5. Abyss of lights and stars (3)
Arco I: Evolution
Capitolo 5: Abyss of lights and stars (3)
- Oggi -
«È passato del tempo da allora. Non ha più senso portare rancore, so che è stato un incidente.»
Lacey sorrideva serenamente, come se non fosse davvero accaduto niente, ma Jonathan non poteva fare a meno di sentirsi in colpa, dopotutto la donna era la parte lesa, era suo fratello da biasimare per essersi lasciato drogare come il più inetto degli adolescenti.
Non ricambiò dunque il sorriso, lasciò che quell'argomento fastidioso si arenasse.
«Non parliamone più.» sospirò, unendo le mani sul tavolo freddo.
La ragazza sembrò sollevata di sentire quelle parole.
Parlarono dunque del più e del meno, spesso trovandosi ad affrontare pesanti silenzi che calavano nonostante gli sforzi di entrambi di mantenere viva la discussione.
Lacey era esattamente come Jonathan la ricordava: una donna vivace, spontanea, con un grande senso dell'umorismo e un genuino ottimismo capace di contagiare tutti, persino qualcuno come lui, per natura calmo e posato. Benché il loro rapporto si fosse ovviamente atrofizzato in quei mesi di lontananza, ci volle poco per riprendere a parlare quasi come prima, affiatati come due compagni di corso che si scambiano dritte per un esame.
E poi, come sempre, ella aveva uno charme particolare, era difficile resisterle.
«E così alla fine abbiamo dovuto rimandare, ma quando decideremo la data non c'è dubbio che sarà il concerto più spettacolare che vedrai mai a Phoenix!»
Jonathan rise di gusto, probabilmente a fine discussione avrebbe saputo tutto su ciò che era accaduto al Naughty Sunday negli ultimi sei mesi.
«Non ti facevo fan di Lady Gaga...» trattenne un sogghigno, se Vincent fosse stato lì avrebbe scatenato un dibattito musicale su quanto non sopportasse Lady Gaga, mentre Lacey cercava di mettersi in business per la vendita dei biglietti per la tappa a Phoenix del suo prossimo tour.
La bionda fece cenno di no col capo e sollevò una mano per sventolarla davanti al viso, sforzando una risata «In realtà no, ma sai, qui ci sono talmente tanti little monsters* che almeno una sua canzone a notte devo farla passare.»
Senza accorgersene, si erano avvicinati parecchio mentre parlavano, al punto da essere quasi seduti spalla a spalla, ma quando una voce profonda e maschile chiamò il nome di Lacey, entrambi se ne resero conto e Jonathan si allontanò un po', strisciando i piedi della sedia con un fragore metallico.
«Che rarità! Lacey Smith al Sunshine!»
Quando l'uomo sollevò gli occhi per vedere chi la chiamasse, per poco non si mise spontaneamente a ridere. Era allampanato e sicuramente un fumatore accanito, con dita cianotiche e occhi leggermente rossi, incorniciati da sopracciglia appena accennate e... una massa di capelli blu elettrico. I vestiti erano eleganti e formali ma abbinati malissimo - Jonathan non aveva lo stesso buon gusto di Vincent, ma ne aveva abbastanza da sapere che una giacca bianca non va abbinata a una camicia rosa e cravatta rosa.
La cosa però senza dubbio più divertente erano gli occhiali che portava sul naso, con delle discutibili decorazioni a forma di ali di piccione sulle aste.
«Oh, eccoti finalmente! Sono due giorni che ti cerco, Red!» Lacey parve sollevata di vederlo, gli si rivolse subito con un sorriso a trentadue denti e la mano destra spiegata in avanti «I miei soldi.» reclamò.
L'uomo chiamato Red forzò una risata «Anch'io sono felice di vederti! E per quelli devi chiedere a Ty, è tornato ieri sera.»
Ci volle poco perché Jonathan perdesse il filo della conversazione, ma era ovvio che Lacey non fosse affatto contenta di quella novità, forse rintracciare quel Ty le avrebbe rubato altro tempo; in ogni caso, il ragazzo non poté che sorprendersi di che strane conoscenze aveva la bionda, chiedendosi se nel mondo mondano frequentato da lei e da Vincent fosse normale incontrate tipi del genere.
«Comunque la gara è stata uno spettacolo, sul serio.» senza farsi problemi, l'uomo dai capelli blu paradossalmente chiamato Red si avvicinò al loro tavolo e vi si appoggiò con una mano; salutò con un cenno del capo Jonathan, che ricambiò, quindi concentrò su Lacey la sua attenzione «Allen è stato fenomenale. Davvero un peccato che abbia mollato! Il mondo delle corse ha perso un grande campione... e Hound? Una scoperta, spero che si ripresenti!»
Corse? Jonathan scoccò una fugace occhiata in direzione della ragazza, sorridendo appena: non sapeva che si interessasse di corse. Forse parlavano del Grand Prix svoltosi quella domenica? Lui non seguiva nessuno sport se non il baseball, perciò quei nomi gli suonarono del tutto nuovi.
Facendo attenzione a non farsi notare, nel momento in cui Red aveva nominato Hound Lacey aveva involontariamente guardato il bruno al suo fianco, quasi spaventata che potesse riconoscere Vincent dietro quel falso nome; per fortuna, egli sembrava completamente all'oscuro di tutto.
«Sì, è stato un bello spettacolo...» confermò con un pallido sorriso, verso un inarrestabile Red.
Questi, infatti, continuò a parlare della competizione senza notare il disagio dell'altra.
«E dire che gli ho fatto promettere un servizio gratis! Come sono stato previdente!» si complimentò con se stesso il presentatore, le braccia incrociate al petto ed un sogghigno soddisfatto sul volto «Se galoppa come corre, la prossima volta faccio il tifo per lui!»
