XXXXI

Durante la breve caduta tra il ponte e l'acqua, Peter si sentì consumare dal Sole come legato su una pira. Divorato dal fuoco, accecato dalla luce, capì di esservi ormai divenuto così estraneo da venirne rigettato crudelmente. Trattenne il fiato, resse l'impatto senza problemi. Immerso nelle gelide onde, il ragazzo ebbe solo un istante di pace prima che il sale iniziasse a trafiggerlo attraverso ogni bruciatura. Strinse i denti e tentò di non muoversi, l'aria a disposizione era limitata e non aveva idea di quanto sarebbe durato il giro di chiglia, sapeva solo di dover sopravvivere, ad ogni costo. La cima stretta intorno al busto gli diede un primo strattone e, ben presto, si ritrovò pressato contro la carena della nave. La superficie in legno era ricoperta da una distesa di rocce grigiastre, frastagliate. Proprio come avevano sospettato i componenti dell'equipaggio, i cirripedi si erano aggregati l'uno sopra l'altro trasformando la chiglia della Jolly Roger in un tritacarne naturale dal quale sarebbe stato impensabile uscire vivi. Incapace di tenere gli occhi aperti, Peter cercò a tentoni un appoggio per evitare di avere tutto il corpo a contatto con la superficie tagliente, ma ricevette un'altra spinta dalla superficie e si ritrovò con i palmi tagliati. Aprì le palpebre per controllare le ferite, ma vide solo l'acqua tinta di rosso e la corda rilassarsi un istante prima di tendersi di nuovo. Non ebbe il tempo di pensare a come evitare l'impatto, sollevò le braccia per proteggersi il volto e subì. La punizione era appena iniziata e già sentiva i polmoni bruciare, ma la situazione andò solo peggiorando. Metro dopo metro, pugnalata dopo pugnalata, il fisico iniziò a collassare. La parte sinistra del suo corpo, che stava utilizzando per evitare di subire troppi danni al lato dominante, venne dilaniata al punto che non fu più in grado di utilizzarla per proteggersi la testa. Non riusciva a pensare a nulla, il suo corpo agiva istintivamente per ridurre i danni, ma la sua mente era vuota. Ad un tratto vi fu calma. Era quasi al centro della chiglia, ma da sopra non giungevano segni di vita. Di quel passo sarebbe annegato. Con la coda dell'occhio, il ragazzo scorse del movimento intorno a sé e, in breve, si ritrovò circondato da un gruppo di sirene. 
"Va tutto bene, Peter!"
Una di loro gli si affiancò.
"Siamo qui!" 
Prendendogli il volto fra le mani, la donna posò le labbra sulle sue e, in un attimo, il mozzo sentì i polmoni di nuovo pieni d'aria. 
"Stai fermo, ora ti liberiamo!"
Un altro paio di sirene iniziarono a sciogliere la cima, ma, quando furono abbastanza vicine, il fulvo le allontanò con una pedata. Furioso, strinse i nodi della corda. Fece quello che poté per rimetterli come prima, ma le dita non rispondevano, quindi dovette accontentarsi e sperare non cedessero. Una volta finito, tirò il cappio verso di sé sperando di attirare l'attenzione degli altri. 
"Peter, fermo! Così finirai per..."
"Via! Sparite!"
Gridando verso il gruppetto, espirò fino all'ultima bolla d'aria. Nessuno si doveva permettere di aiutarlo. Quella era la sua punizione e, se fosse morto nel riceverla, allora lo avrebbe accettato con gioia. Era ancora impegnato a tenere a distanza le disturbatrici quando venne trascinato di nuovo, questa volta frontalmente ed a velocità molto, molto più sostenuta. Fu colto impreparato, venne dilaniato dalla fronte sino all'osso sacro, fiotti di sangue scaldarono l'acqua e, infine, gli riempirono i polmoni. Quando superò la metà della Jolly Roger, era ormai privo di sensi.
"James..."
