XXVI
Era la prova più difficile ed ansiogena che Peter avesse mai dovuto affrontare nella propria vita, perfino i giorni trascorsi come prigioniero all'arrivo gli sembrarono un paradiso a confronto. Gli mancava la semplice, abitudinaria e faticosa esperienza fatta come aiutante in cambusa tra pentole sporche e ramazzate notturne interminabili. Perfino tornare in armeria a trascinare cannoni e munizioni sarebbe stato più stimolante. Da quando era stato affidato alle cure del Capitano, mangiava in abbondanza e dormiva giorno e notte, più che durante la convalescenza nella stiva, inoltre era sotto una sorveglianza stringente e ravvicinata. Se già negli sguardi fugaci le iridi blu di James lo mettevano sull'attenti, figurarsi nell'averli su di sé in ogni momento della giornata. Non avrebbe mai immaginato che ci si potesse sentire costantemente terrorizzati, affascinati ed eccitati. Era paralizzato all'idea di commettere qualche sbaglio, toccare gli effetti personali del corvino, rischiare di sporcare o rovinare irrimediabilmente qualcosa, aprire bocca mentre l'altro lavorava alla scrivania e disturbarlo, evitava perfino di domandare di aprire o chiudere la finestra. Allo stesso tempo però, avrebbe voluto esplorare ogni piccolo pertugio della cabina sperando che gli rivelasse qualcosa di nuovo sull'altro, per sentirlo più vicino, conoscerlo davvero, più nel profondo o almeno per scacciare qualla noia persistente ed insostenibile ad affliggerlo. Da quando gli era stato detto che sarebbe dovuto restare lì dentro, erano passate diverse settimane, eppure non aveva ancora ricevuto nessun ordine, a meno che non concernesse le "attività notturne". Si era immaginato in modo molto diverso l'essere affiancato alla carica più alta presente a bordo. Non stava imparando nulla di nuovo nell'ambito della pirateria, era diventato del tutto inutile, ma non aveva il coraggio di fare domande a riguardo. A dirla tutta, si fidava ciecamente di James, di certo aveva un piano, ne aveva sempre uno, doveva solo pazientare e le cose sarebbero cambiate. Un pensiero persistente a tormentarlo era la ragione per cui nessuno della ciurma fosse più entrato nella stanza per chiedere di parlare con il Capitano. Dall'inizio della sua reclusione, silenzio di tomba, nemmeno un fiato, e questo era strano, molto strano. Neanche Spugna si era ma visto, era il corvino a portare i pasti e riportare le stoviglie sporche sottocoperta, neppure nel silenzio della notte si coglievano voci e passi, al punto che, a volte, Peter si chiedeva se non si fosse sognato gli altri componenti della Jolly Roger. Gli mancavano Virgil, Barnabas, Clifton, delle volte perfino il Signor Benson, nemmeno durante le riunioni mattutine dell'equipaggio o quelle serali volava una mosca, si era improvvisamente ritrovato a bordo di un veliero fantasma, quello sì che era un bel mistero. Nell'ennesima mattinata fra tante, Peter se ne stava seduto in un angolo consumando il proprio pasto, rigorosamente all'ombra dato il veto sul Sole ancora valido, quando giusero un paio di colpi dalla porta. L'accaduto lo sorprese tanto da lasciarlo interdetto, immobile con la forchetta a mezz'aria, incerto su come reagire. Subito si rivolse verso il corvino che, dopo un breve sorriso, gli fece cenno di raggiungerlo e portarglisi a fianco. Abbandonando ciò che stava facendo, il ragazzo obbedì, si pulì le labbra con il dorso della mano e si mise ben dritto, rivolto verso l'ingresso.
"Ah... Come devo fare con te?"
Spostando la sedia, James lo fece girare verso di sé e gli riordinò il bavero della camicia, poi ne abbottonò correttamente i bottoni ed infine gli raddrizzò le maniche sgualcite. Concluse il tutto dandogli una sistemata ai capelli con un gesto della mano.
"S-Scusa, James..."
Un bacio veloce e l'uomo tornò a sedersi, elegante e composto, come se nulla fosse successo.
