Capitolo 1 - La luce nell'Universo
C'erano state troppe guerre negli ultimi anni e non accennavano minimamente a smettere.
Si aggiungevano anche le rivolte contro i pochi politici corrotti rimasti al governo, l'aumento dei criminali - in particolare i ladri e gli assassini, per non parlare dei sicari e di altre figure poco raccomandabili - e le persone che soffrivano la fame e andavano a chiedere l'elemosina in giro per Lers, la capitale della Galassia Dodici, nonché la più ricca ed importante dell'Universo. Era anche una di quelle più sicure, ma vivere lì costava parecchio ed era molto difficile mantenersi.
I criminali, poi, ormai erano anche più numerosi dei civili e si dividevano in due: quelli che combattevano perché si divertivano a farlo e a rendere ancora più corrotto il mondo in cui vivevano, come se già non lo fosse abbastanza, e poi c'erano loro.
Con loro intendo coloro che avevano ancora qualche speranza di salvare l'Universo, coloro che credevano nella speranza di raggiungere finalmente la luce e un mondo migliore.
Ed è qui che entra in gioco lei, quella che chiamavano "la luce dell'Universo", anche se non la conoscevano fino in fondo, non sapevano cosa si nascondesse dietro quei costumi di scena neri, la voce suadente e perfettamente intonata, i tormentoni, il sorriso che tutti cercavano di imitare e di cui si parlava sempre.
Infatti, è qui che entra in scena Aar (o almeno, in scena c'era già entrata parecchio tempo fa).
Aar Khyan era l'idol aliena più famosa e amata fra le Galassie, non c'era nessuno che non la conoscesse e nessuno che non avrebbe voluto essere lei.
Aveva i capelli lunghi di quel colore che era una mezza via tra il lilla e il blu e gli occhi erano della stessa tonalità, era alta due metri ed era magra ma non troppo. Le sue orecchie erano a punta e sul retro presentavano delle squame bluastre. Normalmente, quando si esibiva, ma anche nella vita di tutti i giorni, era solita portare magliette scollate e gonne corte nere, e tendeva ad indossare stivali alti fino al ginocchio.
Ma l'aspetto non era importante quanto la sua voce, la sua musica, i suoi testi, messaggi che infondevano speranza nei suoi ascoltatori provenienti da ogni Galassia. Per non parlare del suo sguardo rassicurante e del suo sorriso smagliante che faceva pensare che il mondo si sarebbe salvato solo a causa sua (e in un certo senso, avrebbe anche potuto essere così). Era il suo sorriso che faceva di lei quello che era diventata adesso.
Riuscire a permettersi un suo concerto - erano costosi, e anche parecchio - era davvero qualcosa di impensabile e se si riusciva era un miracolo. Si esibiva su un palco che mandava luci, effetti, fuoco e musica in ogni direzione, impedendo così agli spettatori di distogliere lo sguardo da quello spettacolo. E poi c'era naturalmente Aar, che impossibilitava ancora di più questa cosa, che era perfettamente intonata e che ballava improvvisando le coreografie, che poi venivano copiate abilmente dalle sue controfigure.
E qui arriviamo alla parte importante, quella che potrebbe deludere molte delle persone che hanno sempre visto Aar come un esempio da seguire o una divinità da osannare.
Aar.... era una sicaria, una di quelli spietati e accecati dalla rabbia, una rabbia che derivava da qualcosa che le era stato sottratto per qualche peccato che lei non aveva commesso.
Però, non era una di quelli corrotti, come ce n'erano a milioni in quel periodo, no. Lei era una di quelli importanti, la più importante per la Società in cui lavorava, anche se nessuno era al corrente della sua esistenza. Le uniche cose da cui si poteva dedurre che la vittima dell'omicidio fosse stata uccisa da lei erano i numerosi segni lasciati appositamente dai proiettili sulle pareti e un simbolo con il sangue raffigurante un cuore diviso a metà da una linea tracciata con mano tremante.
Nessuno avrebbe mai capito cosa volesse dire quel simbolo, eccetto lei.
"Two-Faced".
Esattamente come lei, era "two-faced", cioè a due facce: la prima era quella del suo lato allegro, amichevole e rassicurante, quello dell'idol che tutti amavano e veneravano; l'altro rappresentava la vera lei, quella oscura, vendicativa, spietata e assetata di sangue.
Ma aveva un motivo per cui si comportava così e non abbandonava all'istante quel lavoro: le Guerre le avevano portato via troppo.
E adesso il suo compito era riprendersi tutto quello che le aveva creato dei vuoti interiori.
Era davvero disposta a tutto per vendicare tutto (e tutti) quelli che aveva perso, persone troppo importanti, che, a causa di alcuni infami che avevano preso le decisioni sbagliate pur essendo consapevoli di quello che stavano facendo, l'avevano lasciata lì, da sola.
E lei si era ricostruita da zero.
