Capitolo 4 - Quella notte

 Le cameriere di Keiarn erano state suddivise per pulire le varie aree della Residenza Nera e caso volle che Aar e Makaesh fossero rimaste assieme, quindi l'idol in incognito fu costretta a sentire le chiacchiere dellx collegx per tutto il tempo che impiegarono per pulire la camera della loro padrona.

«Senti, Makaesh... sei qui da più tempo di me, giusto? Se sì, suppongo che saprai cosa c'è nell'Archivio e per quale oscuro motivo quella lì non vuole che ci entriamo, vero?» chiese a un certo punto l'assassina, stanca di ascoltare quei discorsi inutili.

«L'Archivio, dici? Come mai ti interessa proprio l'Archivio?» dal tono dellx camerierx con i capelli bianchi si capiva chiaramente che si era insospettitx un po'.

«Be', perché... sai, semplice curiosità. A volte è bello capire le motivazioni per cui alcune cose sono proibite, no?» si giustificò Aar. Sapeva già che lx collegx si sarebbe insospettitx con quelle domande e aveva provveduto anche a quello.

Makaesh sorrise e raccontò. «Okay, allora, l'Archivio è probabilmente la stanza più importante della Residenza, e ci sono varie teorie sul motivo che sono emerse durante gli anni. Di quelle che conosco io, la più corretta sostiene che lì dentro ci sono informazioni pericolose ma importanti, qualcuno parlava addirittura di "scoppio di una Guerra" e cose del genere. Non so se sia vero, ma ci ho ragionato parecchio: dal momento che Keiarn può arrivare a fare cose davvero terribili, e siccome ha contatti importanti con tutti quei politici corrotti che vorrei strangolare con le mie stesse mani, non ci sarebbe da stupirsi se lì dentro avesse quel genere di materiale. Mi sono immaginata come potrebbe essere dentro: tanti tavoli le cui superfici sono coperte dalle scartoffie, schermi olografici che riportano grafici solo a lei comprensibili, anche alcuni macchinari usati per torturare le sue vittime e i suoi nemici... »

Aar sbuffò piano, per far sì che l'altrx non la sentisse.

«Un'altra domanda veloce: perché ti interessa tanto questo Archivio? Guarda che non riuscirai ad entrarci nemmeno se casualmente indovini il codice, ci sono dei controlli da passare...» spiegò Makaesh, per poi dilungarsi in un'altra delle sue lunghissime e inutili spiegazioni.

«Hai delle prove o delle conferme secondo cui quello che dici è vero?» chiese la donna dai capelli viola.

«Sì, ci stavo giusto arrivando, attraverso questo episodio successo una decina d'anni fa. C'era una delle cameriere, Osaki, che lavorava per una certa Void, una specie di società che addestra assassini, guerrieri e criminali con l'obiettivo di portare la pace nell'Universo, o qualcosa del genere. Questa donna doveva a tutti i costi entrare nell'Archivio perché lì dentro c'era qualcosa di importantissimo. La volta in cui aveva provato ad accedere si era fatta beccare. Il giorno dopo l'abbiamo trovata morta, la testa in una pozza di sangue, davanti all'ingresso dell'Archivio» raccontò Makaesh.

"A quanto pare era una ragazza inesperta. Mi ricordo quando se ne parlava alla Società, ero appena arrivata e tutti sembravano essere molto dispiaciuti per la perdita. Così imparano a mandare i nuovi arrivati a compiere missioni come quelle. Non ne davano nemmeno a me di compiti del genere! Io, però, ho più esperienza e non mi farò assolutamente scoprire" pensò Aar, mentre ascoltava quella storia dopo molte volte in cui alla Void era stata raccontata.

«Certo che pensi davvero tanto, eh! A volte ho quasi l'impressione che non mi ascolti, come in questo momento... Ci sei?!» la chiamò Makaesh.

«Sì, sì, scusami. Per me è davvero facile perdermi tra i miei pensieri, perché diciamo che la mia non è una vita molto facile e...»

Aar, cosa stai per confessarle?

«Stai tranquilla, neanche la mia lo è. Allora possiamo consolarci a vicenda!»

«Immagino che sia fattibile, onestamente.»

A volte aveva come la sensazione che l'alienx con i capelli bianchi potesse essersi innamoratx di lei, ma altre volte era dell'idea che tutto quel parlare ininterrottamente fosse solo un tentativo di socializzare.

Però, al momento, non era qualcosa che la riguardava.

...

Era finalmente arrivata l'Ora Dodicesima e tutte le cameriere si erano ritirate nelle loro camere, perché sapevano molto bene cosa sarebbe successo se avessero provato a trattenersi ancora a lungo per i corridoi e i salotti a loro dedicati della Residenza.

Aar aveva fatto come loro per non dare nell'occhio. Una volta in camera si sedette sul letto, si mise in pigiama e si toccò per un momento l'apparecchio acustico per accenderlo. Doveva mandare un messaggio a Boss.

«Stanotte riuscirò ad appropriarmi di quelle informazioni, ce la farò» disse. Poi si assicurò che il messaggio vocale fosse stato registrato e inviato correttamente, toccò nuovamente l'apparecchio e lo spense.

Attese circa mezz'ora, cioè il tempo giusto perché non si sentisse più un rumore nel corridoio, e quello fu il segnale.

Uscì dalla camera, facendo attenzione a non fare rumore, o per lei sarebbe stata la fine dei giochi.

Non ebbe nemmeno il tempo di fare una ventina di passi di corsa che subito sentì un rumore di passi umani; rimase un attimo in silenzio per capire da dove arrivava e decise di cambiare immediatamente strada.

Non aveva idea di dove stesse andando, ma era sicura che in qualche modo sarebbe riuscita a raggiungere la sua destinazione.

