Capitolo 9 - Il laboratorio

Erano passate ormai due settimane da quando Advicer aveva deciso che sarebbe stato opportuno far perdere i sensi alla sua proprietaria. Lei aveva deciso di  continuare a condurre la sua vita alla Residenza Nera, senza raccontare a nessuna delle sue colleghe cameriere  quanto le era successo in quei giorni.

Makaesh, intanto, sembrava aver notato che qualcosa non andava in lei. Aveva occhio per quelle cose ed era impossibile tenerle nascosto qualcosa perché lxi se ne sarebbe accortx subito.

Non era una caratteristica tipica dei graentiani, cioè la specie aliena a cui sia Aar che Makaesh appartenevano, difatti questo tipo di alieni era bravissimo a mentire, senza nessuna eccezione. Infatti erano molto famosi perché svolgevano lavori difficili (come quello dell'idol con una doppia vita da assassina, del resto).

«Porca miseria, Aar, per l'ultima volta, posso sapere cosa c'è che non va? Perché sei così... diversa dal solito?»

«Tranquillx, non succede niente. Io sto benissimo.» 

Ad ogni modo non è una cosa che ti riguarda, primadonna!

Era costretta a rispondere così ogni volta, perché quanto  era successo quella notte doveva rimanere un segreto tra Keiarn e Aar, e nessun altro avrebbe dovuto sapere cosa si erano dette e cosa avevano fatto.

Anche se Makaesh la assillava fino allo sfinimento, non poteva dirlx quello che voleva sapere, oppure sarebbe scoppiato il finimondo. Ad ogni modo, c'erano anche dei momenti in cui lx graentianx dai capelli bianchi si dimenticava di quella questione e si metteva a parlare di altri argomenti che secondo la graentiana dai capelli lilla non erano interessanti.

Makaesh aveva avuto un passato troppo facile, in confronto al suo, e questa cosa la irritava moltissmo: le cose ingiuste non le erano mai piaciute.

...

Era sera e nella camera di Aar non si udiva nessun rumore, se non quello del vento che entrava dalla finestra aperta. L'aria non era delle più pulite, ma bisognava accontentarsi. Quella sera stava riscontrando qualche difficoltà ad addormentarsi, e continuava a rigirarsi nel letto senza sosta.

Ci volle poco, infatti, per accorgersi che c'erano due occhi che nell'oscurità della stanza la stavano osservando, in attesa che lei si accorgesse della loro presenza.

Appena notò che non era sola saltò giù dal letto e con una velocità fuori dal comune fu subito addosso a quella figura che la stava osservando mentre cercava di addormentarsi. La mise con le spalle al muro e le piantò le unghie nelle braccia per tenerla ferma.

«Ohi, datti una calmata. Sono solo io» disse, e in quel momento capì che si trattava semplicemente di Keiarn. La lasciò andare e lei gemette dal dolore.

«Scusami. Sai com'è: quando lavori per la Void devi essere letteralmente un radar, devi insospettirti anche delle cose a cui normalmente non daresti troppo peso, e devi anche avere i riflessi pronti. Non puoi lasciarti prendere facilmente.»

Keiarn sorrise ed annuì. «Dobbiamo trovare il modo per toglierti quell'apparecchio acustico, oppure la prossima volta che cercherò di spiegarti come stanno davvero le cose con la Void... be', hai ben presente cos'è successo due settimane fa, no?»

«E come dimenticarlo?» rispose Aar, ridacchiando un po'.

«Dovremo portarlo nel mio laboratorio, in modo tale da poter  analizzare il modo in cui è stato programmato, come funziona e cose del genere. Quando frequentavo la Lama della Giustizia, durante la mia tormentatissima adolescenza, il laboratorio di tecnologia e programmazione era il mio preferito e anche quello che mi interessava di più. Ero solita ripetermi che se non fossi riuscita a diventare una guerriera sarei andata a programmare, oppure a fare l'hacker. Sai, di questi tempi servono lavori del genere. Comunque, tornando a noi: immagino che tu non sapessi del mio laboratorio, dato che nessuna delle tue colleghe ne è al corrente. Vuoi che ci andiamo già adesso?» spiegò l'altra.

«Sì, se per te non è un problema.»

«Stai tranquilla, per me va più che bene. In fondo devo solo aiutare una delle mie servitrici, no?» 

«Esattamente.»

Le due uscirono dalla camera tenendosi per mano e, in quei dieci minuti impiegati a percorrere corridoi che sembravano non finire mai, la villa rimase più silenziosa di una di quelle biblioteche che ormai non si trovavano più nell'Universo. 

A un certo punto, Aar decise di rompere il ghiaccio chiedendo alla donna umana che cosa fosse quella Lama della Giustizia di cui le parlava prima.

«Vedi, io vengo dalla Galassia Due, e lì la vita non è facile. Be', non che in altre parti di questo vasto Universo lo sia, ma... sì, diciamo che in quella Galassia la situazione è davvero disastrosa. Siamo messi addirittura peggio della Galassia Diciassette, quella in cui si trova la Terra. Ad ogni modo: se nella Galassia Due dimostravi di avere delle capacità superiori e un quoziente intellettivo particolarmente alto, oltre che a un certo tipo di forza e di abilità fisiche, potevi iscriverti - oppure ottenevi una borsa di studio, dipende - al Liceo di Specializzazione, che comprende tre scuole. La Lama della Giustizia, dove ho studiato io, per gli aspiranti guerrieri; la Bocca della Verità per le forze dell'ordine e i giudici; Ali della Libertà che formava i politici. Diciamo che non è finita nel migliore dei modi, perché... questo non è il momento per raccontartelo. Adesso seguimi.»

