25. The night is about to end (5)

Arco III: Redemption

Capitolo 25: The night is about to end (5)

Un locale enorme, che si estendeva per decine di metri sia in orizzontale che in verticale.

Le pareti, nere ed opprimenti, erano ricche di larghe librerie, i cui tomi erano per lo più manuali di scienze di vario genere ed archivi rilegati elegantemente, che si alternavano a schermi LED incassati e gigantografie di microscopici virus e batteri. Un planisfero illustrava l'attuale situazione del contagio, attraverso una cremisi America e un'Europa arancione, mentre l'Asia e l'Africa vantavano un pallido rosa sinonimo di libertà dall'influenza della Madre.

Dei cavi che attraversavano le pareti, la maggior parte di questi scompariva sotto gli strani macchinari attrezzati di tutto punto che, formando un semicerchio, circondavano la principale attrazione del luogo, nonché punto di confluenza dei fili rimasti, quelli più imponenti e attualmente in funzione.

Al centro della grande stanza vi era una teca ovale, colma di un liquido bluastro e con un vetro spesso diversi centimetri. Si innalzava fino al soffitto, al quale si appoggiava grazie a una base. Verso metà struttura si restringeva fino a ridurre quasi del tutto il suo diametro: sembrava una clessidra.

«Se spaccassimo il soffitto usciremmo in strada?» Vincent era rimasto talmente affascinato dal laboratorio da non sentire neanche il gelido manto di paura di che gli stava atrofizzando le funzioni celebrali.

«È probabile.» confermò Giles «Vorrei avere il tempo di studiare da cima a fondo questo posto.»

Non era stato facile descrivere a Violet il laboratorio, non era stato facile neanche recuperare le capacità motorie quando, aperta la porta, quello spettacolo si era palesato davanti a loro; roba simile esisteva solo nei film, alla NASA o nell'Area 51... non sotto un club dove i giovani si riunivano il venerdì sera!

Per diversi secondi avevano faticato a concepire di aver vissuto su una città ignara di ciò che si annidava nel suo ventre. Dimentichi della fretta che li accompagnava, avevano setacciato lo stabile. Con loro sollievo non trovarono alcuna minaccia, per di più le macchine erano già operative, il che facilitava il loro lavoro.

Giles sembrava un bambino a Natale, non riusciva a togliersi di dosso un sorriso talmente eccitato da far dubitare Shaun della sua sanità mentale. Di nuovo.

«Lo sai...» disse, sussurrando all'orecchio di Vincent «Spero che il tuo amico non decida di passare dalla parte del cattivo proprio ora.»

Il bruno tirò fuori dalla tasca una mini digitale, senza nascondere una certa preoccupazione «Lo spero anch'io, a dirla tutta...»

Impiegarono diversi minuti a seguire le direttive dell'FBI, dividendosi il ruolo di scattare le fotografie, raccogliere materiale e utile e, soprattutto, cercare il sangue di Lacey e la cura.

I flash della digitale, usata da Shaun, fendevano l'oscurità senza sosta, mentre le mani di Giles scorrevano rapide sulle librerie - abituato com'era a leggere velocemente e ad occuparsi di archiviazione, con l'aiuto di Violet riuscì ad individuare alcune ricerche che fotografò ad alta risoluzione.

Vincent si muoveva agilmente tra le macchine, senza neanche provare a usarle. Pessimista com'era, pensava che avrebbe probabilmente combinato qualche danno. A catalizzare la sua attenzione furono dei frigoriferi in fondo, in parte coperti da spaziosi tavoli bianchi che superò senza degnarli di molta attenzione. Quando fu abbastanza vicino, passò una mano sul vetro con un movimento circolare: tombola, pensò, le fiale!

Le etichette recitavano nomi scientifici di cui non capiva assolutamente nulla, ai suoi occhi quelle erano semplici sigle senza significato, ma sapeva di star cercando la HZ91 e del sangue: un codice e il colore rosso sarebbero state le sue guide.

Scivolò fino a sedersi sulle ginocchia mentre analizzava ogni cartellino: EPA-L15, FLU64-2, HI-FS86-4.

"E se non c'è?" si ritrovò a chiedersi, disperato.

VARSV2.

Se la cura non fosse stata lì tanto per cominciare, che cosa avrebbero fatto? Quella quarantena non sarebbe mai terminata? Eppure nella mail era scritto a chiare lettere che Lacey avrebbe ricevuto una boccetta della cura: certo, era passato del tempo da allora, ma sarebbe stato stupido da parte sua non conservarne neanche un po' per qualsiasi evenienza, giusto? Giusto?

DER10.

D'un tratto capiva come dovevano sentirsi i personaggi dei libri, costretti a perdere tempo nel momento meno opportuno, col rischio di essere scoperti dal nemico.

«Dannazione...!» soffiò a denti stretti, temendo che lo stomaco gli si rivoltasse per il nervosismo.

HEINE91.

Vincent gelò sul posto. Doveva aver letto male.

Tornò sull'ultima fiala esaminata, che rispetto alle altre sembrava nuova e lucida: sottile e alta, contrassegnata da un cartellino rosso, conteneva poche gocce di un liquido bordeaux.

Vincent ricordava bene le parole della madre di Lacey: un antidoto così complicato da rendere arduo persino riprodurlo.

Ma il nome non coincideva, HZ91 era diverso da HEINE91. Era davvero lei? Se sì, perché un nome diverso? Fece appello a ciò che sapeva: i nomi dei farmaci sono composti dal principio attivo, oppure hanno un nome specifico. Dunque la HZ poteva essere la HEINE, e in effetti virus H era un nome estremamente vago, che poteva significare la qualsiasi.

