15~ Lui avrebbe risposto
«Non possiamo continuare a fingere di non aver bisogno di loro, non più di quanto possiamo fingere che loro non abbiano bisogno di noi»
~ Shadowhunters, "Regina dell'Aria e delle Tenebre"
Magnus si ridestò dal suo stato di dormiveglia quando sentì Alec lamentarsi.
Si riscosse in fretta, spalancando gli occhi e puntandoli sul marito, aspettando di vederlo ancora avvolto in un sonno profondo, in seguito alla potete magia che aveva adoperato per curarlo.
Ma stavolta, Alec era sveglio, gli occhi azzurri spalancati che si guardavano attorno con frenesia.
Individuò per primi i bambini, che dormivano su un letto accanto al suo, l'uno addosso all'altro.
Max stava sbavando sulla maglietta di Rafael, e il giorno dopo Magnus sapeva che avrebbe dovuto ascoltare le lamentele del figlio, che avrebbe indicato con disgusto la macchia di bava presente sulla maglia. Solo al pensiero gli venne da sorridere.
Infine, gli occhi di Alec si posarono su di lui, e Magnus poté ben distinguere il sollievo che invase il suo sguardo.
-Sei vivo.- bisbigliò il ragazzo, quasi non credendo ai propri occhi.
Magnus gli prese la mano, ed Alec la strinse con forza.
-É da tempo che io sono vivo. La vera consolazione è che lo sei anche tu.- replicò.
Aveva finalmente ricominciato a respirare.
Quando aveva visto il corpo esanime di Alec stringergli con forza il polso, quando il Jace di Thule ancora lo stava attaccando, qualcosa dentro di lui si era spento, e in poco tempo aveva rivissuto gli eventi più importanti della propria vita, e aveva provato un dolore che non aveva mai sperimentato.
Il dolore segna, ti cambia in modo viscerale.
Lo pensavano anche i Greci: πάθει Μάθος.
Si impara attraverso le sofferenze.
Ma se era quello il tipo di dolore che avrebbe dovuto sopportare, Magnus aveva pensato che sarebbe stato meglio vivere nell'ignoranza.
Perché faceva male, male da morire.
Faceva male ogni respiro o ricordo, ogni secondo o pensiero.
Era come essere pugnalati al cuore mille volte.
E come l'aquila si cibava del fegato di Prometeo, così il suo tormento gli sembrava essere infinito.
Aveva vissuto una vita piena di sorprese e avventure, ma si era reso conto che tutto ciò che aveva fatto spariva e diventava solo uno sfondo grigio dietro a ciò che aveva fatto con Alec.
Aveva avuto paura di amare così profondamente per un sacco di tempo, ma quando era arrivato Alec aveva pensato che ne sarebbe valsa la pena, che non gli sarebbe importato della sofferenza che avrebbe patito dopo la sua morte.
Si era sbagliato.
Mai come in quel momento - quando il sangue di Alec gli imbrattava i vestiti, quando il sangue di Alec gli era stampato dietro le palpebre- aveva capito che non sarebbe mai stato pronto a perderlo.
E, di certo, non prematuramente.
-Cosa è successo?- chiese il console, lasciandosi consolare dal tocco di Magnus.
-Clary e Jace hanno messo in fuga quello di Thule, ma prima o poi tornerà: ha praticamente dichiarato guerra. Kit è andato a racimolare alleati al Mercato, ancora non è di ritorno.- spiegò lo stregone, conciso.
-Kit? Ma è solo un ragazzo...-
-E il Mercato è il suo ambiente, Alec. Non dimenticare che è cresciuto lì.- gli rammentò Magnus.
Alec si lasciò sfuggire un sospiro, che in seguito fu rimpiazziato da una smorfia di dolore quando la ferita gli diede una fitta.
Si portò inconsapevolmente la mano al fianco.
-Come hanno fatto a guarirmi? Quella era una ferita mortale.- domandò, guardando il soffitto.
-Ho usato la magia.- rispose il marito con naturalezza.
Alec si voltò a guardarlo, e Magnus si sentì rinascere nell'azzurro di quello sguardo.
