6~ Un potere da usare

«Suo padre aveva sempre detto che la conoscenza è un potere da usare in battaglia.»
~ Shadowhunters, GotSM, "Forever Fallen"

-Ma con cosa li nutrono questi marmocchi? Guarda, quello sembra avere quarant'anni!-  commentò Simon, additando un ragazzo con una corporatura massiccia, alto e imponente.

Clary gli lanciò un'occhiata di sfuggita, le dita fredde che tenevano l'ombrello, alcuni riccioli rossi bagnati.

-Solo noi eravamo sproporzionati e allampanati?- continuò il ragazzo, affondando le mani nelle tasche.

-Simon...- lo riprese Clary, facendo vagare lo sguardo per la strada, aspettandosi di individuare le persone che stavano aspettando.

-Meno male che sono diventato uno Shadowhunter: l'Angelo ci ha dato il pacchetto completo. Dovremmo fare dei volantini per reclutare mondani, assicurando loro il miglioramento del loro aspetto. Certo, ci sarebbe sempre la disputa con i vampiri, ma vuoi mettere? Noi abbiamo i muscoli !- Simon stava straparlando, Clary lo sapeva, e sapeva anche il perché.

Cercava di farla rilassare, farle abbandonare la tensione che le irrigidiva la postura, e di distrarla dai pensieri cupi che le infestavano la mente.

Non riuscendoci, Simon si lasciò sfuggire un sospiro, restò in silenzio per qualche minuto e poi si decise ad affrontare il problema.
-Come sta Jace?- chiese.

Clary si morse il labbro e non guardò il suo parabatai, ma si focalizzò sulle gocce d'acqua che colpivano il marciapiede.
Erano giorni che pioveva, a New York.

-La sta prendendo male.- ripose la ragazza, atona.
-Non avevo dubbi.- commentò il ragazzo, osservando dall'alto Clary.

Era cresciuta - entrambi erano cresciuti- eppure alcune cose non sarebbero cambiate mai: Simon era certo, avrebbe potuto metterci la mano sul fuoco, che loro due sarebbero sempre stati l'immobilità del "per sempre" nel divenire del mondo.
Loro due erano certezza, lo erano sempre stati.

-Cosa intendi per "male"?- insistette Simon, dopo un breve silenzio.
-Passa tutto il giorno nella sala degli allenamenti, perché lì si sfoga. Non so cosa fare.- spiegò Clary, finalmente alzando lo sguardo.

I suoi occhi verdi stavano chiedendo aiuto, Simon lo sapeva, e si sentiva così impotente mentre la guardava, lei che era così fragile e forte.

-Potresti affrontarlo.- le suggerì, facendo spallucce.
Le sopracciglia di Clary si sollevarono, e lo guardò con scetticismo.
-Oh, giusto, come ho potuto non pensarci prima?- chiese, la voce che grondava sarcasmo.
Simon fece un sorriso di scuse.

-Eccoli!- esclamò ad un tratto Clary, percependo un movimento in lontananza e voltandosi repentinamente.

Simon inquadrò subito la famiglia che si stava avvicinando a loro.
C'era Tessa, che sembrava ancora una ventitreenne nonostante fosse nata secoli prima, teneva in braccio una bambina infagottata che non piangeva, ma osservava con gli occhi spalancati tutto ciò che la circondava.
A reggere l'ombrello c'era Jem, con i capelli scuri e un'espressione seria, tentava di proteggere dalla pioggia la famiglia.
Infine, accigliato, le mani in tasca, in jeans e maglietta, con i capelli biondi individuabili dalla distanza, l'unica macchia di colore chiaro nel grigio delle nuvole, c'era Kit Herondale.

Quando giunsero di fronte a Simon e Clary, Tessa sorrise loro, apparentemente calma, stringendo Mina.
-Clary, Simon.- li salutò Jem, pacato come sempre.
Kit fece un cenno col capo.

