23. Those who are left behind... (2)

Arc III: Redemption

Capitolo 23: Those who are left behind... (2)

- Una settimana dopo -

Alla fine nessuno aveva ancora trovato un modo per evacuare la Madre: i controlli erano troppo rigidi e non c'era nessun speranza di lasciare Phoenix senza passare per i posti di blocco dell'esercito.

Inoltre strane sparizioni si verificavano quasi ogni giorno, gente per lo più stressata o che iniziava a dare segni di instabilità. O così li marchiavano i giornali. Per Lacey invece era ben chiaro che a sparire erano solo gli infetti in astinenza, in procinto di perdere il controllo delle proprie azioni: bombe a orologeria, insomma, persone pericolose.

Se l'FBI sapeva così tanto, era logico che conoscessero anche il ruolo del Naughty Sunday e la sua stessa posizione: perché non venivano ad arrestarla? Perché rimanevano nell'ombra, come un gatto che gioca col topo? Era dunque vero che persino la polizia federale aveva dei limiti, che la LIFE li teneva comunque in pugno?

Quel che sapeva per certo era che le sue emicranie erano peggiorate e che il fattorino della pizzeria faceva sempre più spesso viaggi verso casa sua, ormai quasi ogni sera. A breve si sarebbe trasformata lei stessa in una mega pizza.

Era seduta al tavolo della cucina, tra le mani rigirava un foglio di carta bianco che profumava di soldi: era il suo assegno mensile di un milione di dollari, la sua paghetta per farsi usare come topo da laboratorio dalla sua organizzazione non-federale preferita.

Sul cellulare abbandonato alla sua destra apparve la notifica d'arrivo di un messaggio: era Replica, che la avvertiva che Vincent Black stava salendo a trovarla.

Nell'ultima settimana Vincent aveva passato molto tempo al suo fianco; le aveva raccontato della situazione a Seattle, di come non avesse riscontrato nessun atteggiamento riconducibile al virus H in quelle zone, poi avevano affrontato il tema della quarantena e lui le aveva anche consigliato di non agire sconsideratamente, poiché in gioco non c'era solo il futuro del progetto E, ma anche le vite dei cittadini di Phoenix.

Per Lacey, il progetto E costituiva la sua missione di vita, ma non poté ignorare quel tacito avvertimento del suo sottoposto; era strano vedere proprio lui, la persona più orribile del mondo, preoccuparsi per qualcuno – per il bene comune, poi! Quale nobile ideale per un incrocio tra una serpe e un essere umano.

Lacey era comunque giunta alla conclusione che egli voleva solo guardare le spalle a se stesso e alla sua famiglia. Un atteggiamento logico, per questo motivo la donna gli aveva, forse per la prima volta, dato ragione: la preoccupazione di entrambi era in parte rivolta a Jonathan, del tutto ignaro dell'intera faccenda. In un certo senso, i loro interessi coincidevano parzialmente.

In conseguenza di ciò, aveva cominciato a vedere Vincent come un vero alleato. Magari aveva davvero deciso di aiutarla, o almeno così voleva credere, considerando che aveva già da preoccuparsi delle minacce esterne per pensare anche a quelle interne, specie se potenziali ma non assodate.

Erano le sei e mezza, il locale avrebbe aperto alle nove come usuale, ma senza la presenza delle ragazze e dei ragazzi che di solito allietavano la serata ai clienti più esigenti. Alla fine aveva riaperto almeno il club, per non destare sospetti.

Vincent non ne sembrava poi tanto dispiaciuto di non lavorare, probabilmente aveva realizzato da tempo che era stata l'influenza del virus a spingerlo ad accettare il lavoro come prostituto, o forse era ancora scosso dalla brutta avventura avuta con Michael Crane.

Quando lo vide entrare in casa con una busta di carta gialla in mano, perse ogni interesse nei suoi confronti e si concentrò sul sacchetto. Ma per prima cosa fece sparire dalla circolazione l'assegno.

Era partita con l'intenzione di chiedergli se avesse di nuovo bisogno di altre pillole per contenere la dipendenza – diceva di volere delle scorte, scorte che sarebbero bastate per tre persone in realtà -, ma la curiosità le fece dirottare argomento «Che hai portato?»

