5| Max-Il presente
2021, BHR
You are always on my mind
Sitting here I am waiting
Ones like you they make me shy
Innocently intimidating
//Per Rita, buon compleanno.
È iniziato tutto come un gioco, l'estate dei loro tredici anni.
Erano in Italia per una delle prime gare del campionato e lui e suo padre avevano affrontato un viaggio di venti ore attraversando l'Europa e facendo a malapena una sosta a metà strada per riposarsi un po'. Max aveva passato tutto il tragitto a rigirarsi fra le coperte, carico come una molla, impaziente all'idea di mettere piede sul circuito e scontrarsi con i suoi rivali preferiti, gli unici con cui valesse la pena mettersi a confronto.
Quando erano arrivati, il mattino successivo, appena in tempo per fare un paio di giri prima delle qualifiche, aveva sentito due ragazzini parlare fra loro in francese ed il suo cuore aveva perso un battito. Non ricorda cosa si stessero dicendo, probabilmente non lo aveva nemmeno capito, eppure aveva avuto comunque l'informazione che stava cercando. Fra le tante parole sconosciute, infatti, aveva colto un nomignolo. Quello che le avevano dato anni prima, quando era diventata la più giovane campionessa di kart francese.
La fille en feu. La ragazza in fiamme.
Forse avrebbe voluto essere un insulto, un appellativo sopra le righe inventato per il puro gusto di deriderla ma, ad essere sincero, la prima volta che lo aveva sentito Max aveva pensato che non ci fosse un modo più azzeccato per definire Frances Roux.
Inarrestabile e pericolosa come un incendio divampante.
Era salito sul suo kart, dopo, ma era stato distratto e sottotono e suo padre non era stato contento del suo risultato, dopo tutta la strada che avevano fatto. Max aveva accolto il suo cattivo umore con pacata rassegnazione. Non che potesse metterlo in punizione o impedirgli di uscire con i suoi amici, visto e considerato che fra i suoi rivali non ne aveva.
Una sì, a dire il vero.
Quella che aveva fatto segnare il tempo più veloce e aveva guadagnato la prima fila con un vantaggio spropositato.
La sua rivale peggiore, l'unica che gli volesse almeno un po' di bene.
Prima di tornare al camper, mentre l'afa avvolgeva ogni cosa e gli appiccicava i vestiti addosso, aveva avvisato suo padre che sarebbe andato a salutare gli altri, una cosa che non faceva mai. Lui non aveva protestato granché ma l'aveva guardato a lungo coi suoi occhi chiari e severi, e gli aveva intimato di fare in fretta perché era stanco, perché il giorno dopo ci sarebbe stata una gara, perché era suo padre e non poteva comportarsi altrimenti.
Max aveva fatto una faccia scocciata, alzando un sopracciglio, come a dire: dove vuoi che me ne vada?
Se solo avesse saputo cosa lo aspettava.
È iniziato tutto come un gioco, una sfida, una prova di coraggio.
Una cazzata, un gioco da ragazzi.
Con una decina di piloti fra i tredici e i quindici anni che provavano ad arrampicarsi su una quercia, cadendo e sbucciandosi le ginocchia prima di una gara, facendo cose stupide e pericolose. Con Charles Leclerc che a metà strada, coi piedi nel vuoto, ha un attacco di panico e devono andare a tirarlo giù in due. Con Frances Roux che raggiunge la cima sicura, come se fosse cresciuta nella giungla, appendendosi al ramo più alto e dondolandosi nel vuoto a dieci metri da terra.
Max era rimasto a debita distanza, scrutando gli altri da lontano. Sapeva bene che se si fosse fatto coinvolgere e fosse successo qualcosa, suo padre non glielo avrebbe mai perdonato. Aveva guardato Esteban finire rovinosamente gambe all'aria e un altro stupido ragazzino italiano farsi male nel tentativo di raggiungere la ragazza, ma non aveva mosso un passo, restando nell'ombra.
Frances aveva riso, con quella risata argentina che sapeva di adrenalina e giovinezza.
"Verstappen?" lo aveva chiamato, quasi urlando, mettendo le mani a coppa attorno alla bocca per amplificare il suono. "Che fai, non vieni? Hai paura?"
