Capitolo 24 - Impotente, sola
Nota dell'autrice: questo capitolo potrebbe contenere argomenti discutibili, quali tentativi di suicidio e depressione. Se siete sensibili a queste cose non leggete. Ricordate che così facendo potreste rischiare di perdere il filo della storia. Insomma, fate come vi pare.
Avete presente come ci si sente quando tutto il mondo perfetto che conoscevi, un mondo in cui tu eri lx protagonista assolutx, tutti coloro che conoscevi ti amavano per quello che eri, ti dicevano che eri geniale e che saresti stata la salvezza dell'Universo nel campo della scienza e della tecnologia che stava morendo e peggiorando sempre di più? E, soprattutto, una vita in cui i tuoi genitori non sano stati uccisi a colpi di pistola e sono ancora lì a vivere una vita normale con te?
A quanto pare non lo sapete.
Non so neanche quanto tempo sia passato da quando i miei genitori sono stati uccisi: potrebbero essere passati secondi, minuti, giorni, mesi, anni, decenni... non mi guardo più allo specchio, quindi non ho la minima idea di come sia fatta.
Non contemplo più il mio riflesso per un unico motivo: il mio aspetto fisico mi ricorda troppo il loro, era una strana unione tra i due, un umano e una graentiana, che ha dato vita ad una xyan, cioè tutti coloro che sono nati da genitori di razza mista. Le relazioni tra umani e alieni non sono mai state ben viste, almeno, questo è quello che pensa la società.
Perché io, invece, penso che l'amore non ha il benché minimo senso: alla fine le storie finiscono e le persone ci rimangono male, oppure gli amanti muoiono.
Come hanno fatto i miei genitori.
E come potrei fare anche io, ora che ci penso, così almeno potrei stare più vicina a quella sfortunatissima coppia di innamorati.
Come ci penso, sono tentata di farlo: apro lo scomparto segreto nella parete, digitando rapidamente il codice di sblocco, e tiro fuori quella bellissima pistola ionica potenziata a cui stavano lavorando i miei genitori in laboratorio.
Andiamo, Zolay, basterebbe soltanto puntarsi questo gioiello al collo, premere quel dannato grilletto, spargere un po'di sangue in quest'astronave che a breve diventerà un rottame e lasciarsi alle spalle questa vita orrenda... che tra l'altro sta per finire.
Così facendo farei un affare, il miglior affare, riuscirei a cancellare definitivamente la mia presenza dalla faccia della Terra... e tutto per dimostrare l'amore verso i miei genitori.
Avevo detto che non credo nel romanticismo, infatti è così, ma quello che provo per coloro che mi hanno dato la vita... adesso è odio, perché mi hanno fatta nascere e ora come non mai desidero che questa cosa non fosse successa.
Però li posso perdonare e, soprattutto, posso... dissolvermi nell'aria.
Sì, Zolay, ti basta solo schiacciare quel grilletto e dopodiché tutto sarà sistemato, non dovrai preoccuparti di nulla e le tue insicurezze della persona impotente e sola che sei verranno cancellate insieme a te: ve ne andrete insieme in due luoghi diversi, ti dimenticherai completamente di loro e rinascerai più forte, come una fenice dalle sue ceneri.
Non ci vuole tanto, e il bello è che non sentirai neanche il dolore.
Su, forza, premilo.
In fondo è solo questo che sono, per quanto in questo momento io stessa stia cercando in tutti i modi di negarlo.
Impotente, sola.
Improvvisamente alzo la testa e lascio cadere la pistola.
C'è qualcuno che sta picchiando il pugno contro il finestrino accostato alla porta d'ingresso, e subito non riesco a capire chi sia.
Poi guardo più attentamente e riesco a vederlo: sembra una ragazza, ha un po' di seno, anche se il suo aspetto è piuttosto androgino. Ha i capelli grigi e all'apparenza non se li lava da almeno due mesi, credo proprio che se mia madre lo vedesse in questo momento le verrebbe voglia di vomitare. Indossa una specie di uniforme. Il colore della manica è lo stesso di quella dell'uomo che ha ucciso i miei genitori.
Sono quasi sicura che sia una di loro, quella lì, quindi decido di aprirle comunque e di puntargli contro la pistola.
Così, se quella tizia ha intenzioni strane, sarò pronta e riuscirò a proteggermi.
Mi avvicino, apro il finestrino e aiuto la donna o quello che è ad entrare. Una volta che si è messa in piedi e si è appoggiata al buio per tirare un respiro di sollievo, le punto la mia arma letale contro e quella alza le mani in segno di resa.
