XX
Erano stati due giorni infernali. Peter aveva perso sensibilità in ogni centimetro del proprio corpo, solo la testa non smetteva di martellare. Si era spinto oltre i propri limiti, lavorando senza sosta, disobbedendo anche agli ordini di Virgil pur di non doversi fermare a mangiare o dormire. Zero appetito e soffriva d'insonnia, inoltre, ogni qualvolta si fermava, non faceva altro che risentire l'eco delle voci dell'equipaggio chiamarlo "Pan", ancora ed ancora, perfino Barnabas e Clifton erano tornati a farlo ed a pretendere che si riferisse a loro con il termine "signor" prima del cognome. Non gli fu concesso di partecipare alle riunioni dell'equipaggio, niente inviti a passare del tempo in compagnia per fare due chiacchiere, era ritornato ad essere l'indesiderato, l'intruso, il nemico. Nessuno voleva più mangiare ciò che cucinava, a meno che non fosse stato prima assaggiato dalla vedetta, anche un lavoro perfetto non era accettabile. Stava vivendo senza dubbio la situazione peggiore dopo la gabbia, anzi, a parte per la mancanza delle sbarre, era esattamente come nella gabbia. Per quante volte avesse ripercorso nella mente l'episodio accaduto con Uncino, non era riuscito a capire cosa avesse fatto di sbagliato e, ormai, si sentiva condannato. L'ultima alba era già calata da un pezzo, ma il buio non gli portò consiglio o alcun tipo di conforto, l'aria salmastra del mare sussurrava alle sue orecchie un canto soave ed invitante, ma niente poteva dargli pace.
"Peter!"
Sentirsi chiamare in quel modo lo fece sorridere. Virgil era rimasto il solo a farlo, e gli era molto grato di questo. Sapere che, a partire dal giorno seguente, non sarebbe più capitato, lo riempì di tristezza. Venne afferrato per le spalle e, a causa della forza con cui il pirata lo ghermì, la ramazza gli cadde dalle mani finendo a terra con un colpo secco.
"Ti avevo detto di andare alla mia branda e riposare! Che cosa ci fai sul ponte? L'hai già passato tre volte oggi! Hai dimenticato che da domani sarai di nuovo sotto l'autorità dell'armaiolo? Pensi che lui sarà gentile come me e ti lascerà del tempo per dormire?"
Il ragazzo abbassò la testa e, scostandosi indietro, si strofinò gli occhi con il dorso della mano.
"Non sono stupido, Virgil! Lo so cosa mi capiterà domani!"
Per quanto si fosse impegnato, era stato solo un rimandare l'inevitabile. Desiderava con tutte le proprie forze vivere ed entrare di diritto nella ciurma di Uncino, ma doveva accettare la realtà, per l'equipaggio sarebbe rimasto per sempre Pan, niente di più, quindi tanto valeva rendere loro le cose più facili.
"Sono digiuno ed insonne da due giorni, non sopravviverei comunque ad un'altra prigionia, quindi perché causare ancora disturbo?"
Sicuro che non vi fosse via d'uscita, non gli restava che chiudere il gioco. Allontanando la mano della vedetta con un gesto lento, cominciò ad indietreggiare e spogliarsi, strato dopo strato. Via il maglione, le scarpe, i pantaloni ed infine i calzini pesanti, li lasciò dispersi sul ponte mano a mano che si faceva vicino al parapetto fino a quando non restò solo in intimo, sferzato dall'aria ghiacciata.
"Peter, che stai facendo?! Rischi di prenderti un malanno! Rivestiti e parliamo con calma! Non costringermi ad usare la forza per obbligarti ad ascoltarmi!"
