XXVIII

Quando Peter riaprì gli occhi era immerso nel buio, in un'oscurità che da molto tempo non appariva più nei suoi sogni, così come quella pioggia di sabbia dorata che ora scendeva lenta sul suo capo. In passato il flusso era tale da sommergerlo in pochi istanti, ma ora era debole e a malapena sufficiente da permettergli di sollevarsi dal suolo. A differenza del solito però non si risvegliò subito, ma, vicino al suo orecchio, percepì il suono di un campanellino. Provò a voltarsi per individuarne l'origine, ma esso si spostava con lui, facendolo impazzire così si tappò l'orecchio, ma, non appena lo fece, qualcosa di umido cominciò a colargli lungo il mento. Quando controllò il palmo aveva la mano imbrattata di sangue, perlomeno il suono era sparito. Fu allora che riaprì gli occhi, ma, invece di essere sdraiato nel letto accanto a James, era in piedi, davanti alla scrivania, il pennino nella mano. Aveva aggiunto una nuova scritta sulla mappa dell'Isola Che Non C'è, proprio sotto quella già presente. La calligrafia era la sua, incerta e un po' tremolante, ma leggibile.
"Chiedi il flauto?"
Aveva cercato di leggerlo, ma le parole gli erano morte in gola alla prima lettera restando solo un pensiero. Lasciando la piuma nel calamaio, il ragazzo fu indeciso se svegliare il Capitano subito per informarlo sull'accaduto o attendere il mattino dopo. Fu l'altro a scegliere per lui poiché, un attimo dopo, si alzò a sedere e si voltò nella sua direzione osservandolo nell'oscurità.
"James, stavo per chiamarti! I-Io... credo mi sia appena successo qualcosa"
Alzandosi, il pirata lo raggiunse in silenzio, ma il mozzo capì subito che qualcosa non andava e così, prima che potesse raggiungerlo, fece il giro del tavolo e indietreggiò. Il volto del maggiore illuminato dalla finestra rivelò occhi completamente neri e un sorriso glaciale che non lasciava dubbi sulla sua identità. Quello non era il suo James, era Uncino e ciò significava che, poco prima, Pan doveva aver preso il controllo del suo corpo. La frase misteriosa l'aveva scritta lui. Prendendo tra le dita il vasetto con l'inchiostro, il corvino lo versò sulla mappa cancellando indissolubilmente entrambi i messaggi su di essa dopodiché gettò a terra la boccetta vuota e portò l'indice alle labbra intimandogli il silenzio. Era una situazione surreale. In passato Uncino gli sarebbe saltato addosso spinto dal desiderio di vendetta, non era mai stato lucido quando era vittima di quell'insaziabile sete di sangue, ma, dopotutto, nemmeno Pan aveva mai preso il controllo nel sonno per lasciargli un messaggio. Sorreggendosi alla scrivania, il corvino sembrò sul punto di perdere i sensi così il ragazzo gli corse accanto e fu allora che venne inchiodato sulla superficie in legno e paralizzato da un lungo bacio. Si sentì immediatamente andare a fuoco, il suo corpo era paralizzato, tanto che, anche quando l'altro si separò dal contatto e portò le labbra al suo orecchio, non si mosse né lo contrastò e ciò lo fece sentire terribilmente impotente.
"Sarà il nostro piccolo segreto. Ora fai il bravo, tieni la bocca chiusa e..."
Stringendo i denti, l'uomo si sollevò di poco, aveva un'espressione sofferente, ma per fortuna non durò a lungo, solo fino a quando, raccolto tutto il proprio coraggio, Peter appoggiò le mani sulle sue guance ed i suoi occhi tornarono alla normalità. James stava sudando dalla testa ai piedi, tremava, quasi fosse febbricitante, ma almeno era sveglio.
"H-Hai... toccato il mio orologio?"
Confuso, il ragazzo scosse la testa.