«Violet.» chiamò, in un lamento che suonò come una supplica «L'unica cosa che sembra corrispondere abbastanza qui è la HEINE91, è lei?»

«Hm...» l'agente non era affatto convinta, la sentì battere furiosamente sui tasti di un computer «Dopo dopo la scoperta del virus, fu Edmund Schmitz a dargli una prima denominazione: virus Heine, abbreviato poi in H. Sì, Black, potrebbe essere lei.»

Poteva essere lei. Poteva essere lei.

Senza pensarci due volte aprì il frigorifero e la prese delicatamente tra le dita, osservandola poi intensamente, come in trance: poche gocce di quella cura avrebbero significato la libertà dal dominio di una despota che agiva nell'ombra per chissà quante persone. Ma non per lui. Per lui non era altro che uno strano miscuglio rossastro senza valore.

Forse però, partendo da esso, il governo sarebbe riuscito a creare una cura anche per i portatori sani; neanche quella speranza riuscì tuttavia a motivarlo.

Si sentiva il protagonista di una storia anomala, costretto a combattere per il bene dell'umanità senza poter invece far niente per salvare se stesso. Stringeva nella mano con forza il salvifico filtro a cui tutti anelavano, come Prometeo che porta il fuoco agli uomini. La sensazione che ne trasse fu simile a una soffocante onnipotenza.

«L'ho trovata.» annunciò, sollevandosi e voltando lentamente gli occhi gialli verso i compagni.

Li sentì avvicinarsi a passo svelto e mostrò loro la fiala e come si mostra un tesoro guadagnato con molti sacrifici: quelli della gente di Phoenix, ingannati e costretti a fare da cavie, quelli di suo padre e di lui stesso, soggiogato per più di un anno dall'effetto del virus.

«Pensare che questa roba è l'unico antidoto contro quel virus...» biascicò Shaun, senza poterle togliere gli occhi di dosso.

«Tienila tu.» Vincent la consegnò Giles, incapace di sopportarne oltre la vista.

La sua reazione scombussolò i due adulti, che non sapevano niente della conversazione con Lacey sull'inutilità della HEINE91 sui portatori sani.

Rimaneva ancora il sangue della Madre, e quella sarebbe stata una sfida più ardua, poiché tutti i campioni erano ammassati sopra il tavolo più a destra, in un contenitore apposito dal quale si affacciavano decine di provette rosse.

«Noi torniamo al nostro lavoro.» lo avvisò Giles, Vincent annuì distrattamente prima di buttarsi nella ricerca.

Questa volta le etichette non furono di grande aiuto: erano contrassegnate con date, non nomi.

«Hey, Violet.» chiamò di nuovo il ragazzo, innervosito «Qui ci sono solo date. Venti gennaio 2013, tredici marzo 2013...»

L'ordine arrivò comunque, celere e preciso «Prendi il più recente, non si sa mai. Continua a cercare.»

Ma il tempo scorreva, scorreva così veloce che pochi minuti dopo Giles annunciò «Sono le dieci meno un quarto.»

«Di già?» fu la reazione di Shaun, che ancora aveva fotografato solo mezzo laboratorio «Diamoci una mossa.»

Vincent invece non aveva ancora trovato ciò che cercava, ma la sua attenzione venne del tutto assorbita da un particolare che prima non aveva notato: in uno dei congelatori era conservata una fiala di quello che sembrava sangue a tutti gli effetti.

"Strano..." pensò.

Il sangue andava conservato a temperatura ambiente, o almeno questo gli suggeriva la sua cultura cinematografica. L'unico motivo per congelare qualcosa era... mantenerla il più possibile intatta per un lungo periodo.

Senza dar più ascolto a Giles e Shaun, Vincent si avvicinò al frigorifero fino a sentire il freddo raschiare sulla pelle e assottigliò gli occhi come un gatto che punta qualcosa, cercando di leggere l'etichetta.

Nessuno si accorse di lui, di come sgranò gli occhi quando vide il nome di quella reliquia.

Edmund Schmitz. Il nonno di Lacey.

Era il sangue del primo Genitore. Il sangue in cui il virus ancora oggi doveva annidarsi al suo stato originale. Il sangue modificato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.

Ma era possibile? Da quanto tempo era lì?

Le parole pronunciate da Lacey quella sera stessa riaffiorarono nella sua mente: "anch'io ho perso mio padre, e di recente anche mio nonno". Tutti i Genitori erano morti, tranne Lacey.

Senza pensarci due volte aprì lo sportello e rubò la boccetta.

"Mal che vada, abbiamo quello di Edmund Schmitz" pensò, mentre la nascondeva nel portacellulare rigido, per poi richiudere il frigorifero.

«Violet?»

La missione poteva dirsi completa, avevano il sangue e la cura, non c'era ulteriore motivo per rimanere lì e Vincent non vedeva l'ora di tornare a respirare l'aria fresca della notte.

Tuttavia, quando Violet rispose, qualcosa sembrò andare tremendamente storto; la sua voce era coperta dalle interferenze e stranamente agitata come mai Vincent l'aveva sentita «Black-... infetti impazziti! Non... trasmettere... dannazio-... TRAPPOLA!»

«Cos-...?» Vincent emise un sussurro confuso, non afferrando il senso di quelle parole sconnesse: che cosa era successo? Cosa stava succedendo? Una trappola?

Shaun, all'oscuro di tutto, lo vide assumere un'espressione confusa e intascò la macchina fotografica, raggiungendolo a passi svelti «Perché quella faccia? Ah, comunque... che diavolo è quella specie di clessidra? Ne sai niente?»

«È il fulcro delle ricerche della LIFE.»

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