PENULTIMA PARTE DEL CAPITOLO UN LIBRO APERTO
Quel momento idilliaco venne rapidamente stroncato da Jessica. –Edward Cullen ti sta fissando.- bisbigliò Jessica, con un sorrisetto che voleva testimoniare una complicità che non ricordo che avessimo mai avuto.
-Non sembra arrabbiato, vero?-sibilai in risposta, ignorando quel cameratismo privo di logica e fuori da ogni realtà. Voglio dire, era insensato. Jessica stava a me come un formaggio sta ad un orologio. Non vi era niente in comune e poi, comunque, tutto questo farsi i fatti miei, appariva sospetto ai miei occhi. Avevo sempre l'impressione che avesse un coltello nascosto dietro la schiena, pronto a colpirmi al minimo accenno di distrazione...come succede in tutte le vere amicizie tra false amiche.
Jessica rimase parzialmente delusa dalla mia domanda del tutto lontana da tutte le sue fantasie più sadiche. –No- rispose, presa in contropiede –dovrebbe esserlo?-
-Penso di non piacergli- confidai, ricordando il precedente tete a tete. A quel ricordo, mi sentivo le gambe molli e, in piena coerenza, appoggiai la testa sul braccio.
Jessica non sembrò colpita dai miei tormenti interiori. –Ai Cullen non piace nessuno...bhé, in realtà, non cacano di striscio nessuno quindi è difficile dire se gli stiamo sulle palle o meno. Comunque Edward continua a fissarti.-
-Piantala di guardarlo- sibilai io...e Jessica, a malincuore, abbandonò la sua radiografia di E.C. (salute!!). Per sicurezza, controllai che avesse obbedito al mio comando e che non lo spogliasse troppo con gli occhi. Pena una reazione altamente violenta da parte mia. Quel momento idilliaco venne ulteriormente disintegrato da Mike, in estasi per l'epica battaglia di neve che aveva intenzione di organizzare nel parcheggio. Il biondo voleva che partecipassimo allo scontro. Jessica accettò con entusiasmo, pronta ad accettare qualunque cosa Mike le avesse chiesto di fare. Io rimasi in silenzio. Non avevo altra scelta che imboscarmi in palestra in attesa che il parcheggio non fosse deserto. Per il resto del pranzo rimasi con gli occhi piantati al mio tavolo. Visto che E.C. (salute!) era in buona, non avrei fatto sega dalla lezione di biologia. Il mio stomaco però non era d'accordo, visto come sobbalzò al pensiero di sedersi nuovamente accanto a lui. Di farmi accompagnare da Mike non ne avevo nessuna voglia, visto che era il bersaglio preferito delle palle di neve e dei cecchini...ma i miei patemi su come tornare asciutta a casa si risolsero in fretta.
All'uscita, tutti alzarono un lamento di delusione...tranne me. Pioveva e l'acqua lavava via la neve, trasformandola in rivi ghiacciati e trasparenti che correvano lungo il marciapiede. Felice come una Pasqua, tirai su il cappuccio. Se sopravvivevo a ginnastica, sarei tornata serenamente a casa...ma dovetti comunque sorbirmi la lagna di Mike che, per tutto il tragitto, mi rimase attaccato alle chiappe, lamentandosi della sfortuna avuta. Ancora felice, notai che a biologia il banco accanto al mio era vuoto. Il professor Banner camminava su e giù distribuendo per ogni tavolo microscopio e una scatola di vetrini. La lezione stava per cominciare e trionfava un magnifico chiacchiericcio. Non osavo guardare verso la porta e continuavo a scarabocchiare sulla copertina del quaderno.
Quel momento di estasi, però, venne presto accantonato e la musichetta feng shui che mi trotterellava in testa fu sostituita dall'intera colonna sonora di Shining.
Sentii chiaramente la sedia muoversi accanto alla mia ma ugualmente finsi di non vederlo e di non sapere esattamente come fosse fatto il mio compagno di banco. Mi dissi che se non lo avessi visto, sarebbe stato come se non esistesse. Immagina,puoi dice lapubblicità...no? I miei propositi andarono beatamente a puttane nelmomento in cui udii una voce da linea erotica provenire dalla suadirezione. –Ciao- disse, con un tono basso e melodioso che fecepartire i primi passi di samba alle mie ovaie. Fino a quel momento,credevo di essere una persona matura e responsabile ma quella voceaveva smentito ogni mia pia illusione, ricordandomi che ero unapatetica diciassettenne repressa...ma non fu questa la ragione che mispinse ad interrompere l'artistica sevizia delle pagine delquaderno per guardarlo sbalordita.