"No"
Non avrebbe avuto ragione di farlo, non capiva nemmeno quale legame ci potesse essere tra l'accaduto e un semplice orologio da taschino, ma sapeva che difficilmente il corvino avrebbe risposto a quella domanda. A dirla tutta, era troppo stanco, confuso e spaventato per curarsi anche di quella questione, quindi si limitò a mettersi seduto dritto e assicurarsi delle condizioni dell'altro.
"Mi sono risvegliato alla scrivania. Pan mi ha fatto scrivere una cosa sulla mappa..."
Si voltò, ma dove poco prima c'era il messagio non restava altro che una gigantesca macchia nera. Avvicinandovi la lanterna, entrambi si resero conto che era ancora possibile scorgere sotto di essa qualche bagliore dove erano state tracciate le lettere, ma troppo flebile da poter essere letto per intero.
"Cosa diceva?"
Peter aprì bocca, ma fu come se una forza invisibile lo stesse strangolando perciò gli uscì solo un rantolo soffocato. Infuriato, James intinse il pennino nella chiazza e glielo ripassò.
"Riscrivila allora!"
Il mozzo annuì, determinato, ma, quando appoggiò la mano sul foglio, il braccio gli si flettè impedendogli di proseguire. Fece forza con l'altro cercando di riportarlo sul foglio, ma fu inutile. Frustrato, il maggiore gettò a terra tutto ciò che non ci era già finito durante l'assalto di Uncino, si sedette a testa bassa e si portò la mano fra i lunghi capelli scompigliati. Per la prima volta da che il ragazzo aveva messo piede lì, quall'uomo forte, imperturbabile e sempre composto, si lasciò sfuggire un singhiozzo. Intimidito dalla situazione e non sapendo bene come agire, Peter si inginocchiò a terra, in modo da poter vedere parzialmente il volto dell'altro fra le ciocche scure, e allungò una mano appoggiandogliela sulla guancia. Una lacrima gli bagnò il palmo. Mortificato per aver intristito in quel modo James, decise di ritentare a pronunciare la frase, ma più insisteva più sentiva venir meno il respiro, tanto che, ad un certo punto, cominciò ad avere la vista annebbiata.
"Peter...basta ora"
La mano del maggiore si appoggiò fra i suoi capelli, la sua voce era calma e sicura, se non l'avesse visto con i suoi occhi sarebbe stato impossibile credere che poco prima stesse piangendo.
"Dimmi cosa è successo, se puoi. Pan ha fatto questo?"
Tossendo, il ragazzo annuì e spiegò l'accaduto, non vi fu nessuna reazione strana e poté arrivare alla fine senza problemi e senza tralasciare dettagli, ad eccezione del contenuto del messaggio. Quando ebbe terminato di raccontare, James appoggiò la schiena sulla seduta e gli fece cenno di spostarsi sulle sue ginocchia. Quando il corvino tirò indietro la testa, la Luna gli illuminò il volto, era di nuovo controllato e posato, ma i suoi occhi blu, grazie al riflesso argenteo proveniente dalla finestra, rivelavano una profonda tristezza. Appoggiandosi al suo petto, Peter desiderò ardentemente sapere che cosa gli stesse passando per la testa, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di aiutarlo.
"Da domani sera tornerai ad affiancare il Signor Benson in armeria"
Sollevando la testa, osservò il Capitano incredulo. Uscire dalla cabina, potersi rendere utile e dimostrare il proprio valore entrando a far parte dell'equipaggio della Jolly Roger, al di fuori di quelle quattro mura, a contatto anche con gli altri pirati della ciurma. Era convinto che quella notizia lo avrebbe reso più felice. Aggrappandosi alla camicia del maggiore, sospirò intristito.
"Mi sta punendo per quello che è successo? Ora mi... mi odia di nuovo?"
James portò la mano alla sua nuca e, con dolcezza, avvicinò le loro labbra donandogli un breve bacio.
"Semplicemente non c'è altro che posso insegnarti al momento. Hai dimostrato di essere pronto quando hai fronteggiato il Signor Sullivan. Ti ho tenuto qui con me mentre imparavi a scrivere, ma il Signor Starkey si sarebbe potuto occupare benissimo della tua istruzione in autonomia... Sono stato egoista, ma non posso continuare ad esserlo, sopratutto ora che..."
