XXII

Caldo e freddo, due concetti opposti, ma, in qualche modo, simili. Un dolore intenso, la pelle dilaniata che si spezza, il corpo che brucia. Da quando aveva messo per la prima volta piede sul ponte della Jolly Roger, Peter aveva finito per sperimentare entrambe quelle condizioni e, ognuna di esse, ora lo marchiava di cicatrici indelebili che, inevitabilmente, avrebbe portato con sé per sempre. In quel momento, nonostante non vi fossero i raggi del Sole a picchiargli contro il capo e nemmeno alte onde ad avvolgerlo e soffocargli il respiro, ogni centimetro del suo corpo era preda di quelle stesse sensazioni, strappandogli lucidità e qualsiasi barlume di volontà. I baci di James erano aghi contro le labbra, il contatto tra i loro petti quando vi si abbassava, un macigno, il calore della sua mano lava inesorabile, lenta mentre scendeva lungo le pieghe della pelle fino a raggiungergli la coscia. Per quanto il giovane avrebbe voluto
continuare, si stava rivelando un processo davvero doloroso, ogni
piccolo contatto lo riempiva di fitte, i muscoli erano ancora intorpiditi dopo il bagnetto fuori programma, inoltre non era in grado di fermare i tremori convulsi che ogni tanto uscivano allo scoperto sfuggendo al suo controllo. Ciò nonostante, strinse i denti e proseguì, voleva ripagare l’altro per avergli rivelato il proprio nome e, soprattutto, per la concessione di utilizzarlo nel privato. La cosa lo imbarazzava e gli faceva contorcere le interiora come una zuppa bollente, era colmo di gratitudine e si sentiva speciale, insostituibile. Darsi del tu li poneva sullo stesso livello. Lontani dal proprio passato e dalle maschere del mattino, in quella buia cabina, erano uguali, alla pari. A causa delle parole di Virgil al compleanno del signor Benson, Peter si era convinto che quello di potersi realmente avvicinare a James sarebbe stato solo un sogno, una fantasia, ma ora era realtà. Chissà cosa avrebbe pensato il resto della ciurma della loro relazione, per fortuna, che fosse stata rabbia, gelosia o menefreghismo, non avrebbe mai dovuto scoprirlo. Anche se il Capitano non lo aveva specificato, avrebbero chiaramente mantenuto il tutto segreto, quella era una cosa solo loro, e, come tutti i bambini, Peter aveva sempre provato un profondo piacere nel custodire segreti. Insomma, l’intera situazione lo intrigava ed eccitava, quindi non avrebbe permesso alla propria fragilità fisica di avere la meglio e privarlo di quel momento di felicità. Era sul punto di spogliarsi, ed aiutare il maggiore a fare altrettanto, quando questi, sollevato il ginocchio sinistro, glielo picchiettò sul fianco attirandone l’attenzione. Un sorriso sghembo, stretto, sornione ne attraversava il volto, impossibile capire che pensieri gli stessero attraversando la mente, ma, prima che il ragazzo potesse chiedere, venne spinto giù, di nuovo sul materasso, steso a lato del corvino. Non ebbe il tempo di ribattere, venne zittito da un altro breve bacio, ed ammansito da una scompigliatina ai capelli.
“Sta fermo, ti si stanno aprendo i
bendaggi”
Mettendosi a sedere, James gli sistemò le fasciature come meglio poté e poi si alzò recuperando dalla giacca il supporto metallico della pipa e due sigari nuovi. Peter rimase ad osservarlo. Immobile, senza più l’altro accanto, sentì aumentare il freddo e venne sopraffatto da una strana tristezza. Lo rivoleva vicino, ma chiedere gli sembrò davvero infantile, quindi aspettò che tornasse, perché così facevano gli adulti, pazientavano. Dopo aver preparato il tutto, il maggiore gli lanciò una scatola di fiammiferi e poi tornò tranquillamente sul letto. In un gesto automatico che non riuscì a dominare, il ragazzo si sporse in avanti e prese nella mano un lembo della camicia del corvino che, emesso un sospiro, gli si strinse contro.
