16. The beast within (3)
Arco II: rEvolution
Capitolo 16: The beast within (3)
Jonathan non riuscì a tornare al suo posto, la tensione attraversava il suo corpo da capo a piedi e lo rendeva nervoso ed instabile; mosse qualche passo indietro per allontanarsi da Vincent, con un basso verso gutturale che mostrava quanto la belva in lui non fosse ancora sopita.
Allo stesso modo, Shaun rimase in piedi, accanto ad una silenziosa Alicia.
Il ragazzo invece tornò al suo posto, in quel clima che tanto ricordava una savana dove tutti erano pronti ad aggredire tutti.
Incurvò le spalle, ricordandosi il peggio doveva ancora venire.
«Così ho cominciato a lavorare per lei. Di giorno Vincent, di notte Hound.» riprese la sua storia, le mani ferme sulle gambe, a contatto con la stoffa morbida dei pantaloni, che stringeva convulsamente «L'organizzazione è sempre stata molto strana, tipo... doverci sottoporre a controlli medici ossessivi, essere a disposizione solo di clienti selezionati...»
Ancora nessuno osava parlare o anche solo muoversi, benché di frase in frase l'adrenalina salisse.
Per il momento, Vincent avrebbe solo continuato il suo racconto.
«Ho cominciato ad interessarmi alla faccenda degli stupri in città solo quando mi sono reso conto di una cosa: il numero dei nostri clienti era aumentato considerevolmente. Alcuni sembravano anche parecchio nervosi, isterici addirittura. Era come se avessero più bisogno di far sesso che di respirare. Era strano, specie quando ho cominciato a sentire anch'io questo fastidioso disturbo: stava diventando una dipendenza.»
«Non vale solo per te, purtroppo.» sospirò Shaun alla sua sinistra, attirandosi l'ennesimo sguardo carico d'odio di Jonathan.
«Mi unisco al coro, per quanto sia imbarazzante.» aggiunse Alicia, confermando i peggiori sospetti di Vincent riguardo il suo presunto contagio; la donna ignorò il disprezzo con cui alcuni dei presenti la fissarono e si rivolse direttamente al suo gigolò «Dunque siamo anche noi due contagiati?»
Vincent annuì, la gola arida gli fece male «Mi dispiace, Alicia.» poi si rivolse a Fanny, malinconicamente «Se Giles non ti avesse salvata, anche tu saresti diventata come noi. È per questo che non ti volevo qui oggi.»
«... Di che stai parlando?» rivivere quell'esperienza che l'aveva traumatizzata era l'ultimo dei desideri dell'albina, ma se Vincent aveva in mano la verità, per quanto agghiacciante fosse, voleva conoscerla.
«È successo poco dopo la tua aggressione...» non voleva spaventarli, soprattutto la già fragile Fanny, ma allungò comunque la mano sui fogli che aveva piazzato sul tavolo, li prese silenziosamente e li sfogliò, alla ricerca di uno in particolare «Quando hai chiamato Marika. Dopo aver lasciato Marika a casa vostra, sono andato al Naughty Sunday, lì ho incontrato una prostituta di nome Marylin. Ci siamo messi a parlare di come fosse assurdo che, sebbene a Phoenix tutti sappiano per sentito dire delle attività illegali del locale, nessuno abbia mai mosso un dito per mettervi fine. Lei mi ha detto "potremmo uccidere una persona senza farci scoprire" e... mi ha suggerito di controllare lo scantinato.»
Un altro ricordo traumatizzante, che lo fece visibilmente tremare.
Trovò le fotografie che gli interessavano, che aveva già mostrato a Giles e che aveva stampato. I cadaveri di Dorian Arterbury e Felix Cooper.
Le passò a Marika, si avvicinarono anche gli altri per ritagliarsi un piccolo spazio da cui osservare. Lentamente, sui volti di ciascuno - tranne su quello di Giles, ovviamente - imperversarono emozioni affini: stupore e confusione, incredulità, repulsione.
«Le ho scattate io, poi sono fuggito.» spiegò, insicuro di essere ascoltato «Lacey non sa che li ho visti, probabilmente qualche ora dopo se ne sono disfatti.»
«Ci stai prendendo in giro?» ipotizzò Jonathan, che combatteva una guerra interna tra il pregiudizio nei confronti di suo fratello e il senso di protezione nei confronti della sua ex. Lui e Lacey avevano ricominciato a vedersi da poco e Vincent tornava a galla con storie inverosimili: era tutto troppo conveniente per lui.
