Capitolo 32 - Uno scontro che imperversa
Zolay
Le guardie erano comparse improvvisamente e dopo tutto quel tempo non erano riuscite a capire da dove.
Avevano concordato su una cosa: riuscire ad abbattere loro e poi andare in soccorso degli altri, convinte del fatto che non ce l'avrebbero fatta completamente soli.
La ragazza dai capelli blu aveva riconosciuto dalle divise indossate dai soldati che erano quelle bestie assetate di sangue uscite da un laboratorio - o fenomeni da baraccone, come le piaceva chiamarli - che nel giro di quattro minuti e mezzo avevano scritto la parola "Fine" a caratteri cubitali sulla sua vita felice.
Gliel'avrebbe fatta pagare.
Ma come, come ci sarebbe riuscita senza pensare a quanto era accaduto quella volta e a come il suo stesso sangue le avesse macchiato i vestiti dopo un colpo di pistola perfettamente sparato?
Non avrebbe potuto farcela.
Non era come Aar, con una vita perfetta, una fidanzata da amare e proteggere, dei fan da soddisfare e l'intero Universo che la amava e la lodava.
Non era come Kei, che era riuscita a superare la vicenda tragica che le aveva portato via tutto e a costruire il suo impero basandosi sui suoi ideali e su quello in cui credeva.
Non aveva nulla a che vedere con Nabia, una idol ancora migliore di Aar, che dava voce alle sue emozioni e ai suoi pensieri grazie alla musica e anche a rifugiarsi in essa.
E, infine, lei e Jude non avevano nulla in comune... lui era riuscito a liberarsi dalle catene che lo tenevano ancorato alla persona che doveva essere secondo qualcun altro e si era ricostruito da zero, come voleva lui.
Lei, invece, chi era?
Una ragazza che si definiva aromantica per il semplice fatto che non era mai riuscita a trovare La Persona per lei e quindi aveva deciso di smettere di credere in valori come l'amore?
"Basta", disse.
E fu così che perse il controllo.
Jude
«Io» e gli arrivò una sberla «non sono» e ne partì un'altra «UNA DONNA!»
Il ragazzo non sapeva più che cosa dovesse fare.
Non ci vedeva quasi più, perché quella che tempo addietro aveva osato chiamare madre gli aveva fatto gli occhi neri.
La sua salopette era ancora più logora del solito ed era sporca di sangue, il suo sangue, espulso dalle sue vene con una totale noncuranza da quella che lei una volta vedeva come una mia madre.
Ebbe uno spasmo e ne sputò altro, lo vomitò.
«E non è tutto, carissima! Il tuo nome è Judith in onore della segretaria del Partito Omotransfobico ai suoi esordi... Judith O'Neil, hai presente?» continuò Cassidy, mentre si avvicinava al figlio in lacrime steso a terra.
«Che tu sia maledetta» biascicò il ragazzo, ma la frase uscì come una serie di monosillabi scollegati.
L'espressione sul volto di Cassidy cambiò improvvisamente e si rabbuiò, quindi iniziò a fissare suo figlio: si dimostrava impassibile, ma era chiaro che ci fosse qualcosa che la turbava.
Il ragazzo scoppiò a ridere e sorrise. «Oh, Cassidy, non è neanche tutto. La cosa che mi auguro maggiormente è che tu raggiunga tuo marito, oltre che la capacità di ragionare con la tua testa e non quella di certa gente bastarda buona solo a corrompervi...»
Mentre il ragazzo si rialzava da terra a fatica, consapevole di quanto stava per accadere e pronto ad impedirlo, qualcosa attraversò il volto della donna, privandola della compostezza precedentemente acquisita.
«Chi ti ha insegnato a parlare così, eh? Le persone con cui ti diverti a interpretare un'adulta?» si limitò a chiedere.
Jude O'Brien alzò un sopracciglio, senza smettere di sorridere e agendo come se l'intera faccenda lo stesse divertendo.
«Può darsi... peccato che si dà il caso che io ho venticinque anni e che quindi sia già considerato come adulto» ribatté, secco.