Riemerse nel buio. Era un sogno, il solito sogno, eppure non era più sospeso in aria, ma seduto in una pozza nera, immerso fino alla cintura. Sopra di sé, Peter vide brillare un ultimo sprazzo di luce dorata, la sola goccia rimasta di quella splendente cascata che una volta illuminava le tenebre. Attese qualche istante e poi la vide finalmente cadere, lenta come un fiocco di neve. Sollevando le braccia, raccolse quella flebile luce nelle proprie mani e, senza pensarci troppo, la soffocò tra i palmi. Stendendosi, chiuse gli occhi e si godette il silenzio sino a quando ogni increspatura intorno al suo corpo scomparve.
"C'è posto anche per me?"
Assonnato, Peter sollevò il capo. Uncino era alle sue spalle. Girandosi di scatto, il ragazzo indietreggiò il più possibile sino a quando non si rese conto che, per quanto si allontanasse, non raggiungeva nessun bordo, quella pozza era senza fine. 
"Lo prenderò come un sì"
Il corvino iniziò a spogliarsi e, immediatamente, il mozzo si voltò. Non voleva guardarlo, per quanto ormai conoscesse quel corpo, si sentiva come se, posarvi gli occhi, fosse il peggior tradimento che potesse fare a James. Anche dopo diverso tempo, Peter non sentì il maggiore entrare, ma, quando provò a controllare, se lo ritrovò davanti e per poco non prese un colpo. Quella strana acqua non emetteva alcun suono. Indietreggiò di nuovo e Uncino rise.
"Ti rivolgi così al tuo Capitano? Pensavo di averti istruito meglio"
Paralizzato, Peter fece per scusarsi, ma non riuscì a parlare, provò a toccarsi le labbra, ma non riuscì a trovarle. Non solo la bocca, ma anche il naso, gli occhi ed i propri lineamenti non c'erano più. Impazzì. Si alzò in piedi e tentò di specchiarsi nella pozza, ma non c'era luce che potesse riflettere il suo aspetto. Provò a gridare, ma non percepì nemmeno i muscoli del viso contrarsi. Disperato, si girò verso Uncino e gli si inginocchiò davanti, tremante, sentì le lacrime premere, ma non avevano modo di uscire. Puro terrore. 
"Va tutto bene..."
Il corvino sorrise, ma non gli trasmise serenità, solo un brivido gelido lungo la schiena. 
"Sono qui per aiutarti"
Perfetto, era proprio quello di cui aveva bisogno in quel momento, aiuto e subito. Sollevando la mano buona, il maggiore gliela posò sulla nuca e lo tirò a sé, fronte contro fronte. Le sue iridi erano nere, prive di vita, non lo travolsero di emozioni come facevano quelle blu di James, lo divorarono senza scampo, insensibili più delle tenebre a circondarli. 
"Il momento decisivo sta per arrivare. James ora può riportare tutti indietro, ma, per avere ciò che vuoi, ciò che tu davvero vuoi, ti manca qualcosa" 
Era un'ovvietà. Ancora non era stato accettato nella ciurma, quello era l'ultimo ostacolo da superare per considerarsi davvero parte del gruppo. Ci aveva provato, sin da quando era riemerso dalla gabbia, ma con scarso successo. Non aveva idea di dove stesse sbagliando o come fare per ritagliarsi il proprio posto tra loro, inoltre le macchinazioni di James non stavano rendendo le cose più semplici. Fin quando il corvino non avesse iniziato a fidarsi davvero di lui e a metterlo al corrente del suo piano, Peter sapeva che sarebbe rimasto per sempre in quella situazione di stallo. Uncino scostò indietro il capo e poi gli diede una testata. Non gli fece male, ma fu sufficiente a focalizzare la sua attenzione. 
"Potrai ingannare James con questa stupida scusa del diventare un pirata, ma non me. Io parlo di ciò che davvero vuoi!"
Non poteva saperlo davvero.
"Oh sì invece"
Il fulvo cercò di separarsi dalla presa dell'altro, ma questi lo trattenne a forza. Aveva una morsa titanica, per quanto cercasse di spingerlo via, Uncino non mollava né ebbe il minimo cedimento.
"Se desideri che sia solo tuo puoi averlo"
Smise di lottare, tanto era inutile.
