Capitolo cinque

Il volto di Giacomo Farussi sembrava essere scolpito nella pietra.

Harper ne ebbe paura, ma s'impose di restare calma. Quando udirono le voci degli altri pazienti che passeggiavano nel giardino, Giacomo si riscosse e tornò normale.

Con un gesto lento e misurato, la lasciò andare, anche se la luce sinistra non abbandonò mai il suo sguardo assatanato.

Tutti i sensi di Harper Lee erano in allerta. Nonostante la poca luce, a dispetto di tutto, li aveva visti davvero...

Era come se le avessero gettato addosso dell'acqua fredda e ora stesse rischiando l'ipotermia.

Harper deglutì, alzandosi in piedi. Poi rimase saggiamente in attesa.

Giacomo sembrò divertito dalla sua freddezza. — Reazione alquanto bizzarra, signorina James — osservò sarcastico. — Credevo che saresti fuggita, in preda al panico...

Frastornata, gli lanciò uno sguardo stralunato.

Da piccola aveva adorato i film horror, tanto da aver torturato le amiche di scuola per vederli al posto della solita pellicola strappalacrime. Non si era mai impaurita, consapevole che quello era il mondo della fantasia.

Quella era la realtà, invece, era il presente, e lei sapeva che non stava reagendo nel modo opportuno, nel modo consono in cui chiunque avrebbe fatto.

Forse la coscienza di avere i giorni contati l'aveva segnata per sempre? Non aveva paura per quella ragione... Vero?

— Perché?

— "Perché", che cosa?

— Sei un vampiro?

— Oh, e cosa te lo fa pensare?

Lo incenerì con lo sguardo. — Mi stai prendendo in giro?

— No, signorina James. Sto solo facendo il mio lavoro.

— Lavoro? — ribatté furiosa. — Lo chiami... lavoro?

— Sono un medico. — Lui incrociò le braccia muscolose, facendo tendere la stoffa del maglione blu. — O te ne sei dimenticata?

Lei fece un passo indietro, scuotendo il capo. — Se questo è uno scherzo, non mi piace affatto!

— Avanti, Harper Lee James. Sono sicuro che tu ci possa arrivare da sola — affermò, prendendole il viso a coppa e costringendola a fissarlo ancora. — Non ti sei chiesta il motivo per cui sei qui? Per cui tutti siete qui?

Sconvolta, lo udì a malapena mentre tentava di liberarsi dalla sua stretta. Giacomo fece scorrere i pollici sulle sue guance rosse, facendole formicolare la pelle, minimamente turbato dal suo stato scioccato.

Con rabbia provò a respingerlo, l'angoscia che l'incubo fatto su di lui si avverasse sul serio. — Basta — lo aggredì. — Smettila!

Alla sua voce carica di rabbia, la lasciò libera di colpo, compiendo un passo indietro.

Nonostante si fosse ripromessa di mostrare la propria fragilità a nessuno, Harper si sciolse in un pianto disperato. — Cosa vuoi da me? — gridò.

— Nulla.

— Bugiardo! — Chiuse le mani a pugno, agitandoli furiosamente in aria per colpirlo.

Giacomo le bloccò i polsi, con prontezza fulminea e disumana. Non disposta a darsi per vinta, lei prese a muovere le gambe per colpirlo, ma calciò alla cieca e i suoi tentativi andarono tutti a vuoto. Eppure, non c'era una smorfia di dolore su quel volto di marmo, non c'era empatia o misericordia, riflesso nel suo sguardo freddo come il ghiaccio.

Harper voleva scuoterlo dal piedistallo da cui la stava guardando, fargli provare la stessa sofferenza che le stava infliggendo, che le stava riducendo il cuore a una poltiglia rossa indefinita.

Quando non ce la fece più a lottare, con ancora le mani di lui a trattenerla per i polsi, crollò a terra in ginocchio. Ogni respiro si era fatto doloroso e il petto sussultava a ogni battito.

— Hai finito? — parlò il vampiro, annoiato.

— Cosa vuoi? — ripeté con voce rotta, senza darsi per vinta.

Lui emise una sorta di risata simile a un ringhio. — È una domanda sciocca, non credi? — La trasse a sé, costringendola a tornare seduta sulla panchina, per poi farsi indietro. — Fammi pensare, che cosa può volere un vampiro da un essere umano?

Quel tono beffardo la irritò moltissimo. Si massaggiò i polsi, cercando di riprendere fiato. — Non lo so che cosa vuole! — ribatté infuriata. — E francamente me ne infischio!

Giacomo rise. — Certo che sei proprio ottusa — la derise, rivolgendole le spalle. — Comunque, non preoccuparti. Sei qui per essere curata, no? Nessuno ti farà del male, te lo assicuro.

— Stai dicendo che lo siete tutti?

Lui non rispose, ma la luce di conferma che sfrecciò nei suoi occhi cacao scacciò ogni suo dubbio.

Harper scattò in piedi come una molla, nonostante avesse le gambe tremolanti come la gelatina. — Voglio andarmene via!

— Puoi farlo se lo desideri — disse Giacomo con fredda calma, volgendole le spalle. — Sii consapevole che morirai, tuttavia, perché nessuno può più uscire di qui.

Harper assunse un'espressione sconvolta e lo udì ridere. — Se vuoi saperne di più, signorina James, domani vieni nel mio studio — affermò sarcastico. — Buona serata. — E così, con calma, si allontanò tornandosene all'interno dello stabile, lasciandola al freddo e al silenzio della notte.

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