L'altro lo fulminò con arroganza «Certo! Ho photoshoppato una foto di due tizi morti, inventato che sono un escort, assoldato due tizi random per far impersonare loro i miei clienti e tutto per prendervi per il culo! Sei un genio, Johnny! Candid camera!»
Giles temette di dover di nuovo fermare Jonathan dal picchiare suo fratello davanti a tutti, dunque si affrettò ad aggiungere che lui e Vincent avevano già parlato del ritrovamento dei cadaveri «Io mi fido di Vincent, ma vorrei che continuasse il suo racconto... senza istigare nessuno a ucciderlo, magari.» terminò, ammonendolo severamente.
La foto, che era rimasta in mano a Marika, fu di nuovo porta al ragazzo.
«Ipotermia.» confermò lei, con gli occhi azzurri che sembravano due grandi pozze d'acqua.
Sentendosi in colpa per tutto ciò che le stava facendo passare, specialmente dopo la disponibilità da lei dimostrata, Vincent mormorò delle scuse «Mi dispiace coinvolgerti, Mary...»
«E allora perché lo hai fatto?»
Quelle parole lo ferirono e lo mostrò apertamente, facendo sentire in colpa Marika per la durezza con cui gli si era rivolta.
No, non era giusto... lei per prima si era proposta di aiutarlo, solo che non immaginava che il problema di Vincent fosse così grave. Non sapeva che atteggiamento assumere, si sentiva sperduta e in pericolo, ma scaricare le colpe su di lui, aggravando il peso che si portava già addosso, non avrebbe portato a niente di buono.
Così chinò lo sguardo, farfugliando un pallido «Scusa. Ne parleremo con calma da soli più avanti.»
Vincent cominciava a credere che non fosse stata una buona idea rivolgersi a quelle persone, forse avrebbe dovuto parlarne solo con Shaun, Alicia e Giles. Le mani gli tremarono leggermente, ma nessuno se ne accorse tranne Fanny, che si tenne comunque a distanza da lui.
«Circa una settimana dopo ebbi un'allucinazione spaventosa e mi feci portare da Jonathan nello studio di Giles, dopo una chiacchierata mi ricordai che quella sera Lacey e Replica, la sua tirapiedi nonché mia inquietante protettrice, erano fuori per lavoro. Così mi infiltrai di nascosto nell'ufficio di Lacey, alla ricerca di qualsiasi cosa che potesse confermare i miei sospetti, e cioè che il Naughty Sunday era coinvolto in qualcosa di più grande di un omicidio.»
«Perché non sei andato alla polizia?» si informò Alicia alla sua sinistra, inclinando il capo.
«Perché dopo una settimana di quei cadaveri non era rimasta più neanche l'ombra. Avevo bisogno di prove schiaccianti se volevo mettermi contro qualcuno di così pericoloso e ben organizzato.» spiegò il ragazzo nella sua direzione, ricevendo un cenno d'assenso e comprensione in cambio «Quella notte fui beccato comunque. Il computer di Lacey inviò degli allarmi, ebbi appena il tempo di entrare nella sua casella di posta elettronica-...»
«Commettendo il tuo terzo reato.» puntualizzò acidamente Jonathan, ormai ben più disposto a prendere le parti di chiunque non fosse suo fratello, sebbene la fotografia avesse spaventato anche lui «Tentato stupro, prostituzione e violazione della privacy.»
«... E di trovare quel che mi serviva, prima di essere quasi ammazzato da Replica.» scrollò le spalle Vincent, parlandone con nonchalance, quando in realtà il ricordo di quella notte era ancora una ferita aperta e sanguinante.
Il suo orgoglio stava andando in pezzi, la sua facciata di ragazzo perfetto era andata definitivamente in frantumi e nessuno sembrava comprendere che razza di sforzo stava facendo per non scappare nella sua stanza e chiudervisi dentro.
Se non avevano intenzione di capirlo bastava dirlo ad alta voce, non sarebbe stata una grande perdita, considerando che a fine discussione avrebbe probabilmente perso sia tutti loro che ogni briciolo di orgoglio. Che pessimo consiglio gli aveva dato Neville.