“Mi accenderesti i sigari?”
“C-Certo!”
Raccolti i fiammiferi, Peter si sollevò con cautela e ne accese uno. Mentre i primi rivoli di fumo già si disperdevano nell’aria, nell’osservare l’altro prendere le prime bloccate, si rese conto di quanto, nonostante fossero l'uno accanto all'altro, in realtà James fosse distante. L'impressione di poco prima era stata solo un'illusione, non sapeva niente del corvino e, alle sue rischieste, più che fargli una cortesia, obbediva come ad un ordine. Non erano per niente allo stesso livello, quel grado di maturità era ben oltre qualcosa che potesse comprendere pienamente. Come al solito era stato avventato, aveva corso troppo, abbagliato da quelle concessioni, si era immaginato un tipo di rapporto che ancora non avevano, ma non ne fu triste, anzi, ne impresse bene l'emozione nella mente. Quello era il suo vero obiettivo. Entrare ufficialmente nell'equipaggio della Jolly Roger era solo un mezzo, lui voleva James, diventare parte di un qualcosa che solo loro condividevano, essere così importante che sarebbe stato l'altro a supplicare le sue attenzioni. Diventare un pirata degno del grande Capitan Uncino era il primo passo.
"A cosa stai pensando così intensamente?"
Sobbalzò, era rimasto incantato a guardarlo ed ora gli serviva una scusa convincente prima che potesse anche solo sospettare i suoi pensieri. Sarebbe stato davvero troppo da gestire ammettere apertamente di volere il maggiore tutto per sé, al diretto interessato per di più. Abbassando gli occhi, Peter finse di sistemare le garze lungo i polsi mentre nella testa circolavano mille idee e bugie, una meno logica dell'altra.
"E-ecco io... M-mi chiedevo..."
"Tieni"
A volte certi problemi, per fortuna, si risolvono da soli. Porgendogli la propria pipa, James gli offrì non solo una buona scusa, ma anche un modo rapido per rilassare un po' i nervi. Era stato davvero provvidenziale e nemmeno era la prima volta che il maggiore sapeva cosa dire o fare per calmarlo. Era chiaro che, dopo tanti anni, aveva imparato a conoscere bene il proprio nemico, peccato che non potesse dire lo stesso di sé. Come Pan non aveva mai avuto alcun tipo di interesse per i propri avversari, erano solo i giocattoli di un bambino, utili per un divertimento momentaneo e dunque privi di sentimenti profondi, di un passato o di sogni. Il fatto di non essere una persona tanto egoista e crudele fu di grande consolazione, lui era Peter, non era un mostro, dava importanza agli altri, non aveva paura di crescere, di cambiare, di capire i propri errori. Era migliore di Pan e lo sarebbe stato sempre di più, giorno dopo giorno. Ispirando profondamente dal beccuccio, in pochi attimi venne avvolto dal fumo chiaro.
"Così va meglio"
Una carezza tra i capelli, il profumo di tabacco e cioccolato, la spalla di James su cui appoggiarsi, improvvisamente il sonno avanzò sulle palpebre portandolo a chiuderle poco a poco.
"Non ancora, Peter. Resisti, cerca di non addormentarti"
Strofinandosi gli occhi, il mozzo annuì.
"Sono stanco..."
"Lo so, se avessi cominciato a dormire quando ti ho portato qui sarebbe stato meglio, ma a questo punto non vale la pena che crolli. Tra non molto Barnabas si sveglierà e voglio che ti medichi per bene. Da sveglio potrai indicargli con precisione i punti in ciò senti più dolore"
Girandosi verso la porta, il ragazzo cercò di riprendersi, se il medico di bordo li avesse visti in quegli atteggiamenti chissà cosa avrebbe pensato. La voce si sarebbe sparsa sull'intera nave e, a quel punto, nonostante non ci fosse ancora nulla tra lui e il Capitano, nessuno gli avrebbe creduto. Scostate le coperte e spostandosi verso il bordo opposto del letto, Peter mise quanto più spazio possibile tra lui e il corvino e poi si strofinò il viso con forza tentando di scacciare via ogni segno d'imbarazzo, delusione, insomma, di qualsiasi traccia di un possibile coinvolgimento emotivo da parte sua. La risata dell'altro lo attirò più di quanto non avessero mai fatto i canti delle sirene. La trovò così sincera e divertita che ne venne alleggerito.
