24. ... and those who aim to become gods (2)
Arco III: Redemption
Capitolo 24: ... and those who aim to become gods (2)
Come sempre, c'era Replica all'ingresso dell'appartamento, avvolta nel suo cappotto per una volta non fuori stagione e con gli storici occhiali scuri sul naso, a nasconderle gli occhi di chissà quale colore.
Vincent si fermò davanti a lei, si scrutarono per qualche secondo come due leoni prima di saltarsi addosso, diffidenti; la donna tirò fuori dalla tasca il suo palmare e fece per digitare qualcosa, ma fu bloccata da una domanda tanto inaspettata quanto prevedibile.
«Perché non parli?» Vincent inclinò la testa: in lui non vi era traccia di reale curiosità, sembrava stranamente assente e, in un certo, tutta quella serietà era inquietante «Tu non sei muta.»
Agli occhi di chiunque – tranne probabilmente di Lacey – Replica era un mistero: non aveva un cognome, non era neanche sicuro che Replica fosse il nome, non parlava e rispondeva solo con frasi concise, non si toglieva mai gli occhiali o l'abito pesante.
Si presentava come un essere a cui Dio ha negato il libero arbitrio, costretta a indossare sempre lo stesso costume, dalla culla alla tomba.
Le lunghe dita smaltate di bianco si mossero agili sulla tastiera virtuale, poi uno schermo azzurro recitò le parole «Mi è stato proibito.»
«Da Lacey?» colse lui al volo l'occasione.
Replica annuì, poi si fece da parte: la conversazione era finita.
Vincent bussò educatamente, poi entrò nella tana del diavolo, lasciandosi alle spalle il suo braccio destro.
Lacey Smith era in piedi davanti alla finestra, le mani belle e curate – e lisce, la sua pelle era così morbida – sfioravano il vetro appannato dal suo stesso respiro, creando piccole strisce nella condensa; indossava un abito rosso che le donava, con una lunga gonna con spacco che lasciava vedere una delle gambe fino alla coscia.
I capelli erano raccolti in una treccia: gli ricordò Alicia, ma Lacey Smith e Alicia Reed erano completamente opposte e incompatibili, come il giorno e la notte. Lacey era certo più bella di Alicia, ma quest'ultima aveva un qualcosa che la rendeva una delle donne più preziose che Vincent conoscesse.
Fu sorpreso di essersi ritrovato a pensare ad Alicia proprio guardando Lacey. Era fuori luogo. E stupido.
«Lacey.» provò ad attirare la sua attenzione, ma qualcosa non andò per il verso giusto: la sua voce era stranamente debole, non più priva di emozioni come lo era stata fino a poco prima, quando aveva coperto di sfuriate Replica e Red.
Il cielo era buio, ma la figura della donna illuminata dalle luci esterne.
Dopo un interminabile silenzio, la Madre chiese «Come sta tuo padre?»
Il fiato morì in gola a Vincent; dovette far ricorso alla sua forza di volontà per combattere il dolore che gli percosse il petto al ricordo del padre steso su un letto d'ospedale, come lo aveva lasciato quella mattina, col viso mezzo fasciato e la barba incolta «... In coma.»
Lacey incassò la notizia con un sospiro addolorato, ma non accennò a voltarsi «Devi odiarmi ancor più profondamente di prima. Se mi fossi consegnata tempo fa, tuo padre ora starebbe bene.»
Ottima argomentazione, ma Vincent sapeva che non era il passo giusto da fare: se le avesse addossato la colpa le avrebbe dato un motivo in più per non fidarsi, né però doveva apparire troppo misericordioso, altrimenti sarebbe sembrato sospetto.
Abbassò lo sguardo sulla scollatura dell'abito di lei, poi sulla gamba visibile, infine sulle proprie mani: quante cose aveva sbagliato. Quante cose avevano sbagliato entrambi.
«Non hai scelto tu di essere la Madre.» sibilò, e allo stesso modo non era stato lui a scegliere di diventare un portatore sano, ma ormai erano lì, volenti o nolenti, e dovevano fare qualcosa, non potevano continuare a farsi travolgere dalle onde degli eventi «E non hai indetto tu questa quarantena. Non sei tu ad aver comandato alla LIFE lo stallo, né hai piazzato tu quella bomba. E anche se ti odiassi, questo non sarebbe il momento adatto per farsi soggiogare dalle emozioni.»
In un tripudio di rosso della stoffa e di biondo di capelli intrecciati, Lacey finalmente si voltò verso di lui e lo fissò, senza però essere ricambiata.
Passo dopo passo, Vincent le si avvicinò, fin quando non furono l'uno davanti all'altra, a quel punto alzò la testa in modo da specchiarsi nei suoi occhi «Portiamo a termine il progetto Evolution, Lacey. Usa i tuoi infetti, i militari non possono sparare sulla folla alla cieca. Tutto questo deve finire, prima che ottengano ciò che vogliono: farci distruggere dall'interno, da soli.»