A volte non riusciva a capire come mai proprio lei, lei fra tutte, fosse riuscita ad arrivare così in alto, pur nascondendo un segreto come quello sulla sua seconda vita.
Era solo grazie a lei se tutte le altre Guerre che sarebbero potute scoppiare nell'Universo non c'erano state, perché lei aveva fatto fuori tutti coloro che non meritavano di vivere ulteriormente... e ciò faceva parte del periodo in cui lavorava come solista, quando combatteva solo per se stessa.
Ma ora che faceva parte della Void (quella che lei chiamava Società) era animata anche da altri valori, ad esempio l'altruismo e il desiderio di fare del bene.
Era stato al suo terzo omicidio che le avevano proposto di entrare nella Void, perché casualmente c'era qualcuno che la stava guardando nascosto dietro ad uno scaffale - ma perché proprio lì? Quella spiegazione ancora non la convinceva - e aveva osservato come combatteva e come decideva di agire, seguendo il suo istinto tipico di una brava sicaria, nonostante avesse appena deciso di intraprendere quella carriera. All'inizio era stata un po' titubante, ma poi aveva accettato di lavorare per qualcuno che l'avrebbe aiutata a vendicarsi.
E ora funzionava così, si stava vendicando, proprio come avrebbe voluto.
Più uccideva e più si sentiva potente ed importante, anzi, si sentiva come se tutti i suoi sforzi di farla pagare cara a tutti quelli che avevano provato a demolirla pezzo per pezzo le fossero serviti davvero.
...
Aveva appena finito di rispondere alle domande di un'intervista lunghissima che sembrava davvero non finire più, formata da banalissime domande ricevute da fan che, ormai, avrebbero dovuto essere in grado di dare una risposta per conto loro.
Si stese sul divano dell'astronave in cui viveva, dal momento che quella dove teneva gli eventi e i concerti era rimasta alla Stazione Spaziale Rotten, un magazzino per astronavi a Lers, stando bene attenta a non stropicciare troppo i vestiti, dal momento che quella sera avrebbe dovuto tenere l'ennesimo concerto con le solite canzoni.
Si guardò un attimo attorno, per osservare un'altra volta il salotto che ormai conosceva alla perfezione: era seduta sul suo divano a cinque posti rosso bordeaux, con quei cuscini morbidi che aveva selezionato personalmente. Sotto al divano si estendeva un tappeto lilla dai bordi irregolari. Di fronte a lei si trovava un'enorme libreria di plastica bianca che presentava la texture di un materiale inutilizzato ed introvabile chiamato legno, e all'interno c'erano libri di ogni genere e anche qualche manga che Aar non era mai riuscita ad iniziare. Posò gli occhi su alcuni titoli, recitavano: "Death Note", "Bocchi The Rock" e "Jibaku Shonen Hanako-Kun". Sulla parete di fianco a quella della libreria c'era un televisore olografica e di fronte ad esso era collocata una poltrona dello stesso colore del tappeto. Infine, sulle pareti rimanenti, erano appesi i vari quadretti ufficiali di Aar che vendeva come merchandising, i riconoscimenti ottenuti nel corso degli anni - dalla Void e non - e poster di ogni dimensione raffiguranti le sue cantanti indie preferite.
Nella stanza si percepiva un tepore piacevole, e nel mentre l'idol pensò che una vita migliore di quella non avrebbe mai potuto desiderarla, perché aveva tutto... tutto, tranne lei.
Qualcosa la distrasse: l'apparecchio acustico nero e lilla ben nascosto dai capelli iniziò a lampeggiare e a fare un suono simile a quello di una sveglia e lei lo toccò per spegnerlo.
Quello era il segnale che avrebbe dovuto raggiungere subito la sede centrale della Società.
«Arrivo», disse.
Toccò un'altra volta l'apparecchio acustico e i suoi abiti passarono da quelli da idol all'uniforme della Void: un completo nero composto da felpa nera con motivi bianchi e pantaloni neri lunghi. Ora era pronta per andare.
Spazio autrice
Ciao ragazzuoli, come vi va la vita? Qui potete vedere un bellissimo esemplare di Ace o come volete voi che sta schiattando dal caldo e tra poco deve andare a lavarsi i capelli e esercitarsi con il basso, unx Ace strematx dagli esercizi di Duolingo (sì, perché sto studiando giapponese dato che mi piace complicarmi la vita *insert sadistic laugh*) e... unx Ace che ha appena iniziato a scrivere un'opera che stranamente non è collegata ad un fandom. E la chiamiamo opera perché di sì. Ad ogni modo, questo era solo l'inizio e farò in modo di farla diventare più interessante, diciamo che questa era una semplice introduzione a quella che è Aar, il cui nome si può leggere "Ar" o "Aer". Non fa nessuna differenza. Sto scrivendo troppo nello spazio autrice? Sì. Quindi, che dire... aspettate il prossimo capitolo che arriverà di sicuro!
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