6. Fall to pieces (3)

Arco I: Evolution

Capitolo 6: Fall to pieces (3)

«Non farti mai più vedere, bastardo!»

In un appartamento della Central City sembrava essere in corso una furiosa lite, che terminò solo quando un giovane uomo dai capelli biondi uscì dalla porta dell'appartamento 2B, trascinandosi dietro una grande valigia, chiusa male e piena di vestiti e calzini spaiati.

«Me ne vado, tranquilla! Pur di non vedere la tua faccia un secondo di più me ne vado pure a dormire sotto un ponte!» urlò, scendendo le scale due a due.

Un piatto lanciato dal pianerottolo lo mancò di pochi centimetri ed andò ad infrangersi contro il muro azzurro, i suoi frammenti si dispersero sul pavimento.

Egli si voltò per dare addosso a chi lo aveva quasi ferito, ma si vide chiudere in faccia la porta bianca che recava, poco sotto lo spioncino, una targhetta con scritto in caratteri eleganti "Jason King - Alicia Reed".

Lanciò comunque un'imprecazione e voce spiegata, disturbando buona parte del vicinato.

All'interno della casa, la lanciatrice di piatti crollò sulle ginocchia senza più forza, gli occhi invasi di lacrime, le guance rosse di rabbia e le mani che tremavano violentemente.

Non ebbe vergogna, ora che era sola, di liberarsi di tutta la disperazione che provava in quel momento e maledire il nome dell'altro, dell'uomo di cui si era fidata e che aveva sposato tre anni prima, del quale aveva l'iniziale tatuata sul braccio sinistro.

E adesso che era tutto finito, si chiese, che ne avrebbe fatto di quel tatuaggio? E di quella casa ricca di ricordi? E della fede che portava al dito? E del suo cuore in pezzi?

Cosa era andato male? Dove aveva sbagliato?

«Sei una merda, Jason! All'inferno tu e la tua puttana!» strillò fuori di sé, con le mani strette al petto e il volto rivolto al pavimento lucido, che aveva pulito quella mattina, quando ancora si illudeva che il suo matrimonio andasse a gonfie vele.

Se avesse potuto tornare indietro, avrebbe preferito continuare a vivere nell'illusione, parlare e sorridere come se niente fosse. E invece la verità era venuta a galla, distruggendo il suo piccolo mondo felice.

E adesso era sola, completamente sola. Che cosa avrebbe fatto?

Che cosa ne sarebbe stato di lei? Di loro due?

Col fiato ancora rotto da singhiozzi continui e un groppo che dallo stomaco risaliva il petto e la gola, si appoggiò stancamente al muro, quel muro che avevano deciso di dipingere di rosso perché era il colore preferito di lui; ci avrebbe pensato l'indomani, per adesso voleva solo piangere, piangere fino a svuotarsi.

***

The Nightmares Catcher scrive:

Mister, devo ringraziarti.

The Wicked Witch of the West scrive:

Prego! ... Perché?

The Nightmares Catcher scrive:

Per essere il mio confidente :)

The Wicked Witch of the West scrive:

Non c'è bisogno che mi ringrazi, Vince! Siamo amici, no?

The Nightmares Catcher scrive:

Sì, è vero, hehe.

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