Capitolo 1 - prima parte



Amo e odio questa città, da sempre.

La amo intensamente quando sono distante per tanto tempo, ne sento la mancanza come la sentirei di un caro amico, se solo ne avessi uno.

La odio altrettanto intensamente quando invece ritorno e mi sembra di non riconoscerla, trovo sempre qualcosa di nuovo, di sporco per certi versi, a macchiare il ricordo che avevo di lei.
Così come ormai non riconosco più nemmeno me stesso.

Un po' come incontrare dopo anni una donna che tanto si è desiderato e amato, ritrovandone una versione sbiadita di sé stessa.

Londra.

«E' da molto che non torna a casa eh?» il tassista mi guarda di sfuggita dallo specchietto retrovisore.
Il viso pallido è chiazzato di rosso sulle gote, evidenziando zigomi prominenti e occhi piccoli e attenti.

«Già» evito il contatto visivo e mi calo il berretto da baseball sugli occhi, tornando a guardare fuori.
Mi sfrego distrattamente la mandibola, la barba ormai ricresciuta inizia a darmi fastidio.
L'uomo mi riserva un ultimo sguardo veloce e il resto del percorso trascorre in silenzio, fino a quando il taxi finalmente accosta di fronte ad una palazzina di mattoni rossi imponente e di recente ristrutturazione nel South Kensington.

All'interno mi aspetta un appartamento in affitto che mi ospiterà per tutta la settimana in cui mi tratterrò in città, poi dovrò partire di nuovo.
Ancora non so per dove, lo scoprirò domani mattina quando avrò ricevuto tutte le informazioni sul mio prossimo incarico.

L'appartamento è funzionale: una sala luminosa con divano, camino e soffitti alti, una cucina moderna open space completamente attrezzata, una camera doppia e un bagno con doccia.
Non che mi serva a granché una camera doppia, ma non mi dispiace dormire su un letto matrimoniale di tanto in tanto.

Sul piumone di un bianco accecante adagiato sul letto, si trova una busta di carta marrone con la lettera E vergata in inchiostro nero sul davanti.
Appoggio la mia borsa accanto all'armadio, sfilo le scarpe e mi siedo al centro del materasso con la busta fra le mani.

E' diventato ormai una sorta di rituale.

Sfilo il contenuto con cautela e inizio a disporre il materiale ordinatamente di fronte a me, sistemando le cinque schede in modo da vederle complessivamente.
Mi concentro sulle prime informazioni a mia disposizione: la durata dell'incarico (sei mesi), il compenso (alto, decisamente alto) e sulle brevi descrizioni dei mezzi e benefit di cui potrò servirmi (appartamento arredato e fornito di tutta la strumentazione necessaria, un'auto anonima ma nuovissima, cellulare, carta di credito... tutto l'indispensabile).
Memorizzando i pochi dettagli a mia disposizione, ripongo tutto all'interno della busta lasciando per ultimo il biglietto di carta pregiata dalla filigrana spessa:

Domani a mezzogiorno farò una passeggiata fra i fiori, proprio come piace a me.
Gradirei che mi facessi compagnia.
M.

Sollevo d'istinto gli occhi al cielo scuotendo appena la testa. Non riusciva a farne a meno, doveva sempre infilare qualche frase in codice per comunicarmi i nostri appuntamenti.

Ripongo anche quel biglietto nella busta di carta che avrei portato con me all'appuntamento il giorno successivo.

Raggiungo a piedi il luogo dell'incontro, particolarmente vicino alla mia temporanea residenza: i Kensington Gardens.
Lui ama profondamente quei giardini, nella loro immensa vastità danno sempre uno sfondo diverso a quelle che agli occhi di tutti sembravano delle passeggiate innocue.
Il posto perfetto dove passare inosservati, dove parlare indisturbati da occhi e orecchie poco discreti.
Sono in anticipo, di poco, ma lo sono sempre. La puntualità non fa per me: arrivare per primo è una mia specialità, credo. Mi dà il tempo di assorbire i dettagli di ciò che mi circonda, di individuare i punti deboli, mi assicuro di ridurre al minimo le sorprese. Devo essere sempre consapevole di quello che succede ed essere in grado di prevedere quello che potrebbe andare storto.

«Cammina con me, Ezekiel» l'uomo che compare alla mia sinistra mi rivolge un sorriso aperto che mette in mostra dei perfetti denti bianchissimi.
«Vedo che continui a tentare di sorprendermi di soppiatto, Malcolm. La prossima volta non indossare la tua acqua di colonia. E' sempre la stessa negli ultimi anni».
La sua risata sommessa accompagna i nostri primi passi, lenti e misurati, sul sentiero acciottolato.

