25. The night is about to end (6)

Arco III: Redemption

Capitolo 25: The night is about to end (6)

A parlare non era stato Vincent, anzi non era stato nessuno dei presenti. Perché nessuno dei presenti era una donna, e soprattutto non era in grado di imitare così bene la voce di Lacey Smith.

Vincent sentì il sangue gelarsi nelle vene, esattamente come quando era stato beccato in flagrante mentre usciva dall'ufficio di Lacey con la verità sul virus H.

La mano corse d'istinto alla pistola nella fibbia, la estrasse e strisciò i piedi per girarsi verso l'ingresso. Il cuore gli era schizzato nella gola per la paura.

"Merda, non di nuovo!"

E invece sì, lo aveva fregato di nuovo.

Fece per puntare l'arma contro di lei, ma Lacey, armata a sua volta, sparò per prima. Un proiettile trapassò il vetro del frigorifero dietro il ragazzo e lo frantumò.

Vincent sentì l'aria sferzargli la guancia e tremò da capo a piedi, faticando a tenere le mani sudate strette intorno all'arma. Si augurò che quel colpo andato sprecato fosse stato sparato con l'intento di ucciderlo, perché in quel caso significava che Lacey aveva una pessima mira.

«Black, non... ingannati!» la voce di Violet nell'orecchio scomparve definitivamente dopo quella esclamazione, e al suo posto ci fu solo un tonante silenzio.

Shaun provò a mettersi davanti a lui per fargli da scudo, ma Lacey lo ammonì «Muoviti e sei morto.» e non sembrava scherzare.

Aveva di nuovo l'aria trafelata di chi ha corso e la rabbia le deturpava il volto madido di sudore, stava in piedi poco oltre la porta d'ingresso, una macchia di colore nel bianco del laboratorio, e continuava ad avanzare, in una mano un revolver e nell'altra un piccolo telecomando con due unici pulsanti.

A seguirla c'era però un'altra persona, che inizialmente passò inosservata; Vincent strabuzzò gli occhi, sgomento, quando si accorse che non era Replica, ma...

«... Lone?» annaspò, incredulo.

Che diavolo ci faceva lì l'escort con cui aveva preso mille caffè in più di un anno di lavoro notturno?

L'uomo biondo alzò una mano in segno di saluto, con un sogghigno sul volto che non lasciava dubbi sul suo schieramento in quella battaglia «Hey, Hound. O dovrei dire Vincent? Certo che non sai proprio quando fermarti, tu.»

Giles era stato colto di sorpresa al loro ingresso; trovandosi nel centro del mirino di Lone era impossibilitato a qualsiasi movimento, perciò si limitò ad alzare le mani, messo quasi subito al muro.

Shaun lanciò a Vincent un'occhiata eloquente: la parola magica, era il momento della parola magica.

Il ragazzo capì al volo e buttò fuori la risata più spavalda che gli riusciva, scandendo sillaba per sillaba «Oh-ho. Ops. Beccati.»

Quella era la sua ultima speranza, la parola d'emergenza che avrebbe dovuto scatenare orde di soldati scelti. Ma, proprio come nei momenti di crisi dei film, nel timpano gli echeggiò solo un prolungato e sterile ronzio.

Allora gli fu chiara la verità: nessuno sarebbe venuto a salvarli. Erano in trappola, esattamente come aveva detto Violet. Era tutto finito, tutto finito... la disperazione lo ingoiò per intero, lasciandolo a corto di parole e persino di fiato. Per qualche motivo che non avrebbe saputo spiegare, si ritrovò a chiedere mentalmente aiuto a suo padre, che però era in coma su un letto d'ospedale.

Lesse la soddisfazione sul volto della trionfante Lacey, e Lacey lesse la consapevolezza di essere morto sul suo.

«Se ti stai chiedendo perché i tuoi amici dell'FBI non vengono a salvarvi, è perché avranno... da fare, diciamo, per un bel po'.» la donna sollevò gli angoli della bocca in un sorriso arcuato «A meno che non scelgano di sparare sulla popolazione di Phoenix, attualmente quasi del tutto sotto il mio comando. È utile avere un inconsapevole esercito pronto ad eseguire i miei ordini in qualsiasi momento, non pensi?»