Edwardera seduto ugualmente lontano il più possibile da me, con unequilibrio quanto mai precario ma la sedia era rivolta nella miadirezione. Un vero progresso. Aveva i capelli fradici e spettinati main un modo finto casuale che ebbe il potere di mandarmi in bestia perun nanosecondo. Per quale motivo, su di lui quella mise ispiravasesso e su di me, invece, una sana pena? Sembrava il testimonial diuno spot erotico di una nota marca di gel.
Parevaun'altra persona.
Avevaun viso luminoso ed amichevole, con l'ombra di un sorriso sullelabbra ed un'espressione guardinga, come se temesse una mia mossa,come se avesse (giustamente) paura che zompassi su di lui comeun'adolescente arrapata.
-Michiamo Edward Cullen- continuò. –La scorsa settimana non ho avutomodo di presentarmi. Tu devi essere Bella Swan.-
Quellapresentazione ebbe il potere di mandarmi in confusione. Non ricordavoche vi fossero ostacoli che gli impedissero di dirmi chi cacchiofosse la prima volta che ci eravamo visti. Che diavolo significavaquella presentazione a scoppio ritardato? Perché ora sembrava uscitoda un romanzo ottocentesco quando aveva fatto lo schizzato la primavolta? Tutte queste ovvie domande, per quanto ragionevoli, furonoimmediatamente spazzate via da una nuova rivelazione. Che mi fossiinventata tutto? Dovevo assolutamente parlargli e chiederglichiarimenti o, al massimo, dargli il numero di un bravo psichiatra.Edward aspettava che parlassi ma io non sapevo cosa dirgli né,tantomeno, avevo idea di quale cosa convenzionale fosse dapronunciare, soprattutto perché quel dio greco aveva completamenteresettato l'indimenticabile primo incontro che avevamo avuto. Forseanche geriatria andava bene come reparto per curare i suoi problemidi memoria.
-Comefai a sapere il mio nome?- chiesi, sparando fuori la più innocuadelle perplessità che avevo in testa.
Luifece una risata leggera e ammaliante, che mi accarezzòdeliziosamente le gambe. –Penso che tutti ormai conoscano il tuonome. La città aspettava da tempo il tuo arrivo.- rispose.
Feciuna smorfia. Per quanto odiosa, quella notizia rappresentava la purae semplice verità...ma il mio cervello da studentessa del corsoavanzato dette un imput improvviso. –No- insistetti come unacompleta demente – intendo dire: perché mi hai chiamato Bella?-
Edwardperse il suo sorriso smagliante. – Oh, preferisci che ti chiamiIsabella?- domandò, quasi come se cadesse dalle nuvole.
-Nono no- dissi, paventando una simile possibilità. Forse a luiIsabella pareva un nome tranquillo ma io non ero tanto d'accordo,come insegnano i bulli di Phoenix. Si attaccano a tutto pur di faregli stronzi ed il mio nome non è stato risparmiato. -Bella mi piacema Charlie, cioé mio padre, quando parla di me, mi chiama Isabella,credo, perciò penso che tutti mi chiamino così.- feci, mettendoinsieme un discorso apparentemente sensato.
Speraivivamente che il rosso chiedesse qualcos'altro, qualsiasi cosa. Lafase precedente mi aveva dissuaso dalla tattica della prima mossa.Non potevo dirgli nulla che subito si incazzava quindi, dopo averlostudiato a fondo, avevo dedotto che fosse meglio lasciarlo parlare epoi rispondere di conseguenza...ma questo era ritornato nel suoprecedente mutismo e, ripeto, era la cosa più imbarazzante cheavessi sperimentato fino a quel momento.
Perfortuna intervenne il professor Banner. Non in funzione di Cupidonaturalmente, ma come scassacazzi stipendiato, iniziando la lezionedi scienze. Malgrado fossi sicura di essere galassie avanti rispettoal programma di quei campagnoli, decisi di concentrarmi ugualmentesull'argomento, ignorando l'improvvisa loquacità del mio schizzato esexy vicino di banco. Il professor Banner, tuttavia, sembravapensarla diversamente e pareva seriamente deciso a non essere più ilmio insegnante preferito, come ebbi modo di sperimentare conl'esercizio che ci dette. Si trattava di lavorare a coppie, separareepitelio di cipolla ed etichettare in base alla fase di mitosi in cuisi trovavano. Una bazzecola per una studentessa del corso avanzato.Un vero disastro per il mio proposito d'ignorare E.C. (Salute!).