«Ti trovo bene, l'abbronzatura ti dona» mi lancia un'occhiata precisa, raccogliendo mentalmente i cambiamenti del mio corpo «quella barba poi ti conferisce un aspetto leggermente trasandato.
«Scommetto che hai fatto una strage di donne» continua a sorridere apertamente, in attesa.
Scrollo le spalle con fare noncurante.
«Non più del solito. Non che abbia avuto mai il tempo di accorgermene» sottolineo. Il mio lavoro assorbe ogni singolo momento del mio tempo, quando un incarico mi viene assegnato diventa la sola priorità.
Non posso permettermi alcuna distrazione, né del tempo libero da dedicare alle donne.
Per quello devo aspettare i periodi di congedo fra un lavoro e l'altro, gli unici momenti in cui posso dedicarmi a ciò che voglio io, a ciò che fa stare bene me. Le sole occasioni che ho per ricordarmi chi sono, per non lasciarmi svanire.
Anche se potrebbe già essere troppo tardi per questo.

Malcolm annuisce facendosi serio, lo sguardo lasciato vagare sui tulipani appena sbocciati che costeggiano il nostro sentiero. Era una primavera dall'aria ancora frizzante, rinvigorente, che promette profumi e colori davanti a sé.
«So che dovresti essere a riposo in queste settimane, te lo sei meritato, tuttavia questo» estrae una cartellina di cartone avvolta da un elastico «non può aspettare» conclude porgendomela.

È identica a quella che ho trovato ieri nell'appartamento, solo più pesante. Decido di non aprirla subito, preferisco osservare il viso serio di Malcolm, con le sopracciglia che si sfiorano fra loro per aver corrugato la fronte in un modo che raramente gli ho visto fare.
È preoccupato.
Istantaneamente mi sento nervoso, uno strano senso di angoscia mi impedisce di distogliere lo sguardo.
«Ti ascolto» lo incito a darmi qualche informazione.

«Negli ultimi cinque mesi quattro delle più grandi aziende farmaceutiche d'Europa hanno subito attacchi hacker sistematici. Ad un primo esame, gli attacchi sembrava non avessero portato alcuna conseguenza, soltanto qualche disagio di sistema che è stato risolto in una manciata di ore»

«E cosa vi fa pensare che si tratti di un unico hacker all'opera?» chiedo, interrompendolo.

«Seguono tutti lo stesso schema, colpiscono multinazionali dello stesso settore e sono apparentemente innocui» continua Malcolm guardandomi solo al termine dell'ultima frase.

«Apparentemente?» odio la sua indole narrativa. Avrei voluto che andasse dritto al punto e mi rivelasse quale sarebbe stato il mio compito, così da mettermi subito al lavoro. Sarei dovuto essere in congedo, è vero, ma un nuovo incarico è proprio ciò che mi serve. Ho bisogno di concentrarmi, di riempire il mio vuoto.

«Dopo dodici giorni dall'attacco, quando ormai il pericolo sembra passato e si torna alla normalità, iniziano a trapelare una serie di notizie sulle attività sperimentali dell'azienda colpita; informazioni che sono secretate e senza dubbio scomode. La stampa ne ha fatto un caso: avrai sentito sicuramente parlare della PharmaCorp francese» mi ci vogliono pochi istanti per richiamare alla mente l'articolo di un giornale greco abbandonato sul sedile posteriore della mia auto nel precedente incarico.

Non vi avevo prestato troppa attenzione, ma spesso non serviva. Semplicemente memorizzavo ciò che vedevo, tutto quanto, indipendentemente da che lo volessi o meno.

L'articolo riguardava la casa farmaceutica francese citata da Malcolm, erano emersi dei documenti che attestavano come l'azienda avesse contribuito alla diffusione di un farmaco non sicuro che se utilizzato a lungo provocava dei sintomi che trattabili solo da un prodotto di ideazione della casa farmaceutica stessa.
Inutile dire che il processo di accusa era ancora in corso, ma era chiaro e palese il destino riservato alla PharmaCorp.
Nessuno. Una multinazionale con miliardi di fatturato annuo messa in ginocchio da quella fuga di notizie.

Mi limito ad annuire e a mettere insieme altri episodi simili accaduti negli ultimi mesi che avevano fatto scalpore. Era uno schema ben preciso.
Malcolm aveva ragione, c'era un'unica persona dietro quegli attacchi.

«Siete riusciti a individuare una cerchia di sospettati?» chiesi indicando la cartellina.
«Abbiamo fatto di più: abbiamo trovato l'hacker» sentenziò Malcolm.
Mi fermo in mezzo al sentiero restando a guardare la sua schiena avanzare. Si volta piano verso di me, aspettando pazientemente che lo raggiunga.
«Se avete già il responsabile a cosa ti servo io?» stanarli era uno dei miei compiti principali, e mi riusciva particolarmente bene.

