Water war
Ivan Pov's
Parcheggiammo l'auto nel vialetto e scendemmo, sulla porta c'era già il padre ad aspettarci. Juvia corse da lui e lo abbracciò, lui le prese il viso con le mani e le baciò la fronte. Io rimasi in disparte fino a quando non mi fecero cenno di entrare, strinsi la mano al dottore.
"Salve signor Faustus, la ringrazio per l'invito" dissi porgendogli una bottiglia di vino che avevo portato come ringraziamento
"Oh chiamami pure Marlow, Ivan"
"D'accordo, Marlow"
Notai con piacere che mi stava squadrando e non smise di sorridere neanche per un secondo.
"La cena non è ancora pronta, Juv cara, fagli vedere la casa dai"
Rimasi sbalordito dalla dolcezza con cui le parlava, non mi accorsi neanche che lei aveva annuito e mi aveva preso la mano, la sua pelle era morbida e delicata, non capii nemmeno se fosse pelle vera o polimero...ma sarei andato in fondo a questa storia...
Juvia pov's
Presi la mano di Ivan perché sembrava quasi imbambolato e lo trascinai letteralmente via mentre mio padre stentava a non ridere.
"Ma che hai? " gli chiesi mentre sorridevo e tentavo di non fare altro
"Nulla sono...sono solo rimasto sbalordito. Ti vuole proprio bene, devo dire"
Annuii, e ridendo lo portai nel salotto.
Ivan pov's
Mi teneva ancora la mano e sentivo solo il calore scorrere tra le dita, era una sensazione piacevole. Mi accompagnò in una stanza enorme con due divani di pelle nera, era circondata da un enorme libreria, e anche qui non faticavo a immaginare una Juvia adolescente rannicchiata sul divano intenta a leggere i suoi libri preferiti.
"Questo è il salotto, come puoi vedere c'è una collezione enorme di libri, e poi lì..." parlava ma io non riuscivo ad ascoltarla, la guardavo nei suoi movimenti aggraziati, guardavo i suoi capelli che ondeggiavano, il suo sorriso mentre mi indicava una scala a chiocciola:
"...e da lì si va all'osservatorio" sentimmo Marlow chiamarci dalla cucina e mi accorsi che la stavo tenendo per un fianco, la guardai in viso fino a quando lei, ormai diventata rossa, si staccò e mi riprese la mano per accompagnarmi verso la cucina. Ad attenderci c'era un tavolo apparecchiato per tre, feci sedere Juvia spostandole la sedia e dopo mi accomodai di fronte a lei, a capotavola c'era Marlow e fu lui ad alzare il bicchiere:
"Vorrei dedicare questa cena alla nuova coppia lavorativa, Ivan e Juvia, e alla mia amata moglie" finì il suo discorso in modo malinconico porgendo lo sguardo su di una foto, ma subito dopo riacquistò il sorriso e cominciammo a mangiare.
"Allora, raccontatemi un po' cosa è successo oggi"
"Oh papà nulla di che, è stato solo un malinteso, niente più"
"In realtà, è stato di più" intervenii " un collega estremamente saccente, ignorante e manesco si è intromesso in affari che non lo riguardavano. Ha offeso pubblicamente ed insultato sua figlia, ha estratto un arma con la palese intenzione di usarla e, per quanto non volessi fare ciò che ho fatto, gli ho fatto pagare le conseguenze" Juvia rimase sbalordita dal mio attacco di sincerità, invece Marlow era solo...fiero...penso...