La sua voce si spense mentre tornava a voltarsi verso la macchia scura sulla mappa.
"Era per quella scritta, giusto? L'aveva fatta Pan e volevi sapere cosa diceva per capire se c'era da preoccuparsi! Per questo non l'hai detto a nessuno! Non serve che ti preoccupi non era... niente di grave"
Sorridendo, il maggiore lo accarezzò lungo la schiena.
"Non ne avevo idea, ma mi fa piacere saperlo. Significa che insegnarti a leggere scrivere non è stata una totale perdita di tempo"
Rilassandosi, Peter appoggiò la testa alla spalla del Capitano e cominciò ad annusarlo, aveva ancora il profumo del letto, del tabacco, di loro. Ora che sarebbe tornato ai propri doveri di mozzo, il ragazzo si chiese cosa sarebbe accaduto al loro rapporto. In quel periodo si erano avvicinati molto e, anche se principalmente sul piano fisico, era certo che il suo cuore non avrebbe mai potuto palpitare altrettanto forte per qualcun altro. Se in passato James riusciva a chiamarlo lì nonostante gli orari massacranti, lo avrebbe fatto anche in futuro, ma meglio esserne sicuri. 
"James, noi... continueremo ancora a..."
L'altro scese con la mano fin dentro l'elastico del suo intimo e cominciò a passargli un dito fra le natiche.
"Mi fa sempre piacere ricordarti a chi appartieni su questa nave"
Lo penetrò facendolo mugolare.
"Piuttosto che concentrarci su domande così sciocche abbiamo una questione molto più importante di cui parlare"
Quando anche il secondo dito entrò, Peter si aggrappò saldamente alle spalle del corvino e sollevò il sedere gemendo in cerca di maggior frizione interna in quel punto specifico che amava così tanto. Quando fu quasi arrivato però, James fermò le dita e le sfilò via lasciandolo insoddisfatto.
"Qualsiasi cosa succeda, domani non desiderare di entrare nella ciurma"
Tornando in sé, il ragazzo si ricordò che il giorno dopo non sarebbe stato solo il momento in cui avrebbe lasciato quella cabina, ma anche il suo compleanno.
"P-Perché? I-Io mi impegnerò e ..."
L'espressione dell'uomo era tornata triste, anzi, malinconica.
"Ti prego... Fallo per me. Non lo so chiedi qualcos'altro... Chiedi..."
Sospirò senza aggiungere altro e per quanto Peter avrebbe voluto lottare per veder realizzato il proprio desiderio, Pan aveva già espresso il proprio.   

Il Sole stava scendendo oltre la linea dell'orizzonte, la luce era soffusa, non troppo intensa, perfetta. Indugiando davanti alla porta, James si girò di nuovo verso Peter proprio quando il ragazzo finì di infilarsi i nuovi abiti da lavoro forniti dal Signor Starkey. Una tenuta pesante, un bel paio di calzettoni per proteggere i piedi e tenerli asciutti e, infine, un bel paio di scarponi di seconda mano. Una volta finito di combattere con i lacci, il minore gli si avvicinò. Teneva la testa bassa, sapeva di averlo messo a disagio con la propria richiesta, dopotutto avere la possibilità di diventare uno di loro per tre giorni gli avrebbe dato l'occasione perfetta per dimostrarsi all'altezza del compito. Ciò che però il mozzo ancora non riusciva a capire era che, senza alcun dubbio, avrebbe fallito, ma non era solo per evitargli quel dolore che era arrivato a pregarlo. Sarebbe stato impossibile reggere quel peso, era troppo presto, quindi era rimasto piacevolmente sorpreso dalla maturità con cui il minore aveva rinunciato. Qualsiasi cosa avesse chiesto, sperò solo che non gli sarebbe dispiaciuto ricevere dei regali in più. Sia lui che un paio dei componenti dell'equipaggio si erano organizzati in modo da fargli pesare meno il fatto di non poter avere ciò che desiderava davvero. Il ponte non era ancora stato inghiottito completamente dal buio quando il corvino afferrò la maniglia e la girò spingendo fuori Peter appoggiandogli l'uncino contro la schiena tesa.