«Sappiamo chi è ma non abbiamo prove»

«Come fate a sapere chi è se non avete nessuna prova?» chiedo d'impulso.
«È qui che entri in gioco tu: sarai tu a raccogliere le prove che ci servono per fermarlo e inchiodarlo. Non possiamo permetterci che continui ad attaccare aziende di quel calibro. Se prosegue in questo modo rischiamo un tracollo economico europeo, se non mondiale» mi osserva con sguardo greve.
«Come puoi essere sicuro che sia stato lui?»
« Non è di questo che devi preoccuparti, agente. Mi servi perché sei il migliore nel raccogliere informazioni sotto copertura, non per fare domande» il monito mi arriva forte e chiaro.

Sempre camminando lentamente apro la cartellina, ne sfoglio il contenuto. I miei nuovi documenti e la mia nuova identità, la destinazione e i dettagli del mio soggiorno; indirizzi e informazioni sul soggetto sospettato e alcune foto.
Sbatto le palpebre più volte, perplesso.

«Questo sarebbe il soggetto su cui devo indagare?» inclino appena la cartellina dando a Malcolm uno scorcio della foto in primo piano alla mia destra.
«Esatto» non fa una piega, non guarda nemmeno la foto.
«Questo è l'hacker che sta mettendo a repentaglio l'economia mondiale?» il mio tono di voce tradisce il mio scetticismo.
Torno a guardare il viso pallido di una ragazza dai capelli di un rosso scuro e intenso, un taglio portato appena sopra le spalle e una leggera costellazione di lentiggini sul naso.
Non posso credere che il mio target sia un soggetto come quello. Non perché è una donna, non è usuale ma comunque possibile. Avevo già seguito e indagato qualche donna nei miei primi incarichi.
Era stato facile con alcune di loro: bastava farle innamorare e tradivano anche la propria madre.
Tranne quelle russe, con loro non c'era speranza.

Quello infatti aveva tutta l'aria di un incarico adatto ad uno dei nostri agenti più "giovani", ottimo per farsi le ossa. Pochi rischi ma molta esposizione visto l'impatto che avevano gli attacchi.

Inoltre non posso davvero immaginare la ragazza della foto ordire un piano così ampio e complesso.

Era veramente troppo bella.

Un viso che non passava di certo inosservato: gli occhi grandi castani, le labbra rosee e la carnagione candida erano tratti che sembravano appartenere ad una modella o a un'attrice, più che a una nerd pronta a sovvertire le sorti del pianeta.

«No. Suo fratello è il responsabile degli attacchi, tu invece ti occuperai di lei e, insinuandoti nella sua vita, arriverai a lui e raccoglierai tutte le prove necessarie. Inoltre, sospettiamo che lei sia una sua complice. Avrai l'occasione di indagare anche su questo" mi informa con il tono tranquillo di sempre.

Come se non mi avesse appena affidato un incarico definito "urgente" ma che poteva benissimo essere svolto da qualche altro agente.
Decido, non senza sforzo, di non opporre resistenza e riprendo a scandagliare le informazioni in mio possesso, scuotendo leggermente il capo.

«Mi servi concentrato Ezekiel, non prendere questa cosa sottogamba. È molto importante per noi e tutto l'MI6 tiene gli occhi puntati su di noi ora. Conto su di te, ragazzo» il suo sguardo è accorato, di stima e di fiducia e non posso che sforzarmi di ricambiare.
Devo molto a quest'uomo.

«Voglio un tuo rapporto ogni due settimane» mi intima prima di voltarsi e tornare verso la direzione da cui siamo venuti.

Apprendo infine che il luogo che farà da teatro alle mie prossime indagini sarà all'interno del Regno Unito.
La partenza per Nottingham è prevista per la settimana successiva, lasciandomi tutto il tempo per studiare e fissare nella memoria i dettagli della missione e la mia nuova identità.

Non sono entusiasta per questo incarico, per niente. Non si avvicina minimamente a ciò che mi serve in questo momento per tenere impegnati i pensieri.
Tuttavia se c'era una cosa che so fare bene, è obbedire ad un ordine.



Note.

Ciao a tutti! Non mi sono scordata dell'aggiornamento del lunedì, ma solo ora riesco a sedermi tranquilla al pc. 
Finalmente.

Ecco a voi la prima parte del capitolo 1! Sono emozionata :)
Come già accennato, la storia sarà principalmente raccontata dal nostro protagonista. Qui iniziamo a conoscerlo un po'. 
A breve troverete anche la parte seconda.

Grazie mille a ognuno di voi, siete una gioia per me.

Buona lettura,

Alice

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top