XXXVII

Il legno duro del parapetto contro la schiena e la nuca, le spalle strette in una morsa pronta a dislocarle e l'enorme forza di Virgil a tenerlo saldamente immobilizzato sotto uno sguardo furente. Peter sapeva di doversi sentire quantomeno in colpa per ciò che aveva appena fatto al nostromo Smee, ma era davvero troppo felice che la vedetta fosse lì. Dal tardo pomeriggio del giorno prima l'altro era sparito dimenticandosi perfino di portargli la cena, quindi aveva temuto che non si sarebbe fatto vedere prima della missione e ciò gli avrebbe impedito di salutarlo. Di certo sarebbe andato tutto bene, ma il dubbio che potesse rivelarsi un rischio troppo grande e che avrebbe potuto perdere James, Virgil, Barnabas e Starkey definitivamente si stava facendo largo come un tarlo nella sua mente riempiendolo di paura. La vedetta gli tirò uno scossone riportandolo alla realtà.
"Che ti è saltato in mente?! Sai che cosa ti aspetta adesso? Il Capitano sarà furibondo!"
Quella voce così potente e profonda era sempre in grado di fargli tremare la cassa toracica. 
"Non ti importa di ciò che potrebbe succedere al nostromo Smee per essersi fatto sfuggire una parola di troppo?"
Abbassò la testa. James era un Capitano imparziale, ma se c'era qualcuno verso cui era probabile che sarebbe stato più morbido quello era Spugna. Infatti era una delle ragioni che l'avevano convinto a chiedergli di più, sempre di più. 
"Se non so nulla è più probabile che possa mettervi i bastoni tra le ruote. Ditemi tutto e, se davvero l'unico modo per aiutarvi sarà farmi da parte, lo farò!"
Virgil mollò la presa.
"Il fatto che tu non sappia nulla è fondamentale perché le cose vadano lisce! Fai quello che ti viene detto, punto!"
Tornò ad incrociare i loro sguardi. 
"Se mi dite tutto cosa può succedere?! Pan non è un problema! Non mi trasformo in lui da tantissimo! Ho imparato a controllarlo!"
Così come Pan, anche Uncino non si era più visto. Gli occhi di James erano sempre blu e non aveva più avuto attacchi di rabbia. Anche se parti dei loro di un tempo fossero state ancora latenti sarebbero state troppo deboli per risalire a galla. Della sua vecchia vita non c'era niente, lui era solo Peter, recluta della Jolly Roger, nulla di più e non avrebbe mai permesso a sé stesso di retrocedere di nuovo. Virgil scosse il capo.
"Conoscendo il Capitano, saprà trovare il modo giusto per metterti alla prova ed assicurarsi che sia davvero così. Non lascerà impunito quanto successo poco fa, quindi cerca di tenerti pronto..."
Lasciò la presa, incupito e Peter ne approfittò subito per abbracciarlo. Voleva rassicurarlo, ma poi ricordò il discorso che avevano fatto prima che andasse via e si staccò. Virgil lo amava, era questo che aveva cercato di dirgli, ma lui non era sicuro di sentire la stessa cosa. Se, come aveva detto James, quel forte sentimento non corrisposto rischiava di disintegrare l'animo delle persone, significava che la vedetta in quel momento stava soffrendo, moltissimo, e tutto per colpa sua. Dal ponte giunse il suono della campana a sancire l'inizio della riunione dell'equipaggio. Peter rimase immobile fino a quando l'eco non si spense, dentro sé sperò vivamente di venir chiamato a rapporto, ma non accadde. Con la coda dell'occhio vide Virgil abbassare lo sguardo per un momento, fare spallucce e poi spostarsi alla cassa con i propri effetti personali senza proferire parola. Improvvisamente sentì un peso al petto e, come spinto da un'istinto incontrollabile, si sporse dal parapetto. Gli altri erano tutti lì, rivolti verso il Capitano, tranquilli, non uno di loro che si rivolgesse verso l'alto, la voce del corvino era flebile, non riusciva a sentire nulla a causa delle correnti fredde e della distanza, ma non sembrava arrabbiato. Impossibile che il nostromo non avesse riportato l'accaduto, eppure ancora non era stato chiamato fra loro e perfino la vedetta si comportava in modo fin troppo tranquillo rispetto a poco prima. Qualcosa non andava. Afferrata la fune della carrucola, Peter fece per scendere, ma venne afferrato di peso e spinto in un angolo. Sorpreso dalla botta, ci mise qualche secondo per mettere a fuoco la situazione e ciò bastò al maggiore per togliergli di mano la corda e staccarla dall'albero. 