"Basta solo trovare un accordo vantaggioso per entrambe le parti. Otterrai quello che ti manca e lui sarà tuo, per sempre"
Inutile nascondere che quella proposta lo allettava, terribilmente, ma sapeva di non potersi fidare di Uncino. Uomo d'onore o meno, sapeva come rigirare la situazione a proprio vantaggio, era furbo e, soprattutto, mortale. Si pentì di essersi affidato a lui poco prima.
"Sono lusingato, ma per tua fortuna non mi stavo riferendo a me. Non è con me che ti devi accordare"
Un campanellino. Conosceva quel suono e, quando finalmente il maggiore lo lasciò andare, poté voltarsi alla ricerca della sua provenienza. Era vicino, ma non quanto la volta in cui gli era passato accanto all'orecchio. Abbassato lo sguardo, il ragazzo si rese conto che proveniva da sotto il pelo dell'acqua. Tornò a rivolgersi ad Uncino e vide che l'uomo era riuscito ad uscire dalla pozza e si era già rivestito.  
"Vedi di non gettare all'aria l'opportunità che ti sto dando, sarebbe davvero un peccato dover rinunciare ad un giovane tanto promettente"
Si voltò dandogli le spalle e cominciò a camminare venendo inghiottito dall'oscurità ad ogni passo.
"Ci rivedremo presto"
Così come era arrivato, il pirata svanì lasciando dietro sé solo il richiamo di quel campanellino. Peter sapeva di non avere altra scelta ormai. Nessuna via d'uscita eccetto che in basso. Tastò con le mani, ma il fondo sembrava solido, liscio, non c'erano punti più profondi o ingressi nascosti, eppure il rumore veniva da lì. Non ebbe modo di trattenere il fiato quindi si limitò a portare la testa sotto il pelo dell'acqua, ma, non appena lo attraversò, riemerse nella luce.

Fu il suono di un tonfo a risvegliarlo dal suo sonno. Sollevando la schiena dalla parete, stiracchiò i muscoli intorpiditi dalla posizione scomoda e si alzò in piedi dirigendosi all'altro capo della stiva. Nel percorso urtò un paio di casse, ma si mantenne in equilibrio. L'antidolorifico aveva reso insensibile il suo corpo, quindi non provò dolore, oltre a ciò gli dava parecchia sonnolenza e rallentava le sue percezioni quindi ci mise un po' prima di riuscire a mettere bene a fuoco la figura attraverso la cella. Il ragazzo appena svegliato si tenne il capo dopodiché si guardò intorno confuso e, solo allora, quando incrociarono casualmente gli sguardi, parve rendersi conto della situazione in cui si trovava. Alzandosi in piedi, gli corse incontro e, afferrate le sbarre, sporse il volto attraverso esse con tale rapidità che il pirata non poté fare a meno di indietreggiare in risposta. 
"Virgil!"
Peter aveva il fiato corto ed era bagnato dalla testa ai piedi, proprio come quando era stato issato a bordo dopo il giro di chiglia, peccato fossero passati diversi giorni da allora. Ancora una volta, era scampato alla morte e ciò, per quanto la vedetta avrebbe voluto evitare di ammetterlo, lo rese davvero felice. 
"Torna a stenderti. Stai sporcando il pavimento della stiva di sangue"
Il corpo del mozzo cominciò ad essere scosso da tremori, ma non obbedì, rimase dove si trovava, con un ampio sorriso sul volto. 
"L-La... pulirò, ma..."
La sua espressione mutò all'istante, le guance gli si rigarono di lacrime. 
"Virgil, il tuo... il tuo..."
Sollevando la mano, l'uomo la appoggiò sulla propria benda. 
"Sto bene. Torna nell'angolo"
Il minore scosse la testa e si spinse ancora più verso l'esterno. 
"Se faccio anche solo un passo indietro... non potrò evitare di rendermi conto di trovarmi in gabbia. Perché? Perché sono qui? Avevate detto che dopo il giro di chiglia mi sarebbe stato perdonato tutto, eppure..."
