XXXI

Braccio teso, cane indietro. Sicura sollevata, polvere da sparo, abbondante, sicura giù. Dito sul grilletto. Tutti e due gli occhi sul bersaglio, un bel respiro. La mano trema, suda lungo la canna dell'arma che comincia a pesare, troppo, è un macigno, piega i muscoli, spezza le ossa e fa crollare la volontà. Rialzando la sicura, Peter si sedette a terra e allontanò la pistola, solo a quel punto tornò a respirare. Aveva bisogno ancora di un momento, il solo immaginare lo sparo così vicino alle orecchie gli faceva sentire un formicolio contro la tempia, come una vecchia cicatrice che comincia a fare i capricci. Sapeva bene che non c'era alcuna ferita da rimarginare lì, in più il Signor Benson gli aveva spiegato il funzionamento della pistola, quindi ne aveva il pieno controllo, non correva alcun pericolo, eppure non riusciva ad andare oltre quel punto. Erano diversi giorni che ci provava, quando il Sole era alto lo faceva nell'armeria, di notte sul ponte, tra una ramazzata e l'altra, o quando saliva sulla postazione di vedetta. Per quanto riguardava la sua abilità nell'utilizzare le lame, che fossero spade, pugnali o coltelli, niente da dire, aveva ripreso totalmente confidenza, una volta Grant gli aveva addirittura lasciato sparare un colpo di cannone e non c'erano stati problemi, ma con le pistole proprio non riusciva a sbloccarsi. Le parole del Capitano continuavano a risuonargli nella mente, doveva concentrarsi solo sul proprio obiettivo, certo, all'altro aveva detto che si trattava di entrare nella sua ciurma, ma c'era di più in realtà. Recuperata l'arma, abbassò la sicura e la puntò furibondo contro la fila di lattine vuote che gli era stata data come bersaglio.
"Ogni goccia di sudore, ogni sforzo per avere ciò che desidero mi tiene in vita"
Si ripetè a denti stretti mentre la luce della Luna spariva dietro ad una nuvola.
"Niente si deve mettere sulla mia strada... Nè gli altri, nè il Capitano, nè Pan... Nemmeno io"
Non appena il metallo brillò di nuovo sotto i raggi argentati, il cane della pistola colpì la sicura producendo una scintilla e liberando nell'aria un rivolo di fumo chiaro. Lo sparo mise all'erta tutti sulla nave e, ad esso, ne seguirono molti altri. Una lattina dopo l'altra saltò via, ma Peter non si fermò sino a quando non le trapassò almeno tre o quattro volte l'una. Alcuni colpi finirono fuori bordo, altri scalfirono il legno della Jolly Roger, ma alla fine tornò il silenzio. Il fulvo sentì il proprio cuore riprendere a battere e prese dei respiri profondi, stava per crollare all'indietro e finire con il sedere a terra, ma venne sostenuto da qualcuno ed aiutato a mantenersi in piedi. Riconobbe subito di chi si trattava grazie all'altezza, tutta quella polvere da sparo aveva mandato k.o. il suo olfatto, si dispiacque di non poter godere del dolce profumo di James.
"Sapevo che non serviva il mio intervento questa volta"
Sussurrando al suo orecchio, il corvino gli sfilò di mano la pistola e solo allora Peter si rese conto di star tremando.
"Ce la fai a reggerti? Forse non te ne sei accorto, ma tutto l'equipaggio ti sta guardando. Dimostra loro che, quando avrai un'arma nella tua mano, dovranno temerti proprio come se ci fossi io al tuo posto"
Il mozzo annuì e piantò saldamente gli scarponi a terra dopodiché si rivolse ai presenti.
"Scusatemi per aver disturbato il vostro riposo"
Si avviò verso i bersagli e li raccolse portandoli all'armaiolo.
"Ho finito, Signor Benson. Come aveva chiesto, con un solo carico da venti proiettili ho centrato almeno tre volte tutte e cinque le lattine"
L'uomo le ispezionò. Intanto il Signor Starkey sbadigliò e prese parola.
"Dovevi proprio farlo nel cuore della notte? Domani dobbiamo lavorare!"
