3| Max- Il presente

2021, BHR

Don't kill me just help me run away
From everyone I need a place to stay
Where I can cover up my face
Don't cry, I am just a freak

Quando sei una macchina da soldi con uno stipendio a sei o sette zeri puoi fare più o meno qualsiasi cosa ma, paradossalmente, c'è un numero sorprendente di cose che non hai alcun diritto di essere.

Debole è una di queste.

Con i soldi e con lo status sembra si acquisisca un qualche tipo di superpotere, uno di quelli che ti rende infrangibile fino a prova contraria.

Improvvisamente tutte le persone che ti circondano sembrano interessate alla tua vita e pretendono di farne parte. Ti gravitano attorno nella speranza di ricavarci qualcosa, si nutrono delle tue sconfitte e dei tuoi dispiaceri alla ricerca spasmodica di cedimenti o passi falsi. Si comportano come se credessero nei tuoi successi, ma farebbero qualsiasi cosa pur di dimostrare che sei finito.

Se c'è una cosa che ha imparato è che, in un mondo del genere, dimostrare di essere anche solo vagamente scalfibile è già di per sé un tipo di debolezza a dir poco imperdonabile.

Più sei distaccato, più li tieni a distanza.

Più ti stanno lontani, più riesci a vivere.

Fa schifo, ma è il prezzo da pagare, e prima lo accetti meglio è.

Lui ci ha messo un tempo mostruosamente lungo per farlo.

All'inizio è stato un vero disastro: scoppi di rabbia improvvisa, irruenza ingiustificata, una montagna di dichiarazioni avvelenatissime che gli hanno costruito attorno un'aura feroce e minacciosa che non gli appartiene per niente.

La verità è che nella foga del momento si dicono cose che non si pensano, la maggior parte delle volte. Si diventa persone che non si è e che si fa fatica anche a riconoscere.

E se certe volte può tornare comodo avere una fama di un certo tipo –mette pressione agli avversari, tiene lontane le scocciature, pompa il tuo ego come poche cose al mondo- spesso fa solo male, in un modo subdolo e perverso che ti fa sentire la persona più sola sulla faccia della Terra. E stare fuori dai radar, essere un signor nessuno imperscrutabile e noncurante, è decisamente meglio che essere il Principe del Caos.

Negli anni Max è diventato molto bravo a gestire le sue emozioni, a mettere su un sorriso costruito e a calcare una maschera inespressiva per impedire agli altri di scavargli nel profondo, ma ancora non riesce a controllare il battito del suo cuore ogni volta che Frances Roux entra nel suo campo visivo. Per quanto provi a reprimere l'ondata di calore e bisogno che gli si irradia nel petto ogni volta che la vede, le sensazioni che lei gli trasmette sono sempre troppo intense.

Anche adesso che sta lì, appoggiata alla rete protettiva attorno alla pista, con i suoi pantaloni ridicoli e i suoi capelli arruffati legati in modo approssimativo in cima alla testa, emana un'aura folgorante, tanto che Max si chiede come facciano gli altri a starle intorno senza coprirsi gli occhi, per quanto è abbagliante. Lui si limita a scrutarla da lontano, a distanza di sicurezza, da dove sa che lei non può fargli male.

Sta parlando con qualcuno che lui non riesce a riconoscere perché gli dà le spalle, e gesticola animatamente, con un sorriso enorme aperto sul viso che gli smuove dentro cose che non vorrebbe.

Cose che lo rendono più che semplicemente debole.

Da quando la conosce, Frances ha sempre avuto questo modo inspiegabile di concentrare tutta l'attenzione su di sé semplicemente entrando in una stanza. E questo ha molto poco a che vedere con come appare esteticamente (anche se Max avrebbe qualcosa da ridire anche su questo punto, specie per il modo in cui la tuta ignifuga la avvolge in certi punti che oh), ma piuttosto con il modo che ha di occupare lo spazio, di muoversi in qualsiasi ambiente come se fosse il suo terreno di caccia.

La cosa migliore è che lei nemmeno se ne rende conto, di quanto sia luminosa.

Meglio ancora, non le interessa.

