Capitolo 21 - Aspirante mafia queen

Uscita dalla Lama della Giustizia, inizialmente, non sapevo molto bene cosa avrei fatto: certo, avevo conoscenze discrete in fatto di meccanica e programmazione, e usando quelle magari avrei potuto fare un lavoretto e guadagnarmi qualcosa per poi condurre una vita tranquilla. Ma dentro di me sentivo che non ero portata per quello. Mi vedevo più per una vita piena di azione, di pericoli e di adrenalina, non per un'esistenza noiosa fatta solo di codici, programmi, attrezzi e componenti elettriche.

Certo, quello avrei potuto tenerlo come hobby. 

Mentre camminavo per le vie di Lers, dopo aver abbandonato l'astronave che avevo rubato e con la quale avevo deciso di raggiungere la capitale della Galassia Dodici, riflettevo sul da farsi. Certo, dalla Galassia Due alla Galassia Dodici su un'astronave come quella che avevo "gentilmente preso in prestito" era stato un viaggio molto lungo, ma la mia unica intenzione era di lasciarmi alle spalle quel passato difficile e ricominciare tutto da capo.

Voglio dire: mi avevano appena portato via le due persone che amavo di più nella mia vita - la mia migliore amica e il ragazzo che amavo, anche se non sono sicura del fatto che lui ricambiasse davvero i miei sentimenti - e avevano scritto le parole "troppo tardi" su tutti i miei sogni e le mie ambizioni. Il mio compito, da quel momento in poi, sarebbe stato impedire con tutte le mie forze che tutto quello che avevo vissuto, se non qualcosa di peggiore, accadesse di nuovo.

Ad un certo punto decisi che ero stanca di camminare, quindi presi la bella decisione di entrare in uno di quei bar - fortunatamente non era uno di quelli da cui era meglio rimanere alla larga, da come mi pareva di capire - e ordinai subito qualcosa da bere e da mangiare. In genere, farlo mi aiutava a schiarirmi le idee.

Partì alla radio una canzone molto bella di uno dei miei musicisti preferiti, Jack Stauber.

Intanto continuai a ragionare su quello che avrei potuto fare dopo, una volta uscita da quel posto. Solo allora avrei potuto ricominciare quella vita che mi aveva voluto male sin dall'inizio: era ora di fare un riavvio completo.

Avevo una sete di vendetta in corpo che avevo conosciuto solo in quel momento, quando la mia sicurezza che stesse andando tutto bene era stata colpita da proiettili di pistola ionica e ne era rimasta uccisa.

Esattamente come la mia migliore amica, la sua fidanzata e il ragazzo che mi piaceva, insieme a un migliaio di altri studenti sfortunati e che sicuramente non si meritavano di fare una fine del genere.

Qualunque cosa avessi scelto di fare una volta uscita di qui, sarebbe stato per vendicare tutti coloro che erano morti ingiustamente.

E poi a un certo punto mi venne un'idea brillante, o quasi. Il mio stile si ispirava molto all'estetica "mafia queen", e comunque l'idea di diventare una criminale temuta in tutto l'Universo per vendetta sul mio passato mi aveva sempre affascinata, decisi che avrei fatto quello nella vita. Magari non era una scelta molto intelligente, o una scelta fattibile, magari non era nemmeno sensata, però sentivo che mi sarei sentita a posto solo quando sarei riuscita a diventare quello che volevo.

Pagai il conto (però, quel bar era pure caro, la prossima volta avrei dovuto sceglierne uno più economico e con del cibo migliore) e uscii di corsa.

Decisi che avrei girato un po' per Lers, fino a quando non avessi capito come fare per iniziare a portare a compimento il mio piano. Mi fermai davanti ad una specie di edicola, dove c'erano due dōes - membri delle classi sociali più alte - vestiti con completi eleganti che stavano discutendo di qualcosa chiamata Void. L'argomento sembrava interessante, e in più loro due sembravano contrari a questa cosa denominata Void. 

Da quello che capii, era una specie di organizzazione segreta di cui solo pochissime persone erano a conoscenza, e a quanto sembrava era tutta colpa sua se il Governo stava cadendo e dimostrava sempre più segnali di corruzione.

Il compito della Void, quindi, era far sembrare che fosse il Governo a essere corrotto e a mandarci tutti a crepare, quando in realtà dietro a tutta quella storia, a muovere i fili della marionetta, c'era appunto quell'associazione.

Rimasi scioccata da tutte quelle informazioni: chiaramente  non mi aspettavo che le cose stessero così. Io ero convinta che, come dicevano tutti, il sistema presentava alcuni problemi e debolezze che l'avrebbero distrutto se solo avessimo continuato così. Mai avrei immaginato che, in realtà, ad avere il controllo sulla situazione fosse in realtà un'organizzazione. Ero troppo impegnata a chiedermi come fosse possibile, quando a un tratto mi accorsi che i due uomini mi stavano fissando con un'espressione allarmata.