"Fino a quando non ci fossi riuscito... Sono dispiaciuto Signor Starkey"
Prendendo una delle lattine, Vigil ne osservò la base bucata al centro e sorrise tenendola per sé, Peter non capì il suo gesto, ma non chiese e rimase in attesa di ricevere i suoi prossimi ordini. Fu il Capitano a parlare dato che il Signor Benson era ancora intento ad osservare i bersagli incredulo.
"Signor Grant, continuerete ad assicurarvi che Peter abbia compiuto il suo dovere nei vostri alloggi. Tornate tutti a riposare"
Peter vide Barnabas sorridergli e fargli un cenno di assenso per congratularsi della dimostrazione fatta, nel frattempo poté giurare di aver sentito Clifton parlare dell'accaduto con l'elegantone in modo entusiasta e la cosa lo rese molto felice, ma la maggior soddisfazione la ottenne senza dubbio dall'incredulità disegnata sul volto dell'armaiolo. Stava per andare a recuperare la ramazza ed assicurarsi di non aver fatto danni al parapetto della nave quando il Capitano gli agganciò la spalla con l'uncino e lo fece voltare verso di sé. Era orgoglioso di avergli dimostrato il proprio valore e di essersi sbloccato senza un suo intervento diretto, certo, aveva ancora molta strada da fare, ma faceva piacere ottenere delle piccole vittorie.
"Sei stata bravo, ma la prossima volta tieni il braccio meno teso, in questo modo per raggiungere un bersaglio in movimento consumerai meno fatica e proiettili. Inoltre evita di appoggiare la pistola sul ponte o la salsedine potrebbe rovinarla, chiaro?"
Il ragazzo arrossì, il maggiore lo stava osservando sin dall'inizio, aveva visto tutto. Per una volta aveva sperato di aver mostrato solo il proprio lato migliore, ma niente poteva sfuggire a James. Sì, lo aveva visto crollare emotivamente e cedere alle proprie inscurezze, ma anche rialzarsi e combattere, quindi si consolò, in parte.
"Chiaro, J... Capitano"
Si morse la lingua, Virgil era ancora lì con loro.
"Sistema tutto poi ritirati in branda a riposare. Sei stato bravo, Peter. Continua così"
Gli sorrise.
"Farò del mio meglio!"
Mentre il corvino tornava nella propria cabina, il mozzo si rivolse verso la vedetta, pronto a fare due chiacchiere sull'accaduto visto che l'altro era rimasto appositamente per parlare, ma accadde qualcosa di inaspettato. Virgil lo superò limitandosi a fargli un ampio sorriso, gli scompigliò i capelli con affetto e poi seguì James. L'ultima cosa che il ragazzo scorse prima che la porta si chiudesse alle spalle di entrambi i pirati fu il bagliore della Luna sulla lattina che l'uomo teneva ancora stretta nella mano. Afferrando fra le mani la ramazza, Peter sentì una lieve inquietudine crescere dentro di sè. Per un po' cercò di convincersi che fosse solo l'effetto del silenzio profondo della notte, dopo gli spari la calma era diventata quasi soffocante, lo faceva fremere ad ogni piccolo suono provocato, peggio se involontario. Lo squittio delle suole, i filamenti della scopa strisciare lungo le venature del ponte, il frusciare dei vestiti contro la pelle, il respiro attraverso le narici. Un movimento alle sue spalle, si voltò e si preparò a colpire con il manico in legno. Bloccò il braccio quando fu a meno di un centimetro dal viso del nostromo Smee, ma lo spostamento d'aria fece finire a terra il cappello del pirata. Lasciando cadere la ramazza, il giovane si chinò subito a raccoglierlo mortificato e restituì al superiore l'indumento. Solo in quel momento, per chissà quale inspiegabile ragione, grandi lacrime cominciarono a scivolargli lungo le guance e le mani, prima salde e controllate, presero a tremargli tanto che, se l'uomo non si fosse ripreso prontamente il cappello sarebbe finito di nuovo sul gelido ponte della nave.