-Io direi che è meglio andare.- propose Simon, saltando i convenevoli e accennando all'Istituto, preoccupato dai capelli di Clary che diventavano sempre più bagnati.

-Sì, certo. Mina potrebbe prendere freddo.- concordò Jem.

Entrarono all'Istituto e abbandonarono gli ombrelli in un angolo, si tolsero i cappotti bagnati e Clary fu quasi attratta dalla piccola Mina.

Si avvicinò alla bambina, che le sorrise contenta e le afferrò un ricciolo, scurito dall'acqua.
Gorgogliò contenta.

-Il Console ci aspetta in soggiorno.- spiegò Simon, al quale faceva ancora strano riferirsi ad Alec come "console".

Kit annuì, schivo e riservato, probabilmente ancora turbato da ciò che era accaduto.

Riuscirono ad entrare tutti nell'angusto ascensore.
L'unico rumore, oltre al cigolio inquietante che emetteva l'aggeggio, erano i versi di stupore di Mina, che si divertiva a giocherellare con i lunghi capelli di Clary.

Uscirono dall'ascensore mantenendo il silenzio: erano tutti molto tesi, nessuno aveva davvero voglia di parlare, dopo ciò che era successo.

Clary lasciò Mina e si mise a capo del gruppetto, guidandolo per i corridoi illuminati dalle stregaluci, anche se non ce ne era bisogno.

Si piazzò di fronte alla porta che dava sul soggiorno e afferrò la maniglia, abbassandola con decisione e spalancando la porta.

Alec era seduto su una poltrona, stanco, il gomito su un bracciolo e la testa posata sulla mano.
Aveva lo sguardo basso, eppure Simon poteva vedere i suoi occhi scintillare furiosi.

Magnus non c'era, come nemmeno i bambini: probabilmente il padre stava cercando un modo per distrarli.

Isabelle - era sempre una gioia vederla, il cuore gli balzava nel petto, non importava che fosse passata solo un'ora- dava le spalle all'ingresso della sala e si ergeva in tutta la sua altezza, le mani chiuse a pugno, i capelli neri che si muovevano sinuosamente ad ogni movimento del capo.

Stava chiaramente litigando con qualcuno, e non ci voleva una scienza a capire chi fosse l'obbiettivo di quel suo rimprovero stizzito.

Infatti, quando la ragazza sentì la porta aprirsi, fu svelta a scansarsi, e la figura di Jace si stagliò in tutta la sua bellezza.

A braccia incrociate, quel solito ghigno sarcastico che aveva quando era ferito, i capelli biondi in disordine e una camicia stropicciata infilata nei jeans.

Simon ebbe per un brevissimo istante una fitta della vecchia invidia, ma sparì immediatamente.
Ormai era passato parecchio tempo, e si poteva definire amico di Jace, sebbene non ad alta voce.

Gli occhi del biondo furono calamitati dalla ragazza che aveva aperto la porta, Clary, che gli lanciò un'occhiata prima di fare entrare gli ospiti.

Una morsa strinse il cuore di Simon quando vide la parabatai distogliere lo sguardo da Jace.
Possibile che non fosse concessa un po' di pace a quei due?

Jem e Tessa, con Mina in braccio, entrarono nel soggiorno con sicurezza, senza esitare.
Kit, invece, quasi involontariamente indietreggiò alla vista di Jace, poi scosse la testa e seguì quella che era diventata la sua famiglia.

Alec si raddrizzò, alzò il capo e abbozzò un sorriso stremato, che Tessa e Jem ricambiarono.

Simon fece per chiudere la porta dietro di sé, ma l'arrivo di Rafael e Max glielo impedì.
I bambini furono rapidamente raggiunti da Magnus, smagliante come sempre.

Quando lo stregone entrò nella sala, si guardò attorno, fece un cenno a Tessa e Jem, e si avvicinò ad Alec.

-Bene, ci siamo tutti.- commentò Isabelle, mentre Simon le si accostava.

Con la coda dell'occhio, Clary vide che Jace si passava una mano sul viso, chiaramente frustrato.

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