XVIII

Nel silenzio totale della postazione di vedetta, Peter lasciò che l'aria fredda della notte gli si insinuasse in profondità nelle ossa. Era rimasto rivolto verso la sagoma indistinguibile dell'Isola Che Non C'è sino al ritorno di Virgil, quando aveva ricevuto dall'uomo l'ordine di scendere e presentarsi alla cabina del Capitano, immediatamente. Dopo la breve chiacchierata con il Gentleman Starkey era pronto al confronto, ma, prima di avviarsi, donò un ultimo abbraccio alla vedetta. L'altro evidentemente non si aspettava un gesto simile, ma, in un attimo, si sciolse in esso e perse l'agitazione e la forzata compostezza con cui era tornato. Nonostante ormai avesse imparato quanto Uncino mal sopportasse le attese, il ragazzo si concesse di prolungare l'affettuoso contatto per il tempo necessario al pirata di calmarsi totalmente, solo quando fu sicuro di aver raggiunto l'obiettivo sperato si staccò ed iniziò la discesa nel buio. Mano a mano che si allontanava dalla luce della lanterna, i punti di appoggio si facevano meno chiari ed il legno scuro del ponte cominciò a sembrargli sempre più un profondo abisso marino, pronto ad inghiottirlo e strapparlo in eterno ai raggi del Sole. Procedette molto lentamente, assicurandosi di mantenersi saldo ad ogni appiglio scelto, sia con i palmi delle mani, che con le piante dei piedi. Il fatto di star indossando calze pesanti e scarponi di circa due o tre taglie più grandi, lo rese ancora più incerto nell'incedere, perciò preferì concedersi un minuto in più per acquisire sicirezza piuttosto che provare di nuovo la sensazione del vuoto sotto di sé. Toccare il solido pavimento gli alleggerì spalle e schiena da tutta la tensione, ma non poté comunque evitare di inginocchiarsi a terra per tastare anche con mano la prova di avercela davvero fatta. Era stata un'esperienza spaventosa, ma lo aveva riempito di adrenalina, l'avrebbe ripetuta all'istante se solo non avesse avuto l'incontro con il Capitano ad attenderlo. Rialzandosi di scatto, si diede una fulminea sistemata ai vestiti e, in un gesto rapido, si sistemò di lato i capelli dal viso riordinandoli. Non aveva mai fatto una cosa del genere prima, era indifferente al proprio aspetto esteriore, ma il pensiero di vedere il corvino gli aveva fatto desiderare di essere quantomeno presentabile. Camminando verso la cabina di Uncino, l'agitazione cominciò a salire e, di nuovo, si assicurò che nessuna ciocca fosse fuori posto. Pronto a bussare, sentì le guance andare a fuoco e la gola seccarsi.
"Devo solo fare rapporto... Non è detto che ricapiterà quello che è successo ieri..."
Deglutì e prese un bel respiro, fece per dare il primo colpetto di nocche sul legno, ma un suono secco gli arrivò alle orecchie spaventandolo a morte. Alla stoccata seguì una melodia al clavicembalo, il Capitano aveva cominciato a suonare. Le note impetuose lo raggiungevano attraverso la porta, seguendo, quasi naturalmente, i battiti imbizzarriti del suo cuore. Era una canzone bellissima, ma travolgente come l'onda in tempesta. Non avrebbe voluto disturbare la composizione, era così raro poter ascoltare il Capitano suonare, ma, ricordando il motivo per cui si trovava lì, si fece coraggio e bussò. Silenzio, qualche secondo in attesa e, poco dopo, la porta si aprì. La figura di Uncino, a causa della luce alle spalle, gli parve ancora più imponente e cupa del solito, inoltre, il fatto che, invece di dargli il permesso per entrare, fosse andato a riceverlo di persona, lo paralizzò. 
"Finalmente..."