Chiunque la guardi dall'esterno, senza conoscerla, potrebbe pensare che lo faccia per posa, per farsi notare magari, ma non c'è niente di più lontano dalla realtà. Se al mondo esiste una persona davvero libera dal giudizio di chiunque altro, quella è Frances. Frances, che non ha più nessuno se non sé stessa. Frances che guida come vive, come se non avesse paura di niente.

Ha sempre pensato che fossero la stessa cosa, lui e Fran.

C'è qualcosa di poetico nel modo che hanno di somigliarsi e di distinguersi, identici e contrapposti. Come se il bene dell'una derivasse dal male dell'altro e tutti quelli che nell'uno sono difetti imperdonabili diventassero i pregi migliori dell'altra.

È stato forse questo a spingerli così vicini, sin dal principio, e a impedire loro di perdersi nonostante tutto quello che è successo.

O almeno questa è la favoletta che a Max piace raccontarsi, perché sa benissimo che lei sarebbe di tutt'altro avviso. Se lo ricorda bene, il pugno nell'occhio che gli ha assestato il giorno che si sono incontrati per la prima volta, perché- come dimenticarlo? -. La ferita che lei gli ha inferto nell'orgoglio brucia ancora forte, anche a distanza di anni, ma non è poi così sorpreso dalla consapevolezza che ne prenderebbe altri cento, di cazzotti, se servissero a fargliela incontrare di nuovo.

Sono passate poche settimane dall'ultima volta che si sono visti, sul molo di Monaco, al solito posto, eppure ha la sensazione che quella specifica versione di Frances –spalle flessuose, bocca imbronciata attorno alla cannuccia del drink e capelli ribelli che si colorano di mille sfumature castane nel riverbero della luce del tramonto- non sia mai uscita davvero dalla sua mente.

L'immagine della fille en feu della loro adolescenza, in equilibrio su un piede a un niente dal pelo dell'acqua, è stampata a fuoco sulle sue retine.

Ma sta divagando.

Mentre indugia nell'atmosfera soffusa del suo garage, cercando di calmare i suoi battiti e contare i suoi respiri, Max si sforza di distogliere lo sguardo da Frances e di concentrarsi su qualcos'altro.

La gara imminente, per esempio, la sua ragazza, magari. La pressione degli pneumatici. Il catering del pranzo. Il nuovo ordine mondiale. Qualsiasi cosa. Qualsiasi altra cosa.

Prima di uscire alla diretta luce del sole e di farsi investire dalla perpetua estate mediorientale, si strofina il viso con entrambe le mani aperte, come a schiarirsi i pensieri.

Il cielo è limpido e senza nemmeno una nuvola. La grata protettiva che avvolge il circuito riluce tutt'intorno, e l'asfalto scricchiola sotto i suoi piedi, rovente. È una di quelle giornate elettriche e assolate che gli fanno venir voglia di fare qualcosa di folle, e c'è solo una persona al mondo che non direbbe mai di no a nessuno dei suoi piani strampalati.

Sono cambiate tante cose, negli anni, ma sa che questa nello specifico non cambierà mai.

Al solo pensiero un ghigno compiaciuto gli si disegna sul volto, e lui si calca il cappellino più a fondo sopra la testa, a coprire tutte le insicurezze con un gesto volitivo.

"Max!" lo intercetta subito la ragazza, sventolando la mano per fargli cenno di avvicinarsi. Stacca la schiena dalla rete che scricchiola in modo sinistro e si addrizza, col mento alto, per recuperare i centimetri di altezza che le mancano. "Ma che fine avevi fatto? La tua signora la fai aspettare così tanto?" gli dice, allacciando le braccia sui fianchi.

Lui le restituisce uno sguardo contrariato, che Frances aggira con abilità disarmante.

"Ero venuta qui per salutarti ma tu ti dai sempre alla macchia." Prosegue, arricciando le labbra. "Meno male che ho beccato qualche vecchia conoscenza."

Il tizio misterioso che gli dava le spalle si rivela essere un ragazzo che lavora in Alpine, più o meno sui venticinque anni, bruno e allampanato, decisamente francese in tutti gli stereotipi possibili. Dal modo in cui riempiono la breve distanza fra loro- lui appena inclinato in avanti, lei con un piede davanti all'altro e il busto ruotato a sinistra-, i due sembrano avere effettivamente un qualche tipo di confidenza che Max ignora e che lo mette improvvisamente a disagio.