Erano tutti ammutoliti; persino Lone, rivelatosi complice della Madre, era stupito dalla leggerezza con cui quella frase era stata pronunciata. Ciò che tutti temevano si stava realizzando: gli infetti erano stati trasformati in armi.

Lacey camminava, elegante e decisa, verso i tre. Sollevò lo sguardo per qualche secondo alla grande clessidra, poi lo fece scivolare di nuovo su Giles, poi Shaun e infine Vincent «Non mi piace il ruolo della cattiva, sappiatelo. Lo sto facendo solo per il bene dell'umanità.»

«E chi lo mette in dubbio?» esclamò sprezzante Shaun «Scommetto che quelli là sopra sono davvero felici di essere usati come scudo umano. Chi non lo sarebbe?»

Ma Lacey replicò fermamente «A loro non accadrà niente. Neanche l'FBI può sparare alla cieca su una folla impazzita che cerca di sfondare le barricate. Che immagine darebbero al nostro grande e democratico Paese?» focalizzò la sua attenzione su Shaun e Vincent, ma dopo pochi attimi sbottò rabbiosa «Lasciami indovinare: la HR24. È per questo che me ne chiedevi dosi così spesso: dovevi passarla anche a lui.»

Vincent avvertì un barlume di speranza riscaldargli il petto.

«Non riesce a controllarci...» sussurrò a Shaun, che in risposta fece un appena percettibile cenno col capo. Almeno una parte del piano stava funzionando.

Non c'era comunque tempo per le domande: dovevano togliersi da quella situazione scomoda. Subito. Shaun e Vincent erano vicini e potevano collaborare, ma Giles era troppo lontano, nel mirino della pistola di Lone e impossibilitato a prendere la pistola che nascondeva sotto la giacca.

"Siamo spacciati!" si ripeteva Vincent in quel momento, la sua mente era entrata in uno stato di black out.

«Non hai niente da dire, ? Sei ammutolito?» lo stuzzicò Lacey, consapevole di averlo schiacciato come un insetto «Prima che una pallottola metta fine alla tua miserabile vita, ho voglia di scambiare quattro chiacchiere con te.»

Vincent ritrovò il dono della parola, ma non l'arroganza di chi sa di avere ancora una chance. Se fosse riuscito a temporeggiare, ad attirare l'attenzione, forse Giles avrebbe avuto occasione di fare qualcosa.

Inspirò, sentendosi fremere come quando aveva la febbre «Ottimo, perché ho una domanda da farti: dov'è mio fratello?»

A nessuno era sfuggita l'assenza di Jonathan, ma come prevedibile la donna si mantenne vaga «Sta bene. Sai che non gli farei mai del male. È semplicemente impossibilitato a muoversi da una certa stanza.»

Il pensiero del giovane corse alla cella frigorifera e per un attimo si destabilizzò: calmati, si disse, perché era impossibile che Jonathan fosse stato chiuso in quell'inferno di ghiaccio. Era assai più probabilmente che fosse stato imbottito di narcotici e lasciato a dormire beato in una comoda stanza del Naughty Sunday.

Questo però non lo rassicurava: non voleva lasciare Jonathan in mani a Lacey. Dunque non avrebbero potuto contare neanche su di lui. E Alicia? Alicia era rimasta indietro per guardar loro le spalle! Senza contare l'assenza di...

«Dov'è Replica...?» mormorò, insicuro di essere stato sentito.

Il volto di Lacey si incupì «Replica ha dato il meglio di sé fino alla fine contro la vostra amica.»

Che cosa significava? Giles e Shaun sembrarono intenderlo in fretta, in particolare quest'ultimo si morse il labbro, socchiuse gli occhi e strinse i pugni. Ma Vincent non capiva, o meglio non voleva capire. Spostava lo sguardo dagli amici ai nemici in cerca di risposte chiare, ergendo un muro invisibile intorno a sé, come credeva d'aver smesso di fare da un po' di tempo.

Dovevano essere tutti impazziti. Alicia non era morta.

"Non è morta. Non è morta!" avrebbe voluto urlare a squarciagola, cedere una volta per tutte ai nervi e scagliarsi contro Lacey senza pietà. Ma i suoi piedi erano ancorati a terra, la testa pesante, troppo pesante per essere tenuta dritta, così la abbassò finché nella sua visuale non fu presente solo il pavimento.

La sua mente si spense.