-Mi hai salvato la vita, grazie.- mormorò.
Ma lo stregone scosse la testa, stringendo più forte la sua mano.
-No, Alec: tu hai salvato la mia.- replicò.
Il sorriso che curvò le labbra di Alec verso l'alto, per Magnus, era quanto di più bello l'Angelo potesse offrire ad un figlio di Lilith.
-I bambini come l'hanno presa?- chiese ancora lo Shadowhunter.
-Erano preoccupati, ma li ho tranquillizzati.- rispose.
Alec sembrava aver terminato le domande.
Restò sdraiato a fissare il soffitto e a stringere la mano di Magnus, come se così avesse tutto ciò di cui aveva bisogno.
Lo stregone stava per abbandonarsi al sonno - che di certo sarebbe stato più tranquillo ora che Alec si era svegliato- ma un crescente rumore glielo impedì.
Si mise dritto, guardando la porta dell'infermeria come se il suo sguardo potesse passarci attraverso e vedere direttamente chi stava gridando.
Anche Alec scacciò gli ultimi residui del sonno, e tentò di mettersi seduto.
-Chi è?- chiese il console, sperando che Magnus avesse la risposta.
Ma lo stregone non l'aveva.
Si alzò in piedi e aprì la porta dell'infermeria.
Era chiaro che qualcuno - tanti qualcuno- stessero urlando qualcosa, ma erano troppo lontani per capire cosa.
-Cosa dicono?- chiese allora il ragazzo, mentre il cuore prendeva a battergli forte.
Rimasero in silenzio, trattennero il fiato, tenendo le orecchie al massimo per capire la parole che venivano articolate.
Solo dopo qualche minuto si resero conto che non erano semplicemente parole, ma un nome, ripetuto, urlato, invocato a gran voce, in un boato che assomigliava ad un tuono.
Alec. Alec. Alec.
-Stanno chiamando me.- esalò lo Shadowhunter, sorpreso.
Magnus si voltò a guardarlo, interdetto.
Alec non stette troppo tempo a pensare: si liberò delle coperte e scese dal letto.
La ferita gli provocò una fitta di dolore, che lo costrinse a contorcere il viso in una smorfia.
Questo però non lo fermò: fuori dall'Istituto c'era una folla che chiamava il suo nome, e lui avrebbe risposto.
-Aspetta.- lo fermò Magnus, dopodiché schioccò le dita e una stampella gli apparve fra le mani.
La porse ad Alec,che la afferrò con uno sguardo riconoscente.
Magnus sapeva che sarebbe stato vano tentare di impedire ad Alec di andare da chi lo stava chiamando, ma almeno gli avrebbe reso più facile l'avanzata.
Il ragazzo cominciò a zoppicare verso l'ingresso dell'Istituto.
Era a piedi nudi, aveva i pantaloni della divisa e il petto coperto da una camicia che lasciava intravedere le spesse fasciature intricate di sangue che gli avvolgevano il costato: in sostanza, non aveva nulla di autorevole, o grandioso, eppure il solo fatto che stesse avanzando verso il proprio destino lo rendeva il perfetto leader.
Magnus lo tallonava strettamente, preoccupato che da un momento all'altro le forze potessero venirgli meno, ma Alec era forte, e resistette.
Quando uscì dall'ascensore, vide le porte dell'Istituto spalancate. Sulla soglia, c'era la sua famiglia, più Tessa, Jem, Mina e Kit, che osservavano immobili coloro che stavano gridando.
Ormai il rumore era diventato assordante, echeggiava all'interno dell'edificio, ed Alec sentiva ovunque il suo nome ripetuto.
Avanzò ancora, finché non si trovò accanto a Jace, prima degli scalini, a fissare ciò che tutti stavano guardando.
Quando lo vide, la folla ammutolì.
Avevano tutti lo sguardo sollevato verso Alec, la luna che brillava d'argento nel loro occhi, eppure anche quella visione non era nulla in confronto a quel ragazzo stanco e ferito che apparve loro nella sua semplicità.
L'urlo di trionfo che scaturì poi, fece assomigliare le grida di prima ad un leggero mormorio.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top