Gli ricorda quante cose non sa su di lei.

"Ciao" si costringe ad abbozzare, con le mani nelle tasche, mentre l'altro gli scocca un sorriso poco convinto.

Se Frances si accorge del suo tono non troppo entusiasta, non lo dà a vedere.

"Allora? Dimmi un po'. Come ci si sente ad essere il mega favorito? Hai già ripassato l'inno? Ti ricordi ancora come si stappa lo Champagne?" chiede piuttosto, con una punta di scherno nella voce. Usa la mano sinistra per ripararsi gli occhi dal sole, facendola aderire alla fronte di piatto, mentre indirizza verso di lui uno sguardo interrogativo.

Max si stringe nelle spalle.

"Bene, credo" risponde, meccanico. "Il solito"

"E queste sarebbero le tue dichiarazioni?" incalza lei, alzando un sopracciglio. Poi gonfia il petto e lo scimmiotta borbottando qualcosa che somiglia a un bene credo il solito.

Lui si sente arrossire, soprattutto sulle orecchie, ma spera che nessuno dei due se ne sia accorto. Quanto la odia quando fa così.

"No" si costringe a rispondere, piegando gli angoli della bocca all'ingiù in una smorfia scontenta. Parti di lui vorrebbero dire qualcosa di cattivo per zittirla, altre vorrebbero dire qualcosa di vero, anche se assolutamente fuori luogo. La cosa peggiore? Non può fare nessuna delle due cose, perciò opta per una comoda via di mezzo. La tipica insofferenza caustica di Max Verstappen.

"Queste sono dichiarazioni esclusive per te, visto che non sai mai farti i cazzi tuoi."

Frances alza gli occhi al cielo, scuotendo la testa e facendo ondeggiare i ciuffi arricciati che le incorniciano la fronte. Non la prende male, non lo fa mai.

"Dio Santo Max, quante cazzate che dici" sbuffa, ma ha un sorriso sbilenco stampato sul volto che lo distrae e gli impedisce di cogliere la sfumatura ironica nella sua voce.

Il francese si congeda dopo un istante, aprendo e chiudendo la mano in segno di saluto e fingendo di doversi allontanare in tutta fretta verso i box della sua Scuderia.

La verità è che ci si sente sempre di troppo, quando in mezzo ci sono Max e Frances. Hanno la tendenza a mettere a disagio le persone, col modo che hanno di parlarsi e spingersi al limite, come se non fosse mai del tutto chiaro se stessero intrattenendo una conversazione amichevole o fossero sul punto di darsele di santa ragione.

"Lo hai spaventato" lo rimprovera la ragazza, incrociando le braccia davanti al petto. Vorrebbe sembrare seccata, ma la sua voce suona morbida al suo orecchio.

"Quello di solito lo lascio fare a te."

C'è stato un tempo, non troppo lontano, per la verità, in cui questa frase aveva un significato del tutto diverso. E lui avvertirebbe una fitta al petto, se non fosse per il sorriso sulla bocca di lei che si fa più ampio, fino a raggiungere gli occhi.

Max non può fare a meno di imitarla.

"Guardami, mi sono rammollita" prosegue la ragazza, indicandosi con un gesto distratto della mano. "Ormai non spavento più nessuno, faccio paura solo a te."

Paura non è la parola giusta, pensa.

"Io non ho paura di niente, ricordi?" dice, invece.

Per un attimo si guardano, e Frances stringe gli occhi in due fessure, facendoli sembrare più scuri di quanto non siano in realtà.

"Stronzate." Risponde, in un soffio, e tutto in lei è ipnotico in modo quasi insopportabile.

Basta un istante. Non più di una frazione di secondo.

Prima che possa ribattere, Frances sembra cambiare idea.

"Provalo." ritratta.

Il cuore di Max pompa nel suo petto veloce e inarrestabile.

Sperava proprio che lo dicesse.


Il suo telefono non smette di squillare più o meno da quando hanno lasciato il circuito in tutta fretta a meno di quattro ore dall'inizio del Gran Premio.

Il che è stato un azzardo, deve ammetterlo. Una di quelle cose che spera con tutto il cuore suo padre non venga mai a sapere e di cui molto probabilmente lui stesso si pentirà nel giro di dieci minuti.