«Ragazzina, io non ho intenzione di farti nulla. Però giuro che se fai un solo passo falso o provi ad attaccarmi, giuro che ti stacco la pistola dalla mano - e forse anche la mano, dipende da quanto mi fai incazzare - e la uso contro di te. Devi essermi grata, ragazzina, perché io sono colui che ti ha salvata da un gruppetto di terroristi di quell'esercito della Galassia Quattro. Da quanto tempo sei qui?» mi domanda.
Alzo un sopracciglio, sono ancora piuttosto scioccata da questa rivelazione: il ragazzo che probabilmente mi ucciderà - e che per questo ringrazio - si identifica nel genere maschile, e io credevo che fosse solo una ragazza. A quanto pare mi sbagliavo. Devo ricordarmi quei discorsi saggi che faceva papà, del tipo: "Il sesso di una persona non si capisce sempre dall'aspetto fisico che questa presenta".
«Ho bisogno di sapere un paio di cose su di te, ragazzina: come ti chiami, in che anno sei nata e cosa ci facevi in quest'astronave che vaga nello spazio» dice lui, avvicinandosi pericolosamente a me. Qualcuno potrebbe dire che in questo momento sto arrossendo, ma se lo sto facendo è perché ho paura - si può arrossire per la paura? - che mi incute questa figura.
«I-Il mio nome è Zolay Honara, sono del 3175 e mi trovo qui perché, durante una sparatoria avvenuta esattamente non so quanto tempo fa, i miei genitori sono stati uccisi in questa astronave, che era la loro casa... la nostra casa. Prima che tu me lo chieda: ho perso la cognizione del tempo e non so in che anno siamo» spiego, con la voce che mi trema dalla paura.
«Capisco. Per fortuna che ci sono io, Zolay, perché, per tua informazione, sono nato nel tuo stesso anno. Adesso ho quindici anni, il che significa che anche tu hai la mia stessa età. Siamo nel 3190, per tua informazione, e oggi è il venti luglio. Mi stavo dimenticando di dirti che il mio nome, qui, è Jude O'Brien, ho origini irlandesi, e vengo dalla Terra. Mi trovavo qui perché, con la mia vecchia astronave costruita da me con dei rottami funzionante a scoppio ritardato, stavo guidando verso la Galassia Cinque per recuperare una componente meccanica che mi serviva presso un mio caro amico. E poi ho trovato quest'altra astronave che stava per essere attaccata nuovamente da un altro gruppo di terroristi della Galassia Quattro. Ho capito che quelli avevano già combinato qualcosa prima di questo nuovo assalto, perché l'esterno dell'astronave è messo proprio male. Quindi ho impostato il pilota automatico, sono uscito e li ho ammazzati tutti, dal primo all'ultimo. Quando ho realizzato che c'era ancora qualcuno dentro, mi sono piazzato davanti al finestrino più vicino a me e ho iniziato a battere contro il vetro in attesa che qualcuno mi notasse e mi lasciasse entrare. Poi sai com'è andata» spiega il ragazzo.
«Ah, quindi... i miei genitori sono morti da... cinque anni?» constato, mentre avvicino una mano alla testa e mi passo le dita tra i capelli, dalla cima fino alle punte. Uso spesso questa tecnica per rilassarmi quando sono stressata o finisco in brutte situazioni.
Ancora non riesco a credere che sia passato così tanto tempo da quando li ho visti l'ultima volta, che la distanza tra il mio ultimo pasto insieme a loro - anzi, il mio ultimo pasto - sia così ampia.
Per fortuna, noi xyan possiamo sopravvivere per decenni senza nutrirci o idratarci, quindi mi sembra anche logico che io sia riuscita ad arrivare fino a questo punto. Spiego quest'ultima cosa a Jude e poi lui mi lancia un'occhiata compassionevole.
«Sì, neanche la mia vita finora è stata molto facile, quindi ti capisco benissimo. Adesso... be', guardati, devi darti una sistemata. Hai uno specchio, da qualche parte, così riesco a farti vedere in che condizioni ti trovi?» domanda il ragazzo.