"Beh, nonostante sia contrario all'uso delle armi, ti ringrazio di aver aiutato mia figlia"
"È stato un piacere, un dovere ed un onore" dissi sorridendo e risi per lo sguardo di Juvia in quel momento
Juvia pov's
Che diavolo era appena successo? Mio padre che parla e scherza con il mio capo che fino a poco fa mi trattava come una latta, e ora, per lui era stato un piacere aiutarmi? E anche il modo in cui mi aveva presa in salotto....non riuscivo a spiegarmelo...nella mia mente balenava solo il pensiero di personalità multiple...mentre pensavo tra me, finimmo di cenare e visto che mio padre aveva ricevuto una telefonata, ci offrimmo di sparecchiare e lavare i piatti. Ivan si tolse la giacca e si tirò su le maniche della camicia, mentre io gli passavo i piatti lui li lavava, finimmo quasi subito ma ad un certo punto mi spruzzo con dell'acqua con uno sguardo divertito.
"Ma che fai?" chiesi e lui si guardò prima le mani ancora bagnate e poi me, e poi ancora le mani.
"Nulla Juvia..." rispose ironico e lo fece di nuovo. Voleva la guerra. Immersi le mani nell'acqua e gliela schizzai in faccia, lui mi prese di nuovo per i fianchi, ridendo prese la spugna e mi sporcò di sapone, di rimando immersi ancora le mani nell'acqua e questa volta tentai di infradiciarlo, e, a mio malgrado, ci riuscii appieno! Ivan si guardava la camicia ormai tutta bagnata e rideva, io nel mentre avevo preso un asciugamano e mi stavo pulendo la faccia, ad un certo punto me lo strappò di mano, lo arrotolò e me lo diede sul sedere. Lui meschino continuava a sorridermi mentre io mi massaggiavo il fondoschiena, in quel momento ritornò mio padre e ci guardò come se stesse guardando due bambini di 5 anni...
"Vedo che...vi siete divertiti, oh beh credo che Olga domani avrà più faccende da sbrigare qui in cucina. Juv ti conviene cambiarti, e dai qualcosa anche al tuo amico." si fermò un attimo ad osservarci e poi riprese "E si ricordi, Ivan, amicizia STRETTAMENTE lavorativa."
"Non si preoccupi signore."
"Me lo auguro" disse guardandomi e ridendo della mia faccia pentita ma altamente felice; mi diede un buffetto gentile alla guancia e ci lasciò andare
Dissi a Ivan di seguirmi, salimmo le scale, superammo le porte dello studio di mio padre e della biblioteca casalinga fino ad arrivare a quella della mia camera...
"Non guardare il disordine, non ci faccio entrare Olga qui, dovrei avere qualcosa della tua taglia, magari delle cose vecchie di papà" entrai nella mia camera e gli feci cenno di entrare, aveva ancora un sorriso fantastico stampato in volto.
Ivan pov's
Mi fece entrare nella sua camera, che con mia grande gioia non era rosa ma lilla, c'era un letto a baldacchino e una libreria enorme; entrammo in un'altra porta e capii che era una cabina armadio grande quasi quanto la camera da letto
"Tenga, so che non è la stessa cosa, ma sono pur sempre indumenti" mi porse un paio di jeans e un pullover nero e mi disse che mi potevo cambiare pure in camera e che lei si sarebbe cambiata nella cabina, uscii e le chiusi la porta.
Una volta cambiato piegai i vestiti fradici e mi guardai in giro, sulle pareti c'erano delle scritte con una calligrafia aggraziata, una recitava le tre leggi della robotica di Asimov, e mi venne quasi da ridere ma decisi di non giudicare subito, alcune recitavano strofe di canzoni, altri pezzi di libri, versi di poesie, tra tutte riconobbi l'inferno e il paradiso di Dante, il signore degli anelli, Orwell, Shakespeare. Quel droide non la smetteva mai di stupirmi. Girai un po' per la camera e a ogni passo che facevo coglievo particolari e aspetti aggiuntivi da aggiungere alla mia scheda mentale, vidi una foto della ragazza con un sorriso splendido e decisi di prenderla e tenerla per me; una volta finito il giretto, mi sedetti sul letto e presi in mano un peluche di un panda, mentre lo esaminavo vidi con la coda dell'occhio che Juvia mi stava guardando con le braccia incrociate:
"Già che c'ero ho preso dei vestiti in più, e vedo che sta facendo come a casa sua"
"Chiedo umilmente perdono, ma mi sembrava molto solo, sai puoi portarlo se vuoi"
"Tranquillo non mi serve, andiamo forza" prese in mano anche i miei vestiti che lasciavano delle goccioline mentre passava e si avviò verso il salone
"Io porto questi in lavanderia, tu stai pure qui con mio padre" e prima che potessi dire qualsiasi altra cosa, se ne andò.