Allungando la mano sinistra, il corvino gli afferrò la mandibola e ciò lo costrinse a sporgersi e fare un passo avanti per evitare di finire contro il petto dell'uomo. Quegli occhi, blu come l'oceano, li osservò scorrere su tutto il proprio viso ed accendervi fuoco e ghiaccio, imbarazzo e riverenza, senza lasciarsi scappare neppure un punto. Peter non fu in grado sostenere quella situazione a lungo e così distolse lo sguardo chiudendo le palpebre. 
"Sei sporco di sangue"
"Eh?"
Non ebbe il tempo di reagire, venne afferrato per il braccio e trascinato dentro, per poi venir liberato al centro esatto della stanza. Uncino fece il giro della scrivania, recuperò la sedia e gliela avvicinò. 
"Seduto"
Memore della notte precedente, Peter fremette a quell'ordine e, osservando la morbida seduta foderata in rosso, vi si inginocchiò davanti senza perdere di vista l'altro. Il corvino agganciò la lanterna all'uncino e frugò per un po' tra cassetti e ante del mobilio. Non ci volle molto, trovato quanto gli serviva, tornò verso la sua direzione con una scatola sotto braccio. 
"Intendevo sulla sedia, Peter"
Il chiarimento del maggiore lo riempì di vergogna, in particolare il sorrisetto che ne solcò il volto e incurvò le labbra. Si affrettò ad obbedire. I ruoli si capovolsero, fu il Capitano questa volta ad inginocchiarsi ai suoi piedi e, anche se lo fece solo per appoggiare in sicurezza la fonte di luce e frugare all'interno del misterioso contenitore, Peter faticò a mantenersi calmo. Utilizzando un panno imbevuto, Uncino insistette per ripulirgli il viso personalmente, in effetti farlo da solo, senza l'ausilio di uno specchio sarebbe stato impossibile. A quanto pare c'era del sangue, non ricordava di aver sbattuto, essersi tagliato o altro, ipotizzò fosse stato il freddo, dopotutto era la prima volta che lo provava sulla propria pelle e così capì.
"Le mani!"
Voltò i palmi verso l'alto. Era pieno di escoriazioni da corda, soprattutto nei punti di congiunzione con le dita, dove erano più profonde e coperte di sangue ormai secco. Peter non ebbe il tempo di osservarle a lungo, Uncino vi versò sopra un unguento dall'odore pungente di alcol, che gli causò un forte bruciore. Gemette, ma, per fortuna, il dolore si attenuò in fretta e, quando fu ormai sparito del tutto, il corvino lo fasciò con cura. Gli chiese aiuto solo quando arrivò il momento di concludere il bendaggio, difficile fare un nodo resistente usando una mano sola. Se Peter era già abbastanza mortificato di averlo obbligato a soccorrerlo per una ferita così sciocca, il ricordo di aver provocato quella menomazione non gli fu d'aiuto.
"La ringrazio, Capitano" 
Alzandosi, il maggiore spostò di lato la scatola del primo soccorso con un movimento del piede e, recuperata la lanterna, tornò a prendere posto al clavicembalo, 
"Sistema la sedia e vieni qui"
Peter fece come gli era stato ordinato. Prestando molta attenzione a non allentare la fasciatura, portò la seduta dietro la scrivania, ma, quando fu pronto a raggiungere il Capitano, già in procinto di saggiare la superficie liscia dei tasti dello strumento, un libro aperto sul tavolo attirò il suo sguardo. Non tanto le scritte, alla stregua di scarabocchi per un analfabeta come lui, ma fu un disegno ad incuriosirlo. Era un cerchio bianco e nero, diviso in due sezioni uguali da un'onda crescente e, allo stesso tempo, calante, agli estremi della quale c'erano due cerchi più piccoli in procinto di venirne inghiottiti. Non aveva mai visto una cosa simile, nemmeno nei libri di favole illustrati di Wendy o nei simboli della tribù dei Piccaninny, ma non ebbe a disposizione altro tempo per osservarlo. Con un movimento delicato, Uncino cominciò a suonare e, così, ogni altro pensiero o curiosità abbandonò la mente del giovane spingendolo ad affiancarsi all'uomo per ascoltarlo. Non essendoci spazio sufficiente per entrambi sulla seduta davanti allo strumento, Peter si inginocchiò sul pavimento e si lasciò cullare dallo straordinario talento del maggiore. Aver dormito durante tutta la giornata gli permise di tenersi ben sveglio, ma anche la curiosità fece la sua parte, dopotutto, se il Capitano aveva richiesto la sua presenza, doveva avere qualcosa di importante da comunicargli, probabilmente collegato a quanto accaduto con Virgil. Dopo il quarto o quinto pezzo consecutivo senza interruzioni, e senza che l'altro gli rivolgesse nemmeno uno sguardo, Peter cominciò a percepire una certa familiarità con la canzone eseguira. Era dolce, ma estremamente malinconica, tanto da formargli un nodo nel petto e farlo piegare in due, come avesse appena ricevuto un pugno nello stomaco. 