"Mi raccomando, tra poco non saremo più soli, ti ricordi ancora come chiamarmi, vero?"
Certo che lo ricordava, non avrebbe mai potuto scordarlo. Anche dopo tutto ciò che avevano condiviso, conosceva il proprio posto. Fece un gesto del capo dopodiché concentrò tutte le proprie attenzioni alla porta.
"Sì, Capitano"
"Bene. Avanti!"
L'uomo che varcò la soglia era troppo imponente per essere confuso con qualunque altro membro dell'equipaggio e, nel vederlo, Peter non riuscì ad evitare di sorridere. Virgil avanzò fino alla scrivania con calma e così il ragazzo ebbe tutto il tempo di controllare le sue condizioni di salute. Gli sembrò solo stanco, aveva un bel paio di occhiaie, ma nessuna ferita o nuova cicatrice, la sua andatura era un po' incerta, ma niente di strano per una vedetta notturna deprivata del sonno. Quando aveva chiesto notizie dell'uomo, il corvino gli aveva detto di avergli inflitto una punizione più che esemplare, naturalmente questo aveva portato la mente di Peter ad immaginare il peggior scenario possibile, magari addirittura il tanto temuto giro di chiglia. Si era sentito in colpa per giorni, dopotutto, se fosse stato abbastanza forte da tenere sotto controllo Pan, non sarebbe accaduto nulla. Perse il sorriso e si ritrovò ad abbassare la testa, solo perché non poteva vederne i segni non significava che Virgil non avesse sofferto, probabilmente era furioso, anzi, se la situazione era la stessa della volta con il Signor Starkey, a quel punto tutti a bordo lo odiavano, meno che James. Arrivato dinnanzi al Capitano, l'uomo si mise sull'attenti e rimase in completo silenzio. In risposta, Uncino sospirò appoggiandosi meglio allo schienale della sedia, era seccato, qualcosa non andava anche se Peter non capì quale fosse esattamente il problema.
"Ho richiesto la presenza del Signor Starkey, non di voi, Signor Sullivan. Immagino si tratti di una questione della massima importanza se ha dovuto covincere un altro a cederle il posto per avere udienza da me"
Forzare il Capitano a ricevere qualcuno non era la migliore delle idee, si prospettavano guai all'orizzonte.
"Lo è..."
Abbassato il capo, la vedetta si inginocchiò a terra. Voltandosi subito verso il corvino, Peter ne scorse l'espressione corrucciata distendersi. Non era felice, per niente, nonostante la loro convivenza non fosse stata lunga, ormai aveva imparato a cogliere alcuni segnali fisici dell'altro, e quell'apatia era il primo tuono d'avvertimento in un cielo nero.
"Capitano, ho rispettato il suo ultimo ordine per quasi un mese. Quanto a lungo dovrò ancora sopportare la convivenza con il Signor Benson prima che possa considerarsi soddisfatto?"
Questo spiegava tante cose. Il ragazzo si sentì rassicurato dal fatto che Virgil non fosse stato punito sul piano fisico, ma allo stesso tempo provò una punta di amarezza nel sapere che non aveva chiesto di vedere Uncino per avere sue notizie. Soffocando una risata tra le labbra, il superiore si girò e così il fulvo ne poté incrociare lo sguardo, pessimo errore perché, a causa di ciò, cominciò a sentirsi andare a fuoco. Riuscì a dominarsi ripetendosi con fermezza di essere in una situazione ufficiale, al suo fianco non aveva James, ma il proprio Capitano, doveva tenersi pronto a ricevere ordini e non piacevole contatto fisico. Pulendo la punta dell'uncino tra le dita, l'uomo sembrò riflettere sulla domanda del pirata, ma, per tutto il tempo, Peter ne sentì lo sguardo fisso contro il viso.
"Direi che possiamo ritenere la vostra punizione conclusa, Signor Sullivan. Può riferirlo anche al Signor Benson. Ora, se non le dispiace, andrebbe a chiamarmi il Signor Starkey?"
"Ci sarebbe anche un'altra cosa..."