Gli ordini del Capitano erano stati chiari. Una volta che Peter si fosse risvegliato, nessuno a bordo aveva l'autorizzazione di rivelargli quanto accaduto. Peccato che Virgil avesse ormai la situazione chiara, a dare ordini a bordo, non era più il suo Capitano di un tempo. Uncino aveva i suoi piani, ma ora anche lui aveva i propri. 
"Eri sonnambulo. No, non proprio. Non ti limitavi a camminare, se cercavamo di fermarti ci attaccavi"
L'altro sembrò riflettere sulle sue parole.
"Sai dove stavi andando?"
Si fece serio e scosse la testa. Mentiva, era chiaro. Se si fosse trattato di James gli avrebbe detto tutto e subito, ma Virgil non poteva permettersi di perdere un'occasione simile, per una volta sarebbe stato lui un passo avanti al corvino. Frugò nella tasca dei calzoni e tirò fuori la chiave della cella. Gli occhi del fulvo si illuminarono non appena la vide. 
"Rispondi alla mia domanda e ti farò uscire subito. In caso contrario sappi che dovremo aspettare che il gruppo torni dall'Isola"
Il ragazzo sbiancò. 
"S-Sono andati?!"
"Sì, poco dopo essere riusciti ad imprigionarti... Sono giorni ormai che non abbiamo loro notizie"
"No!"
Gridò e cominciò a strattonare le sbarre nel tentativo di farle cedere. Le bende ad avvolgerlo caddero una dopo l'altra e, quelle poche che ressero, si macchiarono di sangue fresco. La pelle del giovane era un campo di battaglia, cicatrici su cicatrici, strati di derma secco, sottile come carta, crollarono uno dopo l'altro rivelando bruciature e abrasioni profonde e scure scavate dai raggi del Sole, marcite dalla salsedine e dall'umidità. 
"Fammi uscire! Fammi uscire!"
"Rispondi!"
Tuonò fronteggiando l'altro che si paralizzò e, d'istinto, fece un passo indietro. Non appena l'ombra delle sbarre si riflesse su di lui, perse tutta la foga di poco prima e cominciò ad ansimare accucciandosi sul pavimento in preda al panico. 
"Peter, dimmi dov'eri diretto!"
Sembrava non sentirlo nemmeno, per quante volte Virgil provò ad attirare la sua attenzione, il mozzo rimase immobile. Tirò un pugno alla gabbia facendola risuonare. Non poteva arrendersi ora, aveva perso troppo per farlo. Girando intorno alla cella, la vedetta si mise quanto più vicino possibile al ragazzo e si sedette. Se c'era una cosa che aveva imparato a conoscere ed apprezzare di Peter era il fatto che per lui fosse impossibile ignorare i problemi di chi gli stava intorno, soprattutto se si trattava di coloro che considerava parte della propria famiglia. Per quanto fosse distratto a causa della paura, sarebbe tornato in sé sentendo di potergli essere utile in qualsiasi modo. Ne era certo. 
"Non potrò mai più essere la vedetta della Jolly Roger"
Il fulvo rallentò il respiro di poco e si voltò. Virgil sciolse il nodo della benda e la lasciò cadere esponendo così la propria orbita vuota al minore il quale alzò subito la testa. 
"Non possiedo più la visione della profondità... Con il tempo potrei imparare a gestire questa condizione, ma per ora non saprei nemmeno dire quale distanza ci sia fra noi"
Rimesso il bendaggio, Virgil strinse i denti e, poco dopo, Peter gli si avvicinò.
"Mi... dispiace..."
Voleva solo rimettere a posto le cose, voleva lasciare quell'inferno, tornare a casa e smettere di sentire quel calore nel petto ogni volta che il giovane lo guardava. Avrebbe trovato una soluzione a tutto, su quell'Isola niente era impossibile, bastava fare un passetto alla volta e, come prima cosa, aveva bisogno di quella maledetta risposta.
"Speravo che, portando questa informazione al Capitano, mi avrebbe dato l'opportunità di rendermi ancora utile... Ma non posso forzarti a darmela, non riesco a fare come Uncino"
Sporgendo la chiave attraverso le sbarre la porse al ragazzo.