Cassidy sussultò e abbassò lo sguardo. «Certo che ne è passato di tempo, da quando sei scappata...» osservò. «Sai, a me e a tuo padre sei mancata terribilmente, ma allo stesso tempo non ci saremmo nemmeno presi il disturbo di venirti a cercare, perché sei... qualcos'altro.»
Jude sbuffò e alzò gli occhi al cielo. «Ma il fatto che ai vostri occhi io sia "diverso" non mi rende una persona sbagliata. Nessuno è sbagliato. Nemmeno i peggiori criminali che si trovano nella periferia di Lers lo sono, perché se si trovano in quelle condizioni c'è un motivo, e nessuno fa niente per sistemare le cose» spiegò.
«E... cosa saresti?»
«Jude O'Brien, chi è? Un ragazzo. Pronomi he/him. Oh, poi è panromantico, quindi gli piacciono tutti i generi. Quasi dimenticavo: è asessuale, per cui non gli interessa il mondo dello "spingersi oltre" perché come padre sarebbe peggiore del genitore che ha avuto lui stesso» spiegò, sottolineando il fatto che aveva utilizzato "chi" al posto di "cosa".
E dopo quelle parole lo scontro riprese senza un attimo di pausa ed esitazione.
Aar
«Tu hai provato a rovinarmi! E guarda come ci sei riuscita, brutta...»
«Per il semplice fatto che tu mi hai sempre impedito di dare il massimo, perché sapevo che tu avresti fatto meglio!»
«Ma ce la fai? Potevamo parlarne!»
Continuavano ad insultarsi da quindici minuti e non sapevano davvero più cosa dirsi: oltre che alle parole pesanti, nella stanza volavano anche calci, pugni e ogni tecnica di combattimento che avevano appreso dai loro Trainer mentre venivano preparate per lavorare alla Void.
«Io? Parlare con te? Ma figuriamoci!» ribatté Kharana, mentre sferrava un calcio circolare alla sua eterna rivale, con una precisione quasi disumana.
«Perché devi sempre rovinare tutto?» le chiese Aar, che schivò con prontezza l'attacco e quasi scivolò per terra. Riuscì a calcolare bene i tempi e a rimettersi in piedi, quindi iniziò a ripetere dei movimenti che comparivano anche nel secondo kata di karate.
Ricordò i bei momenti del passato, quando si erano conosciute ai tempi in cui lavoravano entrambe nel mondo dello showbiz e dell'intrattenimento, ma che era stato distrutto sempre a causa di Kharana.
...
Aar Khyan, che arrivava da un passato tormentato composto di molestie fisiche e verbali, ma che grazie al canto era riuscita a trovare la sua strada e a brillare più delle altre stelle nel suo stesso cielo.
E poi lei, Kharana Prethal, ex spacciatrice nei nightclub di Lers e ora nuovo membro dell'agenzia presso cui lavorava anche la graentiana dai capelli lilla.
Quelle due non avrebbero potuto essere più legate.
Mentre Aar ballava e cantava, perdendosi nelle sue canzoni indie-rock, nelle coreografie, negli effetti speciali e veniva acclamata in tutto l'Universo per il suo talento e le sue doti, Kharana cercava ancora di sfondare in un qualche settore.
Peccato che la donna dai capelli neri non fosse particolarmente brava in nessuno di quei campi e che, per questo motivo, faceva fatica a trovare la sua strada.
Poi, un giorno, aveva incontrato Aar e il suo punto di vista si era improvvisamente modificato.
Kharana ricordava molto bene come era avvenuto: si trovava nel suo camerino a piangere, come al solito, e poi la idol aveva spalancato la porta, l'aveva chiusa e si era seduta di fianco a lei.
«Ehi» aveva detto. «Che cosa succede qui?»
«Niente, niente» le aveva risposto, abbassando lo sguardo e asciugandosi gli occhi con un fazzoletto sporco di trucco nero. «Perché me lo chiedi?»
«Perché è chiaro che qui non va tutto bene. Guardati: sei distrutta e demoralizzata, non sai qual è la strada che devi prendere e non riesci a capirlo. Esisti senza un motivo. Ma non ti preoccupare, perché per tua fortuna Aar Khyan è qui» le aveva spiegato, per poi sorriderle.