«Jonathan, mi reputi talmente stupido?» Vincent digrignò i denti con rabbia «Vi sto mettendo in mano tutti gli elementi per mandarmi in carcere per il resto dei miei giorni, sto facendo a pezzi il mio orgoglio e rischiando la vita pur di dirvi la verità, perché è una cosa dannatamente importante, e qui sembra non capirlo nessuno! Vi sembro il tipo che fa cose del genere senza un cazzo di motivo?»
«Nessuno lo ha detto...» la puntualizzazione arrivò da Shaun «Io e la ragazzina siamo qui col fiato sospeso da quando hai detto che forse siamo controllati.»
Alicia, l'unica in grado di mantenere un contegno invidiabile, seduta ancora compostamente e con le mani in grembo, specificò «Stai mettendo in pericolo anche le nostre vite, Hou-... Vincent. È chiaro che sai quello che fai, non sei una persona che agisce senza pensare.»
«Si vede che non lo conosci...» un sospiro per calmarsi, ma Jonathan non sembrava ancora in grado di tornare ad essere la persona pacifica che era sempre; nel modo in cui guardava suo fratello era chiara la sua forte delusione mista a disgusto «E non chiamarlo in quel modo, per favore. È vomitevole.»
La donna annuì «Mi è sfuggito, chiedo scusa.»
«Vomitevole, huh...» Vincent abbassò lo sguardo e stavolta chiuse gli occhi, non era sicuro di riuscire a reggere ancora a lungo.
Giles dovette accorgersene, perché gli venne ancora una volta in soccorso «Tutti commettiamo errori più o meno gravi, Vincent. Il fatto di riconoscere i tuoi errori è già un grande passo che un ragazzo della tua età difficilmente farebbe, specie considerando la gravità delle tue colpe.»
«Avrai tempo di rimediare e farti perdonare.» anche Marika concordò, per quanto ancora turbata «Per quanto mi riguarda, capisco che per te non è stato facile e non lo è tutt'ora.»
Ma neanche le loro parole gentili poterono rincuorare appieno Vincent: si sentiva davvero schiacciato dalla vergogna, e andare avanti nel racconto, proprio ora che era giunto al culmine, era troppo affannoso.
Gli sfuggì un singhiozzo strozzato, infine spiegò il braccio destro per passare a chiunque avesse voluto i documenti, sussurrando «Leggete voi.»
A prenderli e sfiorare la sua pelle fu una mano piccola e fredda, così timida che Vincent la riconobbe immediatamente e sollevò lo sguardo per incontrare quello di Fanny; non credeva che proprio lei tra tutti avrebbe accettato di leggere, ma soprattutto di toccarlo, e invece usò quel pretesto per instaurare un breve e leggero contatto, sorridendogli in modo rassicurante.
Vincent si sentì di nuovo piccolo e insignificante, stupito e ammirato, toccato nel profondo dal coraggio senza fine della sua amica d'infanzia.
Ritiratasi a sedere accanto a Marika, che aveva osservato con attenzione gli sguardi tra i due amici di vecchia data, analizzò attentamente i documenti «Queste sono screenshot fatte a Yahoo Mail. A meno che tu non abbia fatto level up da Paint a Photoshop, e non credo che tu lo abbia fatto, sono autentiche. Vediamo...»
«No, no, un momento!»
Prima che Fanny potesse proseguire, Jonathan la interruppe alzando le mani e guadagnandosi l'appellativo di rompipalle da parte di un sospirante Shaun.
«Non possiamo leggere la roba privata di Lacey, stiamo tutti infrangendo la legge!»
Senza neanche dargli retta, Giles ordinò «Fanny, leggi.»
«Giles! Metterai nei guai anche Fanny così!» il maggiore dei fratelli Black non poteva crederci: proprio Giles! Colui che avrebbe dovuto essere la persona più matura in quella stanza assieme a lui, stava invece assecondando quel pazzo paranoico di suo fratello!
La ragazzina albina sorrise compassionevole, capendo già dal cipiglio del suo famigliare che cosa stava per succedere: Giles si era arrabbiato infine, e questo non era un fattore positivo.
Lo psicologo mise le mani sui fianchi e sbuffò tra sé e sé, una lunga ciocca albina gli ricadde sulla fronte, ma lui la cacciò malamente dietro l'orecchio, sfogando parte della sua irritazione.