"Ancora non ci siamo..."
Preda di un attacco di rabbia, il pirata diede un colpo secco contro il legno del clavicembalo scheggiandolo. Fu solo l'ennesima cicatrice fra migliaia di altri solchi sulla superficie che, solo in quel momento, Peter notò. Chiuso lo strumento, il Capitano allungò la mano sana verso di lui e gliela passò attraverso i capelli, fu delicato, ad eccezione di un breve istante, in cui si ritrovò a stringerne una ciocca con maggior forza, ma fu rapido e non gli causò alcun dolore.
"Il signor Sullivan mi ha fatto rapporto. Se hai qualcosa da aggiungere, che pensi non mi sia stato riferito, sei libero di farlo"
"Quando Virgil è andato via, ho parlato con il signor Starkey, ma le farà sicuramente rapporto domani, quindi è inutile che le porti via del tempo..."
Fu piacevole ricevere quella piccola coccola, Peter se ne beò fino all'istante in cui il Capitano la interruppe lasciandosi dietro solo il tepore della propria pelle.

Era tutto ciò che Uncino aveva bisogno di sapere. Da quanto gli aveva riferito il signor Sullivan, si era aspettato di dover passare la nottata a consolare e tranquillizzare un bambino traumatizzato sull'orlo delle lacrime, quindi doveva essere capitato per forza qualcosa mentre lui era in conversazione con la vedetta, ed ora sapeva a chi chiedere per maggiori informazioni. Qualsiasi cosa avesse fatto il signor Starkey, era stata sufficiente a riportare la calma in Peter e farlo comportare con maturità, una reazione inattesa per qualcuno così inesperto e infantile, ma, proprio per tale ragione, ancora più apprezzabile. Se il ragazzo avesse continuato su quella strada, il progetto che avevano in serbo per il suo futuro sulla Jolly Roger si sarebbe realizzato ancora prima di quanto previsto inizialmente, certo, avevano l'eternità a disposizione, ma chi non vorrebbe ottenere la vittoria il prima possibile. Stiracchiando le braccia, Uncino andò a sedersi sul letto strofinandosi il viso, poteva percepire ancora puzza di polvere da sparo sulla punta delle dita. Nonostante avesse lavato le mani più e più volte, non era riuscito a scacciare totalmente i rimasugli della giornata in armeria, un misto acre di zolfo, bruciato e sudore che, involontariamente, aveva riportato alla sua mente abbordaggi e battaglie ormai sbiaditi. La stanchezza si faceva sentire, così abituato a stare nella propria cabina, recluso fra pile e pile di scartoffie, aveva scordato come potesse essere sfiancante lavorare a bordo. Il regalo chiesto dal signor Benson si era rivelato duro, come aveva previsto, eppure, allo stesso tempo, provvidenziale. Sgobbare aveva fatto uscire tutti dall'inerzia causata dalla disfatta di Pan obbligandoli a rimboccarsi le maniche e tornare a lavorare insieme. Il nervosismo e la pigrizia si erano dissolte riportandoli a collaborare ed apprezzare la reciproca compagnia, erano tornati una ciurma unita. Soprattutto, era stato piacevole spegnere il cervello, lasciare momentaneamente da parte il ruolo di Capitano, i fronzoli, l'etichetta e riprendere a fare il manovale. Eseguire meccanicamente gli ordini di qualcun altro senza porre domande, lo aveva ispirato facendogli recuperare anche la voglia di rimettersi un po' al clavicembalo. Suonare era stato ideale per distendere i nervi e dare la degna conclusione a quella prima giornata in armeria. Era da molto che nessuno assisteva ad una sua performance su suo stesso invito, il ragazzo sembrava aver trovato piacevole ascoltarlo, e con uno