"Non posso lasciarti scendere ancora"
Il ragazzo si rimise subito in piedi.
"Pensavo di essere stato chiaro. Non devi rimettere piede sul ponte fino a nuovo ordine"
"Non l'ho fatto prima e non lo rifarò ora! Mi sarei soltanto avvicinato un po', tutto qui"
Era una scusa, non toccare fisicamente il ponte della nave non significava attenersi agli ordini, ma non gli importava. L'equipaggio stava preparando tutto per la missione e chiaramente non volevano che assistesse, per quello gli avevano messo l'ennesimo stupido veto. A quel punto era ovvio che anche la presenza di James alla base dell'Albero Maestro e la notte che avevano trascorso insieme a guardare le stelle non erano stati che beceri trucchetti per tenerlo lì. 
"Solo qualche altra ora... Non ti si sta chiedendo poi molto. Vuoi mettere tutto il nostro lavoro a repentaglio solo perché ti senti escluso?" 
Strinse i pugni. Avrebbe davvero voluto rispondere di sì, scivolare giù dalle sarte e gridare in faccia a tutti il proprio malcontento. Immediatamente si rese conto di quanto sciocco ed infantile sembrasse quel pensiero e fece un respiro profondo. Si mise seduto. La grande mano di Virgil fu presto sul suo capo. Scompigliandogli teneramente i capelli, il maggiore gli si inginocchiò davanti.
"Andrà tutto bene..."
Il ragazzo cominciò ad avere la vista annebbiata ed iniziò a piangere. Non si sentiva triste, anzi, a dire il vero era piuttosto calmo, eppure il corpo agì a proprio piacimento. Il respiro gli si fece corto ed un fiume di parole uscì a fior di labbra.
"E... E se... non andasse tutto bene?"
Singhiozzò.
"Potreste morire questa notte!"
Sul viso della vedetta comparve un sorriso comprensivo.
"Non eri tu a dire che non sarebbe capitato nulla di male?"
Appoggiati i palmi tiepidi sulle sue guance gliele asciugò. Era certo che se la sarebbero cavata egregiamente, erano gli uomini migliori e più forti contro cui si fosse mai scontrato, o meglio contro cui Pan si fosse scontrato in passato. Eppure, nonostante ciò, qualcosa dentro di sé lo gettava a terra, come se non vi fossero più speranze, come se l'Isola avesse potuto inghiottirli per sempre, in quello stesso istante.  
"So che non faccio ancora parte della ciurma e che... forse non accadrà mai, ma... voi siete la mia famiglia!"
Appoggiando il viso contro il petto della vedetta, vi nascose la propria frustrazione.
"Sono un incapace, combino solo disastri... Non sarò mai degno di essere considerato un vostro pari, figuriamoci stare al fianco di James e meritare il suo amore... ma mi sta bene rimanere una recluta per sempre se ciò significa tenervi al sicuro e continuare la nostra vita come al solito!"
Non ricevendo più alcun gesto o parola di conforto da Virgil, il mozzo alzò il capo e, l'espressione attonita dell'altro lo mise all'erta. 
"Hai detto... James?"
La presa del maggiore si fece di nuovo salda sulle sue spalle. Nel sentir pronunciare quel nome, Peter si rese conto di ciò che aveva appena detto e sbiancò. Scappare. Impossibile, era in trappola. Mentire. Forse. Dissimulare. Inutile. Andava bene qualsiasi cosa, ma doveva agire. Subito. Il silenzio si stava già prolungando troppo e, con esso, le sue probabilità di convincere il pirata di aver capito male o virare verso un altro argomento. Sentì le dita dell'altro premere più intensamente contro i muscoli tanto che temette che gli avrebbe dislocato entrambe le spalle.