Tutti si erano girati a guardarlo e Max era arrossito violentemente.
Per la cronaca, lui nemmeno voleva farlo. Era solo che voleva dimostrare qualcosa a lei e a tutti quei ragazzini che lo allontanavano e lo disprezzavano. Fare colpo nell'unico modo che conosceva: non tirandosi mai indietro.
Si era grattugiato i palmi delle mani contro la corteccia, nel tentativo di raggiungere la ragazza seduta in cima all'albero. Si era arrampicato con il fiatone e il viso paonazzo e la pelle viva esposta e sanguinante, come se ne andasse della sua vita. Anche allora sapeva che si sarebbe pentito, ma non aveva avuto la minima intenzione di rinunciare a prendersi quel posto d'onore accanto alla ragazza più straordinaria che esistesse.
Soprattutto se poteva farlo guardando dall'alto Charles Leclerc con le braccia incrociate e il viso imbronciato soffrire in silenzio per la sua inadeguatezza. Quando era stato sotto di lei, a poco più di un metro di distanza, mezzo acquattato fra le fronde gonfie di foglie, l'aveva guardata dabbasso con gli occhi che luccicavano. Lei gli aveva teso una mano, stringendo le cosce al ramo per evitare di cadere, e lo aveva aiutato a issarsi.
Le loro mani si erano strette con forza, avvinghiate saldamente.
Sangue, e sudore, e residui di terra.
"Siamo il Re e la Regina del mondo" aveva detto lei. E Max non se l'era mai dimenticato.
*
Dieci anni dopo stanno sul tetto del Four Seasons di Manama, a trecento metri d'altezza, seduti sul bordo con le cosce che si sfiorano e i piedi liberi che si muovono nel vento. Non sembra passato nemmeno un giorno da quel momento.
Il mare sotto di loro infuria contro la costa, mentre il vento gonfia le loro magliette e sparge i capelli in tutte le direzioni. Da ragazzini sembrava una sciocchezza, ma ora come non mai sono davvero i padroni del mondo.
Max ha fatto dell'alta velocità tutta la sua vita, eppure niente gli dà i brividi come salire sul punto più alto e guardare il resto del mondo ai suoi piedi.
"Mi era mancato" dice, tenendo gli occhi fissi sulla riga dell'orizzonte. Il sole è allo zenit, acceca lo sguardo.
Frances si stringe nelle spalle, incassando la testa di lato.
"L'anno scorso è stato strano" replica, dondolando la gamba contro il cemento. Fa un rumore ritmico e misurato. "Era da tanto che non guardavo le cose da questa prospettiva."
Non lo contraddice ma non gli dà nemmeno ragione. Tipico di Frances.
Una folata di vento li investe entrambi, e Max sente le narici riempirsi dell'odore di lei.
"Da San Paolo?" chiede, inebriato, mentre tamburella piano col pugno chiuso sul cornicione, cercando di sfogare discretamente il nervosismo che gli attanaglia le viscere, che non ha niente a che vedere con la paura delle altezze.
"Da San Paolo" conviene lei, annuendo piano con la testa.
"Sul serio?"
Max è sorprendentemente sollevato. È ancora una cosa solo loro, quindi. Sua e di Frances.
La ragazza al suo fianco emette un suono a metà fra uno sbuffo e una risata, come se trovasse la domanda assurda e divertente al tempo stesso.
"Sul serio, Max, con chi dovrei farlo?" replica, gesticolando con veemenza. "Con Charles? Lo stesso Charles che ha paura di prendere l'aereo e non sale sugli ascensori col pavimento in vetro?"
Ridono, ed il suono è attutito dal silenzio del tetto.
Lui vorrebbe aggiungere qualcosa, anzi, è davvero sul punto di farlo, quando il suo telefono riprende a suonare e Max deve resistere all'impulso di lanciarlo nel vuoto e guardarlo precipitare giù assieme a tutte le sue responsabilità. Guarda di sfuggita il nome sullo schermo, e fa un sospiro seccato. Sul serio? È di nuovo Kelly.
"Puoi rispondere."
Frances trattiene a stento una risata, e gli tocca il ginocchio col palmo della mano. La pressione è decisa e piacevolmente calda. È un gesto familiare, impossibile da fraintendere, eppure gli manda il sangue al cervello. "Non mi offendo."
