4~ Debolezza

«Gli tremavano le mani. Sembrava una debolezza distante e persino disprezzabile.»
~Shadowhunters, GotSM, "Forever Fallen"

Clary era sdraiata sotto le coperte, il viso rivolto verso il soffitto, riccioli rossi sparsi attorno a lei, respirava lievemente.

Jace le dava le spalle.
Accartocciato su sé stesso, la teneva a distanza: aveva eretto un muro per allontanarla da quelle paure che gli stavano infestando la mente e che, nonostante tutto, considerava debolezze.

Aveva creduto varie volte che il lascito di Valentine -ciò che aveva imparato da bambino, che gli era stato inculcato con la forza e con insegnamenti troppi duri- avesse ceduto il posto alle nuove esperienze, a ciò che aveva affrontato.

Si era evidentemente sbagliato: le parole di Valentine, infatti, erano radicate in lui così profondamente che sembrava impossibile estirparle del tutto.
Erano lì, un substrato indesiderato nell'uomo che Jace era diventato, e nessuno poteva farci niente, nemmeno lui stesso - che tanto avrebbe desiderato eliminare quelle vecchie memorie e convinzioni contorte -: sarebbe rimasto, sempre e comunque, il figlio di Valentine.

E in momenti di fragilità, come quello che stava vivendo, tornava alle vecchie abitudini, e innalzava muri invalicabili tra sé e coloro che lo amavano.

Stava dando le spalle a Clary, e mentre lei avrebbe voluto urlargli contro, per lui era tornato ad essere naturale.

-Jace.- infine, la ragazza si arrese.
Lui non rispose.

Era sveglio, certo -sarebbe stato impossibile dormire, dopo ciò che era accaduto-, ma non voleva rispondere, perché sapeva che Clary l'avrebbe costretto ad affrontare una cosa contro cui avrebbe sempre perso in partenza.

Il Jace di Sebastian era la sua paura più grande.
Era difficile, per Jace, anche solamente ammettere che lui e la paura avessero un qualsiasi tipo di legame: accettare di essere spaventato da una versione alternativa di sé stesso gli suonava ridicolo.

-Jace, non puoi continuare a fingere di dormire ed ignorare il problema, sai?- insistette Clary, la voce bassa che tuttavia riusciva a riempire completamente la stanza nella quale dormivano.

Nessuna risposta.
La rossa sospirò, poi si voltò da un lato, in modo che il suo viso guardasse la schiena di Jace. Aspettò che lui si girasse, che desse segni di vita, ma il ragazzo era ben deciso a non farlo.

I suoi capelli biondi, nella stanza buia, sembravano una macchia scura, con qualche ciocca argentata lì dove la chioma diventava meno folta.
Le sue spalle erano larghe e muscolose grazie ai continui allenamenti, dallo scollo della maglietta Clary intravide la cicatrice a forma di stella sulla sua spalla, il marchio degli Herondale.

Restò ferma e in silenzio a lungo, ma proprio quando stava per addormentarsi, Jace decise che era il momento di parlare.

-Mi dispiace.- pronunciò, il suo timbro basso e quasi sofferente.

Clary si riscosse, scacciò il sonno con un battito di ciglia, e posò la mano sulla spalla di Jace.
Sentì il ragazzo trattenere il fiato, prima che si voltasse.

Ora si trovavano faccia a faccia, e gli occhi dello Shadowhunter erano color ambra, magnetici eppure profondamente afflitti.

-Per cosa dovresti essere dispiaciuto?- chiese Clary, mentre Jace abbassava lo sguardo e prendeva a giocherellare con le dita della ragazza.

-Sai bene che se mi fossi accertato che il suo cadavere ci fosse, nulla di tutto ciò sarebbe accaduto.- mormorò il biondo.

-Per l'Angelo, Jace! È successo secoli fa! E poi, qui si tratta di un'altra dimensione, tu non hai colpe!- esclamò la ragazza, con veemenza, serrando le dita attorno alla mano di Jace.

-Clary...- esalò lui, tentando di replicare.

-Non insistere: sai benissimo che ho ragione. Domani Alec ci darà notizie, vedrai che supereremo anche questa. Non avere paura.- lo interruppe la ragazza, addolcendo la voce.

Gli occhi di Jace si scontrarono con i suoi, e le sue mani calde le imprigionarono il viso.
-Sai che non me lo perdonerei mai, se ti succedesse qualcosa.- disse, deciso, senza la minima esitazione.

Lei intrecciò le loro dita, e gli piantò addosso uno sguardo di pura determinazione, di una testardaggine che solo Clary poteva avere.
-Non mi succederà nulla.- stabilì, mettendo a tacere i segreti che rumoreggiavano in fondo alla sua mente.

E per qualche istante Jace volle crederle.
Volle credere che tutto sarebbe andato per il meglio, che avrebbero vinto anche quella battaglia.
Volle credere che la sola determinazione di Clary sarebbe bastata.
E ricacciò in un angolino buio in fondo allo stomaco l'acido presentimento che gli raschiava la gola.

Jace si lasciò sfuggire un sospiro, poi avvolse Clary con le sue braccia, stringendola a sé e lasciando che i timori fossero sopraffatti dal profumo dei capelli della ragazza.

Serrò le presa attorno alla Shadowhunter quando sentì la sua testa posarsi sul suo petto, lì dove il cuore gli martellava con forza.

-Andrà tutto bene, Jace, vedrai.- fu l'ultimo sussurro assonnato della ragazza, prima di chiudere gli occhi.

Jace rimase sveglio ancora, invece, a rimuginare e ad ascoltare i respiri di Clary.

Avevano progettato la festa di fidanzamento fino ad una settimana prima.
Teneva la spada che Clary gli aveva donato in bella mostra nell'armeria: splendeva e riluceva delle parole che lei gli aveva donato, in latino.

Se chiudeva la mano, poteva già sentire la consistenza dell'anello che avrebbe portato dopo il matrimonio, quell'anello dove aveva fatto incidere la frase di Dante.

E se avesse prestato attenzione ai dettagli in ogni momento, avrebbe gioito dell'anello degli Herondale che Clary portava con orgoglio.

Eppure in quel momento, il pensiero gli stringeva la gola in un nodo di amarezza, perché quell'unione rimandata tanto a lungo sarebbe stata procastinata ancora.

Trattenne l'ennesimo sospiro, non volendo svegliare Clary, e si impose di chiudere gli occhi: avrebbe dormito, così il giorno si sarebbe svegliato e avrebbe contribuito alla ricerca.

Jace sapeva quanto pericoloso potesse essere l'altra versione di sé stesso: aveva la sua forza, era uguale a lui, certo, ma aveva anche un cuore che non funzionava bene, e per di più era spezzato e addolorato per la morte di Clary.

Era una mina vagante, pronta ad esplodere e a divorare ogni cosa con le fiamme corrosive del suo amore perduto.

Era come un paio di forbici affilate che si aggirava tra sottili fogli di carta: li avrebbe ridotti tutti in coriandoli sanguinolenti.

Fu solo grazie alla presenza di Clary, da sempre la sua tranquillità, che Jace riuscì a dormire.

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