso io di tanto in tanto dato che a lui non vengono più- rispose Rosalia ed il ragazzo non poté fare a meno di annusare il colletto della camicia chiudendo gli occhi, cercandovi il profumo della ragazza.
Rosy se ne accorse, si alzò dal letto sul quale si era seduta e Kevin, che sul letto stava disteso sorreggendosi la testa con una mano, la vide correre in direzione dell'altro ed avvolgergli le braccia intorno al collo prima di stampargli un bacio sulla guancia.
Paolo sorrise e vide Kevin raggiungerli unendosi al loro abbraccio:
-Andiamo?- domandò quest'ultimo ed il giovane inglese annuì seguendo gli altri due fuori dall'appartamento.
Lo lasciarono fuori dall'albergo una decina di minuti dopo e sparirono di colpo abbandonandolo al suo destino.
Paolo tirò un profondo respiro riempiendosi i polmoni d'aria, per poi rilasciarlo lentamente cercando di smorzare l'ansia che gli stringeva il petto.
Era in anticipo di circa una decina di minuti, ma entrò lo stesso nell'albergo e, questa volta, con passo sicuro, si diresse dentro senza farsi stordire dall'ambiente circostante, in direzione del ristorante interno.
Venne accolto da una donna con un elegante completo nero, camicia, cravatta, guanti bianchissimi ed il ragazzo ebbe quasi una sensazione di dejavù: sentì le guance infiammarsi mentre si schiariva la voce e faceva il nome del suo ospite alla donna che, con un luminoso sorriso professionale, lo guidò al tavolo dove già stava seduto, in sua attesa, Luther Henri Morgan.
Paolo deglutì mentre Luther si alzava dalla sedia e gli andava incontro stringendogli la mano con un sorriso che non gli parve poi tanto professionale. O lo era meno rispetto quello della maître e quindi, per questo motivo, gli parve più confidenziale... il ragazzo scosse appena la testa, ma Luther se ne accorse ed il suo sorriso si fece appena un po' stranito.
Il giovane deglutì sonoramente, sciolse la loro stretta ed iniziò a mordersi l'interno della guancia, ma prima che potesse girare intorno a Luther per prendere posto al tavolo, da dietro le gambe dell'uomo comparve una bambina.
Paolo aggrottò appena un po' la fronte:
-Lei è Vittoria, mia figlia. Spero che per te non sia un problema averla con noi a pranzo- disse Luther ed il ragazzo sgranò appena un po' gli occhi: non era un pranzo di lavoro? Allora... cos'era?
Vittoria era una bimbetta di circa cinque anni: la vide aggrapparsi alle gambe del padre mentre alzava il visino tondo nella sua direzione scrutando con attenzione il loro giovane ospite con un'espressione che oscillava tra il severo ed il curioso e con la totale assenza di tatto tipica dei bambini.
Paolo le sorrise nel tentativo di sciogliere la tensione e le porse una mano. La bambina si strinse ancora di più alle gambe del padre:
-Ciao! Io sono Paolo, piacere di conoscerti, Vittoria- le disse e lei rimase a fissarlo qualche secondo con i suoi occhioni neri, identici a quelli del padre.
Si scostò una ciocca di capelli immaginaria dal viso, dato che teneva i capelli acconciati in due strette code alte agli angoli della testa, e gli sorrise timida ricambiando la sua stretta di mano in modo sbrigativo, prima di nascondersi totalmente dietro il padre.
-È adorabile!- mormorò Paolo, sentendo l'emozione stringergli il petto: anche lui avrebbe avuto una cosina tanto deliziosa nella sua vita da lì a breve? O suo padre, dopo aver dato ad intendere di volerlo privare della sua figura genitoriale, avrebbe finito per privarlo anche di quella?
Sentì gli occhi farsi sempre più umidi e decise di distogliere l'attenzione da Vittoria riportandola su Luther... e rimase quasi come paralizzato nel ritrovare nel viso dell'uomo, un'emozione tanto simile a quella che manifestava lui in quel momento.
Paolo aggrottò nuovamente la fronte e si domandò se Rosalia e Kevin non avessero avuto ragione: qualcosa sembrava, in tutta quella storia, effettivamente, non tornare.
Sì, ma cosa?
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