"Possiamo andare"
"A-Aspetta! Il Sole ancora non è..."
Ne ignorò le lamentele e lo fece avanzare di un altro passo. Quando il ragazzo fu all'esterno si voltò verso ovest, rapito dagli ultimi raggi del crepuscolo. Lì, in fila, appoggiati contro il parapetto, c'erano tutti gli altri pirati della ciurma ad attenderlo, le loro ombre erano il suo rifugio e gli permettevano di assistere allo spettacolo alle loro spalle. Il fulvo restò immobile ad ammirare il panorama fino a quando anche l'ultimo barlume venne inghiottito dalle ombre, dopodiché il resto dei presenti tornò a muoversi e si portò più vicino. Il Capitano appoggiò la mano sulla spalla della recluta che, sobbalzando, abbassò il capo.
"Spostiamoci sottocoperta e diamo inizio ai festeggiamenti"
Ordinò portando Peter con sé, poteva sentirlo fremere per l'emozione.
"Sì, Capitano"
Risposero quasi all'unisono i pirati dopodiché proseguirono insieme, livello dopo livello, fino a quando non arrivarono agli alloggi dove li attendeva una tavolata imbandita, colma di varie pietanze e, naturalmente, di bottiglie di grog. James non si perse nemmeno una sfumatura sul viso di Peter, come si illuminò alla vista del banchetto, il disagio nel non sapere dove sedersi, la sorpresa dello scoprire che sarebbero stati l'uno accanto all'altro, perfino i sorrisi scambiati di quando in quando con Barnabas e Virgil. L'ultima parte fu meno piacevole, ma non durò a lungo, per il corvino fu facile mantenere la concentrazione del minore su di sé, soprattutto dopo aver messo a sedere gli individui più problematici lontani dalla recluta. Come al solito, vedere il rosso mangiare di gusto riaccese anche il suo appetito e così poté godersi appieno il pasto ed il vino offerto dal nostromo Smee. Si sentiva allegro nell'animo, forse a causa del breve pianto notturno, confrontarsi di nuovo emotivamente con Peter non sarebbe stato male. Allungando la mano verso il bicchiere, il mozzo bevve la propria acqua, ma il modo in cui osservava il cuoco di bordo tracannare sorsi e sorsi di grog, rese chiara la sua voglia di godere a propria volta dell'alcol. Togliendogli il bicchiere di mano, James vi versò un dito di vino dopodiché glielo restituì.
"M-Ma, Capitano!"
Borbottò Spugna. In effetti non era mai successo che offrisse il proprio vino personale a qualcuno.
"Non sia geloso, nostromo Smee. Peter è il festeggiato oggi. Se lei desidera provarlo a propria volta dovrà attendere di compiere gli anni, o dimostrarmi di poterne apprezzare il profumo e l'aroma complesso"
Portando il bordo del bicchiere vicino al naso, il giovane ne annusò il contenuto e le guance gli si fecero rosse per l'imbarazzo, probabilmente doveva aver colto il particolare ingrediente che aveva aggiunto alla miscela. Lo bevve molto piano, intervallandolo con abbondanti bocconi di carne e verdura in agrodolce, a quanto pare trascorrere insieme praticamente tutti i pasti dei giorni precedenti, aveva insegnato al fulvo i giusti modi da tenere a tavola, l'ennesima fortuita lezione assimilata spontaneamente durante la loro convivenza. Solo quando le posate di tutti furono appoggiate, James capì che era arrivato il momento e fece un cenno a Spugna. Il nostromo si alzò ed uscì dalla stanza per andare a prendere la sorpresa che il corvino aveva preparato. Alzandosi, il Capitano prese la parola e, porgendo la mano, invitò il mozzo a fare altrettanto.