"Non pensavo considerassi un tale problema essere scoperto in atteggiamenti... diciamo... passionali con me"
"No! Non lo è! N-non mi vergogno di lei, cioè... di te, di... questo..."
Abbassando il capo, percepì un forte prurito al braccio e cominciò a grattarsi da sopra la fasciatura.
"Io a bordo non valgo niente, ma tu sei il Capitano, James. Non dovresti fare certe cose con... Me"
Continuando a fumare in silenzio, il maggiore si alzò in piedi e andò verso la finestra aprendola del tutto. Una ventata d'aria fresca accarezzò le guance di Peter e lo spinse a stringersi di più tra le coperte. All'orizzonte il cielo stava cominciando a schiarirsi, l'increspatura delle onde lo scandiva e spezzava, era incredibile a pensarci, ma la notte stava per giungere al termine e, con essa, quel poco di libertà ottenuta dal ragazzo. La gabbia lo aspettava al varco e la colpa era tutta di Pan, delle paranoie che gli aveva insinuato nella mente allo scopo di fuggire e tornare all'Isola Che Non C'è. Fu mentre il mozzo era perso a godere dell'immagine di James intento a spegnere le ceneri dei sigari contro il bordo della finestra che, dall'esterno della cabina, giunsero dei passi pesanti ai quali seguì un rapido, ma deciso bussare.
"Avanti..."
Ricevuto il permesso, Barnabas fece il suo ingresso e, immediatamente, spostò lo sguardo verso la sua direzione.
"Possibile che non riesci a startene buono nemmeno per un giorno, Peter?"

Seduto alla propria scrivania, Uncino giochicchiava con il pennino tra le dita supervisionando da lontano l'operato del medico di bordo. Per quanto ormai si fosse abituato a dover compiere certe azioni con l'ausilio di una sola mano, le sue fasciature non potevano competere con quelle del signor Porter, nonostante le loro conoscenze mediche si equivalessero. Anche se tentava di nasconderlo, i riflessi di Peter ne rivelavano le reali condizioni, stava soffrendo molto, soprattutto ora che le ustioni causate dall'acqua gelata avevano iniziato a gonfiarsi in grandi e purulente vesciche. E pensare che, poco prima, aveva cercato di tentarlo per farsi possedere, se solo la sua sofferenza fisica non fosse stata così evidente, non lo avrebbe rifiutato e chissà quanto sarebbero peggiorato prima dell'arrivo di Barnabas. Doveva ammettere che ricevere baci e sguardi languidi dal ragazzo, accompagnati dal suo nome sussurrato a fior d'orecchio, era stato molto piacevole. Era da molto prima di giungere sull'Isola Che Non C'è che non lo sentiva pronunciare dalla voce di qualcuno, ma Peter doveva saperlo, era necessario, inoltre, in un certo senso, se lo stava meritando.
"Ahi!"
"Oh!!! Allora ce l'hai la voce! Ti ho detto di dirmi esattamente dove ti fa più male, altrimenti non posso medicarti come si deve!"
Peter si girò nella sua direzione per un momento e così poté vederne le iridi color smeraldo brillare per le lacrime. Mordendosi le labbra, il ragazzo abbassò di nuovo lo sguardo e scosse la testa, ma fu inutile, le sue guance restarono rosse come il tramonto. Non voleva mostrarsi debole, pensava che trattenere i lamenti lo facesse sembrare più forte, piu adulto, ma solo un bambino si sarebbe comportato in quel modo per dimostrare al prossimo il proprio coraggio. Forse, se gli avesse permesso di uscire dalla cabina e tornare sotto coperta, in un luogo più familiare, lontano dal suo sguardo, sarebbe stato più aperto, peccato che non avrebbe permesso nulla del genere. Peter si sarebbe dovuto abituare alla sua presenza, con le buone o con le cattive.