«Ciao anche a te.» il ragazzo passò oltre Replica, che si era presa la briga di accompagnarlo, e si accomodò senza troppi complimenti al tavolo, per poi mostrarle il contenuto della busta: erano biscotti «Me li ha portati Johnny. Li ha chiamati "biscotti della pace", credo voglia riavvicinarsi a me. Visto che sono benedetti dalla divinità della pace, te ne ho portati tre. Solo tre però, perché sono davvero buoni.»

Tutto quello aveva un che di assurdo agli occhi della bionda.

Lacey lo fissò con un mezzo sorriso divertito e quasi di scherno «Vuoi appianare i rapporti con tutti i tuoi nemici regalando biscotti?»

«No, solo con te.» spiegò l'altro, scrollando le spalle con nonchalance prima di togliersi il cappotto rosso e appoggiarlo sulla spalliera della sedia. Nonostante i suoi modi di fare irruenti era un gesto carino da parte sua, decisamente poco alla Vincent Black «Ultimamente sei più strega del solito, ma è normale, considerando la situazione in cui ci troviamo. Ieri hai quasi divorato il povero Sam per aver rotto un bicchiere. I tuoi dipendenti si lamentano della tua rigidità, sai?»

Lacey mise una mano sotto la guancia e si servì da sola uno dei biscotti, visibilmente irritata. Erano buoni, davvero molto buoni, le balenò in mente l'immagine di un Jonathan e si sentì a sua volta più paziente.

«Non è colpa mia se non sanno fare il loro lavoro.»

«Loro hanno sempre saputo fare il loro lavoro, capo. Il problema sei tu. Non ti si può più parlare da quando è iniziata la quarantena, sembri un cane pronto a sbranare qualcuno. Non è l'atteggiamento migliore da adottare se non si vuole attirare l'attenzione.»

Ogni tanto la Madre si chiedeva che cosa la fermasse dal comandare a Vincent, o meglio al virus dentro di lui, di prendere la prima pistola a portata di mano e piantarsi un colpo in testa, specialmente quando le parlava così.

Ma quello era il modo di fare di Vincent, irritante oltremisura, e nelle sue parole schiette c'era tutta la sincerità di cui era capace. Lacey riconobbe di aver un po' esagerato nello scaricare lo stress addosso ai suoi subordinati.

«Allora? Perché non mi dici che cosa turba i pensieri della Madre?» Vincent si sporse in avanti col busto, aveva quell'aria di complicità che gli stava divinamente addosso e lo faceva sembrare più invitante di quanto non fosse già.

A lei però sembrava che stesse cercando di fregarla «Che cosa vuoi sapere, Black?»

«In verità voglio sapere... se ti piacciono quei biscotti!»

Lacey lo fulminò, lui ridacchiò.

«Suvvia, cerco di alleviare la tensione!» e non ci riusciva, non con lei, anche se ammetteva di sentirsi meno indispettita del solito dopo il piccolo regalo, e Vincent doveva essersene accorto «Tornando seri, capo... anch'io sono preoccupato. Molto. Voglio dire, sanno del virus, sanno degli infetti e non ci vuole molto per scoprire delle voci negative che girano su questo posto: cosa li trattiene? Perché non ci mandano uno squadrone alla Law and Order, di quelli che ti mettono con le spalle al muro con due frasi? Per me c'è qualcosa che non va. Stanno macchinando qualcosa...»

Anche Vincent Black ci era arrivato, dunque le sue impressioni dovevano essere dopotutto giuste; accavallò le gambe e si portò indietro con la schiena, dondolando con la sedia come faceva a scuola e la noia o la voglia di far colpo sul compagno di turno prendevano il controllo del buonsenso.

L'orologio appeso alla parete segnò le diciotto e quarantacinque, a breve avrebbe dovuto mettere fine a quella breve chiacchierata e organizzarsi per l'apertura; quindi scrollò le spalle «L'ho pensato anch'io, ma al momento non posso fare niente.»

Vincent la fissò in modo particolare, ma non riuscì a leggere nei suoi occhi nessuna emozione precisa. Questo la indispose parecchio: non le piaceva non essere in grado di comprendere le intenzioni di una persona pericolosa.

«D'accordo. Aspettiamo, allora.» annuì infine il ragazzo, imperscrutabile.

Lacey si mise in piedi e si apprestò a salutarlo, ma egli la interruppe con una domanda che le fece strabuzzare gli occhi.