No, ora qualcosa cominciava a stonare nel discorso del tizio strambo.
Il Black, che per la noia crescente si era disteso sulla sedia, con una mano sotto il mento e lo sguardo poco presente, alle parole "servizio gratis" e "galoppa" strabuzzò gli occhi e chiese facendo una smorfia «Ma di che state parlando?»
Red si morse la lingua, mentre sotto il tavolo Lacey gli sferrava uno spietato calcio negli stinchi.
Aveva forse parlato troppo?
***
- Quella notte -
A volte gli esseri umani gli sembravano così piccoli e odiosi, così falsi e approfittatori; oppure cattivi, come lo era stato suo fratello quella mattina. Ma tutto perdeva consistenza quando Vincent si trovava lì, vicino al cielo incurante di tutto, sul tetto del grattacielo della Monroe.
Quando stava lassù, si sentiva pari a dio.
Il suo piccolo posto quasi segreto - non del tutto, perché conosciuto da Marika e Jonathan - era la tana dei suoi pensieri più neri e velenosi, che non poteva permettere a nessuno di conoscere.
Neanche a se stesso.
Illudersi che non esistessero, ma che si trattasse di sussurri poco credibili ed evanescenti della sua mente, inutili contraddizioni di un modo di fare che lo caratterizzava, distingueva e soprattutto confondeva? Era fuori questione. Dannati pensieri illogici, che gli venivano così naturali quando era solo; dannati loro e chi glieli aveva messi in testa. Dannato lui, che non riusciva a liberarsene.
Se gli saliva un singhiozzo di tristezza in quei momenti, lo inghiottiva senza lasciarlo scappare: non avrebbe permesso nessuna a emozione di vincerlo, non avrebbe permesso più a nessuno di ferirlo.
Non lo avrebbe permesso più a Jonathan, che non capiva le richieste d'aiuto che gli urlava da mesi; né lo avrebbe permesso a quei genitori egoisti che lo avevano fatto crescere a periodi senza un padre, a periodi senza una madre.
Vincent non aveva paura della solitudine, aveva imparato a conviverci sin da bambino: quando i compagni di classe a Seattle lo squadravano con curiosità e lo prendevano in giro per l'accento del sud, quando di notte aveva incubi e scappava nel letto di mamma, ma nel letto di mamma trovava un uomo che non era papà, quando la sua sorellastra Heaven aveva priorità su di lui, quando prendeva l'aereo o il taxi, salutando ora mamma e Heaven, ora papà e Johnny, rigorosamente da solo, per percorrere quelle miglia che dividevano la calda e afosa Phoenix dalla fredda e uggiosa Seattle.
Nei momenti in cui i ricordi lo assalivano e lui non riusciva a contrastarli saliva sul tetto, si issava sul cornicione, spalancava le braccia e guardava giù: in bilico tra una vita che non voleva e una morte che non aveva il coraggio di affrontare.
Sotto di lui, Phoenix pulsava di vita con la forza del cuore: batteva di luci accecanti di mille colori, a cui il cielo buio invidiava la lucentezza, che venivano riflesse sui vetri del grattacielo, rendendolo un caleidoscopio.
Quando si trovava su quel maledetto cornicione a giocare con la forza di gravità, si rendeva conto di quanto in realtà era debole e sciocco quel suo modo di far finta che i problemi non lo sfiorassero, quando invece ogni singolo gesto altrui riusciva a penetrargli nella carne come un artiglio.
Odiava il suo carattere così sensibile. Odiava la propria incapacità di vivere senza basarsi sul giudizio altrui. Odiava la maschera che si era imposto di indossare, che sorrideva beffardamente al mondo anche quando le mani gli tremavano di paura.
Lui aveva bisogno di persone che gli volessero bene, aveva bisogno anche di un padre affettuoso, di una madre che vivesse sotto il loro stesso tetto e di un fratello che gli desse la forza quando a lui mancava.
Aveva bisogno di una persona che sfiorasse delicatamente le sue braccia quando le tendeva verso il vuoto e lo tirasse con rabbia indietro, di nuovo al sicuro, lontano dal confine visibile tra vita e morte.
Ma sapeva benissimo che non avrebbe avuto più niente di tutto ciò. Averne la consapevolezza lo rendeva ancor più difficile da accettare.
Un soffio d'aria fresca lo investì, accarezzandogli il volto e scompigliandogli i capelli, riempì le maniche lunghe della sua maglia, nera come il cielo di quella notte, ed ecco che anche la più pallida impressione di calore umano a cui anelava sparì, inghiottita dalla cruda solitudine; Vincent non lo sapeva, ma quando rivolgeva lo sguardo verso il basso, verso quelle luci così lontane che tanto lo impaurivano, i suoi occhi sembravano più dorati del solito.
***
The Wicked Witch of the West scrive:
Sei silenzioso oggi. Stai bene?
The Nightmares Catcher scrive:
Hm... forse ho qualche linea di febbre.
The Wicked Witch of the West scrive:
In tal caso non dovresti stare al computer! Fila a letto!
The Nightmares Catcher scrive:
Non voglio.
The Wicked Witch of the West scrive:
Vince, va tutto bene?
The Nightmares Catcher scrive:
Non voglio... rimanere solo. Preferisco stare al computer.
The Wicked Witch of the West scrive:
Non sei solo! Ci sono qua io: ti faccio compagnia finché non ti addormenti! Mettiti sotto le coperte, io intanto cerco le cuffie e il microfono, okay? BRB!
The Nightmares Catcher scrive:
Eh?
... Haha, mi vizierai così. Grazie davvero, Neville :)
Note:
#1: little monsters è l'appellativo dei fan di Lady Gaga.
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