«Aar... Khyan? Quindi è questo il nome che si nasconde dietro alla maschera di Y'Ther?»
«Quale maschera, pardon?»
«Lascia perdere, è una voce che gira tra le tue colleghe che ti invidiano. Dicono le cose più disparate su di te, ma tu non dargli ascolto.»
«Non lo sapevo, ma penso che fosse stato meglio non saperlo mai. Ad ogni modo... ho una proposta da farti.» Aar le aveva preso le mani mentre lei era intenta a guardarla negli occhi.
«Di... di cosa si tratta?» aveva chiesto Kharana, accorgendosi del contatto fisico che aveva appena stabilito con la idol e arrossendo appena.
«Lascia che te lo spieghi.» La indie queen sorrise come era solita fare durante le sue esibizioni. «Il ballerino migliore che si esibisce nei miei spettacoli si è appena rotto la tibia, mi pare, e proprio per questo motivo non potrà esibirsi al mio concerto al LersDome la settimana prossima. Ho notato come ti muovi mentre fai le prove di danza e hai talento da vendere. Quindi, la mia proposta è... ti piacerebbe prendere il suo posto mentre è infortunato?»
Kharana si era bloccata improvvisamente.
«Kyo Jen? Mi stai chiedendo di sostituire una stella dello showbiz come Kyo Jen, nello show del tour "うたう と" dell'unica e inimitabile Y'Ther? Non credo di poterlo far,e allora...»
«E invece... guarda un po' cosa ti hanno appena chiesto di fare! Credimi che durante tutti questi anni in cui ho lavorato per questa compagnia di possibili astri nascenti ne ho visti pochi. E tu sei uno di quelli, Kharana, altrimenti non sarei qui a supplicarti di prendere il posto di Kyo.»
«Ma c'è altra gente brava che potrebbe farlo... guarda MoreLess, per esempio.» La donna dai capelli neri aveva gettato uno sguardo ad un poster appeso alla parete, raffigurante la ballerina e attrice dai lunghi capelli neri e il fisico perfetto. «Lei avrebbe potuto fare meglio di Kyo, o sbaglio?»
«Sì, ma lei non ha il carisma e la passione che ci metti tu mentre fai quello che ti piace. Lei lo fa solo per... be', sai com'è... la vedi? Osservi i costumi che si mette in scena? Vuole attirare gli uomini, ecco perché è nello showbiz. Vieni, ti supplico.»
Kharana aveva annuito e aveva deciso che per quella volta si poteva fidare della idol.
Il concerto era andato benissimo e il pubblico l'aveva acclamata più di quanto non l'avessero fatto effettivamente con Kyo Jen negli spettacoli precedenti.
Quello era stato l'inizio di un'amicizia che in principio appariva come una di quelle destinate a durare nel tempo...
...
«E poi, tu e quell'umana avete deciso di rovinare il rapporto che avevamo creato mettendovi assieme!» le aveva sputato in faccia Kharana, parlando come se la sua nemica avesse appena commesso un peccato capitale.
«Non abbiamo rovinato nessun rapporto, è quello che hai in testa che ti ha spinta a credere che...»
«TACI!» urlò la donna dai capelli neri, senza notare che nel mentre Zolay e Nabia si erano sollevate da terra e avevano iniziato a scaricare attacchi di chissà quale materia oscura sulle guardie dell'astronave Guilty.
«Perché dobbiamo continuare a combattere anche adesso che è praticamente tutto finito?» chiese Aar, implorando pietà.
«Tutto finito, dici?» ribatté Kharana, con una punta di sarcasmo nella sua voce. «Ma se è appena cominciato...»
«Kharana, questa suona come una presa in giro... è da anni che andiamo avanti a combattere... dove sono finite le due migliori amiche che combattono fianco a fianco e non una contro l'altra?»
Dopo che ebbe finito di parlare, approfittò di un attimo di distrazione di Kharana e la colpì con il tacco dello stivale - da quanto tempo era vestita così? - alla mandibola, ma quello che vide la sorprese.
Nell'esatto momento in cui l'aveva toccata, sulla sua faccia e su tutto il suo corpo erano comparsi dei disegni complicati simili a circuiti elettrici, illuminati da una luce forte e nera.
