27~ Senza riserve
«Mi hai insegnato che ci vuole più coraggio ad amare senza riserve di quanto ce ne voglia per andare in battaglia disarmato.»
~ Shadowhunters, "Regina dell'Aria e delle Tenebre"
Il pianto di un bambino trapassò le orecchie di Alec, che, uccidendo il suo avversario, si voltò fulmineo verso Max e Rafe.
Ma non erano loro che stavano piangendo.
O almeno, non così.
Rafael stava in silenzio, curvo sotto il peso di Mina, il fratello aggrappato alla sua maglia, protetti tutti da Ty Blackthorn e Kit, che intanto sembrava essere rinvenuto e aver ottenuto pieno possesso del proprio potere, che usava per fulminare chiunque nel raggio di dieci metri.
Si guardò allora attorno, confuso più che mai.
Vide Magnus danzare tra le scintille di magia, Isabelle usare con eleganza la frusta, Simon avanzare verso il corpo di Clary.
Jace incombeva su Janus, che era inginocchiato al suo cospetto, come un condannato medievale che aspetta la sua pena.
Eppure quel pianto continuava.
Infine, Alec ne individuò la provenienza: c'era Tessa, circondata da quattro o cinque fate, che tentava di allontanarle, mentre al contempo teneva in braccio un bambino piccolo - molto piccolo, esageratamente piccolo- che si dimenava e strillava.
Alec sbiancò quando vide Jace scattare verso di loro, abbandonando persino la vittoria su Janus.
Quel bambino era...suo figlio?!
Le viscere di Alec si contorsero quando si rese conto di quanto orrore avesse visto quel bimbo appena nato, quante cose avesse perso senza sapere neanche di averle avute.
Era disumano.
Con un fendente, abbatté una fata, e cominciò ad avanzare verso quel bambino troppo innocente per sopportare tutto quello.
-IZZY!- gridò, attirando l'attenzione della sorella, che si voltò verso di lui con il mento alto e i capelli zuppi.
Con una mano, indicò Tessa e il bimbo.
Isabelle seguì quella direzione, e strabuzzò gli occhi quando vide il piccolo.
Non ci mise tanto a capire da dove provenisse.
Alec la vide articolare il nome del fratello, prima che cominciasse a correre verso il piccolo, fiera e furiosa, bestiale nella sua magnificenza.
Simon, intanto, era arrivato da Clary, e crollò sulle ginocchia accanto a lei, piangendo.
La runa parabatai e il cuore gli facevano male, ora che la loro metà gli era stata strappata.
Le accarezzò i capelli, bagnati e sporchi di fango e sangue, e le ripulì il viso, chiudendole gli occhi con delicatezza, mentre i ricordi della loro infanzia premevano contro la testa, come a volergliela spaccare per fuoriuscire, perché ora erano un fardello troppo pesante da portare da solo.
-Clary...- sussurrò, con l'intento di prendenderle le mani e posargliele sul petto, per coprire la ferita.
Quando però si allungò per prenderle la sinistra, rimase di ghiaccio quando vide un anello di adamas scintillarle al dito.
Un anello che non era quello degli Herondale.
-Oh Raziel...- sussurrò, roco, alzando lo sguardo alla ricerca di Jace.
Lo vide proprio nel momento in cui voltava la testa, attirato da qualcosa, e lasciava Janus inginocchiato, pronto alla morte.
Lo sguardo di Simon seguì Jace, e lo vide correre in direzione di Tessa, che teneva in braccio un bimbo piccolo.
All'improvviso seppe con certezza che quel bambino era il figlio di Clary, e ogni parte di lui si votò a proteggerlo, come non era riuscito a proteggere la madre.
Guardò un'ultima volta la sua parabatai, la sua anima affine, la sua luce, la sua certezza nel mondo dell'incertezza, scostandole un boccolo bagnato dalla fronte.
Le strinse forte la mano sinistra, sentendo l'anello premergli contro la pelle.
Poi si alzò in piedi, e intraprese la stessa strada di Jace.
Altrove, Julian tagliò di netto la testa di una fata, dopo che Emma le aveva infilzato la spada nel petto.
Il cadavere crollò a terra, e Jules si voltò repentinamente quando sentì il pianto di un bambino.
Per tanto tempo era stato sensibile a quel suono, per tanto tempo aveva sentito i suoi fratelli piangere e aveva provato a farli smettere.
Se c'era qualcuno che riusciva a sentire un pianto anche in mezzo al fragore di una guerra e dei tuoni, quello era lui.
Individuò subito Tessa, e rimase pietrificato quando vide il bimbo che aveva in braccio.
Involontariamente, la sua mano si serrò con forza sul braccio di Emma, che seguì il suo sguardo.
La bionda trasalì, e le dita sbiancarono quando strinse Cortana con più forza.
-Clary...- affermò, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
-Julian, io...- balbettò, la mente già protesa verso quel bambino.
Il suo Jules mollò la presa e la guardò negli occhi con totale fiducia.
-Vai. Salva almeno lui.- le disse, allontanandosi di un passo.
Emma non se lo fece ripetere due volte.
Con Cortana che assomigliava ad una fiamma viva nelle sue mani, si lanciò verso Tessa, zigzagando tra nemici ed alleati.
Perfino Ash sentì il bambino piangere, e quando posò lo sguardo su di lui, rimase agghiacciato.
Era piccolo.
Infinitamente piccolo.
Troppo, troppo piccolo per assistere ad un massacro del genere.
Nemmeno lui era stato costretto a tanto.
Nemmeno Sebastian. Né Janus.
Il suo primo istinto fu quello di precipitarsi da lui per proteggerlo da quello che stava accadendo, ma si impose di mantenere il controllo.
Dopotutto, sotto di lui, altre cinque persone stavano correndo in suo soccorso.
Alla fine, arrivarono tutti insieme davanti alla stregona.
Si liberarono delle fate in fretta, e circondarono il piccolo.
-Jace...- lo chiamò Isabelle, che guardava con occhi spalancati il bimbo.
Jace guardava sui figlio con terrore, come se non sapesse da dove cominciare.
Si prese la testa fra le mani, scompigliandosi i capelli, nel panico.
-Non ce la faccio, non senza di lei...- esalò, guardando con disperazione quella piccola creatura che non accennava a smettere di piangere.
-É tuo figlio, devi sapere cosa fare!- esclamò Simon.
-Simon...- lo rimproverò Alec.
-Jace, Clary sapeva che ce l'avresti fatta.- lo incoraggiò Emma.
Ma Jace sembrava avere gli occhi spiritati, mentre rivedeva nel viso urlante di suo figlio quello morente di sua moglie.
-Jace.- la mano libera di Tessa gli si posò sulla spalla, e lui si voltò verso di lei.
Con delicatezza, gli mise il bambino fra le braccia, e d'istinto il ragazzo mollò la presa sulla spada: era la prima volta che accadeva.
Quando finalmente lo prese in braccio, con cautela, delicatezza, infinita dolcezza, come se avesse paura che potesse rompersi nella sua stretta, il piccolo smise di piangere.
Quell'improvviso silenzio dopo gli strilli gli riempì il cuore.
Il battito di suo figlio era regolare, forte, deciso.
E in quel momento di tranquillità, gli sembrò che il silenzio calasse anche sulla battaglia.
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