"Ho poco tempo prima che il Capitano mi faccia chiamare. Vieni"
Tentando inutilmente di scacciare le lacrime, Peter seguì Spugna fino in cambusa e, una volta lì, venne invitato a sedersi. Liberare le gambe dal peso del proprio corpo fu di grande aiuto, la tisana che il nostromo gli preparò poco dopo ancora di più. Da che era lì Spugna non aveva mai fatto un gesto altrettanto gentile, gliene fu profondamente grato. Ne aveva davvero bisogno.
"Se vuoi smettere di sentirti così dovrai sparare più spesso. Hai una buona mira, ma se non tieni i nervi saldi ti servirà a poco"
Pura verità. Il solo pensiero di prendere di nuovo in mano un'arma da fuoco faceva tornare Peter in stato catatonico e perdere l'autocontrollo. In un vero scontro sarebbe stato spacciato. Con il coltello era più semplice, non era altrettanto istantaneo strappare la vita a qualcuno, o così freddo e distaccato, ma non aveva alcuna importanza a quel punto. Doveva riuscirci ad ogni costo, se James gli stava facendo quella concessione c'era una ragione dietro, c'era sempre. Strinse la tazza e buttò giù fino all'ultima goccia, finì anche per bruciarsi la punta della lingua. 
"Grazie, Signor Smee! Sarò pronto!"
"Lo spero. Non resta molto tempo..."
L'uomo si alzò ed andò verso la porta. Peter si girò per chiedergli spiegazioni e fu allora che si accorse che non erano soli. Virgil, appoggiato sull'uscio, lasciò passare Spugna e, quando il nostromo se ne fu andato, entrò.

Picchiettando con la punta dell'indice contro il metallo della lattina, James passò cautamente il polpastrello lungo il bordo frastagliato e sorrise. Il nostromo Smee stava finendo di redigere la propria lettera, era più prolisso di quanto si sarebbe aspettato, ma non mancava molto, avrebbe finito presto. Non aveva programmato di chiedergli di redarre il documento quella notte, ma meglio ridurre l'andirivieni del giorno dopo, così nessuno nell'equipaggio si sarebbe lamentato di non aver ricevuto abbastanza tempo. Ad una persona normale, mettere nero su bianco le proprie ultime volontà avrebbe richiesto ore, giorni, ma ogni anima presente sulla Jolly Roger, ad eccezione di Peter, era ormai abituata a quella procedura. Rimpianti, saluti e indicazioni su come disporre delle proprie spoglie, ogni volta le parole uscivano in modo differente, per questo James conservava quei fogli con estrema cura. In essi persisteva la vera essenza dei suoi uomini. Quando ci si ritrovava intrappolati nell'eternità, si diventava consapevoli, si marciva, ci si faceva cogliere dalla disperazione e, infine, si chiamava la morte a sé con reverenziale terrore, con la paura di passare da un Inferno all'altro in un ciclo infinito senza via d'uscita. Sigillato il documento con la cera, Spugna glielo porse e James lo ripose nel cassetto della scrivania, al sicuro, insieme a quello del Signor Sullivan. Il corvino attese che il nostromo uscisse, ma invece ne ebbe lo sguardo addosso.
"Puoi pure andare a riposare, Spugna. Non intendo portarti via troppe ore di sonno"
"Dovrebbe riposare anche lei, Capitano. Potrei... chiamarle Peter. Quando il giovane soggiornava qui le vostre occhiaie erano sparite, inoltre sembravate più... sereno"
Sorrise a quell'affermazione. A metterla così la sua insonnia e la mancanza del giovane accanto a sé tra le lenzuola potevano davvero sembrare correlate. Impossibile però che avesse la necessità di qualcuno vicino, non era un moccioso, era perfettamente in grado di combattere da solo i propri demoni.
"Grazie per la preoccupazione, Spugna"
Recuperò dalla risma un foglio pulito, impugnò la piuma d'oca e vi abbassò gli occhi fingendo di riportarvi alcune note. Smee sospirò.