La graentiana avvertì una tristezza mai provata prima quando l'umana decise di non raccontarle del suo passato, ma stabilì che se non se la sentiva avrebbe rispettato la sua decisione.

Raggiunsero finalmente una porta di metallo nera con uno schermo olografico sulla destra, che presentava numeri, simboli e lettere. Keiarn digitò molto rapidamente un codice, a tal punto che Aar non riuscì a distinguere i movimenti e gli spostamenti delle dita.

Un attimo dopo furono dentro ad una stanza enorme, piena di tavoli, schermi olografici come quelli dell'Archivio, documenti sparsi ovunque, attrezzi che Aar non avrebbe nemmeno saputo nominare. Si diressero verso uno dei tavoli, dove c'era semplicemente un cavo bianco collegato ad uno degli schermi azzurri che mandavano una luce accecante e che irritava particolarmente gli occhi dell'aliena dai capelli viola.

«Pensi di riuscire a togliere l'apparecchio acustico?» le chiese Keiarn.

«Sì, certo, con tutte le volte che l'ho fatto... dammi solo un secondo» rispose Aar, per poi mettersi la mano sull'orecchio e premere un pulsante su Advicer. Così facendo gli "impianti", artigli meccanici di dimensioni ridotte che collegavano l'apparecchio acustico al suo orecchio, avrebbero dovuto ritirarsi e la macchina si sarebbe potuta rimuovere; nonostante ciò continuò ad opporre resistenza. 

«Cazzo, non si toglie...» inveì, mentre continuava a provare a staccarlo.

«Ecco, adesso quelli hanno troppa paura che scopriamo come creano queste ricetrasmittenti mascherate da apparecchi acustici. Quanto mi fanno arrabbiare. Mi fanno venire voglia di andare lì con una di quelle pistole ioniche potenziate che vendono oggigiorno e fare una bellissima strage di alieni corrotti. Oh, sì» commentò Keiarn. 

Poi si avvicinò all'altra donna e le mise le mani sull'orecchio, probabilmente perché aveva pensato ad una tecnica per staccare l'apparecchio acustico. Però stava succedendo qualcosa ad Aar, perché quando il suo nuovo "boss" si era avvicinata a lei, si era sentita strana: aveva iniziato a sudare, aveva percepito un calore strano che le percorreva tutto il corpo e le mani le tremavano velocemente e ciò non succedeva da quando...

Ashyx?!

Non riusciva a capire perché reagiva così ogni volta che Keiarn parlava, o le si avvicinava.

Mentre era persa nei suoi pensieri, l'altra era riuscita a toglierle l'apparecchio acustico, l'aveva collegato al cavo bianco che fuoriusciva da uno degli oloschermi, e stava aspettando che i dati o qualunque cosa fosse contenuta lì dentro si caricassero.

Non appena quelle furono pronte, Keiarn assunse un'espressione concentrata - che  faceva quasi ridere, a detta di Aar -  e si mise a leggere tutte le informazioni che il computer olografico aveva rilevato analizzando l'apparecchio acustico.

Quando raggiunse la fine, chiuse gli occhi e sospirò in modo drammatico.

«Bene, Aar, quello che sto per dirti ti traumatizzerà profondamente. Non penso che te lo aspetterai, sarà addirittura peggiore di quando ti ho raccontato cosa fanno davvero quelli della Void. Vedi, il programma che ho creato per analizzare questo tipo di apparecchi tecnologici ha rilevato la presenza all'interno del tuo apparecchio acustico di una microspia, di un microfono e di un gps in modo tale da tracciare tutta la tua attività. Devono sempre sapere quello che stai facendo, dove e quando, ti devono costantemente controllare». La criminale abbassò lo sguardo e sospirò.  «E poi arriva la parte ancora peggiore: l'apparecchio acustico è stato programmato per spegnersi e far "spegnere", in un certo senso, la persona che lo indossa quando viaggiano delle informazioni spiacevoli sulla Void nelle immediate vicinanze. Questo era deducibile solo osservando quello che era successo a te. Dovrò probabilmente prenderlo un attimo in prestito per esaminarlo più attentamente e studiare come è stato programmato, come è composto, cosa c'è dentro oltre a quello che ti ho detto... per te va bene?»

«Sì, assolutamente sì, dal momento che per il momento non lo voglio neanche vedere».

Keiarn sorrise e ridacchiò e Aar avvampò di nuovo, senza capire cosa le stava succedendo per la seconda volta.

Non fece in tempo a rispondere che da fuori iniziarono a farsi sempre più forti grida e rumori di spari, esattamente come nell'incubo che ogni notte la tormentava facendole rivedere ancora la morte di Ashyx.

Oh, holy shit.


Spazio autrice

Ehilà! Scusate l'attesa, ma non riuscivo a pensare a cosa scrivere dopo quel capitolo sul passato di Keiarn, che devo anche continuare... spero che la cosa non vi abbia dato fastidio. Se vi fa piacere, potete andare a leggere il mio libro di traduzioni di canzoni che ho iniziato stamattina, sta sul mio profilo. E niente, ci vediamo nel prossimo capitolo! See you next time! 

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