"Da quando!? Da quando sai di James?!"
Agì d'istinto. Piegato il ginocchio, lo fece scattare verso l'alto. Complice la vicinanza, riuscì a colpire la vedetta proprio sotto il mento. Il suono secco dell'impatto dei denti fu il segnale che aspettava, la presa di Virgil si allentò e così riuscì a svicolare via. Senza più la carrucola a disposizione optò per raggiungere le sarte, ma si ritrovò la strada sbarrata, la mole del pirata era stata ovviamente sufficiente ad attutire il colpo e farlo riprendere in pochi istanti. 
"Quanto sai ancora?!"
Era una furia, qualsiasi scusa avesse usato a quel punto si sarebbe rivelata inutile, non avrebbe creduto a nemmeno una parola. Si guardò intorno in cerca di una via d'uscita. Era in trappola, sulla cima dell'Albero Maestro, senza cime a portata di mano, non potendo chiedere aiuto a nessuno. Incrociò lo sguardo della vedetta annebbiato dalla rabbia, e si avvicinò al parapetto per mettere una certa distanza. 
"So che non è Uncino, così come io non sono Pan"
La mole statutaria di Virgil si sciolse in una maschera di terrore.
"Lo sai... e lo dici con tanta tranquillità... Lo sai da tanto, vero? Ti sei anche innamorato di lui... tu... e James... il Capitano non ci ha detto nulla, perché?" 
Abbassata un po' la guardia, il ragazzo fece un passo verso il maggiore, anche se con un po' di titubanza.
"Virgil, il fatto che io lo sappia non cambia niente! Non ha cambiato nulla e non lo farà in futuro!"
Il pirata non si mosse, era in stato catatonico. 
"Inoltre, per quanto io provi amore per James, lui non potrà mai ricambiarlo. La mia vita gli appartiene, è il mio Capitano ed io farò qualsiasi cosa perché i suoi propositi si compiano!"
Dovette abbassare di poco il capo, ma finalmente riuscì a tornare nella visuale del pirata ed attirarne l'attenzione. 
"Vi rimanderò a casa"
Sorrise.
"Sarete liberi, tutto il resto non importa"
Dalle labbra di Virgil uscì un profondo respiro ed i suoi muscoli si distesero. 
"Pensavo avrei avuto più tempo... Pensavo... Di poter essere io..."
Sorrise a propria volta.
"Conto su di te"

Era dai tempi degli scontri con Pan che James non riceveva un pugno dritto in faccia, un'esperienza che avrebbe volentieri evitato, peccato che la vita, in un modo o nell'altro, tornasse sempre a colpirlo con maggior forza. Tastandosi la base del naso si assicurò di non star perdendo sangue, solo qualche goccia, poteva andargli peggio. Osservare il resto dell'equipaggio fiondarsi contro il signor Sullivan per trattenerlo non lo fece sentire meglio, anzi, provò una grande frustrazione. Si era fatto cogliere di sorpresa, un tempo non se lo sarebbe permesso, figuriamoci pensare di poter perdonare un gesto simile, eppure non provò alcun desiderio di vendetta. 
"Che ti è preso!? Sei impazzito?!"
Tuonò Barnabas, ma il corvino non ebbe il tempo di metterlo a fuoco perché Spugna gli occultò la visuale. 
"Capitano, si sente bene?"
Il nostromo si mise a ispezionargli il volto. Fu un gesto apprezzabile, ma non avevano tempo per le medicazioni. Scostando il sottoposto, James si mise in piedi e, facendosi largo nel gruppo, si avvicinò alla vedetta a testa alta. Virgil non abbassò il capo, né indietreggiò, rimase composto, i muscoli tesi. Peggio per lui. Aveva mezza faccia intorpidita e formicolante a causa sua, non era per niente in vena di comprensione, meglio che avesse la miglior spiegazione esistente per aver agito in modo così violento. 