"Buonanotte, Capitano"
I passi del pirata, stanchi e lenti, il cigolio della maniglia, i cardini della porta ed infine il silenzio. Per qualche minuto James rimase immobile, la punta del pennino inesorabilmente ferma, la mente schiacciata da mille pensieri. Stava davvero prendendo in considerazione la possibilità di riscrivere anche le proprie ultime volontà. Osservando il cassetto ancora aperto, scavò fino al fondo e trovò la lettera redatta di proprio pugno al loro arrivo in quell'Inferno maledetto. La scrittura tremolante marcava furiosa la carta in profondità con tre sole parole.
"Io non morirò"
Sollevando la testa di scatto, James vide Peter seduto sul bordo del proprio letto, teneva le gambe accavallate ed era illuminato da uno dei suoi sorrisi dolci ed impaciati. Il corvino cercò di assumere un'espressione seria.
"Perché sei qui? Non ti ho dato il permesso di entrare!"
Alzandosi, il giovane gli si avvicinò e, muovendo i fianchi, incrociò i piedi ripetendo uno dei passi della danza indiana che aveva fatto durante il proprio compleanno. Nonostante fossero passati diversi giorni, non avrebbe mai potuto dimenticarla. La giacca pesante che il mozzo portava sulle spalle scivolò a terra e, poco dopo, anche i suoi scarponi finirono in un angolo della stanza. Peter era leggiadro, perfino i suoi occhi sembrarono più tenui e profondi nella penombra creata dalla candela.
"Vuole che me ne vada... Capitano?"
James non riuscì a rispondere, la gola gli si era seccata. Dopo essersi scostato un ciuffo dalla fronte, il fulvo appoggiò le dita alla fibia della propria cintura e la sfilò lasciando che portasse insieme a sé anche i pantaloni. Il tessuto scese lungo le cosce, le ginocchia ed infine le caviglie, ancora coperte dai calzettoni in lana. Il maglione che portava, troppo grande per lui, faceva sì che attraverso il colletto si potesse scorgere il petto chiaro solcato di cicatrici.
"No... Re-Resta..."
Una leggera pressione ed il giovane si sedette sulla scrivania facendo finire a terra gran parte di ciò che c'era sopra. Il caos non era mai stato altrettanto attraente. Il corvino non avrebbe mai pensato che Peter potesse essere così provocante, a volte aveva colto quel lato del minore, ma era sempre stato convinto che ci sarebbe voluto ancora molto tempo prima che venisse alla luce. Allungando la mano verso il ragazzo fece per sfiorarne il viso e le labbra, ma quest'ultimo si scostò e, con un gesto repentino, gli rubò il foglio da sotto il naso. Scrutandolo, il mozzo sorrise beffardo e tornò ad incrociare i loro sguardi, i suoi occhi erano neri come le tenebre.
"Hai davvero messo da parte il tuo obiettivo ..."
E, mentre le parole lo abbandonavano velenose, ma terribilmente sensuali, il giovane si scoprì la gamba sollevando l'orlo del maglione e permettendogli così di scoprire che, sotto esso, non portava l'intimo.
"... per un bel corpicino?"
Mentre continuava a passarsi il bordo del foglio contro la guancia, Peter lo afferrò per il mento con forza e lo costrinse a voltarsi verso lo specchio. Quando James vide il riflesso di entrambi gridò in un misto di terrore e furia.
"Non avrai dimenticato in che situazione ti trovi. Vero, James?"