Max preme il tasto di accensione finché lo schermo non diventa nero. Qualcosa, non saprebbe nemmeno dire cosa con esattezza, gli dice che le cose stanno per cambiare per sempre e che farebbe bene a fare tesoro di questi ultimi minuti insieme. Il momento della follia sta per finire, e poi subentreranno gli obblighi, quelli a cui non può sottrarsi e che lo porteranno via da lei. Le mani gli sudano, il cuore gli galoppa nel petto.
"Può aspettare" dice.
Tutto quello che non ci riguarda può aspettare, intende.
Per un po' restano in silenzio, persi nei rispettivi pensieri, con Frances che ha lo sguardo incollato al fondo della strada e Max che non riesce a staccarle gli occhi di dosso. Anche se sono solo una manciata di minuti, quando lei alza il mento e parla di nuovo sembra che siano passate ore.
"Sono felice per te, Max."
L'effetto che quelle parole hanno su di lui, però, non è quello che lei si aspettava e glielo legge in ogni angolo aggrottato del volto. Lo dice piano, quasi sussurrandolo, nonostante siano soli. Lo dice in un modo che non le appartiene, dolcemente, come se pensasse di stargli facendo un regalo prezioso.
"Per Kelly, per la nuova macchina, per tutto. Sento che le cose iniziano a girare dalla tua." Prosegue, cauta.
Non c'è modo di trattenere l'espressione di assoluto stupore che gli si dipinge sul viso, né la strana stretta allo stomaco che segue.
"Non capisco di cosa tu stia parlando."
È troppo assurdo.
"So che non pensi di meritarlo, credimi." Bisbiglia lei, di rimando, improvvisamente seria. Giocherella con la cerniera della tasca ampia al lato del suo ginocchio, pizzicandola con le unghie corte e colorate da residui di smalto sbeccato. "Farsi amare è difficile, per quelli come noi."
Le parole gli vengono fuori prima che possa fermarle, affilate come spade.
"Ce l'abbiamo fatta però, mi sembra."
E Max avverte una strana fitta al petto, un senso di vertigine che non ha niente a che vedere col vuoto sotto ai suoi piedi, ma che lo fa pensare al vuoto nella sua vita, a quel piccolo cantuccio che ha sempre lasciato sgombro, nella speranza di trovare il coraggio per dirle la verità.
Perché Frances ha detto quelli come noi, che è esattamente quello che lui ha sempre pensato.
Mentre la guarda annuire, coi capelli indomabili costretti dall'elastico, il collo lungo e scoperto, gli orecchini spaiati e i nei sulla linea della mandibola, però, si rende conto che anche se loro due sono la stessa cosa, amare lei non è mai stato difficile. Anzi, gli è sempre venuto naturale, come guidare.
Amare lui è tutto un altro paio di maniche.
Nemmeno Kelly, probabilmente, lo ama davvero.
Non che la cosa lo turbi più di tanto, ad essere sincero. Lui è sicuro di non amarla.
Certo, ama molte cose di lei. Ha un corpo stupendo, per iniziare, degli occhi da cerbiatta che gli annebbiano il cervello. È atletica e sensuale e dio se sa fare ed essere esattamente tutto quello un uomo possa desiderare. Ha senso dell'umorismo, passione ed è sincera come una bambina. Mentre se ne stavano stesi sull'amaca, in Brasile, quell'inverno, certe volte ha avuto la netta impressione che lei lo facesse sentire protetto, in qualche modo. Come se la sua positività e la sua leggerezza lo schermassero dalle opinioni negative degli altri.
Lei gli fa indiscutibilmente bene, e Max è felice con lei più di quanto lo sarebbe con chiunque altra, ma non la ama.
Perché l'unica che potrebbe amare è la ragazza rotta e ricomposta in punti casuali che siede al suo fianco e che lo porta al limite da quando si conoscono. La ragazza che si mette cavalcioni sul cornicione, completamente rivolta verso di lui, con un sorriso enigmatico ad attraversarle il viso e le mani a pochissimi millimetri dalle sue.
