2. I am perfect (1)

Arco I: Evolution

Capitolo 2: I am perfect (1)

«Vì, questa è Lacey Smith.»

Vincent fece un sorriso arcuato più simile a un sogghigno che a un'espressione di contentezza.

Quella che si trovava davanti rispondeva perfettamente al canone di donna perfetta che Thomas avrebbe apprezzato accanto ai suoi figli: altissima - più alta di lui -, con lunghi e lisci capelli oro che le accarezzavano la schiena dritta, curve sensuali e formose e un leggero trucco attorno agli occhi che metteva in risalto il color nocciola delle iridi, vestiva in modo semplice, ma al contempo sofisticato.

Era senza dubbio una delle persone più affascinanti che avesse mai visto.

Lacey gli aveva rivolto un sorriso a trentadue denti - una dentatura assolutamente perfetta - per poi voltarsi in direzione di Jonathan e sorridergli amorevolmente, come un gattino fa col suo padrone.

Emanava un'aura luminosa tanto forte da dargli il voltastomaco.

"Che... puttana..."

Questo era stato il primo pensiero di Vincent su Lacey, che già immaginava tendere le mani verso il consistente patrimonio dei Black. Fino a quel giorno Jonathan aveva avuto diverse ragazze, ma tutte erano state accomunate da due cose: le mire decisamente troppo alte per delle sempliciotte e il volersi mettere in mezzo ai fratelli Black, cosa di cui Vincent le aveva sempre fatte pentire.

Per Lacey Smith non sarebbe stato diverso.

Non avrebbe permesso a nessuno di portargli via tanto facilmente suo fratello.

«La tua nuova fidanzata?» inclinò il capo e appoggiò una mano sul fianco, la sua voce carica di un entusiasmo pari a quello di un condannato a morte estremamente attaccato alla vita che si trova davanti al boia.

«Beh, no... è un'amica...» la goffaggine di Jonathan tradì il suo imbarazzo, mentre con gli occhi verdi si rivolgeva a Lacey in cerca di un aiuto.

Quest'ultima rise di una risata cristallina, con quella voce splendida che contribuiva a renderla ancor più irritante di quanto già non fosse.

«Se questo è il tuo concetto di amica, Johnny, spero che tu non abbia altre amiche.» ribatté maliziosa, alla faccia del dargli aiuto.

Vincent trattenne le parole acide che gli raschiavano la gola e si costrinse ad assumere il sorriso più ipocrita del suo repertorio, allungò una mano verso Lacey ed ella la strinse vigorosamente, con una forza che non le avrebbe attribuito.

«Stephan Vincent Black. Puoi chiamarmi...»

«Vì, è così carino!» lo interruppe lei, per poi ritirare la mano ed inclinare il capo con quel sorriso da diva «Chiamami Lacey, piacere di conoscerti!»

Lacey gli fece molti complimenti durante quel loro primo incontro, avvenuto in un bar di lusso della zona residenziale della città; gli ripeté più volte di avere degli occhi particolarissimi - osservazione a cui Vincent era abituato -, addirittura consigliando qualche trucco leggero in grado di risaltarne il colore e portarlo da giallo a oro, almeno apparentemente. Vincent annuì, scherzò, rise e ringraziò, sfoggiando le sue capacità di maestro bugiardo per nascondere il tedio che provava davanti ad ogni persona che si presentava come fidanzata di Jonathan, e dunque anche verso Lacey Smith.

Il vero problema secondo lui era che quella donna non sembrava avere difetti, o se li aveva era dannatamente brava a nasconderli: l'incarnazione della perfezione avrebbe potuto creargli grossi problemi a farsi buttare fuori dalla vita della famiglia Black.

Fu tornando a casa che notò il primo fattore che lo lasciò perplesso.

Erano in auto, fratello e fidanzata ai posti anteriori e lui su quello posteriore, con la tempia appoggiata al finestrino che veniva attraversata da una vibrazione ad ogni crepa sull'asfalto.

Vincent conosceva un numero imbarazzante di persone e non solo della sua età, perciò per strada gli capitava di passare più tempo a salutare che a guardare dove metteva i piedi... ma non ai livelli di Lacey. E non vi sarebbe stato alcun problema se le persone che ella salutava non fossero stati solo uomini di tutte le età.

Jonathan, troppo concentrato sulla guida, forte della sua ingenuità non si accorse o non volle accorgersi della stranezza. Fu Vincent a notarlo al posto suo, e Lacey notò lui. Si scambiarono uno sguardo fiammeggiante: diffidenza e sospetto da una parte contro malizia dall'altra. Sembrava quasi Lacey lo stesse invitando a sfidarla.

Vincent smise di sentire il fracasso della città intorno a loro, comprese le urla di un altro automobilista che imprecava contro la lentezza Jonathan.

Da quel momento il suo mondo si focalizzò su Lacey Smith e la sua missione di vita divenne proteggere Jonathan da quella donna.

All'epoca non immaginava che quello sarebbe stato il primo passo verso la rovina.

***

E così aveva cominciato ad indagare su di lei.