Il corvino frugò la superficie della scrivania per istanti interminabili, ma poi, finalmente, sentì fra le dita il calamaio e lo lanciò frantumando lo specchio in mille pezzi. La sua immagine, denso fumo nero, come muffa in decomposizione, e quella di Peter, una luce intensa ricolma di vita, finirono per mescolarsi nei frammenti e, infine, si sciolsero in una pozza che sommerse ogni cosa. Gli ci volle molto per ritrovare la forza di aprire le palpebre, ma, quando ci riuscì, vide che lo specchio era tornato perfettamente integro. Attraverso esso, il proprio riflesso era tornato alla normalità. Il Sole filtrava attraverso la finestra della cabina, l'oceano era calmo, un piacevole chiacchiericcio giungeva dal ponte, ma la sua testa era un colabrodo. Fosse stato un qualsiasi altro giorno avrebbe rimandato tutti i propri impegni, ma aveva un compito irrimandabile a cui adempiere. Saltata la riunione mattutina, ricevette come previsto il resto dell'equipaggio, uno dopo l'altro, ma scambiò con ciascuno solo brevi saluti di cortesia. Non mangiò nulla, non accettò neppure il té offertogli da Spugna per calmare i nervi e, quando infine giunse il tramonto, stava peggio che mai. Alla fine, anche il Signor Benson se ne andò e tutte le ultime volontà della ciurma finirono nel cassetto della sua scrivania. Tolta la giacca, James fece per sciogliere i lacci dell'uncino, era dal giorno prima che lo portava, stretto come una morsa, ma, quando fu all'ultima cinghia, qualcuno bussò e dovette rimetterlo al suo posto.
"Avanti"
Sospirò osservando per l'ennesima volta lo specchio e, quando la porta si aprì ed alle sue spalle comparve Peter, venne attraversato da un lungo brivido.
"Buonasera, Capitano"
Il ragazzo gli sorrise e ciò lo riempì di rabbia. Non si voltò nemmeno e gli parlò attraverso il riflesso.
"Cosa succede?"
Chiusa la porta, il mozzo lo osservò confuso.
"Ecco io... Mi chiedevo se stessi bene, James. Ho visto che hai incontrato ogni componente della ciurma singolarmente, inoltre li ho sentiti parlare fra loro. Dicevano che non eri in forma così sono venuto per..."
Girandosi di scatto, James raggiunse Peter e lo inchiodò alla parete. Nonostante la sorpresa iniziale, il fulvo non reagì restando docile e sottomesso.
"Sai che è colpa tua se sono ridotto così!?"
Il minore sgranò gli occhi e le sue iridi d'un verde brillante acquietarono per un momento la morsa a dilaniargli la mente. Lo lasciò e, mesto, tornò a sedersi alla scrivania.
"Per colpa del tuo desiderio... Qualcuno potrebbe non sopravvivere!"
Proprio come la notte prima, il giovane lo raggiunse ed appoggiò le mani sul bordo del tavolo.
"C-Cosa stai dicendo?"
Una fitta alla tempia, un nuovo scoppio d'ira.
"Il flauto! Portartelo sarà un'impresa mortale!"
Stringendo i pugni, Peter drizzò la schiena, a differenza dell'incubo non lo derise o schernì, era stoico e determinato.
"Ho chiesto ciò che Pan mi ha detto, ma non permetterò che qualcuno di voi muoia! Verrò anch'io! Vi farò da guida!"
James rise e si alzò in piedi fronteggiandolo. Tentò di intimorirlo, ma non ebbe alcun effetto, il ragazzo tenne gli occhi dritti nei suoi. Quando le azioni non bastavano, le parole erano il mezzo giusto per distruggere un animo incrollabile.
"E se andare sull'Isola ti facesse tornare bambino?! Ci hai pensato!?"
Come previsto, il mozzo perse la voce. Girando intorno alla scrivania, James lo raggiunse in un paio di falcate. Ancora non aveva finito di sfogarsi.
"A meno che non sia questo ciò che vuoi!"
Alzò la voce.
"Non te ne importa niente di noi! Di me! Vuoi solo tornare sulla tua dannata Isola! Non è vero, Pan!?"
Nelle lacrime che versò, il corvino sentì sparire il malditesta, la stanchezza, il sonno perso e tornò lucido. Immediatamente, volse il proprio sguardo in quello dell'altro. Peter non poteva nascondergli nulla, quelle parole crudeli lo avevano spezzato, ancor più delle scottature subite dal Sole, del gelo dell'oceano che l'aveva avvolto tra le onde, delle frustate sulla schiena, di quel colpo di pistola mai partito.
"Mi scuso per aver scavalcato la sua autorità, Capitano. Non accadrà ancora. Posso ritirarmi?"
Non voleva lasciarlo andare.
"No!"
Lo strinse a sé.
"Resta, Peter. Resta... Con me..."

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