"Bene Ivan, immagino tu voglia farmi delle domande riguardo a mia figlia"
"Si signore, perché le ha fatto tutti quei trapianti?"
"Sarò sincero con lei, io ho adottato Juvia per sperimentare, ma ho fatto una cosa che uno scienziato non può mai fare, cioè affezionarsi. Si, Ivan, io voglio bene a mia figlia, darei la mia stessa vita pur di tenerla in salvo, lei capisce che se qualcuno venisse a sapere di cosa è realmente lei...beh...la sua vita sarebbe finita, se ha un briciolo di cuore, la prego di mantenere il segreto"
"Non si deve preoccupare, tengo a sua figlia e ancora non riesco a capire perché...non dirò nulla a nessuno, ma ritengo che lei debba sapere"
"Saprà a tempo debito, in questo fascicolo ci sono tutti gli appunti, la prego di tenerli segreti e una volta letti, bruciarli"
"Sarà fatto, signore" bevve del liquore da un bicchiere, e sorridendo disse:
"Allora tieni a mia figlia, è Kirkhoff? Ti tengo d'occhio, lei è il mio unico Angelo"
"Le ripeto signore che non si deve preoccupare, a meno che la suddetta non lo voglia, non la penserò nemmeno"
"Attento a quello che dici ragazzo, falle un minimo di male, trattala anche solo male o illudila soltanto e sei morto, non per causa mia, ma sarai morto. E non è un modo di dire" detto questo Marlow si mise di nuovo a bere dal suo bicchiere finendo il liquore, nel mentre ci raggiunse anche Juvia, notai solo ora che indossava dei jeans e una maglietta semi trasparente, il reggiseno rosso le donava proprio...quanto amo il rosso e dio cosa avrei fatto a quelle...ma che stavo facendo?!?!! Spostai lo sguardo in un'altra direzione tentando di fissarla negli occhi e non più in basso di quelli.
"Bene papà, direi che per noi è ora di andare, domani dobbiamo lavorare" le diede un bacio sulla fronte e si abbracciarono, a me invece diede una bella stretta di mano e due pacche sulla spalla; prima di uscire il padre diede a Juvia un sacchetto, all'interno c'era una foto di loro due, erano vestiti eleganti ed entrambi sorridevano; si vedeva chiaramente lo sguardo fiero di lui per la sua amata figlia, si abbracciarono di nuovo. Rimasi sbalordito dal loro rapporto così unito, ci avviammo alla macchina e guidò di nuovo lei, arrivammo a casa dopo due ore e tre quarti e una volta entrati ci avviammo subito nel corridoio, Juvia si girò verso di me e disse:
"Grazie ancora per aver accettato l'invito di mio padre, e scusa per i vestiti, Olga li ripulirà e li manderà qui appena saranno pronti...buonanotte, Ivan" e una volta detto questo si mise sulle punte, nonostante i tacchi alti non mi raggiungeva, e mi diede un bacio timido sulla guancia, si girò e richiuse la porta della sua camera dietro di lei. Rimasi lì, davanti alla porta a toccarmi il punto in cui le sue labbra si erano dolcemente appoggiate, dopo un po, mi smossi e andai fiero nella mia stanza, una volta cambiato entrai nel letto e appoggiai la testa al cuscino ancora con un sorriso smagliante.
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