«Cosa... COSA TI HANNO FATTO?!» urlò Aar, in preda al panico.
La odiava, ma non poteva sopportare anche solo l'idea di vederla così.
«Hai mai sentito parlare di organismi meccanicamente potenziati?» chiese l'umana dai capelli corti e neri, mentre con un rapido gesto delle mani riuscì a bloccare per terra la idol e a premere il tacco dello stivale contro il suo stomaco.
Aar spalancl gli occhi, ricordando alcune esperienze simili che aveva avuto durante la sua infanzia, e urlò, buttò fuori tutto quello che per mesi (ma quali mesi? Anni!) aveva tenuto dentro.
Keiarn
Il suo disintegratore - proprio come quello di tutti gli altri - aveva smesso di funzionare non appena avevano raggiunto la sala di controllo della Guilty, quindi aveva dovuto fare affidamento su quei quattro stiletti che Aar aveva perso mentre combatteva contro Kharana.
L'avrebbe fatta pagare a quella donna insolente dai capelli neri, non appena avrebbe finito con la Mastermind.
«Perché ne usi due e non uno solo? Richiede una maggiore coordinazione e uno sforzo superiore, quello che stai facendo» chiese la donna, con la sua voce molto familiare.
«Sai com'è, magari riesco a farti cadere dal tuo trono in meno tempo di quello che ci dovrei impiegare» ribatté la mafia queen, sorridendo come quando si conoscevano.
«Insolente come al solito... non è vero, Keiarn?» osservò la donna, muovendosi con una grazia quasi nobile mentre cercava di evitare di farsi infilzare da una delle armi.
«Preferirei utilizzare altri termini per riferirmi a me... e dire che una volta accettavi le persone come tutti noi qui dentro, a parte Cassidy e Kharana...» disse la donna dai capelli neri, schivando ogni colpo con maestria e precisione. «E dire che, una volta, eri anche tu come noi!»
«Non so se hai presente, cuore mio, si fa sempre in tempo a cambiare» replicò l'altra.
La punta dello stiletto le trapassò appena appena il braccio, creando un taglio sottile che iniziò a rovesciare una quantità minima di sangue.
«Mh. Ricordi ancora tutto, eh?» osservò Keiarn, saldando la presa sull'arma che le stava per sfuggire di mano. Si raddrizzò la bretella della canottiera, che era a un passo dal cadere a terra del tutto, e poi riuscì ad inchiodare la Mastermind al muro bloccandola con i due stiletti e conficcandoglieli nelle braccia.
La sua pelle si illuminò, tempestata da disegni bianchi di circuiti elettrici che brillavano tutti assieme.
Keiarn era stupita.
«Ovviamente, 4712» replicò la donna, sputandole letteralmente in faccia il codice con cui la donna dai capelli neri era stata identificata per molto tempo, quando combatteva la Void in un'organizzazione indipendente.
Esitò, ma poi decise che avrebbe dovuto farlo.
Aar si girò nella loro direzione senza capire che cosa stesse succedendo, il suo volto rigato di lacrime e contratto dal dolore.
Zolay e Nabia buttarono giù dalla finestra l'ultima guardia che era rimasta e posizionarono lo sguardo nella direzione delle due donne.
Persino Jude, sanguinante com'era, focalizzò l'attenzione su di loro, seguito dalla madre.
Anche Kharana sembrava interessata e per un attimo dimenticò il suo desiderio di fare fuori quella donna che per troppo tempo le aveva dato tormento al lavoro.
«Se per te non è un problema, ci sarebbero delle cose che desidererei chiarire su tutta questa questione...»
Con un gesto deciso, Keiarn spostò all'indietro il cappuccio che celava il volto dell'altra.
«..Lux!»
Spazio autrice
Vi devo dire due cose. Allora, intanto che non mi sarei mai aspettatx di pubblicare questo capitolo così presto. E poi, la seconda cosa è che... ho meditato a lungo su chi dovesse nascondersi dietro al nome di "Mastermind", ma alla fine ho deciso che sarebbe dovuta essere Lux ad avere questo onore. Vi ricordate chi è? Ve lo aspettavate?
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