22~ Librato nell'aria

«Era salito - e poi salito e salito ancora. Si era librato nell'aria, dalla sua schiena si erano spiegate nere ali. [...] Quelle sono le ali di un angelo -uno di quelli caduti»
~ Shadowhunters, GotSM, "Forever Fallen"


Alec scese i gradini dell'Istituto con un nodo in gola e le lacrime agli occhi: salutare Max e Rafe - che aveva deciso di lasciare all'interno dell'edificio- era stato straziante.

I bambini avevano pianto, sebbene Rafael avesse tentato di contenersi. Max gli si era aggrappato alla tenuta, affondando le dita nella carne del padre, le lacrime che scendevano a fiumi dai suoi occhi.

Aveva provato a rassicurarli, li aveva abbracciati come se potesse annientarli in sé stesso, come se il suo corpo potesse tenerli al sicuro.

E poi se n'era andato, perché la loro vista gli aveva fatto troppo male, perché perderli avrebbe significato perdere metà del suo cuore.

Li avrebbe lasciati all'interno dell'Istituto con Mina e Kit, al quale era stato vietato di combattere in quanto discendente del Primo Erede, e quindi bersaglio principale.

In quel momento, alzò lo sguardo verso il cielo: neri nuvoloni si ammucchiavano e si scontravano, generando fulmini d'argento che squarciavano le nuvole.
L'aria odorava di pioggia e tirava un forte vento, che gli scuoteva e disordinava i capelli: sembrava che a breve sarebbe venuto giù il diluvio universale.

Ma d'altronde, non era forse la fine del mondo quella che si stava per abbattere su di loro?

-Alec.- la voce di Jace lo costrinse a voltarsi.

Il parabatai scese le scale e gli accostò, i capelli biondi disordinati, gli occhi dorati seri e decisi, parecchie armi appese alla cintura.

Gli stava porgendo lo stilo, ma l'attenzione di Alec si focalizzò su un'altra cosa.
C'era qualcosa che scintillava al suo anulare, un anello d'argento che Alec aveva già visto.

-Jace, cosa significa?- gli chiese, sollevando lo sguardo per incontrare quello del parabatai.
Il biondo toccò subito l'anello d'adamas, poi si morse il labbro.

-L'ho sposata, Alec.- si decise infine a dire, una frase che sembrò rimbombare nel silenzio prima della tempesta.

-L'hai sposata?! Quando?- gracchiò Alec, offeso per non essere stato presente.
-Ieri notte. Alec, non lo sa nessuno, ti prego, non dirlo.- lo supplicò.

Si guardarono negli occhi per eterni secondi.
É giusto così, pensò Alec. D'altronde, si amavano da una vita: era giusto che su fossero sposati prima di morire, almeno per vivere una notte come marito e moglie.
Alec poteva capirlo.

-Non lo dirò a nessuno.- gli promise quindi, prendendo lo stilo mente Jace gli si avvicinava.

Gli fece i marchi che riteneva necessari: velocità, forza, coraggio, silenzio, agilità.

-Non vinceremo questa guerra.- gli disse, quando anche Jace tracciò le rune su di lui, più qualche iratze per la vecchia ferita.

La mano di Jace calò su quella di Alec, e la strinse, proprio come l'aveva stretta tempo prima, tra due cerchi di fuoco, quando avevano deciso di non vivere separati, ma legati.

-Ma combatteremo.- replicò il biondo, ripetendogli quella frase che Magnus gli aveva sussurrato tante volte durante la notte, quando non riuscivano a prendere sonno e si erano detti tutto ciò che potevano.

In lontananza, Alec individuò la processione di Nascosti che si avvicinava.
Il portone dell'Istituto si aprì, lasciando uscire l'esercito di Shadowhunters che avevano raccattato.

Sperava che Simon e Isabelle sarebbero tornati il prima possibile con altri alleati, ma per ora quello era ciò che avevano.

Clary uscì per prima, affiancata da Magnus.
Smise di parlare con lui e lanciò un'occhiata a Jace, abbozzando un sorriso.
Poi, il suo sguardo fu catturato da qualcosa all'orizzonte.

Alec la vide irrigidirsi, e d'istinto puntò lo sguardo dove lo stava tenendo lei.
Raggelò.

Un esercito massiccio, che sembrava estendersi per tutta NY, stava avanzando compattamente, guidati da una testa bionda che Alec sospettò essere il Jace di Thule.

-Jace!- gridò Clary, scendendo di corsa i gradini additando qualcosa in alto.