«Ragazzina» disse uno.  «Per caso hai sentito anche una minima parte di quello che abbiamo detto della Void? Perché così fosse... be', ormai sei una di noi ribelli. E non puoi rifiutarti di andare incontro a quello che è diventato il tuo destino: combattere le ingiustizie, le bugie e le angherie della Void» concluse, mentre mi guardava dritto negli occhi e provocandomi un certo senso di disagio che non riuscivo a spiegarmi.

«Ah, be', allora mi sa che è il caso di seguirvi... e di aiutarvi con questa cosa, no?» dissi, con una nota di sarcasmo della voce.

I due mi guardarono malissimo dopo quella risposta, e intuii che forse non avrei dovuto rispondere così. Adesso mi sarei potuta solo aspettare il peggio da loro: magari avrebbero cercato di riportarmi da dove ero venuta o, ancora peggio, in quell'ospedale strano dove mi aveva condotta quel tipo di nome Leon quando ancora ero piccola. 

«Seguici. Intanto dicci come ti chiami» chiese l'altro uomo, mentre si incamminava fianco a fianco con il suo collega. Io decisi di mettermi dietro di loro, perché sentivo che se li avesse seguiti le cose sarebbero andate nel modo in cui volevo io e sarei riuscita a raggiungere il mio obiettivo di diventare una criminale.

Miravo a essere la fuorilegge per eccellenza, quella più temuta di tutto l'Universo e anche la più potente, con basi ovunque, armi potenziate e seguaci a non finire. Quelli erano sicuramente il punto più importante, perché da sola non credevo di poter combinare qualcosa di terribile.

I due uomini mi accompagnarono fino ad una specie di grattacielo di vetro, che all'apparenza era un edificio come altri, anche sotto sotto sospettavo che in realtà non fosse normale come sembrava.

Salimmo qualche rampa di scale rimanendo in religioso silenzio.

Non volava una mosca, e tale tranquillità era in qualche modo disturbante, almeno per me.

Raggiungemmo una porta e ci fermammo davanti ad essa.

A quel punto uno dei due uomini, quello più alto che era stato l'ultimo a parlare, digitò una specie di sequenza numerica e la porta si aprì subito dopo, rivelando quello che c'era dietro.

La mia predizione era giusta: quel posto non era affatto normale, e ormai era troppo tardi per arrendersi e scappare via.

Ma perché avrei dovuto farlo, poi?

All'interno della stanza c'erano sedie e tavoli lunghi che correvano tutto intorno alla parete, sopra di essi erano posizionati schermi olografici e tastiere e persone che lavoravano con quelli ininterrottamente e senza distogliere lo sguardo.

Non mi stupii del fatto che molti di loro indossassero gli occhiali.

Decisi di non interferire con il lavoro di quelle persone e di seguire ancora coloro che mi avevano condotta qui.

Ci fermammo nuovamente davanti ad un'umana, come me. Aveva i capelli corti e bianchi, sul suo viso non c'era traccia di trucco, indossava una maglia e dei pantaloni azzurri ed un gilè bianco e calzava degli scarponi marroni. Si girò verso di noi e ci salutò allegramente, stringendo la mano a ciascuno di noi.

«Bentornati, 3215 e 3216» disse, rivolta agli uomini.

Intuii che quelli erano, almeno secondo me, dei nomi in codice che usavano per farsi identificare.

«Ah, quindi questa è una nostra nuova alleata, da come mi pare di capire. Benvenuta cara! Da oggi il tuo nome sarà 4712, perché sei appunto la 4712esima persona che ha scoperto l'esistenza della Void e che ha deciso di unirsi a un gruppo di alleati ribelli che vogliono distruggerla. Il mio codice è 0001, ma se preferisci puoi chiamarmi Lux» disse la donna, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Ricambiai e dopodiché annuì.

«Okay, quindi... 4712. Keiarn de'Vaash non esiste più adesso» dissi, come per confermare che avevo capito pienamente le parole della donna.

Sarebbe stato difficile abituarsi con quel nuovo nome fatto solo ed esclusivamente di numeri, e nessuno mi avrebbe più conosciuta per chi ero veramente.

Da quel giorno le cose cambiarono.

...

Irrompere nei sistemi della Void attraverso la creazione di virus e rubare tutti quei dati rappresentava per me un divertimento unico, soprattutto data la semplicità con cui si riusciva ad attuare la cosa: bastava semplicemente saper programmare abilmente un virus, anche uno di quelli poco potenti, e dopo spacciarlo come un normale file di informazioni e farglielo aprire.

La gente che lavorava lì mi piaceva solo perché era deficiente come pochi, quindi era anche più facile fregarla ed effettuare una bella rapina di dati.

Dopo anni che lavoravo in quel posto e che finalmente ero riuscita a fidanzarmi con Lux, la donna che amavo, che nonostante la nostra differenza di età molto ampia aveva deciso di provare a capirmi e, cosa più importante, di diventare la mia partner.

Quando aveva detto che lei sarebbe stata d'accordo mi ero sentita benissimo, credevo che finalmente sarei riuscita a sentirmi in pace con me stessa... ma quella tranquillità interiore che avevo raggiunto si spezzò qualche anno dopo.

