21~ Come sigillo sul tuo cuore

«Sei stata la mia spada e il mio scudo contro ogni momento in cui mi sono sentito indegno, in cui mi sono odiato, in cui ho pensato che non valevo abbastanza.»
~ Shadowhunters, "Regina dell'Aria e delle Tenebre"


Jace chiuse la porta alle sue spalle senza far rumore e senza lasciare la mano di Clary. Sua moglie.

Poi si voltò verso di lei, e le sorrise, i capelli che scintillavano nel buio, gli occhi colmi di una gioia immensa.

Si chinò verso il suo stivale e le sfilò lo stilo: era arrivato il momento di mettere la runa sul petto.
Si risollevò e fece sedere Clary sul letto.

Sembrava tranquilla, ma Jace poteva sentire il battito furioso del suo cuore.

Con dolcezza, il ragazzo cominciò con scioglierle i capelli, che le ricaddero sulle spalle e le circondarono il viso, boccoli vermigli incredibilmente morbidi.

Posò le labbra su quelle di lei, che cominciò a sfilargli la giacca e ad aprire i bottoni della camicia uno ad uno, con dita leggere.

-Dammi lo stilo, Jace...- mormorò la ragazza contro le sue labbra, coprendogli la mano con la sua.

-Prima io.- si lamentò lui, e la sentì ridere.

Il suono della sua risata soffocata era una melodia di cui Jace non si sarebbe mai stancato.
Era un musicista, sapeva apprezzare la buona musica, eppure sapeva che nessun brano sarebbe mai stato in grado di travolgerlo come la risata di Clary.

Le sfilò il vestito, e lo lanciò da qualche parte.
Al buio, le rune nere spiccavano sulla pelle chiara di Clary, e lo sguardo di Jace fu subito attratto da quella che la ragazza aveva sul braccio, più scura delle altre.
La sfiorò con le dita, mentre lei gli circondava il collo con le braccia, poi strinse forte lo stilo.

Le baciò la fronte, percorrendo le linee del viso e posandosi sullo zigomo, poi sul mento, scendendo ancora e baciandole la gola lì dove il sangue pompava impetuoso.

Ogni bacio aveva un significato diverso, e Clary poteva capirli tutti, amarli, e amare chi glieli stava dando.

Jace si inginocchiò, in modo che il suo viso fosse all'altezza del petto di Clary.
La ragazza gli passò le mani fra i capelli biondi, chiudendo gli occhi quando percepì lo stilo posarsi sulla sua pelle, nell'incavo dei seni.

Sentì la runa prendere forma sotto l'adamas, finché il bruciore svanì e lei spalancò gli occhi, ritrovandosi davanti Jace che fissava intensamente il marchio appena fatto. Suo marito.

-Tocca a me.- gli fece notare, sporgendosi per prendere lo stilo.
Jace sollevò lo sguardo su di lei, ed un sorriso sghembo gli incurvò le labbra.
-Chi vuole farmi?- domandò, calibrando bene la scelta delle parole, e guadagnandosi un pugno divertito da parte di Clary.

La ragazza posò lo stilo contro il suo petto, e cominciò a tracciare la runa.
Jace tratteneva il fiato, osservandola con gli occhi dell'amore, le mani sulle sue cosce, le dita che le facevano lenti cerchi sulla pelle.

-Fatto.- esalò infine Clary, scostandosi da lui e osservando con orgoglio quella runa che suggellava la loro promessa, che li legava inevitabilmente l'uno all'altra.
Come sigillo sul tuo braccio, come sigillo sul tuo cuore.

Jace si alzò in piedi e montò sul letto, accanto a lei, che si voltò per baciarlo.

Quella era l'ultima notte di pace prima della guerra, in teoria un'occasione -l'ultima- per riposare, ma i neo sposi non avevano nessuna intenzione di farlo.

Quella notte sarebbe stata, per loro, una notte d'amore, una notte di promesse mantenute e segreti ancora da svelare, una notte di confidenze e risate soffocate.

All'alba sarebbe sorto un sole di sangue, ma la notte era ancora illuminata da una luna di serenità che fluttuava nel cielo buio.

-Ti amo, Clary, non ho mai amato nessun'altra.- le disse Jace, ad un certo punto, con voce roca, rigirandosi tra le dita un boccolo rosso, steso a pancia in su.
-Anch'io ti amo, Jace.- replicò lei, la testa posata nell'incavo della sua spalla, la mano che faceva lenti cerchi sul suo petto.

C'era un peso, nel suo cuore, di cui avrebbe voluto liberarsi, eppure tacque, per non velare d'amarezza quella notte sulla quale, nonostante non sembrasse, incombeva l'ombra della morte.

-Domani, quando saremo in guerra, l'unico pensiero che avrò sarà quello di distruggere e sfogare la mia rabbia. Ma questo...- e Jace toccò l'anello che aveva al dito:-...questo mi ricorderà di essere umano.- mormorò il ragazzo.

-Qualsiasi cosa accadrà domani, Jace...- disse invece la ragazza, tentennando un po'.
-Clary, no.- la interruppe subito lui, desiderando essere sordo a parole che gli ricordavano come la morte avrebbe potuto portare via chi di più amava.
-Invece sì: qualsiasi cosa accadrà domani, voglio che tu sappia che sei il sogno più bello della mia anima, che sei il mio cuore e la mia luce. Non dimenticarlo mai.- concluse, seria, decisa, mentre il cuore le pesava.

Aveva taciuto il ritorno degli incubi ricorrenti, aveva taciuto le visioni che prevedevano la sua morte.
Aveva taciuto perché aveva voluto fingere che tutto andasse bene, e per una volta voleva essere egoista e sposare Jace anche se c'era la possibilità che morisse e lo lasciasse solo.
Aveva voluto vivere una notte da sposi, ignorando che quelle successive sarebbero state di morte.

Eppure, adesso che si trovava tra le braccia di Jace, scacciò i pensieri cupi e volle credere che i sogni fossero solo sogni, che la morte fosse solo morte, e che l'amore fosse l'amore cantato dai poeti.
Forte come la morte è l'amore.

Restarono così per tanto tempo, finché il sonno non calò su di loro e la luna cedette il posto al sole.

Alla Corte Seelie, intanto, la Regina sbuffava divertita, pensando a quanto stolti potessero essere gli Shadowhunters, che pensavano di vincere contro le truppe delle fate.

Li derideva e guardava Ash, la Stella del Mattino che era degna di regnare, che avrebbe sporcato le strade umane di sangue, che l'avrebbe resa fiera.

Accanto a lui stava Janus, rigido, col pensiero fisso di incontrare Clary.
Avrebbe ucciso Jace, e l'avrebbe protetta. L'avrebbe amata e le sarebbe stato accanto, e lei avrebbe imparato ad amarlo, perché in fondo era il complementare del suo Jace.

-Domani moriranno tutti. Pensano davvero di combattere? Sono degli stolti!- esclamò la Regina, la voce cristallina e la pelle diafana.

-Non sono stolti: sono umani.- intervenne Janus, atono, attirando su di sé gli sguardi dei presenti.

-E questo cosa significa, figlio di Valentine?- chiese la Regina, con voce velata di disprezzo.

-Che gli umani non si arrendono senza combattere. Mai.- spiegò, conciso, rivelando la lezione che gli aveva insegnato Clary, che continuava a combattere anche quando ogni speranza sembrava perduta.

Nessuno notò lo sguardo di Ash soppesare quelle parole, e ragionare attentamente su quanto detto.

E nemmeno lui stesso si sorprese quando il viso di Dru gli si palesò nuovamente davanti.


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