A PRIMA VISTA...ASPETTA, MI PULISCO GLI OCCHIALI parte 2
Quando atterrai a Port Angels, pioveva. Non interpretai quel fenomeno atmosferico come un presagio: era inevitabile...e poi, con la sfiga che avevo, poteva andarmi peggio. Tipo beccare in pieno una tormenta di neve. Avevo comunque detto addio al sole già da un pezzo, quindi ormai era fatta. Avevo buttato Forks fuori dalla porta ed ora rientrava dalla finestra...e, stavolta, era tutto merito mio.
Charlie mi aspettava sull'auto della polizia. Per la brava gente di Forks, era l'ispettore capo Swan...e qui vi spiego perché avessi tanta voglia di avere una macchina tutta mia, malgrado i pochi soldi da parte ed i riflessi da bradipo zoppo.
Il fatto è che, anche se la città non mi piaceva, ci tenevo a fare una bella figura. Anni di club per fighi ed un'etichetta di "sfigata"incollata alle chiappe mi avevano insegnato che l'abito fa il monaco...e, comunque, andarmene a spasso con la macchina della polizia non era proprio un biglietto da visita. La gente poteva pensare che avessi qualche precedente e fossi una dal passato torbido (ipotesi affascinante...e irrealistica, per mia sfortuna) oppure, molto banalmente, un'impedita cronica, incapace di guidare.
Capirete quindi che andarsene con una macchina con le luci rosse e blu sul tetto era un invito alla violenza da parte di tutti i bulli del posto. Non ho mai appurato la loro esistenza a Forks ma preferivo non rischiare. Senza contare che Charlie guidava come una lumaca, rispettoso delle regole stradali fino allo stremo.
Charlie mi accolse, stringendomi goffamente con un braccio. Fu un abbraccio strano per me, ma cosa potevo aspettarmi? Dopo la fuga di Renée, mio padre aveva chiuso con le donne, limitandosi alla frequentazione maschia dei suoi amici maschi. Capirete quindi che aveva smesso con gli abbracci da un pezzo, visto che non aveva a chi darli...a meno che non volesse essere guardato male dai suoi amici, ovviamente.
Quel gesto, comunque, fu essenziale per la mia esistenza, dal momento che, mentre scendevo dall'aereo, beccai in pieno una sporgenza, inciampando. L'unica, per la precisione. Non ero nemmeno arrivata a Forks e già rischiavo la mia vita.
-E'un piacere rivederti, Bells- mi disse sorridendo -Non sei cambiata molto. Renée come sta?-
-Mamma sta bene. E'bello rivederti, papà- risposi, uccidendo i miei pensieri sul nascere. Benché pensassi, pur sperando il contrario, di non essermi tramutata in una gnocca con la g maiuscola, sapere che non ero cambiata molto mi irritava un po'...ma passai oltre quello spiacevole pensiero. Charlie mi aveva chiesto subito della mamma, bypassando le mie condizioni di salute...e qui venni presa dallo sconforto. Non aveva dimenticato Renée e, di certo, non avevo cuore di rivelargli che la mamma ora stava da Dio insieme ad un aitante giocatore di baseball, peraltro più giovane di lei mentre lui invece continuava a rosicare. Non ne ebbi il cuore, capite?. Avevo lasciato l'isteria di Renée, non avevo voglia di sorbirmi le fisime depressive di Charlie ma preferii non pensarci.
Avevo poche valigie ma non c'era da sorprendersi. A meno che una glaciazione non avesse mutato improvvisamente il clima dell'Arizona, difficilmente potevo procurarmi abiti invernali. Quelli che avevo lasciato a Phoenix erano troppo leggeri e anche se non smaniavo dalla voglia di stare in quel postaccio umido di Forks, non volevo nemmeno ricoprirmi di muffa fino a esalare l'ultimo respiro...mmm, forse non avrei dovuto vedere l'ultimo film horror con Renée. Io non volevo ma lei stava attraversando la fase “se vuoi superare il momento di merda, devi rimanere immersa nel letame fino a quando non sentirai più il puzzo”...ma per fortuna, sono certa che questo tratto pazzoide non sembri colpire Charlie. Comunque, tornando all'abbigliamento, dopo aver passato tutto il mio vestiario attraverso la selezione naturale, avevo finito con il ritenere salvabile solo il 10% . Renée, allora, mi aveva dato anche i suoi.
