8~ Più veloce dei pensieri
«Ma le sue parole andavano più veloci dei pensieri, come se non riuscisse a controllarle.»
~ Shadowhunters, GotSM, "Forever Fallen"
Clary chiuse la porta quando anche Simon uscì, poi si voltò verso Jace.
Erano rimasti solo loro due nel soggiorno, che improvvisamente le sembrava enorme e vuoto.
Simon si era preso l'incarico di mostrare a Jem, Tessa e Kit le stanze nelle quali avrebbero dormito.
Alec e Magnus avevano lasciato i bambini ad Isabelle, che li aveva portati nell'armeria, mentre loro andavano a recuperare alcune cose da casa.
A quanto pareva, l'Istituto sarebbe stato pieno per qualche settimana.
Jace era rimasto immobile, appoggiato al muro, lo sguardo basso, non sembrava intenzionato ad affrontare una discussione, ma Clary sapeva che ormai era imminente.
Era rimasta zitta troppo tempo, aveva aspettato che Jace capisse da solo, eppure non l'aveva fatto.
Era affondato nell'amarezza e nei sensi di colpa, e ormai era troppo in profondità per uscire fuori dal pozzo senza l'aiuto di qualcuno.
-Jace.- lo chiamò la ragazza, decisa.
-Clary, no.- replicò svelto lui.
-Invece sì, Jace. Non possiamo andare avanti così.- insistette lei.
Lui la ignorò.
-Non capisci che stai allontanando tutti? Per cosa, poi ?! Jace, guardami.- continuò Clary, avanzando verso di lui, che restava fermo e con la testa china.
-Jace!- lo richiamò nuovamente.
Aveva un'infantile voglia di battere il piede a terra per la frustazione, perché affrontare Jace spesso era come sbattere ripetutamente la testa contro un muro.
Lui sospirò, poi alzò la testa.
I suoi occhi erano dorati e limpidi.
Aveva celato bene i suoi sentimenti, dietro a quello sguardo apparentemente cristallino.
-Va bene, Clary. Hai ragione tu. Ora posso andare?- chiese, sarcastico e falso.
Le stava dando il contentino! Come se bastasse! Come se fosse possibile tranquillizzarla con una manciata di parole messe lì per farla smettere!
L'irritazione la travolse come un'onda, sbattendola contro gli scogli duri della determinazione.
-Tu non vai da nessuna parte finché non mi dici cosa diavolo ti prende.- stabilì, la voce carica di rabbia.
-Non ho niente, te l'ho già detto, farò in modo di includervi. Ok?-
-"Ok" ?! Spero tu stia scherzando, Jace Herondale. Spero davvero che tu stia scherzando, perché qui è tutto tranne che "ok", e lo so io come lo sai tu. Non hai più sedici anni, Jace! Affronta le tue paura!- era sul punto di urlare, Clary lo sapeva: sentiva le corde vocali dolerle per il desiderio di sprigionare tutto il volume di cui erano capaci.
-Io non ho paura.- ringhiò Jace, staccandosi dal muro e facendo un passo nella sua direzione.
-Stronzate!- replicò Clary, avanzando ancora.
Un altro passo e sarebbero stati faccia a faccia, infuriati l'uno con l'altra, le mani chiuse a pugno e la rabbia nelle vene.
-Mi dispiace che tu abbia paura, ma non puoi usarmi per riflettere le tue emozioni.- sibilò Jace, tentando di ferirla per ferire sé stesso e punirsi in qualche modo, dato che nessuno sembrava intenzionato a farlo.
-Se io ho paura?! Jace, ma certo che ho paura! Il Jace di cui stiamo parlando è quello con cui ho convissuto per un sacco di tempo, il Jace che ha tentato di farmi bere dalla Coppa Mortale di Sebastian, il Jace che ho trafitto con Gloriosa! Io ho paura,e nonostante questo sto cercando di farti capire che non sei solo! Ma tu continui a tagliarmi fuori, e con me anche tutte le persone che ti amano. Come puoi farmi questo, Jace? Dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo tutto quello che ti ho dimostrato! Non è stato abbastanza?- Clary sentiva le lacrime impigliarsi alle ciglia e appannarle la vista, ma non avrebbe permesso loro di scivolarle lungo le guance.
Per Jace fu come svegliarsi da un sogno con una secchiata di acqua gelata.
Non che quello in cui stava vivendo fosse un sogno, anzi.
Ma scoprire di aver sottovalutato il dolore degli altri fu scioccante.
Non se n'era reso conto!
Si era fossilizzato sulle proprie paure, sulle proprie emozioni, e si era estraniato dal mondo, senza nemmeno provare a mettersi nei panni degli altri.
Li aveva lasciati da soli.
Aveva lasciato Clary da sola, quando lei non l'aveva mai fatto con lui.
-Tu non devi dimostrarmi nulla...- esalò, senza voce, il cuore che gli martellava nel petto nel vedere davanti la sua Clary che affrontava con coraggio tutto ciò che le si presentava davanti.
Jace fece un passo avanti e si ritrovò Clary a pochi centimetri, gli occhi lucidi e il mento alto.
Le posò la mano sulla spalla, mentre il folle desiderio di abbracciarle le ginocchia e pregarla di perdonarlo si fece strada dentro di lui.
-Mi dispiace, Clary...io non mi ero reso conto...- balbettò, lui che non esitava mai.
Le posò la mano sulla guancia, e il suo cuore traboccò di gioia quando la vide abbandonarsi al suo tocco.
-Non escludermi dalla tua vita, Jace. Possiamo avere paura insieme.- mormorò la rossa, battendo le ciglia e curandogli le ferite del cuore con l'unguento del suo dolce sguardo.
-Ti amo...- sussurrò lui, prima di posare le sua labbra su quelle di lei, a perdersi nel suo sapore e diventare sordo a qualunque cosa che non fossero i battiti dei loro cuori che battevano all'unisono.
E all'improvviso non importava che Jace avesse sbagliato, perché il perdono di Clary aveva un sapore troppo dolce per privarsene.
Se la strinse contro e la abbracciò stretta, lasciando che ancora una volta lei fosse la sua forza e il suo scudo contro il male che si scagliava contro di lui.
Quando Clary si separò, aveva un sorriso tranquillo sul viso e sembrava meno agitata rispetto a mezz'ora prima.
-Andiamo dai bambini?- chiese, prendendogli la mano.
-Io vado da Kit.- affermò Jace, trascinandola verso la porta e aprendola.
-Ok. Dobbiamo anche pensare alla cena: abbiamo tante persone. Forse dovremo assumere qualcuno.- propose Clary, accantonando i problemi più grandi per concentrarsi su quella che fino a qualche settimana prima era stata la quotidianità.
-Dopo il matrimonio, ti prego!- esclamò Jace.
La risata cristallina che sfuggì alla ragazza per Jace era paragonabile solo al canto degli angeli.
-No, dobbiamo farlo prima. È una cosa importante.- insistette la ragazza, sorridendo.
Jace fece per replicare, ma un dolore al fianco gli mozzò il fiato in gola.
Si portò una mano sul punto dolente, sbiancando e aggrappandosi alla mano di Clary.
Un terrore viscerale gli artigliò il cuore e lo stritolò nella sua morsa, mentre sentiva una corda dentro di sé tendersi quanto più poteva, ad un passo dal rompersi.
-Alec.- esalò.
Poi, scattò.
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