Afferrato il bordo del vascello, Peter fletté le braccia e vi si issò in piedi, gesto che fu sufficiente per bloccare la vedetta dove si trovava. La larghezza del legno poteva accogliere solo metà della pianta del suo piede, sarebbe bastato inclinarsi all'indietro, solo leggermente, e l'oceano avrebbe messo fine a tutto. La pelle ormai intorpidita, il respiro soffocato nei polmoni congelati, il corpo scosso dai tremori, ma niente era paragonabile al gelo ed alla disperazione che sentiva dentro. Avrebbe potuto mettere fine a tutto, ma quel piccolo gesto a separarlo dall'oblio, una volta arrivato il momento decisivo, divenne insormontabile. Istinto di sopravvivenza, forse, ma non solo, la verità era che non voleva morire e, così, rinunciare al proprio desiderio di entrare nell'equipaggio di Uncino. Il martellare che ancora premeva nelle tempie non era abbastanza intenso da sopprimere del tutto quell'appiglio alla vita, eppure, per quanto il primo sogno che avesse mai avuto fosse sul punto di frantumarsi alle sue spalle, tra l'oscurità delle onde, Peter si sentì troppo stanco per aggrapparcisi e tornare a bordo. Cercò di individuare Virgil davanti a sé, ma l'uomo non c'era più, chissà quando, se n'era andato. Fu a quel punto che si rese conto di come tutto si stesse appannando, come attraverso un vetro sporco. Non sentiva più nulla, era rimasto solo nella nebbia. Provò ad aprire le labbra, ma quelle restarono indolenti, incollate fra loro. Meglio così, non è che avesse qualcosa di importante da dire, inoltre, delle tremolanti parole avrebbero rivelato il suo patetico pianto. Una folata particolarmente forte lo spinse di lato facendogli perdere l'equilibrio, rese ogni dubbio rimasto vano e, stringendo le palpebre, Peter si preparò al contatto con l'acqua. La sensazione del vuoto fu breve, ma ancor più spaventosa che sulla postazione di vedetta. L'impatto si rivelò decine di volte più doloroso che nella sua immaginazione, accentuato dal fatto che il suo corpo fosse mezzo assiderato. Non poté trattenere il respiro, non ne ebbe le forze, quindi naso, bocca e gola vennero ostruite in pochi istanti. Fu come gettarsi dritto nel fuoco, migliaia di profonde punture lo attraversarono da parte a parte lasciandolo irrigidito in posizione fetale, con le braccia cinte al petto. La mente era finalmente silenziosa, ma ciò non gli tramise la calma che aveva sperato, anzi, fu terrificante e la situazione andò peggiorando quando, tutt'intorno, vide brillare una pioggia dorata, sottile come sabbia, che avvolse rapidamente le tenebre e lo accecò.
"Pan!"
Aperte le palpebre di scatto, si ritrovò di nuovo in piedi sul parapetto della Jolly Roger, semi nudo ed assiderato, ma, soprattutto, bagnato fradicio dalla testa ai piedi. Illuminato dalla luce di una lanterna, Uncino si ergeva a poca distanza, i lunghi capelli scompigliati, niente scarpe e niente calzini, solo la giacca da Capitano gli copriva le spalle proteggendolo dalle folate fredde. La sua espressione era carica di rabbia, le sopracciglia tese e lo sguardo cupo e minaccioso, quello di una bestia celata nel buio. L'uomo composto ed elegante che aveva imparato a conoscere, era tornato il feroce e sanguinario nemico del passato.
"Non muoverti!"
Non ne aveva intenzione, era solo confuso e, adesso, molto spaventato. Poteva sentire lo schiaffo delle onde contro la chiglia bagnargli la schiena, il rollio della nave che, con il suo piegarsi, lo obbligava ad imprimere più o meno forza da un lato o dall'altro per mantenere l'equilibrio, le gocce d'acqua scivolare lungo le gambe e le caviglie solleticandolo, ma la precarietà non era nulla in confronto a quell'espressione carica d'odio. Fu un ordine difficile da eseguire, a dirla tutta però, quella non era la sua prima preoccupazione. Le decisioni prese e le azioni fatte in quegli ultimi giorni apparivano offuscate, era certo solo di aver combinato un disastro dietro l'altro e, chissà come, era arrivato quasi a togliersi la vita. Anche se non aveva idea di come avesse fatto a tornare a bordo, ne fu felice. Fu felice di essere vivo.
"Hai scelto di nuovo la strada più facile, Pan... "
Il corvino gettò a terra la lanterna e fece qualche passo avanti.
"Pensavi che bastasse imparare a cucinare e pulire per diventare un vero pirata?"