"Da che Peter ha mosso i suoi primi passi a bordo della Jolly Roger è trascorso molto tempo, ma esso è infinitesimale rispetto agli anni che, ci auguriamo tutti, continuerà a trascorrere veleggiando. Chissà che presto giunga il giorno in cui potremo considerarlo un pirata nostro pari"
Sorridendo, il giovane si lasciò scappare una lacrima solitaria, dopodiché si voltò nella sua direzione e, portandoglisi più vicino, nascose le loro mani ancora unite e strinse la presa.
"Farò di tutto perché quel momento arrivi. La ringrazio, Capitano"
Accarezzandogli il dorso della mano con il pollice, James tornò a rivolgersi al resto della ciurma.
"Bene, ora, prima che tu ci dica qual è il tuo desiderio di compleanno, alcuni di noi hanno preparato delle sorprese per te"
Spugna tornò tra loro, appoggiò la scatola affidatagli dal corvino sul tavolo e, dopo di lui, ogni singolo componente dell'equipaggio, nessuno escluso, fece lo stesso, il che sorprese incredibilmente James. Sì, un paio di loro gli avevano detto di voler fare a propria volta dei regali a Peter in modo da rendere il suo reintegro più accogliente e sentito, ma doveva trattarsi solo di puri gesti di cortesia. Osservando la cura con cui erano stati impacchettati, alcuni doni avevano più l'aria di qualcosa di profondamente personale e, lo sguardo che la vedetta gli stava lanciando dall'altro capo del tavolo, lasciava presagire un secondo fine. James non perse la calma, prese un bel respiro e proseguì.
"Anzi, mi correggo, tutti noi abbiamo preparato dei pensieri. Vieni, mettiti pure al mio posto..."
Lasciata la mano del ragazzo, lo fece sedere a capotavola. Il modo in cui il giovane passava lo sguardo da un pirata all'altro, probabilmente indeciso su chi ringraziare per primo, fu adorabile. Prima che potessero cominciare, Peter si schiarì la voce e prese la parola.
"Non... Non mi aspettavo questo... Affetto. Io sono... sono un po' smarrito. Mangiare insieme a tutti voi, come se fossi parte della vostra grande famiglia, avere il permesso di mettermi al posto del Capitano, quello più importante, in modo da potervi vedere tutti mi ricorda quando vivevo con i..."
Si fermò un momento, ma poi scosse la testa e riprese.
"Ecco, non so come mai, ma mi sembra familiare e nostalgico. Mi sento come se tutta la tristezza che mi ha a lungo accompagnato stesse sparendo ed è tutto merito vostro. Grazie, davvero"
James gli appoggiò una mano sulla spalla e non poté evitare di sorridere. Prima Wendy, ora i bimbi sperduti, ogni ricordo di Pan stava abbandonando la mente di Peter, presto non ne sarebbe rimasta alcuna traccia. Era un processo lento, impossibile dire quanto tempo sarebbe servito ancora per completarlo e, a causa della visita della sirena, sicuramente in tutta l'Isola si era sparsa la voce della posizione del ragazzo. Dovevano essere cauti come non mai o tutti i progressi fatti fino a quel momento sarebbero andati perduti in un istante. Il medico di bordo si alzò e si avvicinò al ragazzo portando con sé il proprio dono e ciò fece tendere i muscoli di James. Sollevando la mano, si spostò indietro di un paio di passi e si avvicinò all'oblò più vicino aprendolo per poi cominciare a preparare la propria pipa. Il nostromo Smee lo affiancò e gli offrì il proprio aiuto.
"Avresti dovuto avvisarmi, Spugna"
Sussurrò appoggiando il beccuccio tra le labbra e inspirando un prima boccata.
"Non ne sapevo nulla, Capitano. Hanno organizzato tutto a mia insaputa, altrimenti vi avrei informato"
Soffiando il fumo all'esterno, il corvino osservò Peter cominciare a scartare il primo regalo, i suoi occhi brillavano di felicità. Vederlo così integrato all'interno dell'equipaggio, allo stesso modo in cui lo erano loro, tra amicizie ed inimicizie, eppure sempre uniti, rendeva quell'immagine davvero meravigliosa. Era sinceramente dispiaciuto di non aver potuto concedere al ragazzo ciò che desiderava, se solo tutto fosse andato per il verso giusto.

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