«Ascoltami, Jonathan.» mantenne un tono freddo e distaccato, era infatti molto raro che Giles alzasse la voce «Qualcuno ha messo le mani addosso a mia sorella, quello la mette in pericolo. Se posso fare qualcosa per proteggerla in futuro e possibilmente risolvere il problema sono pronto a diventare complice in crimine di tuo fratello. La sicurezza mia e dei miei famigliari viene prima di qualsiasi regola imposta dalla società. Se tu sei prigioniero dell'etica e vuoi continuare a dare addosso a tuo fratello, il quale, ti avverto, sta per crollare per essersi fatto carico di tutto da solo fino ad oggi, sei libero di farlo. Ma non aspettarti che io ti segua. E adesso, sorellina, leggi.»
E con queste parole egli si chiuse in un enigmatico silenzio, in attesa di ulteriori svolgimenti. La sfuriata riuscì a strappare un sorriso ad alcuni presenti, ma non a Vincent, che si vide leggere per l'ennesima volta come un libro aperto e si oscurò, e a Marika, che cercò il suo sguardo senza trovarlo.
Jonathan comprendeva il ragionamento, ma ammettere di essere nel torto era troppo bruciante in quel momento; si sarebbe imposto di star calmo, si disse, accomodandosi sulla sua poltrona, così da non pensare a che razza di fallimento era come fratello maggiore, come amico e come persona.
Il figlio prediletto e perfetto di Thomas e Liza non era neanche in grado di badare al suo fratellino: aveva sempre notato il malessere di Vincent, ma non aveva mai fatto niente per aiutarlo. E adesso lo stava distruggendo senza averne diritto: avrebbe dovuto aiutarlo in tempo o tirarlo ora fuori dalle tenebre con la forza, non buttarcelo ancor più dentro.
Ma non ce la faceva, non ora. Il suo animo era troppo conteso tra la rabbia e la ragione.
Si sistemò gli occhiali sul naso e poi si passò la mano tra i capelli con un gesto disperato, chiudendosi nel silenzio.
Fanny finalmente ebbe modo di cominciare a leggere le mail, partendo da quelle del governo, che portarono sorpresa e confusione sui volti di tutti.
Più volte Marika e Shaun sembrarono sul punto di volerla interrompere e chiedere spiegazioni sui rapporti tra Lacey Smith e lo Stato, ma si trattennero, attendendo qualcosa che rischiarasse le nuvole dei loro dubbi. Al contrario, Giles e Alicia rimasero concentrati per tutto il tempo, senza mostrare segni di cedimento. I due Black avevano sguardi torvi e bassi, Vincent cominciò a tamburellare nervosamente con le dita la propria gamba destra.
Col secondo foglio giunse il turno del messaggio di Christina Smith.
«Questa sembra più discorsiva. È di una tale Christina Smith.» sentenziò Fanny dandovi una rapida occhiata, prima di riprendere a leggere «Lacey, non ti nasconderò che temo per te...»
La parte più difficile di quell'incontro era avvenuta nel silenzio comune, rotto inizialmente solo da qualche smorfia di Jonathan, che sicuramente tra tutti sarebbe stato il più restio ad arrendersi alla verità.
Non solo perché, a conti fatti, quello in cui erano finiti sembrava un racconto di fantascienza, della categoria più trash inoltre, ma soprattutto perché la master mind avrebbe dovuto essere niente meno che la donna con cui aveva desiderato convogliare a nozze.
Vincent capiva quanto doveva essere difficile per lui accettare in una sola serata che suo fratello fosse un gigolò e la sua ex una fanatica, con un improbabile piano per far avanzare l'uomo nella catena evolutiva attraverso un virus sconosciuto, ma non lo avrebbe confortato né aiutato.
Non solo sul volto tirato di Jonathan era possibile leggere sentimenti contrastanti. Giles non era da meno, per quanto il suo portamento calmo e riflessivo lo facesse apparire padrone della situazione; Fanny stessa esitava in alcuni momenti, mentre Marika, con l'occhio del dottore, cercava di capire quanto tutto quello fosse effettivamente possibile, basandosi sulle sue poche conoscenze di patologia ed epidemiologia.
Shaun e Alicia erano un caso a parte, ed era proprio a loro che Vincent volgeva gli occhi più frequentemente, alla ricerca di segnali che gli rivelassero i loro pensieri. Inizialmente, un po' come tutti ad eccezione di Fanny, entrambi avevano storto il naso al contenuto dell'e-mail, portando pazienza come un adulto farebbe con un bambino che crede di aver visto un UFO. Forse si erano anche chiesti se Vincent ci credesse davvero o fosse stato suggestionato dalla reazione violenta di Lacey.