«C'è una curiosità che mi porto dietro da un po'. Nella mail che ho letto sul tuo computer si faceva riferimento a un laboratorio. Hai addirittura un laboratorio qui dentro?»

Quella curiosità era qualcosa che Vincent non avrebbe mai dovuto provare: perché stava cercando di impicciarsi? Gli aveva detto di starne fuori, di limitarsi a seguire gli ordini e spargere i virus, non c'era bisogno che lui sapesse più di quanto non sapeva già. Inoltre ricordarle che era entrato illegalmente nel suo computer non era stata una buona idea.

Lacey arricciò il naso e fece una smorfia di disappunto «Perché ti interessa?»

Il locale avrebbe aspettato, l'assegno avrebbe aspettato, tutto il dannatissimo mondo avrebbe aspettato finché non avrebbe avuto una risposta chiara e precisa da Vincent. Quest'ultimo, realizzato di aver osato troppo, dapprima espresse sorpresa, poi la mutò in irritazione.

«Perché non posso essere un buon alleato se continui a tenermi nascosto il 99% della storia solo perché sono stato inaffidabile in passato, Lacey.» la redarguì con rabbia, come se fosse una cosa normale dare tutte le risposte immediatamente in mano a qualcuno che si è sempre visto come un rivale «Siamo alleati. Ho persino tradito Marylin per te, l'ho praticamente condannata a morte per dimostrarti che sono serio!»

Si mise in piedi per fronteggiarla, solo allora Lacey realizzò per la prima volta di quanto fosse cresciuto in un anno solo, superando anche lei, che quando lo aveva conosciuto era una manciata di centimetri più alta. In qualche modo, Vincent ora appariva... diverso, più adulto.

«Io non mi fido del governo, e la gente continua a scomparire di giorno in giorno. Il prossimo potrebbe essere un mio amico... o mio fratello. Voglio che questa faccenda finisca il prima possibile, ma la prossima mossa spetta a noi. Se quelli della LIFE intendono stare a guardare che si mettano comodi, ma noi dobbiamo fare qualcosa, Lacey, te ne rendi conto?»

Lacey si chiuse in un silenzio glaciale, mentre da un angolo della stanza Replica li guardava con interesse. Nel chiarore delle luci che entravano dalla grande finestra, assieme al freddo della sera, i lineamenti duri del suo viso apparivano disumani.

L'impotenza a cui erano costretti era opprimente e difficile da accettare, specie ora che il ragazzo la stava esponendo in tutta la sua chiarezza.

«È una situazione difficile, ma non possiamo restare nell'angolo ad aspettare di essere spinti fin dentro la trappola. Adesso che sono coinvolto quanto te sono più motivato che mai. Non sappiamo come si metteranno le cose, se ti dovesse servire l'aiuto di qualcuno che non sia Replica, qualcuno di cui la LIFE è all'oscuro. Sono una buona carta: usami, per l'amor di Dio!» continuò ancora, così sicuro di sé e convincente come lo aveva visto poche volte, ma non reputò di essersi espresso bene, perché aggiunse e concluse «Questa potrebbe essere l'ultima partita, non possiamo permetterci di sacrificare la Madre.»

Un sogghigno apparve sul volto della donna «Ti sacrificheresti per me?»

Domanda pericolosa.

Vincent non demorse, anzi rincarò la dose con una bizzarra frase che poco gli si addiceva «Ti solleverei in alto, dove nessuno potrebbe sfiorarti.»

Senza sapere perché, quelle parole rassicurarono un po' Lacey; no, addirittura la imbarazzarono, tanto che lo squillare improvviso del cellulare del ragazzo fu una manna dal cielo.

Vincent rispose alla chiamata, mentre lei correva con gli occhi in direzione di Replica, il cui volto era leggibile quanto una sequela di complicate ipotassi per un analfabeta.

«Pronto? ... Johnny, hey, che succede?»

Il nome magico, che l'avrebbe anche ridestata dal sonno più profondo, le solleticò l'udito; cercò indizi sulla discussione nell'espressione di Vincent e vi trovò solo confusione, che però presto sprofondò in una impressionante paura visibilissima. Cominciò a sentire freddo al petto e alle dita anche lei.

Intanto, nella mente di Vincent continuavano a rimbombare senza sosta le uniche parole che Jonathan era riuscito a dirgli prima di dover staccare: «Vieni al St. Joseph's, subito! È scoppiata una bomba in metropolitana, papà è...» 

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