Tanto devo andare in Florida, non mi servono aveva detto, scatenando i miei istinti omicidi. Certo, poverina, io vado nella famosissima Forks, mentre lei, poverina, piangerà la mia assenza sulle spiagge da sogno di Baywatch, sotto un sole splendente e con il mare in bella vista...mi venne spontaneo un sonoro vaffanculo mentale a quel pensiero. Certo, ero contenta per lei ma questo non significava che fossi felice di andare in quel buco umido e pulcioso...e mentre così pensavo, Charlie mise i miei averi nel bagagliaio della macchina, uno spazio angusto nel quale la mia roba comunque sguazzava come un pesce rosso nell'oceano.
-Ah, a proposito della macchina, volevo dirti che ne ho trovata una buona per te. Un affarone.-disse questi tutto gaio, rompendo la mia bolla di maledizioni e ponendomi davanti l'unico lato positivo della mia nuova situazione.
Avrei avuto una macchina. La mia prima macchina. Malgrado avessi la patente, non ne avevo ancora una e, malgrado avessi supplicato Renée non ero riuscita a comprarne un mezzo nemmeno piangendo tutte le lacrime. Per la rabbia, ovviamente. Avevo bisogno di una macchina, per la mia sopravvivenza. Il liceo di Phoenix era una giungla, dove vigeva la regola del più fico. Chi andava a scuola con la macchina era fico, specie se la marca lo era. Chi andava con il bus dell'istituto, invece, o era una matricola (e quindi subiva il rito di passaggio, venendo mazziato dai bulli) o era uno sfigato ( e veniva mazziato dai bulli lo stesso). Naturalmente appartenevo al secondo gruppo.
Renée non si fidava a lasciarmi la macchina...ma una volta mi accompagnò lei stessa a scuola con il suddetto mezzo. Non starò a dirvi che cosa successe...tranne che, una volta che se ne andò, venni prelevata dalla squadra di cheerleaders.
La generosissima offerta di Charlie, per suddette ragioni, mi fece quasi piangere dalla gioia.
Ma, allora, qualcuno lassù mi ama!
Poi però ripiombai nella realtà. Ma a chi volevo darla a bere? Ero Isabella Marie Sfiga Swan! Quando mai me ne andava bene una? Charlie mi aveva detto che aveva trovato una macchina per me...un momento! Questo significava che pagava lui, che me la regalava! Merda! Un regalo a scatola chiusa! Fu la conclusione inevitabile. -Che genere di macchina?-domandai, fissandolo ora con crescente timore e non solo per le ragioni sopra dette. Aveva detto “una buona macchina per te”, non “una buona macchina” e basta.
Era risaputo, fin dalla notte dei tempi, che uno Swan era geneticamente destinato all'assenza di coordinazione tra braccio e cervello...e poiché tale maledizione passava, pacatamente e serenamente, di padre in figlio, sapevo che mio padre, conoscendo la mia agilità da bradipo zoppo, non si sarebbe mai sognato di scegliere una semplice auto, come i comuni mortali. Il legame di sangue e della genetica dominante va oltre la centellinata presenza fisica di quegli ultimi anni.
Infatti lo vidi grattarsi il mento, un po'impacciato. -Bhé, in realtà è un pick up. Un Chevi.- disse, imbarazzato per aver dovuto rivelare il suo segreto.
Quel nome uccise ogni mia speranza. Avevo sperato di poter vivere le prime settimane come una In, confidando nella beata ignoranza degli altri studenti...almeno prima che imparassero a conoscermi e riconoscermi come una nerd. Così, però, mi andava in fumo anche quell'occasione, l'unica di poter essere qualcosa che non fosse associato ad un bersaglio per bulli...ma così, diamine, era un invito alla violenza!
-Ah...dove l'hai trovato?-domandai, tentando di dimostrarmi interessata. Quella marca preistorica poteva essere presa solo in una discarica a Phoenix... ma sapevo che nella tranquilla e rallentata provincia americana questi processi naturali vanno a passo di lumaca.