Il ragazzo alzò lo sguardo, ed individuò subito quello che doveva essere Ash: era identico al padre.
Stessi capelli, stessa corporatura longilinea, stessa pelle chiara.

Dalla sua schiena spuntavano due ali massicce, pari a quelle degli angeli, da un folto piumaggio nero.
La mano di Jace si spostò sulla spada che aveva prelevato dall'armeria.

Ash si fermò precisamente davanti a loro, fluttuando in alto, lo sguardo basso.
I suoi occhi erano verdi.
Verdi come quelli di Clary, come quelli che sarebbe stati di Sebastian, se il sangue di demone non avesse bruciato tutta la sua umanità.

Jace rimase abbagliato da quel verde splendente che gli faceva venire in mente troppe cose.
Clary serrò le dita attorno al suo braccio, lo sguardo sollevato su quello che - in fin dei conti- era suo nipote.

-Ash...- esalò la rossa, spalancando gli occhi e osservando il figlio di suo fratello.
Era bello.
Bello come lo era stato Valentine, come lo era stato Sebastian, insostenibilmente bello.

-Tu sei Clary.- replicò lui, guardando con curiosità la zia.
La squadrò attentamente, osservandola in ogni dettaglio: i capelli, le lentiggini, la statura, e gli occhi.

-Ash, perfavore, c'è ancora una possibilità per te. Non devi farlo per forza.- lo pregò Clary.
Averlo lì davanti le provocava delle strane emozioni: era come se non potesse, o volesse, ferirlo.
Anche se era un suo nemico, anche se era venuto per distruggere tutto.

-Mio padre parlava spesso di te. Ed anche Janus. Perfino mia madre.- la ignorò Ash, continuando a squadrarla.
-Il giorno della tua morte sarebbe dovuto essere un giorno di festa: era quello in cui mio padre ha cominciato il suo dominio, eppure ogni volta si rinchiudeva in una stanza e restava lì per tutto il giorno. Janus spariva per ore e ore, e quando tornava aveva la faccia sporca di fuliggine e sembrava stravolto: ancora adesso non so dove sia andato tutte quelle volte.-

Il cuore di Jace batteva furiosamente: a quanto pareva, il sé stesso di Thule aveva cambiato nome...
Janus gli sembrava un nome appropriato, e sapeva perché l'aveva scelto: era il dio dalle due facce.

-Vieni con noi, Clary. Janus ti proteggerà e finalmente sarà felice.- propose Ash, candidamente.

La presa di Clary sul braccio di Jace si fece più stretta, ed i suoi occhi si riempirono di lacrime.
Avrebbe potuto farlo, lo sapeva.
Avrebbe potuto seguire Ash per proteggere sé stessa, e non solo.
Il problema era che il mondo era più importante della sua vita.

-Oh, Ash...- disse quindi, lasciando Jace e guardando quell'angelo caduto con compassione:-...nessuno ti ha insegnato cos'è la felicità, a Thule non ce n'era. Ora tu vivi nell'illusione che la felicità di chi ami basti a fare felice te, ma credimi quando ti dico che non è così. La felicità di Janus non sarà mai vera: è solo un'ombra di ciò che era prima, Sebastian ha messo un muro tra le sue emozioni ed il mondo, distruggendo tutto ciò che era vivo, e ciò che vedi ora è soltanto il risultato delle crepe di quel muro. Ciò che vuoi distruggere è più importante di te, o di me, o di chiunque altro. Ciò che stai per fare spazzerà via miliardi di vite felici, ed io non voglio restare a guardare mentre menti a te stesso e pensi che sarò felice con qualcuno che non può amarmi, e che io non amo.- replicò la ragazza, cercando di essere dolce e di fargli capire, e al tempo stesso tentando di dissuaderlo.

Com'era possibile che quel viso così angelico potesse desiderare una cosa così demoniaca?

Ash rimase in silenzio, con lo sguardo basso.
Quando lo rialzò, i suoi occhi splendevano di qualcosa di arcaico e magnifico.

-Sei una Morgenster, Clary, una Stella del Mattino, come me. Ma tu brilli prima della caduta.- disse infine il ragazzo.

Poi, voltò le spalle e si diresse verso il suo esercito.
Il cielo tuonò, e nell'aria risuonò lo squillo di una tromba.

-Si sono portati addirittura le trombe?- borbottò Jace, cercando di fare ironia e sdrammatizzare.

Sapevano tutti che la guerra era arrivata.

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