14. Prospective V, Seattle (3)

Arco II: rEvolution

Capitolo 14: Prospective V, Seattle (3)

Appena trasferiti a Seattle, Liza e George avevano comprato una spaziosa villa nel quartiere di Madrona, sicuramente uno dei migliori della metropoli sotto tutti gli aspetti: le strade erano pulite, la gente cordiale e pacata, gli alberi più verdi che in ogni altra parte della città, il mare non era molto lontano e soprattutto vi si trovavano ottime scuole. Era, per farla breve, l'opposto della calda e scatenata Central City di Phoenix.

Casa Wright si trovava sulla 35esima, era articolata su due piani più una mansarda, aveva uno splendido giardino attraversato da un vialetto che conduceva al portico, dove due colonne in stile dorico sostenevano il balcone del piano di sopra.

Vista da fuori era adorabile, dentro invece era un piccolo campo di battaglia: Liza non sapeva fare le pulizie, di solito era Heaven a farle; per non parlare della sua pessima cucina! Quando abitava ancora lì, era Vincent a cucinare e ciò dava angoscia alla madre, che si reputava una buona a nulla in qualsiasi cosa non fosse recitare.

Al delinearsi dei contorni della casa che conosceva così bene, il cuore del ragazzo cominciò a battere frenetico: a breve sarebbe stato faccia a faccia con George e Heaven; l'ultima volta che si erano visti li aveva salutati con occhi intrisi di odio e rancore, non era sicuro che fossero poi tanto felici di sapere che la testa calda della loro famiglia allargata sarebbe tornata a vivere sotto il loro tetto per qualche giorno.

Al contrario, Liza era così felice che non sembrava accorgersi né nel nervosismo del ragazzo né dell'atmosfera pesante che immancabilmente sarebbe tornata assieme a lui. Erano seduti sui sedili neri del taxi da poco, ma si era già fatta raccontare tutto ciò che era successo negli ultimi mesi - naturalmente Vincent non fece cenno alle vicende sconvenienti -, era anzi apparsa entusiasta nell'apprendere il ritorno di Marika nella vita del figlio.

«Quella ragazza! Me ne hai sempre parlato così bene! Spero che si sia ripresa da quella faccenda terribile...»

«Sì, ora sta bene ed è anzi paffuta, a dir la verità.» annuì il ragazzo, con la faccia affondata nella sciarpa «Di certo è più matura di me.»

Liza gli diede un buffetto sulla guancia, un'abitudine che non aveva mai perso, ed aggiunse facendogli l'occhiolino «Fatti insegnare un po' di maturità, allora, voglio vederti presto laureato con centodieci e lode!»

Vincent forzò un sorriso, ma quell'eventualità gli sembrava quanto di più lontano dalla realtà: era molto più credibile l'avvento del virus H, con conseguente trasformazione di tutti gli umani del pianeta in esseri superiori, che una sua laurea con voti esagerati!

Si fermarono davanti casa, il taxista chiese i soldi per la corsa e finalmente rimisero i piedi per terra, una sensazione che al ragazzo era mancata durante il volo, tanto che si sentiva un po' atrofizzato; fortunatamente aveva smesso di piovere almeno per il momento, dunque poté stirare braccia e gambe e godersi un po' d'aria fresca, prima che Liza gli piombasse accanto con la sua infinita vitalità.

«Hey, non metterti sulle punte, sembri ancora più alto!» rise.

«Ma non sono poi così alto, anzi tutti i miei amici sono più alti di me.» in realtà quello era un argomento doloroso per Vincent, superato in altezza persino da Lacey.

Recuperato il borsone, che si mise di nuovo sulle spalle, seguì la madre per il viale bagnato, l'erba profumava di pioggia ed era ricoperta da un sottile strato di brina, tanto erano basse le temperature in quel periodo dell'anno a Seattle.

La strada era deserta, probabilmente nessuno si sarebbe sognato di portare a spasso il cane con quel freddo, ma a Vincent sembrò di vedere un uomo in tuta che faceva jogging; si udì un cantare solitario di qualche uccello perduto tra gli alti alberi verdissimi, che secondo le predizioni di Liza sarebbero stati imbiancati dalla neve nel prossimo mese.