-Ti ricordi di Billy Black? Quello che sta a La Push?-domandò. La Push è la microscopica riserva indiana sulla costa. Nessuno sa dove sia, un po'come Forks o come l'Isola che non c'è...ma, insomma, che ve lo dico a fare?
-No-risposi di getto.
-Veniva con noi quando andavamo a pescare. D'estate.-suggerì, sperando che me ne ricordassi. Peccato che le mie estati a Forks fossero un incubo, fatto di “Oh, ma come sei cresciuta!”, pizzicotti sulle guance e affini...episodi naturalmente rimossi in blocco che lasciavano solo un saporaccio amaro in bocca. Sono molto brava a rimuovere tutte le esperienze dolorose ed inutili...e, poiché Billy è associabile ai dintorni di Forks e Forks è una cosa dolorosa e inutile, per proprietà transitiva, anche questo ricordo è andato nel cesso. Non avrei saputo dare la risposta manco con l'aiuto da casa. Charlie però, come una vispa Teresa baffuta, non si accorse di nulla. - Ha avuto un incidente mentre cantava a squarciagola I will survive sotto la doccia. Brutta storia...mai cantare sotto la doccia quella canzone...ma ormai è fatta.E'finito sulla sedia a rotelle- continuò, ignorando il mio silenzio- e non può più guidare, così mi ha offerto il pick up ad un prezzo davvero basso.-
-Di che anno è?-domandai. Non conoscevo la marca tanto bene ma speravo di non dover fare l'analisi al carbonio 14 per scoprire quanto il mezzo fosse vetusto...ma il cambio di espressione sul viso di mio padre ebbe il potere d'inquietarmi. Forse, e dico forse, sperava che non gli facessi mai quella domanda, a giudicare dalla faccia da poker. -Quando l'ha comprato?-incalzai allora.
-Nel 1984, penso-rispose evasivo.
-Nuovo?-domandai di nuovo.
-Bhé no. Penso che fosse nuovo nei primi anni 60 o al massimo nei tardi 50.-ammise infine, con le guance rosse come una matrioska.
La notizia mi colpì in pieno. La macchina che avevo era nuovissima sì...ma ai tempi dei Beatles e di Fonzie. Non nutrivo molte speranze, lo ammetto. E'verita unica e insindacabile che un patentando abbia un rottame come prima macchina. Calma Bells, respira e ricorda le lezioni yoga che tua madre ti ha imposto l'anno scorso. Respira. Espira. Respira. Espira. Non sei ancora maggiorenne quindi keep calm and smile. Porca puttana pensai però, mentre tentavo d'impedire ai muscoli facciali di assumere un'espressione vagamente omicida.
Mio padre aveva rimediato per me un catorcio...no, non era possibile. Dove diavolo è finito l'amore paterno? L'immagine di me, usata come sacco da boxe per bulli, mi dette nuova forza. Dovevo evitare quel destino infausto ed essere insieme morbida. Charlie non sapeva come prendermi...non dovevo prendermela con lui ma dirigerlo meglio. Anni di separazione non potevano essere rimediati con una carretta. -Char...papà, io di auto non so niente. Se si rompesse non saprei dove mettere le mani e non potrei permettermi un meccanico...-provai a dire, puntando sulla liquidità centellinata e su una seconda e più importante verità: io ero la sua unica erede, il suo patrimonio genetico, colei che doveva conservare, custodire e proteggere, meglio di un banchiere svizzero.
Ovviamente toppai alla grande. Charlie quasi si risentì delle mie preoccupazioni, travisando i miei intenti per una semplice premura di tipo economico. -Sul serio, Bella, quell'aggeggio va alla grande. Mezzi così robusti non li fabbricano più.-ripeté convinto.
Aggeggio...nemmeno a lui viene di chiamarla macchina. Con che coraggio vuole rifilarmela? Pensai,scoraggiata. Se non altro, come soprannome poteva andare. Charlie comunque non intendeva schiodarsi...ed io decisi di battere in ritirata, confidando in un futuro danno irreparabile che mi avrebbe permesso l'acquisto di un mezzo vero. Ugualmente cercai di vedere un lato positivo. Quella cosa sarebbe stato il mio strumento di moto per un po', quindi dovevo farmelo piacere. -Per prezzo basso, cosa intendi?-chiesi. In fin dei conti, sui soldi non potevo scendere a compromessi...e un po'speravo che il catorcio fosse costoso. Insomma, ci sono quei collezionisti schizzati di macchine d'epoca no?