"Signor Porter, se non collabora vi do il permesso di usare le maniere forti. Costringerlo ad urlare per un paio di bubboni scarnificati è meglio che rischiare che il suo corpo vada in necrosi a causa del gelo"
"Con sommo piacere, Capitano"
Schioccando le nocche tra loro, il pirata emise una serie di scrocchi poco rassicuranti che fecero drizzare la schiena del mozzo.
"D'accordo! D'accordo! Non mi tratterò più, promesso!"
Il suono della campana di poppa si udì su tutto il veliero, era arrivato il momento della riunione mattutina dell'equipaggio. C'era una lunga giornata ad attenderlo, senza neanche un minuto di sonno in corpo a sostenerlo, ma non era niente di nuovo. Uncino si spostò verso l'armadio e cominciò a prepararsi, nel riflesso dello specchiò, vide Peter sbiancare. I suoi uomini si stavano già avviando salendo i vari livelli della nave fino al ponte, anche Barnabas parve sul punto di alzarsi ed unirsi al resto dell'equipaggio, ma lo fermò appoggiandogli la mano sulla spalla.
"Finisca quello che sta facendo, signor Porter. Ha il permesso di saltare la riunione di stamani, tornerò al termine e la aggiornerò di persona a riguardo"
"Sì, Capitano. Cercherò di finire il prima possibile, ma credo ci vorrà ancora un po'"
"Si prenda tutto il tempo necessario..."
Si spostò verso la porta, ma, prima di uscire, si voltò verso il ragazzo, ancora tremante e spaventato tra le coperte del suo letto, metà medicato e metà gonfio e arrossato. Era di quanto più pietoso e triste avesse mai visto.
"Per quanto riguarda te, Pan"
Subito il mozzo drizzò le orecchie, pronto a ricevere i suoi ordini. L'altro non prese male quanto aveva sperato il fatto di venir chiamato Pan invece di Peter, ma si appuntò di far luce sulla questione una volta rientrato in cabina.
"Ti è vietato uscire dai miei alloggi. Avvicinarti alla finestra o alla porta, anche per la più nobile o accettabile delle motivazioni, porterà a punizioni più che esemplari. Sei sotto la tutela del signor Porter fino al mio ritorno, chiaro?"
"Sì, Capitano!"
In effetti, non era nemmeno male quando il ragazzo lo chiamava con l'onorifico, chissà, magari, in qualche occasione particolare, avrebbe potuto concedergli di utilizzarlo anche quando erano soli nei suoi alloggi. Uscito all'aria aperta, Uncino si sistemò la giacca un'ultima volta prima di avviarsi verso il ponte superiore di poppa. Il clima si era fatto ancora più rigido, grossi nuvoloni all'orizzonte minacciavano una tremenda tempesta in arrivo, perfino i gabbiani, solitamente impavidi, si stavano ritirando verso terra per proteggersi dal maltempo. L'inverno ormai imperversava incontrastato sull'Isola Che Non C'è, la mancanza di Pan si stava facendo sentire, sancendo così l'avvicinarsi del momento propizio. Presto avrebbero agito, ma non dovevano affrettare i tempi, ogni rischio evitabile era una vittoria in più. Rallegrato da quella constatazione, il corvino si rese conto che nessuno aveva tardato all'appello e, tra i presenti, si sollevava un flebile bisbigliare. Virgil di certo non aveva aperto bocca riguardo l'accaduto e quindi gli uomini erano inquieti e confusi, soprattutto dall'assenza sia del mozzo che del medico di bordo. Stava per cominciare a salire i pochi scalini ed ergersi sul consueto posto, quando qualcosa attirò il suo sguardo. In mezzo alla ciurma, coperta da un sottile strato di brina, era stata posizionata la gabbia di Pan. Quanti ricordi gli fecero riaffiorare quelle sbarre solide e fredde, sembrava solo il giorno prima che l'aveva scelta, fra quelle a loro disposizione, come la prigione perfetta per accogliere il suo nemico mortale. Piccola quanto bastava per costringerlo ad una quasi totale immobilità, cosicché i muscoli si intorpidissero più in fretta, soggetta ad un maggior surriscaldamento, per rendergli l'aria ancora più torrida, irrespirabile e lasciargli ustioni profonde nei punti di contatto con la pelle. Aveva eseguito il proprio dovere in maniera egregia, bastava vedere quanto il suo ultimo occupante ne fosse stato cambiato e addomesticato dopo solo tre giorni di tortura. Chissà quale altra magia avrebbe potuto compiere ora che le condizioni atmosferiche si erano ribaltate, sarebbe stato interessante scoprirlo, se solo Peter quella notte non si fosse salvato per il rotto della cuffia. Giunto alla propria postazione, il Capitano ebbe gli occhi di tutti addosso, il vociare che lo aveva accolto era ormai svanito, tutti pendevano dalle sue labbra.