«Perché non resti un po' di più, fino alla prima neve? Sono sicura che ti piaceranno. Ricordi quando li addobbavamo come alberi di Natale?»,

Ricordi dolceamari, avvelenati dalla presenza di una famiglia non sua.

«George è a lavoro e Heaven a scuola, torneranno solo stasera, quindi per oggi siamo solo noi due.» continuò poi, quando furono davanti alla porta, mentre rovistava nella borsa alla ricerca delle chiavi.

«Mi fa piacere.» Vincent fu estremamente sincero e questo la spiazzò un po', ma si affrettò a rassicurarla «È tanto che non ci vediamo, vorrei stare un po' con te, ho ancora tante cose di cui parlarti.»

Per un attimo Liza aveva creduto di vederlo di nuovo lanciare frecce di odio nei confronti del patrigno e della sorellastra, ma si ricredette e sorrise, per poi donargli un'amorevole carezza sulla guancia «Sì, hai ragione.»

In effetti le era mancato così tanto che non aveva voglia di dividerlo così presto con altri, e poi non era un segreto che lei fosse l'unica ad apprezzare la sua presenza in quella casa...

Entrarono e furono investiti da una ventata d'aria calda ristoratrice, tanto che Vincent si lasciò scappare un sospiro di sollievo. Vennero presto accolti dalla governante, una vecchia signora sulla sessantina, coi capelli raccolti sotto una cuffia, una divisa molto dignitosa ed un sorriso arguto; ella emerse da dietro il divano del salotto alla loro destra, dove stava lavorando sodo per convincere Fatty, il vecchio e ciccione gatto di casa, a mangiare la sua pappa.

«Signora Liza e... oh, Vincent, che piacere rivederti!» gli sorrise avvicinandosi, seguita fedelmente da Fatty.

«Signora Laura, da quanto tempo!» il ragazzo lasciò per terra il bagaglio e scambiò un affettuoso abbraccio con quella che un tempo era stata la sua baby sitter «Signora, la smetta di ringiovanire, la prego! Ancora alle prese con quel gattaccio?»

Come avendo capito di essere stato chiamato in causa, il micio di Heaven gli soffiò contro e dopo andò a nascondersi sotto il divano, senza però perdere d'occhio nessuno dei tre.

Vincent odiava Fatty e Fatty odiava Vincent. Sì, insomma, era odiato persino dal gatto, in quella casa.

«Oh, oh, io, ringiovanire? Quel gatto mi fa invecchiare più velocemente!» alla signora Laura piaceva che le si facessero complimenti su quanto stava invecchiando lentamente, infatti dimostrava dieci anni in meno e non era raro che qualche uomo cercasse di attaccar bottone con lei; mentre Liza si affaccendava a convincere Fatty a fare meno l'antipatico, con scarso successo a dirla tutta, la vecchia donna gli passò una mano tra i capelli, deliziata «Tu invece eri già bello da bambino, ma ora sei uno schianto!»

Ah, la solita Laura! Era bello vedere che era rimasta schietta e giovanile nonostante fossero passati un bel po' di anni!

«Via, via, tutti questi complimenti mi mettono in imbarazzo...» fece lui, ruffiano.

Quando però la governante cominciò a chiedergli un po' troppo invasiva quanti cuori avesse spezzato, Liza si mise in mezzo; era sempre stato un difetto divertente, quello di Laura: era pettegola e non lo nascondeva.

«Il mio ragazzo è una persona seria, Laura! Dovresti saperlo.»

Vincent alzò gli occhi al cielo e Laura lo notò, ma non vollero far notare l'evidenza a una troppo ingenua Liza, per la quale lui sarebbe stato sempre il suo orsacchiotto. La madre lasciò detto all'altra donna di cucinare i piatti preferiti del ragazzo per pranzo ed assicurarsi che il gatto non si facesse le unghie sul divano nuovo, cosa alquanto impossibile, dunque prese per mano il giovane e lo condusse al piano di sopra.

Disfare il bagaglio impiegò poco tempo: Vincent aveva portato l'indispensabile, correlato unicamente del suo portatile, aveva infatti promesso a Neville che si sarebbero sentiti più del solito, approfittando della sua lontananza da ogni distrazione di Phoenix. Aveva davvero trascurato il suo amico in quei giorni.