"Non sono come lui, non voglio vederti soffrire"
Il mozzo sospirò e rigettò l'offerta spingendo indietro la sua mano serrandovi la chiave.
"Il Grande Spirito..."
Si mantenne serio, ma provò una grande soddisfazione. 
"Davvero?"
"L'ho sognato e mi ha rivelato il punto d'accesso al cuore dell'Isola. Mi occorre il flauto per aprirlo, ma, se ci riuscirò, potrò incontrarlo e chiedergli di liberarvi tutti. Devo solo stare attento a come formulare la richiesta perché tende a volgerle a proprio vantaggio"
Dunque non solo il Grande Spirito idolatrato dalla tribù dei Piccaninny esisteva davvero, ma aveva anche un obiettivo personale, era senziente ed in grado di comprendere la loro lingua, dunque poteva essere possibile comunicarci per convincerlo a lasciarli andare tutti. Non serviva più seguire il piano che si erano prefissati, sarebbe stato sufficiente trovare il luogo a cui si stava riferendo Peter.
"Intendi dire che potrebbe provare ad ingannarci?"
"Non proprio, semplicemente capisce i vari significati che vengono assegnati alle parole piuttosto che l'intenzione di chi le pronuncia"
Alzandosi in piedi, la vedetta sorrise. Quando il loro contatto fisico si sciolse, Peter ricominciò a tremare e chiuse gli occhi incapace di muoversi.
"P-Puoi... puoi andare a c-chiedere agli altri s-se posso uscire?! Ti... ti prego! S-Sono in me adesso! Non... non scapperò via! Lo sai che non lo farò!"
"Sì, so che non scapperai, ma prima di liberarti volevo chiederti un'ultima cosa..."
Impaziente, il minore cercò di calmarsi, ma con scarsi risultati.
"Dove si trova questo luogo?"
Infilò la chiave nel lucchetto, pronto ad aprirlo. Peter gli si fece più vicino, velocemente e a testa bassa.
"Alla sorgente, nel cuore dell'Isola. Ha detto che appena arriverò lì capirò subito il punto esatto in cui..."
Non appena la porta scattò, Virgil afferrò il braccio di Peter e lo trascinò fuori. 
"Virgil!"
"Dobbiamo sbrigarci!"
Arrivati al livello superiore, la vedetta ricevette uno strattone e fu costretto a fermarsi. Quando si voltò e si rese conto che Peter lo aveva bloccato con la sola forza di braccia e gambe rimase di stucco. Il fisico del giovane era messo male, davvero male, eppure era stato in grado di controbilanciare la sua stretta e, per di più, ora che era fuori dalla gabbia, perfino il suo sguardo aveva riottenuto tenacia e determinazione. 
"Cosa pensi di fare? Non possiamo andare là!"
Il minore cadde in ginocchio, si doveva essere sforzato troppo. 
"Ti ci porterò, adesso!"
Detto ciò lo sollevò di peso sulla propria spalla. Doveva farlo prima che il resto del gruppo tornasse, era la sua ultima possibilità per scalzare il Capitano dal dovere che si era imposto e, chissà, forse sarebbe riuscito a salvare anche Peter.
"Dobbiamo prima aspettare il ritorno degli altri! Non abbiamo il flauto e nemmeno un'idea su come far sì che il Grande Spirito ti dia ciò che vuoi! Mettimi giù!"
Quando furono sul ponte ed il Sole colpì di nuovo il ragazzo, questi si ripiegò immediatamente su sé stesso, cercando di proteggersi quanto più possibile, ma i raggi non gli procurarono alcuna ferita. Nessuna scialuppa con cui scendere al terra, ma Virgil era fiducioso di potercela fare a nuoto, sarebbe bastato raccattare qualche asse per mantenersi a galla e la corrente li avrebbe spinti a riva, l'Isola attirava ogni cosa a sé, soprattutto Peter. Stava scandagliando con la memoria il vascello per recuperare il necessario quando la porta della cabina di Uncino si aprì e, da essa, giunsero il nostromo, l'armaiolo e, dopo di loro, tutto il resto dell'equipaggio.
"Sta andando da qualche parte, Signor Sullivan?"

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