Leggeva insicurezza e paura nelle iridi nocciola della donna, emozioni che non le aveva mai visto addosso: Lacey era sola, era stata abbandonata e lo sapeva anche lei. La LIFE non avrebbe messo a repentaglio le ricerche e le scoperte di più di cinquant'anni di lavoro per salvare qualcuno che forse sarebbero riusciti a rimpiazzare.
«È vero che possono in creare nuovi Genitori iniettando il sangue della tua famiglia?» chiese, volendole far realizzare il più possibile la situazione.
Vide il timore crescere «... Sì. Ma tutti gli ospiti a cui è stato iniettato il ceppo madre hanno sviluppato gravi infermità mentali nel giro di pochi anni, fino a perdere completamente la ragione. Tutti i pazienti soffrono terribili effetti collaterali, come sbalzi estremi dei parametri fisici, incapacità di digerire, continui e lancinanti dolori a tutto il corpo o addirittura necrosi. La maggior parte si uccide dopo un anno.»
Una goccia di sudore scese lungo la tempia di Vincent «Quindi possono creare quanti Genitori vogliono, usarli e sbarazzarsi di loro quando diventano inutili. La cura funziona su di loro?»
Lacey scosse il capo, piena d'amarezza «No. La HZ91 può curare solo gli infetti di terzo ramo, Vincent, non esiste una cura per i Genitori e i portatori sani.»
Per un attimo fu come se il mondo si fosse fermato: Vincent arretrò di un passo, si sentì schiacciato da un masso e deriso dai mille volti sconosciuti degli scienziati della LIFE. Non esisteva una cura neanche per i portatori sani, non era mai servita a niente sin dall'inizio.
Non per lui. Ma per Shaun e Alicia c'era ancora speranza, e anche per l'agente Mourier.
Strinse i denti con rabbia: non poteva essere tutto inutile!
Ma prima che potesse dir nulla, fu Lacey a prendere l'iniziativa e fare un giro su se stessa, per andare ad aprire la finestra. Il vento freddo entrò e le scompigliò i lunghi capelli, raggiunse poi Vincent, sfregandogli le guance come lame. Una fioca luce al di là delle nubi indicava approssimativamente la posizione della luna.
A voce alta e pieni polmoni, Lacey esclamò «Volevi sapere dov'è il laboratorio, Vincent? Ma lo hai sempre avuto davanti, in ogni momento: Phoenix è il laboratorio!»
Vincent strabuzzò gli occhi e rimase quasi a bocca aperta.
La notizia lo scombussolò, lo lasciò senza parole. Si sentì preso in giro, non volle crederle e si sforzò di fare un sorriso ironico, ma la donna era seria, dannatamente seria.
«Per anni la LIFE ha usato Phoenix e i suoi cittadini come laboratorio: qui ormai quasi tutti sono infetti, quale miglior modo per studiare gli effetti e lo sviluppo del virus? Ecco perché l'FBI non può nulla contro di noi: sanno che se si spingessero oltre, potrei rivoltare contro l'intera umanità tutta Phoenix, la sesta città più popolata degli Stati Uniti! Dì, Vincent, non ti senti parte di un piano che cambierà il mondo?»
Ma lui non era in grado di rispondere: era un discorso così insano, forse addirittura metaforico! In mezzo a quale diavoleria era finito? Dunque era vero, l'aumento dei casi di stupro era legato al virus, ed era forse troppo tardi per gli abitanti di Phoenix. Erano stati per anni oggetto di studio di scienziati privi di scrupoli, che li avevano usati come cavie per il bene della scienza. Marika aveva ragione: la malattia probabilmente dilagava già selvaggiamente per tutti gli Stati Uniti, ma Phoenix risultava un caso particolarmente estremo proprio perché usata come laboratorio.
Era tutto così rivoltante e sconcertante che non sapeva come reagire.
Fortunatamente la Madre non sembrava voler una reazione specifica da lui, ma, al centro del palcoscenico che solo lei vedeva, tornò a guardarlo e infine pronunciò l'agognata verità «Ma è nei sotterranei di questo stabilimento che io ho il mio piccolo laboratorio personale, se vuoi saperlo. La porta bianca in fondo al corridoio, accanto alla cella frigorifera.»
Quella porta, ma certo! Se n'era totalmente dimenticato, marchiandola come semplice magazzino o qualcosa di simile, e invece... il laboratorio era sempre stato lì, a portata di mano, come aveva potuto non pensarci?
Nascose l'esaltazione che lo aveva preso e rianimato, fingendosi ascoltatore attento ma disinteressato.
Una ciocca bionda sfuggì al gioco della treccia e fu sollevata dal vento, sembrava mirare a lui.
«Nessuno quindi potrebbe resisterti, se dessi un ordine.» azzardò.
Lacey annuì, appoggiandosi con le spalle alla finestra «Nessuno che non abbia assunto di recente la HR24, ma tu sei l'unico a godere di questo privilegio. Un pezzo pericoloso della scacchiera che si trasforma in un alleato importante.»
«E che cosa ora farai, Madre?» domandò a quel punto Vincent con aria complice.
E lei, bella come non mai sotto i raggi argentei della luna, sogghignò «Insegnerò ai miei nemici cosa succede a chi si mette contro la Madre.»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top