La camera era più o meno come l'aveva lasciata cinque anni prima: ampia, ventilata e luminosa, rivolta verso il mare, di cui si godeva di un'ottima vista dal balcone. Proprio come a Phoenix, aveva anche lì un alto e stretto armadio, attualmente vuoto, il letto era addossato al muro e la scrivania accanto alla libreria; ritrovò alcuni libri che aveva dimenticato, ma Liza gli proibì di portarli con sé al ritorno: sarebbero stati una buona scusa per convincerlo a tornare a Seattle in futuro.

Ci teneva davvero ad averlo lì, ma sapeva quanto Vincent fosse una bomba a orologeria quando in mezzo c'erano George e Heaven.

«Questo maglione è vecchio!» si lamentò.

Aveva catalogato come vecchi quasi tutti i capi d'abbigliamento del figlio, peccato che risalissero solo a massimo due anni prima; il bruno scosse la testa «No, è dell'anno scorso. È solo molto usato, è uno dei miei preferiti.»

«Beh, sfrutteremo la tua presenza per andare a fare un po' di shopping.» decise la donna mentre infilava un appendiabiti dentro una camicia, per poi appenderla dentro l'armadio.

Vincent annuì: lo shopping era una tappa scontata quando si passava del tempo con lei, magari avrebbe potuto anche farle un bel regalo.

«Compreremo qualcosa anche per Jonathan, scommetto che vostro padre non vi porta mai a fare spese!» veloce e maniacale, Liza tirava fuori dal borsone pantaloni e cardigan e li riponeva nei cassetti.

Non era un argomento spesso affrontato, quello, ma Liza si informava sempre su come stavano Jonathan e Thomas, nonostante sentisse molto saltuariamente il figlio e quasi mai l'ex marito, a meno che non si trattasse di faccende riguardanti i due ragazzi. Mandava regali al figlio maggiore ogni volta, ma tutti sapevano che non era questo il metodo migliore per riavvicinarsi a lui.

Con questi pensieri per la mente, andò rallentando fino a fermarsi, rivolgendo quindi a Vincent uno sguardo malinconico «Jonathan... come sta?»

L'ultima volta che Liza aveva visto Jonathan era stato il Natale di sei anni prima, quello che i fratelli avevano passato a casa Wright e Thomas solo come un cane; in quell'occasione Jonathan aveva dimostrato di voler ancora bene alla madre, ma di essere ormai irrimediabilmente cambiato: non era più il bambino geloso del suo fratellino, ma un giovane uomo che non aveva bisogno di una madre nella sua vita quotidiana.

Tuttavia, e questo solo Vincent lo sapeva, la ferita era ancora aperta in suo fratello, per questo non accettava di parlare di lei se non per motivi importanti: ogni tanto si chiedeva se Jonathan lo odiasse per aver avuto la fortuna di essere cresciuto con una madre e una specie di padre.

«Lui sta bene.» Vincent si sentì a disagio a parlarne «Lavora ancora con papà e sta per trasferirsi... ha trovato una casa molto carina, sai?»

«Mangia regolarmente? Si sveglia ancora tardi?» ed altre mille domande tradirono il dolore di Liza, la sua consapevolezza di essere stata una terribile madre per quel ragazzo così lontano.

Vincent rispose a tutto senza nasconderle niente, tranne quando la fatidica domanda lo irrigidì da capo a piedi.

«Ha una fidanzata?»

«No.» rispose prontamente, attirandosi uno sguardo curioso «L'aveva... ma si sono lasciati un anno fa. Ehm, non era una persona raccomandabile.»

Lei lo fissò a lungo in silenzio, come un beduino nel deserto che cerca di capire se ciò che ha davanti è allucinazione o realtà, ma infine accettò la risposta e aggiunse che era meglio così, che Jonathan si meritava una persona seria. Che per entrambi voleva solo il meglio.

"E allora perché hai lasciato papà?" avrebbe voluto domandarle il figlio, ma strinse il piumone del letto su cui era seduto e ricacciò dentro quel pensiero crudele.

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