"Attaccare il proprio Capitano è ammutinamento. Ha qualcosa da dire in propria difesa prima che io stesso ponga fine alla sua vita, signor Sullivan?" 
Per nulla intimidito, l'altro si abbassò ignorando completamente le pistole puntate su di sé e fronteggiò il suo sguardo. 
"Tu non sei il mio Capitano, James"
Tutti i presenti trattennero il fiato, meno che il corvino. A quanto pare il suo uccellino aveva cantato dalla cima dell' Albero Maestro, a dirla tutta aveva pensato che sarebbe successo molto prima, quindi non se la prese affatto. Doveva accadere prima o poi. Anche impegnandosi, non c'era spazio per odio o risentimento nel suo cuore da rivolgere a Peter. 
"Pensavo che questo vi fosse ormai entrato in testa! Sin da quando siamo arrivati in questo inferno non sono più l'uomo di un tempo!"
"Ma quantomeno non avevi mai smesso di metterci al primo posto! Di sacrificare ogni cosa pur di riuscire a liberarci!"
"Ed è così!"
Rivolgendosi questa volta verso l'intero gruppo, Virgil fu sul punto di esplodere, per questa ragione James si tenne pronto, la mano buona sotto la cappa, sul calcio della pistola.
"Allora perché non spieghi anche agli altri perché non siamo ancora tornati a casa?! Peter sa già tutto! Di non essere Pan e che nemmeno tu ed Uncino siete la stessa persona!"
"Questo non è sufficiente! Sai che perché funzioni..."
"Ti ama!"
Due parole, ma bastarono ad accendere una piccola brace nel suo petto. 
"Farà qualsiasi cosa per te! Per noi! Ed è così già da tempo! A quest'ora potremmo essere fuori, a veleggiare liberi come in passato, ma tu la stai appositamente tirando per le lunghe! Pur di poterti sollazzare con lui!"
James lasciò scivolare il braccio sul fianco.
"In effetti..."
Il signor Benson si inserì nel discorso e spostò la canna della propria sputafuoco dalla vedetta al suo viso. Lo guardò storto e ciò bastò per farlo tremare. Vigliacco.
"Q-Questo spiegherebbe perché lo difende da quando è arrivato o perché ha preteso che gli insegnassi a sparare! Cosa c'entra impugnare una pistola con il piano che avevamo deciso all'inizio!?"
Di nuovo libero, anche Virgil gli puntò contro l'arma. Stavano passando il limite.
"Dovevamo solo far sì che si fidasse di noi e venisse dalla nostra parte! Non siamo ancora al passo successivo solo perché ti sei innamorato di lui e non vuoi perderlo! Lo sapevo che avrei dovuto far sì che si innamorasse di me! Io non avrei esitato! Non avrei mai messo lui prima di te, di noi, come stai facendo tu!" 
Assurdo che, dopo un'eternità passata ad odiarsi l'uno con l'altro, Virgil e Grant avessero finalmente trovato un punto d'incontro. Ne sarebbe anche rimasto contento se solo non stessero mettendo a repentaglio tutto ciò per cui avevano lavorato. Restava solo una cosa da fare a quel punto.
"Non sopporto quando si inalbera, signor Sullivan. Tende a diventare prolisso e, con il poco tempo rimastoci, non possiamo permetterci di ascoltare i suoi piagnistei di ragazzino geloso"
Estratta l'arma la puntò alla fronte della vedetta ed abbassò la sicura.
"Non permetterò a nessuno di mettersi sulla mia strada"
La sete di sangue gli fece ribollire le viscere.