Non era il Capitano, la pesantezza dei suoi passi ed il modo in cui sferzava l'aria con l'uncino, quasi dovesse farsi strada attraverso la bruna sventrandola, erano carichi di rabbia animalesca, inumani.
"Non sei più un bambino a cui le lodi sono dovute! Sei un uomo! E nessuno ti farà un applauso per aver fatto il tuo dovere e nemmeno per esserti spinto ancora oltre!"
Chiunque fosse, qualsiasi cosa fosse, sapeva cos'era appena accaduto, la sclera nera dei suoi occhi, prima troppo lontani perché potesse notarla, lo rivelò più delle sue parole.
"Non stiamo giocando! Buono, cattivo, l'eroe e la sua nemesi, non esistono in questo mondo di adulti! Siamo solo persone, con sogni a tenerle in piedi, finché possono, finché gli è concesso!"
Quando furono quasi faccia a faccia, Peter ebbe il primo riflesso di allontanarsi, ma, nonostante fosse pericolosamente in bilico, intendeva eseguire il comando ricevuto.
Sorridendo, l'uomo si fermò e si strofinò il viso, rallentò il respiro recuperando l'autocontrollo e, non appena scostò la mano, i suoi occhi erano ritornati del colore naturale.
"Di te farò sì che non resti nemmeno il ricordo, Pan. Solo allora sarò rimasto in piedi così a lungo per una ragione"
Il vento agitava i suoi lunghi capelli neri, ma i piedi erano ben saldi sul ponte nonostante il rollio, era di nuovo calmo, composto, con la situazione pienamente sotto controllo, era tornato il suo Capitano. Porgendogli questa volta la mano buona, si piegò in avanti con cautela, il muscolo in tensione, pronto a scattare per afferrarlo nel caso fosse caduto di nuovo fuori bordo.
"Vieni, Peter"
Avrebbe voluto scusarsi prima di scendere, ma, a quel punto, gli sembrò superfluo. Allungò il braccio e, con un piccolo salto, fu al sicuro, i piedi sul ponte della Jolly Roger, stretto tra le braccia di Uncino.
Picchiettando la piuma d'oca sulla superficie della scrivania, Uncino tenne lo sguardo fisso sul ragazzo, ancora a mollo nel catino che aveva fatto posizionare al centro del proprio alloggio. Quella notte aveva quasi rischiato di subire la peggior sconfitta della propria carriera di Capitano, un errore tale da poter sancire la fine di ogni loro speranza.
"Forse potrei fargli tagliare braccia e gambe... In questo modo non correremmo più rischi"
Dopo quanto aveva combinato, nemmeno con le suppliche più accorate Peter si sarebbe potuto salvare dal trascorrere almeno un mese nella gabbia. Con un colpo troppo deciso, Uncino finì per spezzare la punta del pennino, ma ciò non provocò reazioni nell'altro, il quale rimase in silenzio, tremando di freddo mentre controllava lo stato delle dita di mani e piedi sotto il pelo dell'acqua bollente e torbida. Da quando si erano separati dopo la sua sfuriata di due notti prima, Peter aveva cominciato a comportarsi in modo strano, era tornato piagnucoloso, sfrontato con l'autorità e sordo agli ordini, doveva aver combinato qualcosa a sua insaputa perché anche lui stesso, di riflesso, era tornato rabbioso e feroce come ai vecchi tempi. Aperto il cassetto della scrivania, il corvino buttò un'occhiata all'orologio da taschino al suo interno e lo ispezionò, stando ben attento a non farne scattare il meccanismo. Non aveva nulla di diverso, nemmeno un graffietto a scalfirlo, quindi, se il pegno non c'entrava, doveva esserci un'altra ragione. Stava riponendo l'oggetto quando, dalla porta, giunsero un paio di bussate. Questa volta anche Peter si voltò incuriosito. Alzandosi, Uncino andò ad aprire, cercò di essere il più discreto possibile e, solo quando vide che si trattava di Virgil, lo lasciò entrare aiutandolo a portare dentro tutto ciò che gli aveva chiesto di procurare. Prima fra tutti, prese la teiera in metallo, bella fumante, e ne rovesciò il contenuto bollente nel catino, stando attento a non bruciare il mozzo. Poteva sentire le iridi di quest'ultimo premere sulla pelle, erano così intense che, ben presto non riuscì più a sostenerle e vi posò le proprie, gesto che imporporò le guance del giovane.
