Capitolo tredici

Scusate il capitolo corto.

* * *

Giacomo la accompagnò in camera.

Tutta la clinica era in subbuglio per il blackout. I pazienti vagavano un po' disorientati per i corridoi, chiedendo spiegazioni e lamentandosi con tutto il personale di quello che era successo. Gli infermieri correvano di qua e di là insieme agli specializzandi, cercando di placare gli animi con calma e grande professionalità.

Harper teneva in mano la loro maschera come un trofeo. Quando giunsero davanti alla porta della sua camera, Giacomo sentì il cercapersone suonare ancora nella tasca del camice.

— Che serata, eh? — osservò lei a disagio.

— Già. — Un altro squillo, e la voglia di ringhiare per la frustrazione si fece più forte. Quindi recuperò il cercapersone e guardò lo schermo: c'era il numero del suo reparto sul display. Doveva proprio andarsene...

—Giacomo... senti, ma com'è questo ballo al Palazzo? — domandò Harper intanto. — Non sono mai stata a un ballo, figuriamoci a uno in maschera!

— Certo, il ballo. Vedrai che te la caverai egregiamente come sempre — disse vago. — Ora scusami, ma devo andare. — E la lasciò sulla soglia mentre lei lo fissava di nuovo in modo truce.

Sicuramente si stava domandando il perché del suo comportamento distaccato, pensò divertito.

Un sorrisetto malizioso gli incurvò le labbra.

Un po' d'incertezza, pensava, era il sale in un rapporto.

Era comunque un vampiro e, come tale, non era capace di comportarsi in modo prevedibile. A Giacomo piaceva stuzzicare ed essere stuzzicato a sua volta.

Scese le scale e giunto al piano terra, trovò la Direttrice discutere con gli operai della compagnia elettrica. Ed ebbe la conferma di ciò che aveva pensato nella sala buia in compagnia di Harper. Si era trattato di sabotaggio.

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