Percorse almeno una ventina di corridoi prima di raggiungere quello giusto, in cui si trovava l'Archivio.

C'era solo un problema: il codice. Non lo sapeva, e non ci aveva nemmeno pensato. Cercò di pensare a quale avrebbe potuto essere la sequenza di quattro numeri da inserire, se c'era qualche dettaglio nella casa che avrebbe potuto essere...

Fu allora che capì.

Sul braccio di Keiarn, uno dei tatuaggi raffigurava quattro simboli, che in una antica lingua aliena che ormai nessuno parlava più (nessuno, eccetto Aar) erano traducibili come la sequenza numerica "4712".

Provò a inserirla sullo schermino e funzionò.

Quello, ovviamente, non era l'unico ostacolo: c'erano anche dei laser che uscivano dalle pareti e si spostavano a caso, e toccarne anche solo uno avrebbe fatto scattare un allarme o qualche altro meccanismo di difesa. Ne era sicura.

"Che le danze nella sala da ballo della fine del mondo possano aprirsi" pensò Aar, e poi si infilò nella via illuminata da luci rosse letali.

Inizialmente non fu troppo difficile: gli spazi tra i laser erano larghi e distanti fra di loro, ma più andava avanti e più si con vinceva che non sarebbe riuscita ad andare troppo lontano.

«Speriamo» sussurrò, per poi spostare la gamba sinistra a quarantacinque gradi, alzarla e scavalcare l'ultimo filo rosso, il tutto nel giro di un secondo e mezzo.

Poi arrivò l'ultima parte del percorso che la separava dall'Archivio: il riconoscimento facciale. Ma fu immediato fare anche quello, grazie all'apparecchio acustico, che era in grado di riprodurre a colori tutti i volti con tanto di dati biometrici della persona a cui appartenevano, in modo tale da ingannare anche il sistema più potente ed intelligente.

Infatti passò anche quel controllo.

La stanza ricordava uno di quei classici uffici dove gli umani lavoravano sulla Terra, quando era abitata: non c'erano finestre, solo un tavolo bianco e rettangolare, una sedia da ufficio e una tastiera bianca e molto larga con un mouse. Sopra di essa, almeno a venti centimetri di distanza, c'erano tre schermi olografici aperti tutti sulla home page.

Ora doveva solo trovare il file giusto con le informazioni, farlo copiare dall'apparecchio acustico e sarebbe finita lì.

Si sedette sulla sedia, sempre facendo attenzione a non fare rumore, e iniziò a esplorare le varie cartelle del computer, di cui la maggior parte erano vuote. Sicuramente Keiarn aveva sistemate così apposta perché quelli che cercavano informazioni non le trovassero subito.

«Ecco!» esclamò, non appena riuscì a trovare l'unico file del primo computer, un documento lunghissimo pieno di informazioni scritte con un antico codice chiamato codice Morse, che gli umani utilizzavano nei tempi in cui erano tutti ammassati in un unico pianeta, che avevano distrutto in totale autonomia.

Lei non lo aveva studiato né sapeva tradurlo, però lo riconosceva subito. Quel messaggio sarebbe passato subito a Boss, che a sua volta l'avrebbe mandato a un impiegato della Void che aveva familiarità con il codice Morse e che poi l'avrebbe spedito di nuovo a Aar.

Toccò due volte l'apparecchio acustico, doveva fare così quando gli impartiva l'ordine di copiare un file. Dopo pochi secondi quello vibrò, in segno che l'operazione era terminata.

Aar chiuse tutto quanto, cercando di lasciare i computer come li aveva trovati quando era entrata nella stanza, si alzò dalla sedia e fece per uscire: oltrepassò di nuovo la scannerizzazione del volto, i laser e anche il codice e quando finì di nuovo nel corridoio si trovò davanti qualcuno che non avrebbe assolutamente dovuto esserci.

Keiarn.

"Cazzo."

«Bene, ecco cosa succede quando non ci si fanno gli affari propri e si vanno a cercare informazioni che dovrebbero rimanere nascoste. Giusto, Aar, collaboratrice strettissima della Void con una doppia vita divisa in vita da sicaria e vita da idol?» disse la donna, mentre si accarezzava violentemente i capelli.

«Be', io posso spiegare, è per una buona ca...» Aar non riuscì a finire la frase, perché Keiarn fece un gesto universale che significava "chiudi quella lurida bocca e lasciami parlare, oppure vedi cosa ti faccio dopo".

«Per una buona causa, assolutamente sì. Sicuramente è una buona causa. Sapere che ti sei alleata con la fazione sbagliata è davvero una bella cosa da scoprire. Sai, ho sempre seguito le tue imprese, e devo dire che non sei niente male. Puoi pure portare a quelli della Void le mie informazioni, però sappi che tutte le tue azioni hanno delle conseguenze. Nel mondo devi scegliere da che parte stare e devi sceglierlo bene, rimanendo consapevole che le tue decisioni avranno delle conseguenze» proseguì la criminale galattica, guardandola negli occhi da cui mandava fuoco e fulmini.

Aar aspettò un momento, mise la mano sul fianco dove c'era la pistola, ma non riuscì a tirarla fuori. Era davvero impossibile, c'era qualcosa dentro di lei che le impediva di estrarre l'arma e di premerne il grilletto, puntandola al cuore della donna.

L'idol dai capelli viola si fece scortare in camera dalla sua nuova leader.

Le parole di Keiarn risuonavano ancora nella sua testa, nonostante non le sembrava che avessero davvero un senso.

Spazio autrice

E anche il capitolo 4 è finito! Se siete curios* di sapere cosa voleva dire esattamente  Keiarn? Allora aspetterete il prossimo capitolo!

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