-Bhè, cara, più o meno te l'ho comprato. Come regalo di benvenuto- rispose Charlie, guardandomi di sottecchi con aria speranzosa.
Lo. Aveva. Fatto. Per. Me.
Catorcio. Gratis.
Gratis.
Gratis...quindi, le mie finanze erano intonse. Evviva, ecco il lato positivo...e non potei non commuovermi. -Non ce ne era bisogno, papà. Mi sarei comprata la macchina con i miei risparmi.- feci. Era vero. Avevo messo da parte molti risparmi per comprarmi il mezzo, quando avevo compreso che Renée era contraria, per cui il gesto di papà mi commosse, tanto da spingermi a passare sopra al suo discutibile gusto.
-Non m'interessa. Voglio che qui tu sia felice.- Quando pronunciò queste parole, Charlie aveva gli occhi fissi sulla strada...e allora feci appunto mentale.
Charlie non era mai a suo agio nell'esprimere i suoi sentimenti ad alta voce. Era l'esatto opposto di Renée, che era solita dire tutto ad alta voce, come quando un giorno mi rincorse perché avevo dimenticato gli assorbenti. Era la prima volta che avevo il ciclo e Renée non mancò di dirlo...così anche il mio quartiere di Phoenix venne a conoscenza del mio sviluppo biologico.
Per fortuna, Charlie non era così...ed io avevo preso da lui. Niente frasi imbarazzanti per strada sul mio conto. Quella verità mi rassicurò, così mi misi a guardare dritto la strada, proprio come lui. -E'un bellissimo pensiero, papà. Grazie. Mi fa molto piacere.
Malgrado le buone intenzioni di Charlie (leggi: auto gratis anche se rottame), disperavo di poter essere felice a Forks. La consapevolezza di essere sfigata mi accompagnava dalla culla e, facendo il gufo, speravo di poter istigare la Sfiga a fare il contrario di quello che dicevo, per farmi dispetto.
Avevo avuto le mie infelici traversie a Phoenix, quindi diventare improvvisamente popolare era ridicolo. Sarebbe stato come in quei film, dove la nerd di turno si trasferisce in una nuova scuola e trova l'amore...assurdo no? Al massimo diventavo l'oggetto del desiderio del bullo del liceo, ovviamente come distributore di dollari...ma non c'era bisogno che Charlie compatisse le mie sofferenze. Aveva già il suo bel da fare nell'imparare il duro mestiere del genitore, dopo essersi salvato per anni...mica potevo affibbiargli altre rogne no? Senza contare che non avevo mai messo la testa nella bocca -o nel motore?- di un pick up...oddio, poteva pure piacermi no?
-Bhé, il regalo l'ho fatto, i bagagli li ho presi...che manca...ah già, benvenuta.- farfugliò Charlie, confuso dai miei ringraziamenti. Come dei veri britannici, scambiammo qualche veloce commento sul tempo e sulla pioggia, e la conversazione, più o meno, finì lì. Era durata anche troppo, secondo me. Gli Swan parlano poco e si fanno sentire ancora meno...è una questione genetica. Perciò, non sapendo come passare il tempo, ci mettemmo a guardare il paesaggio fuori dal finestrino.
Una noia da narcolessia.
Certo, il panorama era bellissimo, non potevo negarlo...ma mi lasciava perplessa. Gli alberi erano verdi, i tronchi erano ricoperti di muschio che avvolgeva i rami a mò di baldacchino, la terra era coperta di felci. Verde. Verde ovunque. Anche l'aria.
Quel colore così denso mi dette la nausea. C'era troppo verde ed io, che venivo da Phoenix, mi sentivo un pesce fuor d'acqua. Quei boschi mi ricordavano lo scenario di qualche thriller, dove l'assassino uccide le sue vittime nella foresta e le sotterra sotto gli alberi. Istintivamente guardai lo sportello.
Era perfettamente chiuso...ma quella consapevolezza mi raggelò. Non potevo svignarmela nemmeno in sogno.
Ero ufficialmente fottuta.
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