"Buongiorno a tutti"
"Buongiorno, Capitano!"
Dissero all'unisono, molto più velocemente del solito, senza che vi fosse nella voce nemmeno un accenno della solita sonnolenza mattutina. Erano impazienti, al punto da non lamentarsi nemmeno dei morsi del gelo. La cosa un po' lo infastidì, in così poco tempo Peter si era trasformato in un motivo di preoccupazione importante per ciascuno di loro. Che fosse per curiosità o affetto, a quegli uomini interessavano le condizioni di un semplice mozzo, nonostante sapessero che, in fondo, fosse pur sempre Pan. Non si aspettava che il ragazzo avesse già trovato il proprio posto tra di loro fino a quel punto, per fortuna, con il progetto che aveva in mente, avrebbe facilmente rivoltato quella situazione a proprio vantaggio.
"Siete stati molto previdenti a portare sopracoperta la gabbia. Avete giustamente immaginato che, da oggi, Pan vi verrà rinchiuso fino a nuovo ordine..."
Gli bastò incrociare lo sguardo con quello della vedetta per scorgerne la caduta del solito muro di compostezza. Così a lungo abituato a nascondere i propri sentimenti, Virgil lasciò tutti di sasso quando si fece largo attraverso il gruppo portandosi in prima fila. Nonostante si trovasse al livello sottostante al suo, il pirata gli trasmise un profondo senso di oppressione, ma, quando cominciò a parlare, il disagio che aveva provocato si incrementò lasciando il resto della ciurma di sasso, meno che Uncino. Sapeva che sarebbe accaduto.
"Mi offro al suo posto! Sono stato io la causa dei comportamenti sbagliati di Peter! Avrei dovuto rimproverarlo, tenerlo sotto controllo, impedire che causasse problemi e disobbedisse!"
Tuonò inginicchiandosi. Ansimava per lo sforzo, le assi del vascello avevano tremato scosse dalla potenza della sua voce, era un evento unico.
"Se è questo ciò che..."
"No!"
I denti del corvino stridettero tra loro dietro le labbra quando si rese conto chi aveva osato interromperlo. Davanti alla porta spalancata della sua cabina, Peter uscì di corsa inseguito dal signor Porter. Lasciando dietro di sé una scia di passi insanguinati, il ragazzo aggirò il gruppo e si portò vicino al signor Sullivan.
"Non è stata colpa di Virgil, ma di Pan!  Lui è il solo che merita di essere punito! Mi dia l'occasione di fargliela pagare! Ci riuscirò, anche a costo della vita!"
Non avrebbe saputo dire se fosse più arrabbiato per essere stato interrotto o per la disubbidienza del mozzo, opto per la seconda. Impiantata con rabbia la punta dell'uncino metallico sul parapetto, il corvino squarciò le venature del legno producendo un suono spezzato che riportò il silenzio. Sorrise e, infilata una mano sotto la giacca, raggiunse la fondina legata alla cintura e vi recuperò la propria pistola personale gettandola davanti a sé, a poca distanza dai piedi di Peter.
"Ecco la tua occasione"

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