"G-Gra...zie, C-Capitano"
"Ah, meno male. Pensavo ti fosse caduta la lingua"
"È... è solo che..."
"Adesso sta buono e mangia. Sono le porzioni che ti sei rifiutato di prendere ieri e oggi, prova ad avanzare anche solo un boccone e saranno guai"
Sollevando la manica della camicia, Uncino tastò la temperatura dell'acqua e, quando fu soddisfatto, si alzò in piedi ed andò ad appoggiarsi al bordo della scrivania incrociando le braccia al petto. Non si lasciò sfuggire nemmeno un gesto del minore, a cominciare da quando tentò di sollevare la forchetta. Dovette provarci diverse volte prima di farcela, ma l'importante fu che ci riuscì. Un buon segno, quindi niente danni alle articolazioni. Mentre Peter si rifocillava, ingoiando bocconi di verdura e carne uno dopo l'altro, riprendendo fiato a malapena per bere, il corvino invitò la vedetta ad affiancarlo. Virgil era terribilmente turbato, per chiunque non lo conoscesse a fondo sarebbe potuto sembrare muto e statuario come al solito, ma al Capitano non sfuggiva nulla. Quando l'altro era preda dei sensi di colpa, diventava un pericolo per sé stesso, cominciava da piccoli gesti, come mordersi l'interno delle guance o la lingua, scarnificarsi la pelle delle dita con le unghie, sino ad arrivare ad atti ben più rischiosi. Era come se pagasse i propri errori con il sangue, un istinto derivato dalle torture subite durante la schiavitù. Furono quei piccoli tic nervosi a lanciare il campanello dall'allarme. Il corvino diede all'altro una lieve spinta con il braccio e così ne poté scrutare gli occhi, illuminati da una pattina lucida.
"Signor Sullivan, ha da accendere?"
Recuperando la pipa, Uncino si avviò verso la porta seguito dal suo sottoposto. Prima di uscire, lanciarono entrambi un'ultima occhiata a Peter, per assicurarsi che stesse ancora mangiando, ma questi era così concentrato nel prendere l'ennesima porzione che nemmeno parve accorgersi del loro allontamento e continuò senza neanche voltarsi. Appoggiandosi alla parete esterna, stringendosi nel cappotto, il corvino rimase ad osservare Virgil tentare impacciatamente di accendere un fiammifero dietro l'altro. L'aria era troppo fredda, inoltre la vedetta metteva una forza eccessiva, quindi finiva per spezzarli tra le dita ancora prima di avvicinarli alla scatola. Presto li avrebbe finiti e sarebbero dovuti passare alle pietre focaie, perciò il Capitano rinunciò a fumare.
"Non mi va più così tanto. Non preoccuparti"
Virgil infranse un pugno contro il legno della nave, il corvino ne percepì l'impatto, ma non si mosse, né disse nulla, era giusto che si sfogasse il più possibile, solo allora avrebbe potuto ascoltarlo lucidamente. Era una frustrazione giustificata, dopotutto, Peter era stato sotto la sua responsabilità per solo tre giorni e, al terzo, lo avevano quasi perso. Non era stata colpa sua, era Pan ad essere ancora una spina nel fianco. Nonostante il loro impegno, l'influenza del bamboccio si faceva ancora sentire e Peter non era ancora abbastanza forte da contrastarlo. Ad aggiungere sale alla ferita di Virgil c'erano anche i suoi sentimenti sviluppati per il mozzo. In una situazione normale, dovendo gestire un prigioniero, al minimo segnale di problemi, la vedetta sarebbe intervenuto con il pugno di ferro, ma, in questo caso, si era paralizzato ed era stato costretto a chiedere il suo intervento.
"Ho rovinato tutto, ma... Sono pronto ad accettarne le conseguenze. Frustate, prigionia, lavoro raddoppiato, razioni dimezzate, anche il giro di chiglia se lo ritiene opportuno..."