Avevamoventi minuti di tempo e naturalmente non potevamo usare libri.
-Iniziate pure- disse il professore.
-Primale donne, collega?- chiese Edward. Stavo per dirgli che quel modo diparlare sapeva di nonno ma quando vidi il suo sorriso beffardo, imiei neuroni fecero harakiri e finii imbambolata come una completaidiota. Riuscii a riprendermi dopo qualche minuto ma fu difficile,credetemi. La sua voce erotica ed il suo sorriso stordente potevanoessere considerati come armi di distruzioni di massa. Vedendo che nonconnettevo abbastanza velocemente, decise di venirmi in soccorso. -Se vuoi comincio io- propose, meno sorridente di prima. Forse pensavache avessi qualche seria patologia psichica, o che fossi incantatadalla sua immensa bellezza o, forse, che non sapessi un'accadell'argomento e volesse evitare un'insufficienza. Le tre ipotesi mifecero incazzare.
-No,faccio io- risposi, rossa di vergogna e di rabbia. Tutto quel ben diDio voleva aiutarmi nello studio ma io provenivo dal corso avanzatodi Phoenix e quindi non potevo fare una figura barbina davanti a lui.No sia mai che un secchione di Forks ha la meglio su una del corsoavanzato della più splendida e solare città d'America!!! E poicomunque avevo un vantaggio. Avevo già fatto quell'esperimento esapevo cosa cercare. Per la serie "Ti piace vincere facile?".Certo, era molto stronzo da parte mia approfittarmi di questo aiutinoma, in guerra e a scuola, tutto è lecito...soprattutto se questosignificava uscire da quel posto dimenticato da Dio con una bellaborsa di studio. Avrei fatto tutto in scioltezza e quel modellosequestrato nella città di Forks avrebbe smesso di disturbare la miacasta serenità con fantasie oscene. Misi il primo vetrino sotto ilmicroscopio e con un movimento fluido misi a fuoco. Poi creai unpo'di suspence, prendendomi qualche istante per studiare ilreperto...ma ero sicura della mia analisi, altroché. -Profase- dissicon tono professionale e tirandomela come una reginetta di bellezza.
Misi pararono innanzi mille scenari mentali: vedendo la mia capacitàintellettiva, il rosso si sarebbe messo a balbettare paroledemenziali di ammirazione nei miei confronti e, dopo essersiinginocchiato, mi avrebbe proposto di essere la sua ragazza.Purtroppo il soggetto dei miei pensieri mandò in vacca le miefantasie, con una semplice domanda. -Ti dispiace se doun'occhiata?-chiese, mentre prendeva il vetrino che io stavo perlasciare. Non fui abbastanza veloce e ci fu uno sfioramento di dita,come nelle più torride e demenziali commedie romantiche. Fu comemettere l'intero palmo nella presa della corrente. Senza contare cheaveva delle mani fredde...ma non fredde tipo brezza fresca, no. Tipostato di assideramento avanzato, come quando metti le mani dentro uncumulo di neve per 24 h.
-Scusa-ebbe il buon senso di dire, ritirando immediatamente la mano. Peròrimase piegato al microscopio, in piena coerenza nella suaincoerenza. Lo guardai, indecisa se dirgli di prendersi dei guanti, odi metterli sul termosifone. Quello non ci fece caso e, con la stessaabilità nel cancellare le memorie tristi, riprese l'esame delvetrino, più velocemente di me. Decisi di assecondarlo. Meglio laversione psicotica calma di quella schizzata.
-Profase-concordò e lo scrisse in bella grafia nella prima casella del nostrofoglio di lavoro. Poi prese il secondo vetrino e gli diedeun'occhiata distratta. -Anafase- disse e lo scrisse subito, senzafilarmi di striscio.
Ehno! -Posso?- domandaiindifferente. In quel momento, dissotterrai l'ascia di guerra. Lastudentessa del corso avanzato era pronta a piallare lo stronzolocale.
Edward,ignaro dei miei pensieri, mi fece un sorrisetto da Prima Donna e mipassò il microscopio. Lo presi, impaziente di smerdarlo a dovere,ripristinando il giusto ordine che voleva i forkiani sottomessi agliabitanti di Phoenix...ma i miei disegni bellicose si sgonfiaronosubito, quando vidi che la definizione era giusta. Tentai dimantenere un po'di autocontrollo, consolandomi che eravamo 1-1. -Ilnumero 3- dissi, facendomi passare il vetrino.