Quello che avevo fatto in quegli anni era davvero quello che avevo sempre voluto e che avevo cercato di raggiungere, oppure i miei obiettivi erano collocati su un altro piano?

Cercai di ragionare. Da tempo, ormai, il mio nome era 4712, me lo ero anche fatto tatuare più volte sulle mie braccia, assieme a varie bandiere bisessuali, parolacce e frasi che mi motivavano ad andare avanti. Nonostante nell'Universo tatuarsi era vietato, io comunque l'avevo fatto e mi sentivo a posto così. E poi, al di fuori del gruppo di ribelli, se qualcuno avesse detto "Keiarn de'Vaash" nessuno avrebbe capito che si stava parlando di me, anzi, non avrebbero proprio saputo dire a chi appartenessero quel nome e quel cognome.

Invece io volevo farmi notare, distinguermi dagli altri, e soprattutto volevo farmi conoscere per quello che avrei voluto essere: Keiarn de'Vaash, la criminale bisessuale più temuta e potente di tutto l'Universo.

Avevo abbandonato quell'idea pensando che fosse piuttosto infantile, ma solo in quel momento avevo realizzato che non lo era per niente ed ero ancora in tempo per realizzare il sogno che da tempo rimaneva bloccato sul fondo di un cassetto.

Aprii l'oloschermo su cui avevo lavorato a lungo ed iniziai a scrivere la mia lettera d'addio a tutte le persone che avevano deciso di seguirmi e di starmi vicino durante la mia permanenza con loro. Mi scusai soprattutto con Lux, che era stata sicuramente quella più comprensiva e buona nei miei confronti, e sentii che mi sarebbe dispiaciuto da morire abbandonare la mia prima fidanzata femmina.

Però era ora di cambiare le cose, non avrei sopportato una situazione del genere ancora a lungo senza iniziare a perdere la ragione... o almeno, così credevo.

A chiunque stia leggendo questa lettera, il mio nome è Keiarn de'Vaash, ma mi avete sempre conosciuta come 4712 qui dentro. Scrivo per dirvi che mi dispiace, ma ho preso la decisione di andarmene via da qui. Il mio traguardo nella vita è sempre stato quello di diventare una criminale, la più potente, traguardo che fino ad ora avevo considerato infantile ed irraggiungibile, ma ora ho cambiato idea e ho deciso che cambierò strada.

Con questo volevo solo ringraziarvi per essermi stati vicino durante questi anni; senza alcuni di voi mi sentirò veramente sola e non so come riuscirò a tirare avanti nei momenti peggiori, però vi giuro che starò bene.

Lux, per quanto riguarda te... ti amo tantissimo e immagino già quanto piangerai non appena leggerai la mia lettera d'addio, e giuro sulla mia vita che mi dispiace e che non voglio farti soffrire. Però sono padrona della mia vita, esattamente come tu lo sei della tua, e come tutti gli altri lo sono della loro, quindi mi auguro che tu riesca a capire il motivo della mia decisione. In caso tu abbia voglia di sentirmi di nuovo, hai ancora il mio indirizzo e-mail, quindi scrivimi quando vuoi. Risponderò il prima possibile e questa è una promessa. Ti amo tanto e non smetterò mai, anche se dovessi fidanzarmi con qualcun altro dopo di te.

Grazie ancora, a tutti voi, siete importanti.

Keiarn de'Vaash

Premetti il tasto "Invia" e spedii la mail a Lux, solo a lei, in modo tale che la mattina dopo (o comunque, quando avrebbe visualizzato), dopodiché corsi giù dalle scale e uscii dal grattacielo dove mi avevano condotta tempo prima, senza immaginarsi che mi sarei lasciata il tutto alle spalle per ricominciare tutto dall'inizio.

E sentivo dentro di me che ci sarei riuscita.

Spazio autrice 

Aiuto, già al capitolo 21 siamo? Mizzeca. Cioè. In genere, quando scrivevo (o almeno, quando ci provavo) ci mettevo davvero molto più tempo a dire "Basta, io chiudo qui" e ad abbandonare il progetto. Credetemi che è successo con tante di quelle storie... bah, non importa, adesso mi impegnerò a rendere QUESTA la mia storia di punta, insieme agli scleri. Aggiornamento molto quick sul sito: l'ho finito, l'ho finito, sto aspettando la copertina della playlist che ho commissionato ad una bravissima artista di nome artaudettearta, e quando ce l'avrò metterò il link del sito nella mia bacheca (quindi controllatela!) e da lì si potrà accedere anche alla playlist. Di nuovo sto parlando troppo, porca miseria. Vabbè. Questo capitolo è uno dei più lunghi che ho scritto... meglio così, no? Ci leggiamo al prossimo capitolo in cui riprenderemo l'arco narrativo principale e non quello dedicato al passato dei personaggi. Ultima cosa: non fatemi una causa perché pubblico a quest'ora, avevo detto che il capitolo sarebbe uscito o l'8 o il 9 settembre, e adesso sono passate da poco le undici di sera, quindi sono ancora in tempo. Più o meno. 

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