"Niente di tutto questo, signor Sullivan. Immagino che, però, conveniate con me sul fatto che, nonostante abbiate dato un grande apporto in armeria, il prossimo ad occuparsi di Peter non possiate essere voi"
"C-Come? M-Ma, Capitano..."
"Non transigo"
"I-Io sono d'accordo con lei, ma, riguardo alla mia punizione?"
Stiracchiatosi, Uncino appoggiò una mano sulla spalla della vedetta e gli sorrise.
"Definiremo domani queste sottigliezze, per ora andate a riposare e non preoccupatevi. Buonanotte signor Sullivan"
Virgil era rimasto interdetto, tentò inutilmente di tornare sull'argomento, ma il corvino non lo ascoltò e si ritirò nella cabina chiudendosi la porta alle spalle. Una volta rientrato, trovò Peter dove lo aveva lasciato, immerso nel catino, ma, al suo fianco, il pentolone era stato completamente svuotato come da suo ordine, solo poche tracce di cibo erano rimaste lungo i bordi. Nascondendo uno sbadiglio, il mozzo si strofinò gli occhi e poi si bagnò il volto per mantenersi sveglio. Presto gli avrebbe permesso di riposare, ma prima c'erano alcune cose di cui dovevano occuparsi.
"Riesci ad alzarti?"
Drizzando la schiena, il ragazzo afferrò i bordi della vasca e, cautamente, riuscì a tirarsi su. Avvicinandoglisi, Uncino lo ispezionò per assicurarsi che non ci fossero gravi lesioni dovute al congelamento. Il fatto che Peter avesse una tonalità di pelle lievemente più scura del normale, lo aiutò ad individuare diversi punti, soprattutto sui piedi e le mani, sbiancati che, se non medicati a dovere, presto si sarebbero coperti di bolle dolorose.
"Mi pizzica tutto... Soprattutto... I piedi..."
Prendendo un ampio panno, Uncino lo posizionò sulla propria sedia e poi la affiancò all'altro in modo che ci si sedesse. Avvolgendolo per bene nel tessuto, diede uno sguardo anche alle piante dei piedi del minore, erano il punto messo peggio. Grazie agli strumenti portati da Virgil, poté preparare un impacco con dell'aloe con il quale coprì delicatamente tutti i punti bruciati dal gelo. Ogni volta che sfiorava la pelle di Peter con le mani, poteva sentire l'altro fremere sotto il proprio tocco ed emettere lunghi sospiri, mentre fletteva le gambe godendosi quel tenue massaggio.
"Capitano..."
"Sta fermo. Non è facile medicare con una mano sola"
"Se vuole posso pensarci da solo..."
Afferrandolo per il polso, Uncino lo obbligò ad allungare anche le mani così poté cospargergli accuratamente le dita con la mistura e, solo quando ne ebbe ricoperto ogni centimetro fino ai polsi, si ritenne soddisfatto. Il ragazzo avrebbe dovuto dimostrarsi di nuovo degno della sua fiducia prima di poter anche solo a pensare qualsiasi cosa in autonomia. Non appena ebbe finito, il corvino sollevò la testa e guardò il viso dell'altro, era completamente rosso a causa del cambio di temperatura a cui era stato sottoposto.
"Ebbene?"
"Oh! Scusi, Capitano... La ringrazio"
"Così va meglio. Questa notte dormi qui, se prendi di nuovo freddo le ferite potrebbero peggiorare. Per un po' è meglio se eviti di camminare"
Annuendo, Peter abbassò la testa.
"Da domani tornerò nella gabbia, quindi non andrò da nessuna parte"
"Hai rinunciato a capire il tuo errore? Non vuoi più rimediare?"
Non ricevendo risposta, Uncino si rialzò in piedi, intenzionato a prendere dei vestiti puliti per il ragazzo, ma, prima che potesse allontanarsi, si sentì afferrare. La presa era flebile, avrebbe potuto staccarsi facilmente, eppure non lo fece.
"Grazie... Per avermi salvato"
"Non ho fatto nulla. Ci hai pensato da solo"
"Le sono debitore! Starò rinchiuso per sempre se potrò ripagarla e restare al suo fianco, Capitano"
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