La teneva d'occhio innanzitutto tramite i social network, dove aveva studiato con attenzione le sue abitudini e amicizie, deciso a far luce su quella che per lui era ormai etichettata come cattiva compagnia. Lo scopo di tutto questo, oltre che ingannare un po' il tempo, era proteggere Jonathan da una persona che poteva farlo stare male. Aveva notato diverse volte le parole Naughty Sunday, ricollegandole immediatamente al locale che da qualche anno era diventato l'emblema della nightlife di Phoenix, ai livelli di Scottsdale.

Non si era mai preoccupato troppo di quel posto, non ci aveva mai neanche messo piede essendo praticamente dall'altro lato della città rispetto ai luoghi che di solito frequentava con gli amici. Ma quando quel club cominciò ad essere argomento principale dei post di Lacey Smith, mettendo le braccia conserte al petto ed alzando gli occhi al soffitto della sua stanza pensò che era decisamente il momento di fare un sopralluogo.

Così si era informato il più possibile, chiedendo alle sue conoscenze cosa sapessero di quel locale. Le risposte non gli piacquero affatto: alle esclamazioni di ammirazione per la struttura e la gestione presto si aggiunsero sussurri poco rassicuranti su persone poco affidabili che entravano e uscivano come padroni, ma soprattutto si parlava di giri di prostituzione.

Tutto nella mente di Vincent tornò al suo posto come un puzzle: l'abbigliamento, gli sguardi d'intesa e l'atteggiamento in grado di mettere persino lui in difficoltà, il salutare tutti quegli uomini per strada... ora tutto aveva un suo posto.

Come prima cosa pensò di avvertire Jonathan, ma senza nessuna prova in mano sapeva che sarebbe servito solamente a farsi dare del bugiardo, così scelse la via più rischiosa: seguire Lacey Smith al Naughty Sunday e scattare qualche fotografia compromettente.

Vincent giunse al Naughty Sunday per la prima volta, ironia della sorte, proprio una domenica sera in cui l'aria pregna di umidità annunciava l'imminente temporale. Il cielo era stato sin dalle prime ore della giornata oscurato da un banco nero che di tanto in tanto lasciava cadere una timida pioggia frettolosa. L'escursione termica era sempre fortissima, lì a Phoenix, la temperatura era capace di piombare dai 25°C mattutini ai 10°C serali, e spesso Vincent pur di non indossare pungenti maglioncini o giacche che avrebbero rovinato il suo aspetto perfetto preferiva prendere freddo.

Ebbe non pochi problemi a parcheggiare: nonostante il parcheggio fosse di dimensioni considerevoli, ogni posto era preso d'assalto. Si guardò intorno perplesso, osservando le auto entrare e uscire nella speranza che un rettangolo di asfalto si liberasse. Che diavolo aveva quel posto di tanto speciale per attirare tanta clientela?

Scrollò le spalle, avvolse la kefiah attorno al collo, infilò le mani intirizzite nelle tasche del giubbotto e si avviò verso l'ingresso, accompagnato dal suono di innumerevoli passi e dai rombi delle auto che passavano a velocità ridotta per il vialetto.

Lungi da quegli obbrobri di insegne luminose fatte di neon - di cui uno era sempre immancabilmente rotto -, l'insegna del Naughty Sunday non era tra le più originali che Vincent avesse visto: niente meno che la bandiera americana che sventolava da un balcone del secondo piano, sulla quale era stampato il nome del locale illuminato da un sottilissimo strato di luci cucite all'interno del tessuto. Non sapeva dire se gli piacesse o meno.

Spostò lo sguardo sulla facciata, notando che il locale era articolato su tre piani e completamente rivestito in vetro antiriflesso.

Raggiunta l'entrata ignorò una coppietta concentratissima nello scambiarsi effusioni e due uomini che fumavano discutendo sugli ultimi sviluppi della guerra in Afghanistan, varcò le porte scorrevoli e venne investito da un mix di odori e colori che gli fece arricciare il naso e distogliere lo sguardo per qualche secondo.

Un sottile dolore alla testa gli fece compagnia per diversi attimi, ma quando si attenuò Vincent poté finalmente mettere a fuoco ciò che lo circondava: a primo acchito sembrava un normalissimo night club.

Un lucido pavimento a scacchi, che magicamente sembrava non risentire dello sporco portato dalle scarpe, una lunga serie di tavoli dallo stile moderno e, in fondo alla sala, una pista invasa da corpi in movimento al ritmo di musica elettronica. L'esecuzione del DJ, doveva ammetterlo, non era affatto male.

Si mosse lentamente in mezzo alla folla che lo sfiorava ed accarezzava con la fluidità di un'onda, fino a raggiungere il bancone al quale sedevano almeno una decina di persone che non avrebbero potuto essere più diverse per età, sesso, modo di vestire e, soprattutto, gusti in fatto di cocktail.

Di Lacey però non c'era traccia: la donna più ricercata del pianeta Terra sembrava essersi dileguata. Vincent storse il naso, emettendo un mormorio contrariato. Era deciso a portare a termine la missione che si era prefissato, non importava quanto sarebbe stato difficile. Lo faceva per Jonathan, dopotutto. E per se stesso.

Fece per muovere un passo in direzione del bancone, quando una voce conosciuta gli sussurrò all'orecchio destro, come un serpente «Cerchi qualcuno, Vì?»

Quella notte Vincent Black ricevette la sua iniziazione.

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