«Puoi eliminarci, Lacey Smith, ma questo non cambia il fatto che stai conducendo esperimenti illegali e che il governo ne sia a conoscenza. Questa farsa durerà ancora poco: l'FBI non si farà scappare l'occasione di mettere una volta per tutte fine a questa storia.»

Giles si fece avanti, ritrovandosi fulminato dallo sguardo penetrante di quella donna conosciuta. La situazione si complicava; in aggiunta a tutti i fattori a loro avversi, Vincent sembrava assente con la mente. Ne era sicuro: stavolta sarebbe crollato, era solo questione di tempo. Se avesse fatto qualcosa di stupido proprio ora ne avrebbero pagato tutti le conseguenze.

«Le grandi azioni che hanno cambiato, migliorato l'umanità hanno incontrato resistenza. Il virus H non è letale: modifica e rafforza il sistema immunitario, rendendolo indiscusso vincitore contro le malattie che più mietono vittime ai giorni nostri. Esiste già un modo per contenere la necessità di diffondere il virus, se riuscissimo a trovare un metodo per eliminare l'effetto collaterale delle allucinazioni-...»

Ma che fare? Che cosa potevano fare?

«Avreste il nuovo stadio dell'evoluzione umana servito su un piatto d'argento.» completò la frase Giles.

Lacey gli sorrise: si intendevano.

«Volevate sapere a cosa serve il... come l'avete chiamato? Ah, la clessidra gigante.» con un ampio gesto della mano indicò la grande struttura alle sue spalle, senza però volgersi o abbassare la guardia «Considerando che presto morirete tutti, posso anche prendermi il disturbo di svelarvi un piccolo segreto.»

Lacey avrebbe voluto avere anche l'attenzione di Vincent, ma al momento il ragazzo non sembrava ascoltare nessuno, così si accontentò dei due uomini «Lo chiamiamo l'involucro. Questo particolare involucro viene però utilizzato poco. L'intero laboratorio fa parte della sede della LIFE, è stato connesso al Naughty Sunday quando l'ho comprato.»

Shaun la interruppe, strabuzzando gli occhi «Aspetta, quindi la sede di questa LIFE è...»

Lacey annuì «Sottoterra, sì.»

Sottoterra. Nell'immaginario di Shaun si formò una grande ramificazione di cittadelle sotterranee, ma sapeva che molto probabilmente non corrispondeva a realtà. Giles, invece, considerò quanto fosse logico: dove nascondere qualcosa meglio che non doveva essere trovato?

In tal caso, però, la sede principale della LIFE poteva trovarsi davvero ovunque, persino sotto la riserva del Navajo, a New York o sotto la White House, e Phoenix essere solo la più piccola di chissà quante città-laboratori.

«Da dove ero partita? Ah sì, l'involucro.»

Non c'era neanche da chiedersi se i cellulari funzionassero, e quel bellimbusto biondo ossigenato accanto a Lacey Smith non ne voleva sapere di abbassare anche di poco la pistola, a costo di farsi atrofizzare il braccio dalla stanchezza. Giles si sentiva in trappola.

«Gli involucri vengono utilizzati per la creazione di esseri come Replica: umani strappati alla morte, potenziati attraverso appositi trattamenti chimici, infetti dal virus H e, se necessario, dotati di parti meccaniche. A me piace chiamarli nuovo stadio dell'evoluzione, ma gli scienziati preferiscono superuomini

Superuomini, aveva detto. Per un riflesso del tutto involontario, Shaun si scrocchiò le dita e cercò Giles, che ai suoi occhi era una sorta di faro anche nella più disperata delle situazioni, ma anche lo psicologo aveva una stralunata espressione che poté solo confermare i suoi dubbi.

Chinò lentamente il capo, buttando fuori un sospiro. Era ancora troppo impegnato ad accettare la morte di Alicia per mettersi a riflettere su cosa significasse anche quella rivelazione.

«State portando avanti gli esperimenti che hanno condotto alla creazione del virus?» avanzò l'albino.

Lacey confermò, non sembrandone particolarmente toccata «Con metodi decisamente più etici, sì. Ma ho smesso di interessarmi al progetto anni fa.»

Che qualche scienziato pazzo fosse ancora alla ricerca di un modo per fare un upgrade dell'uomo non era del tutto inaspettato, ma che a farlo fosse proprio un'organizzazione segreta che aveva già esteso il suo silenzioso dominio su scala nazionale... no, non era una buona notizia.