Poi però riconobbero i sintomi e la loro postura si modificò all'istante, lasciando intendere un rinnovato interesse, venato di malcelata preoccupazione. Poterono rispecchiarsi nella sintomatologia e, assieme agli altri, bastò fare due più due per rendersi conto che...
«È il miglior scherzo della storia.» la prima a parlare, ad avvenuta lettura, fu Marika, che a Vincent parve quasi impaurita nonostante il sorriso tirato «Un po' di cattivo gusto, ma comunque un grande scherzo.»
«Sei sicura che sia uno scherzo?» intervenne Shaun, aveva appoggiato sul bracciolo il gomito, in un tentativo di rilassarsi «Sei un dottore, no? È possibile?»
L'attenzione fu focalizzata sulla ragazza, improvvisamente muta e contrita, come un topo messo in trappola.
Marika si morse le labbra, annuendo poi controvoglia «Sono solo una studentessa di chirurgia, non so granché di malattie. Tuttavia... tutto è possibile quando si parla di malattie, anche se non so come sia possibile che il batterio non venga scoperto attraverso i normali controlli e non scompaia con l'avanzare delle generazioni. A meno che non sia una malattia ereditaria, ovviamente.»
«Sì, è ereditaria. Riguardo i controlli, invece, è perché il virus è troppo piccolo, quindi finché l'ospite non viene sottoposto a un controllo attento...» le parole uscirono spontaneamente dalla bocca di Vincent, sottili e sussurrate, quando si rese conto di una nuova verità.
«Quando ho avuto la mia prima allucinazione, Jonathan ha insistito per portarmi dal dottore, ma io ho fatto come un pazzo pur di impedirglielo!»
Gli occhi di suo fratello si dilatarono dalla sorpresa, purtroppo anche quel tassello sembrava coincidere col resto del puzzle.
«Se il Genitore può inviare messaggi all'infetto, non vedo perché il virus in sé non potrebbe farlo.» Giles mise le gambe a cavallo ed incrociò le braccia al petto.
Vincent rimase stupito: proprio Giles, il più razionale, lo scienziato, la promessa della psicologia, proprio lui stava assecondando una tesi fuori da ogni logica.
«Tu ci credi?» la domanda era di Jonathan, ma lo stesso interrogativo vibrava negli occhi di tutti, come se una volta convinto lui la faccenda potesse risolversi più facilmente.
Giles fece cenno di sì col capo, soffermandosi sullo sguardo stupito di Vincent «È certamente difficile crederci, ma che sia vero o no, lui ne è convinto. Esistono innumerevoli malattie sconosciute dall'uomo, se ci pensi bene. E poi, chi mai avrebbe detto prima di Galileo che la Terra gira intorno al Sole?»
Prendendo la palla al balzo, Marika fece notare «Parecchi, in realtà. Ma chi lo faceva veniva condannato a morte.»
«Esatto.» non era proprio il tipo di discorso che lo psicologo voleva iniziare, ma pensò che potesse rivelarsi un buon esempio «Manderemo a morte questa rivelazione senza darle neanche una possibilità? Potrebbe essere uno scherzo di cattivo gusto... oppure la rivelazione del secolo. Non dimentichiamoci della quarantena.»
«In effetti... per quanto mi faccia paura, mi incuriosisce parecchio...» anche la sua sorellina sembrava propendere per lo stesso ragionamento.
Al contrario, Jonathan non sembrava dello stesso avviso «Oh, avanti...»
«Non credi che il virus H sia il motivo della quarantena?»
Si ritrovò puntate addosso le iridi gialle di Vincent, che lo misero leggermente a disagio.
«Io...» Jonathan tirò un lungo sospiro, massaggiandosi la tempia destra; sembrava davvero molto stanco «Non dico di no, ma... è difficile avere fiducia in te dopo tutto quel che ho sentito. E Lacey è... o meglio era... non era quel tipo di persona. Anche se... d'accordo. Non è così inverosimile.»
Non poteva dargli torto per la diffidenza, Vincent lo comprendeva bene, ma sentire i suoi timori trasformarsi in parole ebbe comunque un effetto distruttivo.
In suo aiuto, inaspettatamente, si alzò la voce appassita di Alicia.
«Io ti credo.»
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