spettatore, il tutto era sembrato più divertente, soprattutto quando aveva riproposto la melodia dell'orologio da taschino e, anche se involontariamente, Peter ne aveva subito l'influsso. Mentre lui si perdeva nei propri pensieri, il minore era rimasto dove lo aveva lasciato, inginocchiato a terra, in silenzio. Solo il suo sguardo ogni tanto si spostava nel suo, in attesa di indicazioni. Cercava impacciatamente di mantenersi calmo, ma la verità era chiara, già quando al comando di sedersi si era messo nell'esatta posizione della notte precedente gli aveva svelato il desiderio di ripetere l'esperienza e, chissà, spingersi ancora oltre. Se non fosse stato così divertente vederlo supplicare ad ogni gesto, lo avrebbe accontentato senza battere ciglio.  
"Sarà meglio andare a riposare, domani abbiamo entrambi molto lavoro da fare"
"C-Come? Non c'è altro, Capitano?"
Girandosi, Peter perse la calma di poco prima ed assunse la stessa, patetica espressione di un cucciolo abbandonato, fu impagabile. Certo, il signor Sullivan poteva aver fatto la propria mossa, ma dopo tanti anni a fronteggiare e conoscere il proprio mortale nemico, Uncino sapeva fin troppo bene come far breccia nel suo animo e piegarlo, il fatto che in tre giorni di tortura lo avesse portato dalla loro parte ne era stata la prova evidente. Virgil avrebbe dovuto fare di meglio di un bacio e una dichiarazione d'affetto per pensare di poter competere con lui e portargli via Peter, anche perché, proprio i suoi trascorsi con Pan, erano la ragione per cui il ragazzo gli si era così legato. Era il momento di confermarlo con un semplice test. Sollevata la mano, il corvino fece cenno al minore di raggiungerlo e questi, con le guance già più vivide di un attimo prima, spezzò la distanza a dividerli e si spostò ai suoi piedi.
"Voglio che tu faccia una cosa per me"
"Qualsiasi cosa, Capitano"
Allungando le braccia, Peter appoggiò le mani sulle sue ginocchia e fletté di poco le gambe, quel che bastava per portare il volto più vicino al suo. Era nervoso, le labbra gli tremavano e, per questa ragione, le teneva ben strette fra loro, increspate come il suo sguardo, un misto di determinazione e desiderio. Peccato, se non avesse dovuto metterlo alla prova, sicuramente avrebbero potuto trascorrere insieme una notte ancora più intima ed appassionata della precedente, ma, come sempre, il dovere di Capitano veniva prima dei bisogni personali, una regola che ormai aveva incarnato. Scompigliando i capelli del giovane, stemperò la situazione per entrambi, ed ebbe l'occasione di soffermarsi maggiormente sul suo aspetto. Le ciocche prima bionde ora erano un misto di ramato sporco, a causa del lavoro, così come la barbetta sul mento, più tendente al rossiccio. Ormai il bambino imberbe del passato persisteva solo nelle iridi smeraldine, vivide e sincere. Se non avesse osservato il minore durante tutto il suo periodo a bordo non sarebbe stato in grado di riconoscerlo, lo preferiva al cento per cento in questa nuova veste.   
"Quando siamo soli, ti chiamo Peter e non Pan, giusto?"
"Sì, è così, Capitano"
"Voglio che tu faccia lo stesso con me"
Per un momento, il ragazzo si lasciò sfuggire una risatina nervosa, ma, quando non ebbe la reazione sperata, la sua espressione si fece confusa, forse anche un po' spaventata. Uncino rimase serio, osservando l'altro mentre abbassava gli occhi e si torturava le fasciature, un nervosismo che sparì non appena tornarono ad incrociare gli sguardi. 