«Lacey.» Lone, stanco di tutte quelle informazioni date solo per gustarsi le espressioni ebeti sui volti dei loro nemici, le rivolse uno sguardo contrito «Basta così. Hai detto anche troppo.»

La donna scrollò le spalle: sì, aveva detto molte cose che dovevano rimanere segrete, ma i punti chiave non se li era lasciati sfuggire.

Con un rinnovato sorriso sulle labbra sollevò le mani ed esclamò a pieni polmoni, calcando su ogni parola con un tono esuberante completamente fuori luogo «Allora, chi ci lascerà per primo? Ci sono volontari?»

No, non c'erano volontari. Solo silenzio e scambi di occhiate alla disperata ricerca d'aiuto.

"Che delusione" pensò Lacey, facendo una smorfia seccata.

«Nessuno? Beh, in tal caso direi di cominciare dal mio adorato Vincent Black!» fece un cenno con uno schiocco di dita a Lone «Metti al muro il tizio con gli occhiali. A loro ci penso io.»

Lone eseguì l'ordine con la faccia di chi fa qualcosa controvoglia, mentre Lacey superava la prima fila di tavoli. Ora si trovava a meno di cinque metri da Vincent.

Shaun si frappose tra i due in modo da nascondere il ragazzo, ancora incapace di reagire.

"Svegliati, Vincent!" voleva spronarlo, urlargli di scappare.

Stranamente però, Lacey rise.

«Da chi cerchi di proteggerlo?» lo schernì, aveva un sorriso che avrebbe voluto essere crudele e maligno, ma che trasmetteva solo nervosismo e insicurezza, dopotutto aveva affermato anche lei di non amare la parte della cattiva «Non dovresti proteggerlo da me, ma da se stesso.»

Proteggerlo da se stesso? Un sospetto orribile attraversò la mente di Shaun; si voltò di scatto – lasciandosi ampiamente alla mercé della nemica – per vedere Vincent che, con mano tremante, pallidissimo e con gli occhi sgranati, stava lentamente puntandosi la pistola alla tempia.

Aveva il respiro affannato ed era scosso da brividi.

Shaun sentì il gelo addosso quando capì le sue intenzioni.

«Che stai facendo?» gli chiese, ma la voce rotta e piena di paura del ragazzino lo sorprese.

«Smettila!» urlò Vincent, e allora Shaun capì.

Era Lacey! Nonostante avessero assunto dosi massicce di HR24, stava comunque riuscendo a manipolarlo.

«Potrei ucciderti con le mie mani, ma sarebbe un brutto colpo per Jonathan. Nessuno invece si stupirebbe se ti suicidassi. Tutti sanno quanto sei fragile, no?» spiegò la donna, scatenando la furia di Shaun: ma quei due vivevano solo in funzione di quell'odioso Jonathan Black, perennemente assente quando c'era bisogno di lui?

Fece per muoversi, ma fu fermato da un avvertimento molto preciso «E tu prova a muoverti e ti pianto una pallottola nella testa. Con te non ho la scusa di Jonathan.»

Avrebbe dovuto rimanere lì... ad assistere al falso suicidio di Vincent? Non poteva, non voleva! Aveva promesso che lo avrebbe protetto. Lo aveva promesso a Vincent e ad Alicia.

Vincent stava intanto letteralmente combattendo contro se stesso per riavere il controllo del proprio corpo. Non gli importava come, ma Lacey gli stava inviando dei chiari messaggi che annullavano la sua volontà.

La lotta furiosa lo stava stremando: più cercava di imporsi, più sentiva le gambe tremare, il sudore imperlargli la fronte e le braccia farsi così pesanti da essere insostenibili. Il cuore sembrava star per esplodere e la testa gli girava vorticosamente. Stava forse per perdere i sensi? Morire senza accorgersene, mettere finalmente fine a quell'incubo non doveva essere tanto male...

No!

Non era affatto così! Non voleva morire! Ma non aveva più la forza di opporsi a quella strenua pressione della psiche di Lacey sul suo corpo. Sentì l'indice destro avvicinarsi al grilletto e il freddo metallo accarezzargli la pelle.

"Non voglio morire! Non voglio... !"

In un ultimo rantolo, esalò una supplica «Aiuto... !»

Bang.

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