In un istante, il ragazzo percepì all'orecchio un suono metallico, poi un odore pungente familiare ed agì d'istinto. Pochi istanti e la vedetta fu in piedi, puntando la pistola alla fronte di Uncino, pronto a piantarvi un proiettile, peccato che, ancor prima che potesse pensare di tentare una mossa così stupida, si ritrovò bloccato. Nello stesso momento, Peter si era abbassato alla cintura di James, di cui ormai conosceva il contenuto alla perfezione, ne aveva sfoderato il pugnale leggero e, salito sul tavolo, si era posizionato abbastanza vicino da tenere la lama premuta direttamente contro la gola di Virgil. Non sarà stato piccolo e scattante come un tempo, ma ormai aveva ottenuto piena padronanza del proprio corpo adulto. Per settimane ne aveva sperimentato ogni centimetro, ormai non ci inciampava e sbatteva più come in un abito largo. Grazie a quel nuovo equilibrio l'abilità con le lame appresa come Pan era tornata un automatismo, era sempre stato letale con il coltello. Non voleva fare del male all'altro, ma non poteva permettere che capitasse qualcosa a James. Quel tradimento era del tutto ingiustificato e lo stava mettendo in una situazione tremenda.
"Direi che ha avuto la risposta di cui aveva bisogno..."
Allungando il braccio, il Capitano agganciò la protesi all'arma del pirata facendogliela abbassare poco a poco, l'altro lo lasciò fare senza opporre resistenza. Il pericolo era passato, ma solo quando la pistola venne riposta e percepì la mano del corvino sulla propria spalla, Peter si riprese dal torpore causato dall'adrenalina. Lasciando cadere il coltello, tenne gli occhi dritti nelle iridi della vedetta e prese quasi un colpo quando ques'ultimo gli sorrise.
"Sì, Capitano"
Accompagnando con dolcezza il ragazzo giù dalla scrivania, Uncino venne percorso da brividi nel sentirne i muscoli ancora tesi, pronti a flettere. Era stato davvero un colpo basso da parte del Signor Sullivan usare un trucchetto così infido. Se Peter non avesse reagito prontamente, il pirata avrebbe potuto sollevare delle valide obbiezioni al modo in cui stava venendo formato. Se dopo pochi giorni il corvino aveva potuto lamentarsi dell'operato dell'armaiolo, loro avevano il diritto di fare altrettanto nei suoi confronti, nonostante fosse il Capitano. Che sciocchi, anche dopo un'eternità passata sotto il suo comando ancora dubitavano delle sue capacità. Preparare la loro recluta alla vita di mare non era solo insegnargli a sistemare il cordame, cucinare o ramazzare il ponte, prima di ogni altra cosa era renderlo pienamente un adulto. Dentro di sé Peter aveva già la volontà di imparare e le capacità per essere un pirata di tutto rispetto, ma non ci sarebbe mai riuscito restando soggiogato dal vecchio Pan, da quella parte infantile, egoista e presuntuosa che lo portava a sentirsi inadeguato, incapace, inferiore. Tutti i bambini, per quanto si credano onnipotenti, sono ben cosapevoli che mai potranno abbattere un adulto, sia fisicamente che moralmente, bramono quella condizione di superiorità e, allo stesso tempo, la temono, vogliono crescere, ma ignorano, con tutte le proprie forze e più a lungo possibile, il lato oscuro che ciò comporta. Ora era il turno di Peter di affrontare quelle tenebre, come ne sarebbe uscito dipendeve solo da lui, ma il primo passo era accettare di essere cambiato, guardarsi allo specchio con consapevolezza e non con timore o stupore. Quale modo migliore per entrare in armonia con la propria fisicità se non sperimentandola appieno, affiancato da qualcuno disposto a guidarti passo passo nell'esplorarla, a mostrarti come amarti e muoverti in essa, forzando la mano quando serve e sciogliendo le catene se sei disposto a spingerti oltre. Che fosse anche un processo piacevole era solo un vantaggio accessorio generosamente offerto dalla natura. Quando alla fine il ragazzo fu di nuovo al suo fianco, non riuscì a contenersi ed appoggiò la mano al suo petto. Come si aspettava il suo cuore era diventato un pesante tamburo, fu meraviglioso sentirlo premere contro il palmo, ma non ci si soffermò troppo a lungo, non era il caso. Messa via la pistola, Virgil incrociò il suo sguardo e gli fece un rapido cenno con il capo.