Ma lì e ora, scivolato nel sedile del passeggero con la polo Red Bull e il cappellino blu calcato in testa, Max pensa solo che non vorrebbe trovarsi in nessun altro posto e con nessun altra persona al mondo.

Dà un'occhiata veloce fuori dal finestrino alla città sporca e rumorosa che si innalza sempre più man mano che sfuggono dalla periferia e si immettono nel cuore pulsante e moderno della capitale. Molte persone si affacciano a guardare all'interno dei finestrini quando si fermano agli incroci perché con una macchina del genere è impossibile non dare nell'occhio.

Si sente un fuggitivo, ed è strano per uno che non ha motivi per andarsene, ma solo per restare.

Frances ha una guida nervosa, ruvida, non sa stare nei limiti di velocità e non rispetta le distanze di sicurezza. Tiene le mani molto basse sul volante e distoglie raramente lo sguardo dalla strada, come se avessero davvero un posto in cui andare in tutta fretta e non si stesse muovendo praticamente alla cieca. Max si chiede come abbia fatto a farsi convincere a far guidare lei, mentre macinano chilometri cercando di allontanarsi dal parco del Sakhir il più rapidamente possibile.

"Allora? Hai guadato?" lo incalza la ragazza, mentre imbocca una strada secondaria all'ultimo secondo per evitare un ingorgo di traffico. È sicura, impulsiva, millimetrica. Gli dà le vertigini.

Nella manovra, il cellulare di lei striscia lungo il cruscotto per precipitare sul tappetino del passeggero, ma non sembra interessarle granché. Anzi, cerca di attirare la sua attenzione, scoccandogli una rapida occhiataccia e pronunciando il suo nome in modo perentorio.

"Max"

Lui chiude gli occhi, stordito, mentre affonda la mano nella tasca dei jeans e recupera il suo telefono.

Come temeva, ci sono una ventina di chiamate perse. La maggior parte arrivano da Christian. Un paio sono di Kelly. Sparire così a poche ore da un Gran Premio? Cosa cazzo gli è saltato in mente?

Il cellulare riprende a vibrare proprio mentre sta per pigiare sulla barra di ricerca, e decide di ignorare deliberatamente il nome in sovraimpressione. Solitamente non farebbe aspettare ad Helmut nemmeno cinque secondi per una risposta, ma non è il genere di momento che vuole interrompere. Non quando il tempo con Frances è centellinato e saltuario e non quando lei gli è mancata così tanto.

Tornerà in tempo, vincerà, e tutto sarà dimenticato.

Poi.

Qui ed ora è un'altra storia.

Max ci mette pochi secondi a trovare l'informazione che sta cercando e riesce a sentire sulla pelle il brivido di eccitazione che gli dà sapere quello che stanno per fare.

"È il Four Seasons di Manama."

"Perfetto" risponde Frances, senza girarsi nemmeno per un istante. La voce, però, tradisce un'emozione difficile da contenere, quasi fatica a restare salda. "Guidami."

E Dio, è così bello quando lo dice.


//Spazio autrice (here I go again)

Buonasera a tutte e ben ritrovate! Pensavate mi fossi dimenticata di voi, e invece lavoravo al capitolo bomba, il primo vero plot twist di questa storia, che sarà sconvolgente e imprevedibile, in pieno stile T.

Con Max, il cast di TF si completa. Da lui, avremo la prospettiva più importante di tutte, il presente, quello che vive del passato e porta con sè il germoglio del futuro.

Se avete già letto Mad Max vi avviso, questo Max non ha nulla a che vedere con lui. E la sua storia è appena all'inizio, anche se parte nel mezzo. Non vedo l'ora di potervi mostrare di più.

Adesso mi rimetto a voi. Leggete, votate, commentate se vi va, non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate e cosa vi aspettate dalla storia. SONO TUTTA ORECCHIE! Grazie per il supporto che mi avete mostrato fino ad ora, siete incredibili.

Per le nuove arrivate: mi trovate qui e su instagram come @itstods_wattpad per chiacchiere e svarioni, aggiornamenti e sondaggi!

Baci esagerati, alla prossima,

vostra T.

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