E Kelly è stupenda, ma non sarà mai Frances, perché Frances è fatta di un'altra pasta. Una di quelle che non fanno più, come la sua. Scura, magmatica, grumosa. Terrificante e bellissima.
E dio, se adesso Max ha voglia di baciarla.
Prima che possa fare qualsiasi cosa di cui possa pentirsi, però, lei si puntella con i palmi e si cala sul tetto, sollevando uno sbuffo di polvere e brecciolino.
Così Max capisce che il breve momento di confidenza fra loro si è esaurito, e il momento del congedo è vicino. Reprimere il moto di delusione che gli monta nel petto è più difficile di quanto avesse immaginato.
"Andiamo" dice Frances, facendogli un cenno col capo, indicando la porta. Improvvisamente sembra tornata allegra e pimpante. "Se faccio abbastanza in fretta dovresti fare in tempo a tornare prima che ti diano per disperso e ci mettano i servizi segreti alle calcagna. Hai una gara da vincere."
Sicura, puntuale, definitiva. Pragmatica come Max ha sempre finto di essere.
Indugia ancora un attimo, a un passo dal vuoto, cercando di raccogliere il coraggio e la stamina per la gara imminente. È talmente concentrato che, mentre ritorna coi piedi per terra, il suo cervello riesce a registrare solo l'ultima frase che ha sentito.
"Farai il tifo per me?" le chiede, sollevando un sopracciglio e strofinandosi i palmi delle mani sul pantaloncino. Vorrebbe suonare ironico, caustico perfino, eppure lei non sembra cogliere la vena di scherno nella sua voce.
"So che vincerai" ribatte, mentre spalanca la porta dal maniglione antipanico e si immette sul pianerottolo, dandogli le spalle. Spalle strette, disperatamente esili.
Il battito cardiaco di Max accelera all'inverosimile, il cuore gli risale dal petto fino alla parte bassa della gola.
"Charles cosa ne pensa?" dice, con voce strozzata, e se ne pente nel momento esatto in cui chiude la bocca. Si morde la lingua fino a sentire il sapore del sangue. Sapesse stare zitto, certe volte.
Frances si gira per rifilargli un'occhiataccia fulminante, che è sempre meglio che un calcio al basso ventre, come è già successo in precedenza.
"Oh, andiamo." Borbotta, con le braccia strette al petto. "Lo sai benissimo che anche Charles spera che tu vinca. Se lui non può, meglio te che chiunque altro."
Max aggrotta le sopracciglia, perplesso.
"Ho sempre pensato che fosse meglio chiunque altro, piuttosto che me."
L'ascensore si spalanca davanti a loro, vuoto e scintillante. I loro sguardi si incrociano di nuovo nello specchio, mentre scendono nell'abitacolo silenzioso. La tensione è palpabile, ma familiare.
"E questo è il motivo per cui tu e lui non andavate d'accordo da piccoli." Dice lei. "Non hai mai capito un cazzo di Charles."
"E viceversa."
//Spazio autrice (rediviva)
Ciao amiche, come state? Questo capitolo si è fatto attendere molto più del previsto, ma sono incredibilmente soddisfatta. Non mi capitava da molto tempo di riuscire a mettere in parole i personaggi così bene e a fuoco. Anche se è molto statico, presenta in toto i temi cruciali di questa storia e, soprattutto, vede per la prima volta Max-Frances-Charles tutti insieme e appassionatamente.
Sono incredibilmente curiosa di sapere le vostre teorie, per quanto strampalate. Inizia a farsi strada qualche idea?
Dopo soli cinque capitoli questi personaggi iniziano a prendere vita propria, si costruiscono un passato, un presente e (forse) un mezzo futuro. Se le cose vi sembrano ancora confuse, pazientate, mentre se per caso qualche campanello d'allarme inizia a comparire sappiate che sto seminando con cura dei twist inaspettati.
Leggete, votate e commentate se vi va. Qui, o su instagram, dove mi trovate come @itstods_wattpad insieme a molti spoiler, chiacchiere e filtri cessi. Grazie per l'interesse e l'appoggio che mi avete dimostrato fino ad ora. Siamo vicini adi 100 voti, di già? Vi voglio bene,
Baci esagerati,
Vostra T.
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