"Mi scuso, Capitano. Desideravo accertarmi personamente dei progressi fatti da Peter. Visto che si è anche ripreso dalle ferite, tra quanto ritiene che potrà tornare fa noi?"
Al solito, il mozzo fu del tutto incapace di celare la propria contentezza. Era ovvio che, piuttosto di continuare a restare rinchiuso lì avrebbe accettato di fare qualsiasi cosa.
Poteva anche perdonare alla vedetta il giochetto della pistola, ma che cominciasse a mettergli pressione per riavere il ragazzo sotto la propria tutela, fu un comportamento che lo infastidì parecchio.
"Sembrate in vena di chiacchiere oggi, Signor Sullivan"
Si alzò in piedi di scatto e colpì la mappa sulla scrivania con la punta dell'uncino alzando la tensione nella stanza. Aveva perso fin troppo tempo nel prestare attenzione a quelle inezie, non era in vena di sopportare ulteriori insubordinazioni. Facendo il giro della scrivania, si affiancò al pirata, di nuovo saldamente sull'attenti, tutta la sua sicurezza sparita nel nulla, non come il permeante odore di grog proveniente dai suoi abiti. Da così vicino era ancora più forte, inusuale che la vedetta arrivasse a bere fino a quel punto, la convivenza con l'armaiolo doveva essersi rivelata assai più dura del previsto. Non volle infierire date le sue condizioni, ma comunque non si sarebbe dimenticato dell'accaduto.
"Peter, aspettami qui. Riaccompagno il Signor Sullivan alla propria branda"
"S-Sì, Capitano... M-ma sta bene?"
Uncino andò alla porta e la aprì a Virgil che, prima di uscire, si premunì di fare un breve saluto al ragazzo con la mano, gesto che lo fece distrarre e sbattere la testa contro lo stipite della porta. Il corvino si ritrovò a sospirare, a volte il grog era un vero pericolo, per alcuni ben più di altri, e pensare che, con la sua stazza imponente, ce ne voleva prima che l'altro si riducesse in quel modo.
"Sì, sta bene. Tu tieniti pronto. Mentre risolvo questa spiacevole situazione ti manderò il Signor Starkey"
Gli sorrise e si godette il suo viso andare in fiamme.
"Non combinare guai"
"S-Sì, Capitano!"
Richiusa la porta, il corvino fissò davanti a sé e scorse il resto dell'equipaggio all'ingresso dei livelli inferiori, dall'altra parte del veliero. Avanzando, stando attento a non far finire in mare la vedetta, attese di essere arrivato abbastanza lontano dalla propria cabina, solo allora affidò l'uomo al medico di bordo e fece cenno all'elegantone di andare dal ragazzo. Sistemandosi la camicia ed i capelli, si rivolse al nostromo in attesa di ordini e, con la punta dell'indice gli picchiettò sulla spalla. Sin dagli anni d'oro delle scorribande al di fuori dell'Isola Che Non C'è, in più occasioni James aveva avuto bisogno di comunicare con i propri uomini in modo discreto, senza necessariamente dover parlare o fare gesti che altri avrebbero potuto intuire e quindi avevano creato quella pratica alternativa. Un alfabeto fatto di linee e punti trasmissibile con la punta di un dito o, in caso, perfino con il battito delle palpebre. Era stato molto piacevole rispolverarlo alle ultime riunioni della ciurma per non farsi sentire da Peter, certo avrebbero potuto semplicemente spostarsi sottocoperta, ma non si sarebbero divertiti altrettanto.
"Punizione conclusa, Signor Smee. A partire da oggi, tutti tornino nella propria branda. Fate smaltire la sbornia al ragazzone in fretta, non lo sopporto quando si riduce in questo stato"
Annuendo con il capo, Spugna si grattò l'attaccatura dei capelli sulla fronte scostando il cappello di lana a lato.