Edwardobbedì ma questa volta badò bene di non toccare le mie dita.Promemoria per i prossimi incontri con E.C. (Salute!): procurarsi unpaio di guanti per evitare i contatti diretti con il soggetto inquestione. Per fare più veloce, gettai l'occhiata più fulminea chepotei, dissi frettolosamente : - Interfase-.
Peruna botta di culo, era la risposta giusta ma avevo tirato aindovinare, visto che non avevo quasi guardato il vetro. Come facesseE. C. (Salute!) ad essere così fulmineo era un mistero. Moltocavallerescamente gli lasciai l'onore di scrivere i risultati, dopoessermi accorta della sua grafia perfetta, nitida ed elegante. Seavesse visto quelle lettere un maestro di calligrafia giapponese,avrebbe sicuramente pianto di gioia per la bellezza. A me, invece,rompeva e basta. Avrei lasciato scrivere E.C. (Salute!) solo perchéscriveva bene ma rompeva, ecco. Io ero una studentessa del corsoavanzato, e che cavolo!
Finimmocomunque per primi. Mike e la sua compagna di lavoro litigavanoancora con i vetrini, non sapendo quale fosse la loro esatta funzionenel mondo, mentre un'altra barava senza nessuna vergogna, tenendoil libro sulle ginocchia sotto il banco. Gli unici ad avere ildiritto di cazzeggiare eravamo solo io ed E.C. (Salute!). Fui presadal panico. Non dovevo lasciarmi condizionare dal momento e dallefisime mentali che ultimamente ammorbavano la mia delicata psiche...maera difficile non cedere alla tentazione di non dargli nemmeno unasbirciatina innocente.
Giuroche ci provai fino alla fine...ma toppai miseramente, quando fecisaltare lo sguardo su uno di quei visi. Lui pareva inspiegabilmentefrustrato, come se fosse afflitto da un prurito insopportabile e nonpotesse grattarsi nemmeno un po'...ma non fu questo particolare afarmi uscire da ogni grazia di Dio.
Fuun'altra cosa, un particolare che mi aveva fatto percepire Edwardleggermente diverso dal suo esordio.
-Portile lenti a contatto?-chiesi a bruciapelo. La buttai lì così, senzapensarci...come quando spari la prima cavolata che ti viene in menteper non stare zitto.
Edwardcadde praticamente dalle nuvole e perdendo il suo fascino alla RupertEverett balbettò un ben più semplice e burino no.
-Oh,però mi sembrava di aver notato qualcosa di diverso nei tuoi occhi-continuai, come quella bambina rompicoglioni che chiede al lupo cheorecchie grandi che ha, che occhi grandi che ha, che bocca grande cheha...insomma, quella lì...come si chiama? Ah sì...CappuccettoRosso.
E.C.(Salute!) ebbe il buon senso di stringersi nelle spalle e guardarealtrove, fingendo di non conoscermi. Non potevo biasimarlo e le mieovaie, vedendo la mia performance, protestarono sonoramente,sostenendo che non era quella la tattica per rimorchiare. Avevanoragione loro. Malgrado mi fossi istruita a lungo, grazie alla letturadi fanfiction zozze, non avevo imparato quale fosse il corretto modod'interazione con l'altro sesso. Colpa mia, sicuramente...però erodavvero sicura che quella versione tutta moine di Edward fosse moltodiversa da quella stronza che mi aveva accolto al mio ingresso allascuola. Ricordavo benissimo lo sguardo assassino che mi avevafulminato in quel magico momento, quelle iridi nere come l'inchiostrosu quel pallore anemico e quei capelli rossi. Era impossibilesbagliarsi. Lo sanno tutti che chi ha la pelle come lo stracchino ècome un foglio bianco. Basta un niente e si vede tutto. Quel giorno,quando era incazzato nero, erano inchiostro. Quella mattina, inveceavevano una tonalità color ocra, più scuro di una caramella ma conbagliori ambrati. Un bel salto cromatico, perciò avevo volutoaccertarmi della cosa, chiedendogli se portava le lenti a contatto.Volevo saperlo, giusto per togliermi la curiosità e per vedere se miavrebbe mentito. So che è una cosa strana ma avevo bisogno disaperlo, soprattutto perché qui a Forks i divertimenti scarseggianoe non si sa mai come passare il tempo.
Quifermo la scrittura della parodia. L'ultima parte del secondo capitolosarà pronta non appena possibile ma spero di scrivere semprequalcosa di buono. Se ci sono errori o simili, fatemi pure sapere.
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