Io annuisco e gli faccio cenno di seguirmi; lo conduco in quello stanzino - che a momenti fa diventare chi si trova al suo interno claustrofobico - che usavamo come bagno. Non ci entro da un sacco di tempo. Al suo interno c'è una doccia piuttosto stretta, il cui vetro è coperto da una tenda, dentro ci sono un paio di mensole di metallo sulle quali sono poggiati flaconi di saponi, shampoo e balsamo ancora mezze piene.Di fianco alla doccia c'è un rubinetto, su di esso c'è un bicchiere con tre spazzolini da denti: uno rosso (di papà), uno verde (il mio), uno nero (di mamma). E poi, sulla parete opposta, uno specchio lungo e stretto, leggermente sporco. Il che mi sembra abbastanza logico, dal momento che sono cinque anni che nessuno va lì con un panno e lo pulisce.
Osservo il riflesso di una ragazza che non avevo mai visto prima: i suoi capelli blu si sono allungati fin sopra al sedere, e si sono anche scuriti rispetto a quando era una bambina, rispetto a quando ce li aveva di un bellissimo azzurro cielo che tutti quanti le invidiavano. La ragazza ha delle curve abbondanti e una maglietta nera sporca che ormai le sta piccola, le arriva appena sotto al seno. Le sue spalle sono larghe. Lei è diventata più alta e più debole rispetto all'ultima volta che si era guardata allo specchio.
Quella ragazza ha perso qualcosa di quello che era una volta: il sorriso, lo sguardo allegro, l'infinita voglia di vivere e la sua sete di conoscenza.
Adesso spera solo di sparire al più presto, come merita. La ragazza si copre il viso con le mani, si inginocchia davanti allo specchio e inizia a piangere.
Jude mi si avvicina e mi abbraccia da dietro. Non capisco quali siano le sue intenzioni, se ci sta provando con me o se invece sta solo cercando di rassicurarmi come dovrebbe.
Io, però, lo ignoro e continuo a piangere, le lacrime rappresentano tutto il dolore che sono riuscita a tenermi dentro per tutto questo tempo e che non sono mai riuscita a fare uscire, e adesso è una bestia indomita.
Neanche questo quindicenne gentile (ho quindici anni anche io, davvero?) che sta cercando in tutti i modi di farmi sentire meglio potrà riuscire a placare tutta la mia sofferenza.
«Senti, ehm... Zolay» dice il ragazzo, alla fine, dopo che mi ha staccato le braccia dal busto. Io, però, lo costringo a rimetterle dove si trovavano prima, perché sono sicura che, senza il suo supporto, non riuscirei a non scoppiare in lacrime una seconda volta. «Io sono disposto a darti una mano. Io ti posso aiutare, possiamo scappare da questo passato che nessuno dei due ha voluto, da questo mondo che nessuno dei due ha voluto, possiamo fare un reset completo e ripartire dall'inizio. Insieme, come due migliori amici. Sai, per diventare quello che sono adesso ho dovuto combattere fino alla morte, e la mia battaglia l'ho anche vinta. Adesso tocca a te sconfiggere il tuo nemico e trovare il tuo lieto fine» continua lui.
Smetto di piangere, lo guardo negli occhi e annuisco. «Tu sei stata l'unica persona in grado di capirmi, e in grado di capire i miei sentimenti e i motivi del mio comportamento. Te ne sono grata. Per questo voglio chiederti se per te va bene diventare il mio migliore amico» dico.
Lui sorride, e annuisce a sua volta. «Assolutamente sì, non vedo per quale motivo non possiamo essere migliori amici. Adesso... be'... io devo assolutamente andare nella Galassia Cinque, nella capitale, come ti spiegavo prima. Te la sentiresti di abbandonare quest'astronave e salire, invece, sulla mia?».
Inizialmente sono un po' titubante, però alla fine gli stringo la mano e gli dico, con un tono deciso e secco: «Andiamo».
Spazio autrice
Eccoci arrivati alla fine di questo capitolo sul passato della nostra hacker aromantica. Che ve ne pare? Scusatemi se in questo periodo sto pubblicando settimanalmente, è che sono abbastanza impegnata, ho in corso vari scambi di lettura, sto perdendo un po' la motivazione per scrivere e ho una specie di blocco... però sono ancora tra voi e faccio quello che posso per soddisfarvi. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e soprattutto spero che i pensieri suicidi di Zolay non siano stati disturbanti per voi. Detto questo, ci vediamo nel prossimo capitolo dove, con ogni probabilità, inizierà l'attacco della Void...
P.S.: La canzone in alto ci sta molto con questo capitolo. Appena inizierà la revisione del libro, aggiungerò altri riferimenti musicali per ogni capitolo della storia... prima non avevo voglia di farlo, tutto qua.
Statemi bene!
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