"Ci scusi, Capitano. Non siamo riusciti ad impedirgli di entrare. Avvicinandoci troppo il ragazzo ci avrebbe visti"
"Non è stato del tutto negativo, ma mi auguro che per oggi le sorprese siano finite"
Un boato proveniente dalla cabina di Uncino fece sobbalzare tutti i presenti, figurarsi il proprietario. Facendo subito cenno al nostromo di restare dove si trovava, tornò rapidamente sui propri passi ed aprì la porta della stanza senza troppi convenevoli. Peter si era barricato dietro la sua libreria, ovviamente rovesciata, stringendo nelle mani il pugnale. Il Signor Starkey era accanto all'ingresso, tenendo le mani alzate, bianco come un cencio. Regnava un disordine generale di libri gettati alla rinfusa e calamai in frantumi, ma era improbabile che, in pochi minuti, fosse accaduto qualcosa di così grave da arrivare ad una simile situazione di stallo. Il mozzo si doveva essere sentito in pericolo, ma di certo non per colpa dell'elegantone, eccelso in molti ambidi, ma di certo non un grande combattente violento d'indole.
"Si può sapere che cos'è successo qui? Cos'è questo caos?"
Affiancandoglisi, il Signor Starkey parve assolutamente confuso.
"N-Non capisco, Capitano! L'ho informato dei vostri ordini ed ha reagito in questo modo!"
Lasciando l'altro alle proprie spalle, il Capitano si avvicinò al ragazzo che, immedatamente, abbassò la guardia e posò il coltello. Superando con facilità la libreria, il minore gli si inginocchiò ai piedi, ma le sue iridi, brillanti e lucide, non abbandonarono le sue permettendogli di specchiarvisi.
"Possibile che non posso toglierti gli occhi di dosso nemmeno un istante?"
"P-Perché vuole che me ne vada?"
Emise un lento respiro, a quanto pare la risposta alla sua precedente domanda era un secco "no". Come al solito, Peter si stava lasciando influenzare dalle convinzioni che Pan gli aveva impiantato nella testa e, questa volta, riuscire a farlo ragionare non sarebbe stato semplice. Si trattava di fronteggiare una delle più profonde e irragionevoli paure del fulvo, non restava che capire se intervenire con uno strattone deciso o poco a poco. Per ripagare il giovane della sua prontezza di riflessi con il Signor Sullivan, decise di ignorare momentaneamente il disagio che aveva causato e, abbassandosi a propria volta per parlargli faccia a faccia, provò con un approccio morbido.
"Peter, non ti trasformerai in un impiegato d'ufficio solo perché voglio che impari a leggere e scrivere..."
Il ragazzo si incupì e distolse lo sguardo.
"S-Se vuole rinchiudermi nella gabbia o farmi fare un giro di chiglia a me sta bene... non mi costringa a..."
"Qui tutti sappiamo leggere e scrivere, alcuni meglio di altri, ma è un requisito obbligatorio sulla Jolly Roger. Se insisti a restare un analfabeta mi vedrò costretto a cacciarti ed allora sai cosa ti attende. L'Isola non ti accetterà come adulto, ti rigetterà ed allora sarà il mondo oltre le stelle a trasformarti in ciò che più temi!"
Stava mentendo, non avrebbe mai permesso a Peter di andarsene, ma, a causa delle proprie paranoie, l'altro non riusciva a credergli, nonostante le innumerevoli volte in cui glielo aveva chiarito apertamente, quindi fu facile ingannarlo con quella minaccia priva di fondamento. Il mozzo sfiorò intimorito la sua mano e poi si voltò verso il Signor Starkey, sconsolato.
"S-Sono stupido... Ci ho provato anche con..."
Fu sul punto di pronunciare un nome, ma si fermò prima, non sembrò in grado di ricordarlo.
"Insomma, non riesco..."
Per traquillizzarlo, James gli scompigliò i capelli.
"Abbiamo l'eternità a disposizione, ce la farai. Ti conosco Peter, quindi lo so per certo"
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