"Questo è un ordine, Capitano?"
"Diciamo una richiesta personale. Visto che non hai problemi a chiamare il signor Sullivan ed il signor Porter con i loro nomi, ho solo immaginato che potremmo fare questo piccolo esperimento, solo fra di noi"
Ed ecco salire il panico. Aggrappandosi ai suoi calzoni, il giovane strinse i denti ed iniziò a tremare. Uncino sapeva che quella poteva rivelarsi una proposta destabilizzante per Peter, dopotutto, al suo arrivo, era stato proprio il fatto di chiamarlo Capitano a permettergli di entrate come recluta nella ciurma e salvarsi dalla tortura della gabbia. 
"S-Sono stati Virgil e Barnabas a darmi il permesso di farlo! Non immaginavo fosse un problema, Capitano! Smetterò subito se..."
"Non ho detto nulla di simile. Ti ho chiesto solo di fare una prova, ma non ti forzerò se per te si tratta di uno sforzo eccessivo... Però, poco fa, correggimi se sbaglio, avevi detto che avresti fatto qualsiasi cosa ti avessi chiesto, giusto?"
Nonostante comprendesse la difficile situazione in cui stava mettendo il minore, non aveva alcuna intenzione di rinunciare a portare quell'esperimento fino in fondo. Era il momento di capire se Peter fosse ormai in grado di andare oltre i ruoli ed i gradi della Jolly Roger, scinderli, almeno nel privato, e vedere la persona oltre il Capitano. Proprio come era riuscito a lasciarsi alle spalle i rancori che li avevano legati come nemici mortali, ora doveva fare il passo successivo. Con gli altri componenti dell'equipaggio, integrarsi ed interagire era stato semplice, dopotutto erano macchie di sfondo per Pan, bambolotti senza nome o volto che rendevano gli scontri più divertenti, nemmeno ne sapeva i nomi, ma fra loro due era una questione personale. Preso un bel respiro, il mozzo annuì e, tenendo la testa bassa, si prese qualche istante che il corvino fu ben felice di concedergli se questo avesse significato ottenere quanto desiderava.
"L-lo faccio solo perché me lo avete chiesto voi, C-Capitano... Ecco, volevo dire... U-Un...Uncino"
Rise. Evitarlo fu impossibile. 
"E-Ecco! L-ho fatto! A-Andava bene, Capitano?" 
Non fu solo la reazione imbarazzata del giovane, con le mani premute contro il viso, al punto da rendere le parole pronunciate quasi impercettibili nonostante fossero molto vicini, ma l'intera situazione a lasciare ad Uncino un sapore dolce amaro sulle labbra. Prima di tutto, anche se la voce di Pan era cambiata, perfino dal suo arrivo, diventando più profonda, nell'intonazione usata e nella flessione c'era ancora traccia del vecchio lui e ciò lo seccò parecchio. Quella presenza sembrava non volersi scollare dal ragazzo, proprio come l'odore di polvere da sparo dalle sue dita, permeava ancora il suo essere e chissà quanto altro tempo sarebbe servito per estirparla totalmente. Infine, la parte più ironica del tutto, fu senza dubbio il fatto che, il suo nemico mortale, con il quale si era confrontato in un'eterna lotta senza fine, bersaglio del suo odio e fantasma di tutti i suoi incubi, nemmeno conoscesse il suo nome.
"C-Capitano, voi state..."
Prima che la mano dell'altro potesse sfiorarlo, la bloccò con la propria e gli portò l'uncino alla gola, furibondo come non era da tempo. A fermarlo non fu l'autocontrollo e nemmeno la consapevolezza che il giovane davanti a sé non fosse più Pan, ma il pensiero del piano, dell'obiettivo per il quale il suo equipaggio aveva a lungo sofferto. Se non fosse stato per loro, avrebbe tinto le pareti della propria cabina con le interiora di Peter in un indelebile dipinto di morte.
"Sparisci dalla mia vista"

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top