"Obbedire o morire. A lei la scelta, signor Sullivan"
In un attimo il sottoposto cambiò espressione, gettò la sputafuoco, retrocedette e alzò le mani. Il signor Benson fece altrettanto e si infilò in mezzo agli altri. Il corvino strinse i denti e, furibondo, abbassò la pistola e colpì con l'uncino la parete della stiva lasciandovi uno squarcio molto simile al fendente di una spada. Un battito. Il legno si piegò come burro e, attraverso la fenditura, la puzza di marcio e decomposizione riempì l'intero ambiente. Un battito. Fece un profondo respiro, chiuse gli occhi, fu come essere accecato da un lampo, tutto nero, poi li riaprì e venne investito da un fiotto di sangue. Un ultimo battito. Quando James rinsavì, Virgil era ai suoi piedi, riverso a terra, il volto martoriato ed un occhio in meno. Fu sul punto di fare un passo indietro, ma il corpo non obbedì e, con freddezza, parlò.
"Qualcun altro ha delle rimostranze?"
"No, Capitano Uncino"    
Risposero all'unisono. Un ticchettio familiare giunse alle orecchie del corvino che infilò subito la mano buona nella tasca e strinse il pegno contro il palmo sperando così di attutirne il suono insostenibile. 
"Entro due giorni il flauto sarà nelle nostre mani e così la chiave della nostra prigione. Ringraziate la sorte signor Sullivan, un colpo di testa simile può costare la vita..."
Doveva uscire da lì prima di finire schiacciato e sprofondare di nuovo nell'oscurità. Coprendo con il cappotto il braccio destro per non rischiare di posare gli occhi sull'uncino nemmeno di sfuggita, si voltò ed uscì. I passi furono quasi rallentati dal silenzio generale, ma, quando finalmente sentì la porta della stiva serrarsi alle proprie spalle, mise le ali. Salì i livelli della nave più veloce che mai, doveva arrivare al ponte, arrivare da Peter. Con l'aria fredda e la luce ingrigita del giorno, giunse ai suoi occhi un bagliore fragoroso, dorato, ancor più brillante del Sole stesso. Una figura lo stava aspettando a poca distanza. Pan.   
"James"
Sprofondava negli abiti di Peter, non aveva il solito sorriso smargiasso, era impassibile, illeggibile. Incredibile pensare che gli fosse rimasta abbastanza magia da brillare in quel modo, ma a quanto pare era fin troppo debole per sollevarsi da terra. Buon segno.
"P-Peter..."
La voce di James tremò più di quanto avrebbe voluto. Doveva riportare il fulvo indietro, cercò di convincersi che fosse per non permettere a Pan di mandare all'aria il piano, ma non era così.
"Tornerà a momenti, ma prima c'è una cosa che devo sapere"
Faccia a faccia con l'incubo, non era certo di quanto a lungo il corpo lo avrebbe ancora sorretto.
"Parla e vattene"
"Lui è..."
Chiese timidamente il ragazzino distogliendo lo sguardo.
"... arrabbiato con me?"
Sospirò. Non voleva dargli la soddisfazione di una risposta, ma cambiò subito idea.
"No... Non più. Ora restituiscimi Peter"
Un ampio sorriso illuminò ancora di più il volto di Pan e, poco a poco, il bagliore dorato si dissipò, si fece sempre più flebile, e si spense come una candela. Il bambino tornò un giovane uomo, lo stesso corpo che aveva imparato a conoscere centimetro dopo centimetro, i capelli ramati, la pelle solcata di cicatrici e, infine, quando sollevò le palpebre, gli occhi colmi d'amore.
"James?"
Si guardò intorno smarrito.
"C-come mai sono..."
Il mozzo sbiancò e, un attimo dopo, gli corse incontro preoccupato. Non si era reso conto di quanto fredda fosse la propria pelle fin quando non vi percepì contro la mano di Peter. Era bollente.
"Sei ferito?! Sanguini! Cos'è successo?! Vado a chiamare Barnabas!"
Lo abbracciò e lo tenne a sé con le forze rimaste, ben poche a dire il vero.
"Non è... mio... Va tutto bene... Stai bene..."
Il minore rispose alla stretta, gliene fu grato. Lui era la sola cosa di cui aveva bisogno in quel momento.
"Andiamo... nella mia cabina"

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